ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8  della
legge della  Regione  Calabria  5  ottobre  2007,  n.  22  (Ulteriori
disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate  alla
manovra di assestamento del bilancio di previsione per l'anno 2007 ai
sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n.
8), promossi dalla Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Calabria, con tre ordinanze dell'8 febbraio 2023, iscritte ai
numeri 42, 43 e 44 del registro ordinanze  2023  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  16,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2023, la cui trattazione e' stata fissata per l'adunanza in
camera di consiglio del 20 febbraio 2024. 
    Visto l'atto di intervento della Procura generale della Corte dei
conti; 
    udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la  Regione
Calabria, con tre distinte ordinanze iscritte ai numeri 42, 43  e  44
del registro ordinanze 2023, tutte relative a  giudizi  di  conto  di
societa' partecipate dalla Regione (le prime due aventi ad oggetto  i
conti degli agenti contabili di Fincalabra spa e l'ultima di Ferrovie
della Calabria srl), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  103,
secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  8  della  legge
della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori  disposizioni
di carattere ordinamentale e finanziario collegate  alla  manovra  di
assestamento del bilancio di previsione  per  l'anno  2007  ai  sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002,  n.  8),
il quale prevede che «[i] soggetti nominati o designati dalla Regione
o proposti dai rappresentanti della Regione  nelle  assemblee  [delle
societa' partecipate dalla Regione] quali componenti degli organi  di
amministrazione o dei collegi sindacali delle [stesse] societa' sono,
a  tutti  gli  effetti,  agenti  contabili»,  che   devono   «rendere
annualmente il conto» e che  «sono  assoggettati  alla  giurisdizione
della Corte dei conti». 
    Secondo  il  rimettente  la  disposizione   censurata,   infatti,
porrebbe l'obbligo di rendere il conto delle  partecipazioni  sociali
in capo agli amministratori e ai sindaci della societa'  partecipata,
mentre tale  responsabilita'  andrebbe  posta  in  capo  agli  uffici
regionali, perche' la Regione Calabria, in qualita'  di  proprietaria
delle  suddette  partecipazioni,  avrebbe  la  giuridica  e  concreta
possibilita', esercitando i diritti del socio, di evitare che  questi
beni perdano di valore. 
    Con riferimento alle prime due ordinanze,  la  sezione  regionale
della Corte dei conti  rimettente  riferisce  di  dover  decidere  su
alcuni giudizi di conto presentati dai convenuti  -  in  qualita'  di
componenti del consiglio di amministrazione o del collegio  sindacale
- in merito alle azioni di Fincalabra spa (societa' partecipata dalla
Regione Calabria), attinenti all'esercizio 2015  (ordinanza  iscritta
al n. 43 del r.o. 2023) e 2016 (ordinanza iscritta al n. 42 del  r.o.
2023), tutti giudizi  di  simile  tenore  e  relativi  alla  medesima
gestione contabile. 
    Quanto alla terza e ultima ordinanza (ordinanza iscritta al n. 44
del r.o. 2023), rileva il rimettente che il  giudizio  principale  si
riferisce al conto giudiziale attinente all'esercizio 2015 in  merito
alle partecipazioni sociali di Ferrovie della Calabria srl  (societa'
partecipata dalla Regione  Calabria),  presentato  dal  convenuto  in
qualita' di amministratore unico della societa'. 
    Afferma il giudice a quo che il magistrato istruttore ha  rimesso
al collegio «le valutazioni sulla regolarita' o meno  della  gestione
dell'agente contabile. 
    Rappresenta   il   giudice   rimettente   che,   nella   concreta
fattispecie, i conti erano stati presentati  dagli  agenti  contabili
individuati  dalla  legge  impugnata  (componenti  del  consiglio  di
amministrazione e del collegio sindacale), approvati e parificati dal
Dipartimento regionale delle finanze;  tali  conti  presentavano  una
riduzione del valore (formale  e  sostanziale)  delle  partecipazioni
regionali, a seguito di una delibera delle  assemblee  dei  soci  che
aveva disposto la riduzione  del  capitale  sociale  a  copertura  di
maggiori perdite di esercizio. 
    Oggetto del giudizio e' il conto riferito alla gestione contabile
del consegnatario delle  partecipazioni  della  Regione  Calabria  in
qualita'  di  amministratore  unico  e  che  preliminarmente  occorre
accertare il  soggetto  obbligato  a  rendere  il  conto  giudiziale,
essendo privo di  rilevanza  giuridica  un  conto  presentato  da  un
soggetto su cui non incombano gli obblighi della  gestione  contabile
di  beni  dell'amministrazione  pubblica,  e  che  quindi   non   sia
responsabile con riguardo alle entrate non riversate  e  alle  uscite
prive di valido titolo (artt. 74 e 85 del regio decreto  18  novembre
1923, n. 2440, recante «Nuove disposizioni  sull'amministrazione  del
patrimonio e sulla contabilita' generale dello Stato» e artt. 45 e 54
del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante «Approvazione  del
testo unico delle leggi sulla Corte dei conti»). 
    Su tale questione il  rimettente  osserva  che  e'  pacificamente
riconosciuto l'obbligo di rendere il conto  delle  partecipazioni  di
proprieta' della Regione, in base alle norme generali di contabilita'
dello Stato (artt. 20, lettera c, 29, ultimo comma, e  32  del  regio
decreto  23  maggio  1924,   n.   827,   recante   «Regolamento   per
l'amministrazione del patrimonio e per la contabilita' generale dello
Stato»), applicabili alle regioni ai  sensi  del  combinato  disposto
dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 15  novembre  1993,  n.  453,
recante «Disposizioni in materia di giurisdizione e  controllo  della
Corte dei conti»,  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  14
gennaio 1994, n. 19 e degli artt. 3 e  6,  comma  2,  della  legge  8
ottobre  1984,  n.  658  (Istituzione  in  Cagliari  di  una  sezione
giurisdizionale e  delle  sezioni  riunite  della  Corte  dei  conti)
nonche' dell'art. 93, comma 2,  del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali) e degli artt. 137 e 18, lettera a), del  decreto  legislativo
26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia  contabile,  adottato  ai
sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124). 
    Evidenzia, inoltre, il rimettente che  le  sezioni  unite  civili
della Corte di cassazione, con ordinanza  27  marzo  2007,  n.  7390,
hanno precisato che tra i consegnatari «per  debito  di  custodia»  o
«per debito  di  vigilanza»  rientrano  anche  i  consegnatari  delle
azioni, a prescindere da espressa previsione di legge o  regolamento,
in applicazione dell'art. 103  Cost.  e  che,  nell'esame  dei  conti
giudiziali, il sindacato della Corte dei conti «non e' limitato  alla
custodia  ed  alla  gestione  dei   titoli   originari   nella   loro
materialita', ma si estende alle variazioni del loro valore  ed  agli
utili  e  ai  dividendi   distribuiti,   dovendo   il   consegnatario
risponderne ai sensi dell'art. 29, ultimo comma, del r.d.  23  maggio
1924, n. 827». 
    Cio' non escluderebbe che oggetto del giudizio siano il  conto  e
le operazioni  effettuate  dall'agente  contabile  sulla  base  delle
direttive del socio, e non anche gli atti di esercizio dei poteri  da
parte dell'amministrazione (ex  artt.  2350,  2351,  2408,  2409  del
codice civile), dei quali risponderebbero i funzionari amministrativi
nella diversa sede del giudizio di responsabilita'. 
    Il rimettente prosegue  esponendo  che  la  Regione  Calabria,  a
seguito della richiamata pronuncia della Corte di cassazione, con  la
disposizione oggi censurata ha attribuito «a tutti  gli  effetti»  la
qualifica di «agenti contabili a  materia»  ai  suoi  delegati  negli
organi di amministrazione o nei collegi sindacali  delle  societa'  a
partecipazione regionale, prevedendo che essi  devono  «adeguatamente
supportare la  Regione  nell'esercizio  dei  diritti  di  azionista»,
«rendere  annualmente   il   conto»,   cosi'   assoggettandoli   alla
giurisdizione della Corte dei conti nel rispetto  della  legislazione
statale in materia. 
    Ricorda ancora il rimettente che, anche a seguito degli indirizzi
di coordinamento organizzativo resi dalle  sezioni  riunite  in  sede
consultiva della Corte dei conti (allegati al parere  delle  medesime
Sezioni riunite 3  giugno  2015,  n.  2),  si  era  ritenuto  che  il
consegnatario delle azioni fosse non chi custodisce  materialmente  i
titoli  (ovvero,  di  norma,  il  tesoriere),  bensi'   il   soggetto
responsabile della gestione delle azioni, e quindi  -  a  seconda  di
quanto previsto dall'ordinamento  interno  dell'ente  -  il  titolare
dell'ufficio cui riferiscono i soggetti che partecipano all'assemblea
esercitando i  diritti  del  socio,  oppure  il  sindaco  (o  un  suo
delegato) quando la  partecipazione  all'assemblea  sia  riservata  a
quest'ultimo (o a un soggetto da lui delegato). 
    La questione di legittimita'  costituzionale  della  disposizione
regionale sarebbe quindi, rilevante e pregiudiziale per la  decisione
dei giudizi di conto, ai fini dell'individuazione del soggetto tenuto
alla presentazione del conto  e  della  procedibilita'  del  giudizio
stesso. 
    Ad avviso del giudice a quo sussisterebbero dubbi di legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del  2007,
la cui applicazione imporrebbe il riconoscimento della  qualifica  di
agente contabile ai convenuti e la  procedibilita'  del  giudizio  di
conto. 
    Evidenzia il giudice a quo, richiamando  la  sentenza  di  questa
Corte n.  114  del  1975,  che  l'art.  103  Cost.  implicherebbe  il
necessario  assoggettamento  a  giudizio  di  conto  di  coloro   che
"maneggiano" denaro e  valori  dell'ente  pubblico,  in  funzione  di
garanzia obiettiva dell'ordinamento. 
    Sotto diverso profilo, e' richiamata la sentenza di questa  Corte
n.   189   del   2020   secondo   la   quale,   mentre   i    profili
«pubblicistico-organizzativi» afferenti al rapporto di servizio degli
amministratori regionali rientrerebbero nella competenza  legislativa
residuale  delle   regioni   (art.   117,   quarto   comma,   Cost.),
apparterrebbero alla competenza legislativa  statale  (ex  art.  117,
secondo comma, lettera l, Cost.) tanto i profili «civilistici», quali
i  diritti  e  obblighi  dell'impiego   privatizzato   dei   pubblici
dipendenti, quanto i profili «giurisdizionali», come  «la  disciplina
della  responsabilita'  amministrativa,   nella   quale   i   profili
sostanziali della stessa [sarebbero] strettamente intrecciati  con  i
poteri del giudice chiamato ad accertarla». 
    L'art. 8 della legge reg. Calabria n. 22  del  2007  non  sarebbe
compatibile con i  principi  costituzionali  in  quanto  la  funzione
dell'obbligo di rendere il conto e del  relativo  giudizio  di  conto
sarebbe quella di responsabilizzare il soggetto che detiene  un  bene
pubblico sotto la sua custodia, onde evitare di disperderne il valore
(a garanzia delle pubbliche finanze) e, qualora si tratti beni il cui
valore sia dato dai diritti in essi  cartolarizzati  (come  nel  caso
delle partecipazioni sociali), tale responsabilita' non potrebbe  che
essere ricondotta a chi ha la giuridica e  concreta  possibilita'  di
evitare che questi beni perdano  di  valore,  e,  nella  fattispecie,
l'ente  proprietario  della  partecipazione  che  puo'  esercitare  i
diritti di socio. 
    In questa prospettiva, secondo consolidata  giurisprudenza  della
Corte dei conti, il "maneggio" di una  quota  o  di  una  azione  non
potrebbe intendersi che come disponibilita' dei relativi  diritti  di
socio: soprattutto attesa la  possibile  "dematerializzazione"  delle
partecipazioni  sociali  (sono  citate  Corte  dei   conti,   sezioni
giurisdizionali per la Toscana, sentenze 4 giugno 2020, n. 127  e  n.
302 del 2019; del Veneto, n. 99 del 2019  e  n.  8  del  2019;  della
Calabria, n. 221 del 2021; del Molise, n. 53 del 2018). 
    L'art.   8   censurato   individua   come   consegnatari    delle
partecipazioni sociali soggetti che non ne avrebbero  il  "maneggio",
ovvero gli amministratori o i  sindaci  delle  societa'  partecipate,
soggetti che per definizione non potrebbero esercitare i diritti  del
socio. 
    Cosi'  facendo,  la   disposizione   in   esame   finirebbe   per
deresponsabilizzare  gli  organi  regionali  e  per  depotenziare  il
giudizio di conto: gli  agenti  contabili  da  essa  individuati  non
avrebbero l'effettivo maneggio delle partecipazioni sociali e  quindi
non potrebbero essere in alcun modo chiamati a risponderne  all'esito
del giudizio. 
    Sussisterebbe dunque contrasto con  l'art.  103,  secondo  comma,
Cost. e in particolare con la funzione di  garanzia  della  legalita'
contabile propria del giudizio di conto di pertinenza della Corte dei
conti; con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto  -
ferma restando la facolta' dell'ente, nell'ambito dei suoi poteri  di
autorganizzazione,  di  individuare  gli  uffici  e  i  soggetti  cui
affidare la custodia dei propri beni  -  limiterebbe  l'ambito  della
giurisdizione contabile e in tal  modo  inciderebbe  su  una  materia
riservata alla legge dello Stato;  con  l'art.  3  Cost.,  in  quanto
creerebbe  una  disparita'  di  trattamento   rispetto   alle   altre
amministrazioni in cui l'agente contabile e' colui che  ha  effettivo
maneggio delle partecipazioni sociali, e che pertanto risponde  della
propria gestione (ad esempio, negli enti locali, il sindaco o il  suo
delegato, ai sensi dell'art. 9, comma 3, del decreto  legislativo  19
agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico in materia  di  societa'  a
partecipazione pubblica»). 
    Infine, ritiene il rimettente  che  l'art.  8  della  legge  reg.
Calabria  n.  22  del   2007   manifesterebbe   un'univoca   volonta'
legislativa di esonerare gli uffici regionali dall'obbligo di rendere
il conto delle  partecipazioni  sociali  della  Regione,  traslandolo
sugli  amministratori  delle  societa'  partecipate,  e  non  sarebbe
possibile accedere a una interpretazione costituzionalmente orientata
della  disposizione  regionale  censurata  che  renda  superfluo   il
giudizio di legittimita' costituzionale. 
    La questione sarebbe rilevante  in  quanto  l'applicazione  della
normativa in esame inciderebbe sulla procedibilita' dei  giudizi  sui
conti, considerato che i convenuti non  potrebbero  ritenersi  agenti
contabili se non in forza della disposizione censurata. 
    Il   dubbio   di    legittimita'    costituzionale    riguardante
l'individuazione  del  soggetto  obbligato  alla   resa   del   conto
condizionerebbe l'esito dei giudizi pendenti dinanzi  al  rimettente,
in quanto, in caso di  accoglimento  della  questione,  l'obbligo  di
rendere il  conto  graverebbe  su  soggetti  diversi  dai  convenuti.
Inoltre, posto che nei  giudizi  di  conto  all'esame  della  sezione
giurisdizionale della Corte dei conti e' emersa una  diminuzione  del
valore  delle  partecipazioni  societarie,  non   sarebbe   possibile
addivenire a una pronuncia di  discarico,  che  renderebbe  priva  di
rilevanza la questione prospettata. 
    2.- Con riferimento a tutte le ordinanze di rimessione ha chiesto
di intervenire nel presente giudizio il  Procuratore  generale  della
Corte dei conti il quale, nel  riportarsi  alle  argomentazioni  gia'
diffusamente esposte dal giudice a quo,  chiede  che  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Calabria
n. 22 del 2007. 
    Quanto all'ammissibilita' del suo intervento, la Procura generale
prospetta la sussistenza  di  un  interesse  concreto  e  attuale  ad
espungere la disposizione censurata dall'ordinamento. A tale riguardo
sostiene che l'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale),  prevederebbe  il  diritto  ad  intervenire  -   nei
procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale - degli  organi  dello
Stato e delle Regioni; tale disciplina sarebbe  completata  dall'art.
4, comma 3, del regolamento di procedura e  dalle  Norme  integrative
per  i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  secondo   cui
l'intervento degli altri soggetti  deve  avvenire  nel  rispetto  dei
termini perentori  previsti  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Non vi sarebbe alcuna norma,  nell'ordinamento,  che  impedirebbe
l'intervento in giudizio del pubblico ministero  contabile  il  quale
sia parte nel  giudizio  a  quo.  Sarebbe  poi  evidente  l'interesse
concreto e  attuale  della  Procura  generale,  nell'interesse  della
legge,   a   pervenire   a   una   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione regionale censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le ordinanze indicate in epigrafe, la  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale per la Regione  Calabria,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 103, secondo comma, e 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007. 
    Tale disposizione prevede che «[i] soggetti nominati o  designati
dalla Regione o  proposti  dai  rappresentanti  della  Regione  nelle
assemblee, quali componenti degli organi  di  amministrazione  o  dei
collegi sindacali delle societa' a partecipazione regionale  sono,  a
tutti gli effetti, agenti contabili a materia e rispondono,  in  tale
qualita', della  corretta  gestione  societaria.  Gli  stessi  devono
supportare adeguatamente la Regione  nell'esercizio  dei  diritti  di
azionista, rendere annualmente il conto con le  modalita'  e  termini
stabiliti  dalla  Giunta   regionale   e   sono   assoggettati   alla
giurisdizione della Corte dei conti nel rispetto  della  legislazione
statale in materia, ferme restando le  responsabilita'  previste  dal
codice civile». 
    2.- Le tre ordinanze hanno ad oggetto la  medesima  disposizione,
censurata in riferimento agli stessi parametri.  I  relativi  giudizi
possono  dunque  essere  riuniti  per  essere  decisi  con   un'unica
pronuncia. 
    3.- In tutte e tre le ordinanze il rimettente riferisce di  dover
decidere su giudizi di conto instaurati in virtu' della  disposizione
censurata,  che  qualifica  come  agenti  contabili  -  e  come  tali
assoggettati al giudizio di conto - i soggetti nominati  o  designati
dalla Regione o  proposti  dai  rappresentanti  della  Regione  nelle
assemblee, quali componenti degli organi  di  amministrazione  o  dei
collegi sindacali delle societa' partecipate dalla  Regione  Calabria
(nei casi di specie: Fincalabra spa e Ferrovie della Calabria srl). 
    Le questioni di legittimita' costituzionale  sarebbero  rilevanti
in quanto i convenuti nel giudizio di conto non potrebbero  ritenersi
agenti contabili se non in forza della disposizione censurata, mentre
gli stessi non avrebbero effettivo  "maneggio"  delle  partecipazioni
sociali e non dovrebbero, pertanto,  essere  sottoposti  al  predetto
giudizio. 
    3.1.- Secondo il giudice a  quo,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale sarebbero altresi'  non  manifestamente  infondate  in
quanto la disposizione censurata entrerebbe in conflitto anche con la
funzione di garanzia della legalita' contabile riservata al  giudizio
di conto di pertinenza della Corte dei  conti.  L'art.  103,  secondo
comma, Cost. implicherebbe infatti l'assoggettamento  a  giudizio  di
conto di coloro  che  "maneggiano"  effettivamente  denaro  e  valori
dell'ente pubblico, ai sensi dell'art. 44 del r.d. n. 1214 del  1934,
disposizione  che  dovrebbe  ritenersi  di   applicazione   generale,
prevalente anche sulle esigenze di autonomia delle regioni. 
    Inoltre, la disposizione regionale censurata, limitando  l'ambito
della giurisdizione contabile, si porrebbe in  contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto - ferma restando  la
facolta' della Regione di individuare gli uffici  e  i  soggetti  cui
affidare la  custodia  dei  propri  beni  in  virtu'  del  potere  di
autorganizzazione riconosciutole dall'art. 117, quarto comma, Cost. -
sarebbe lesiva della competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato
attinente  ai  profili  giurisdizionali  e  alla   disciplina   della
responsabilita' amministrativa di competenza della Corte dei conti. 
    L'art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del  2007  violerebbe  i
parametri evocati in quanto non sottoporrebbe  a  giudizio  di  conto
l'ente proprietario della partecipazione stessa, che soltanto  ha  la
possibilita' di esercitare i diritti di socio e quindi evitare che la
partecipazione perda valore. 
    La disposizione censurata individuerebbe  come  agenti  contabili
soggetti  che  non  avrebbero  il  "maneggio"  delle   partecipazioni
sociali, non avendo l'effettiva possibilita' di esercitare i  diritti
del socio. 
    Si determinerebbe in tal modo uno stravolgimento del giudizio  di
conto, anche in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto si  creerebbe
una disparita' di trattamento rispetto alle altre amministrazioni  in
cui   l'agente   contabile   (avendo   effettivo   "maneggio"   della
partecipazione sociale) risponderebbe della  propria  gestione,  come
accade negli enti locali, ove, ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 175
del  2016,  delle  partecipazioni  sociali  sarebbe  responsabile  il
sindaco o il  suo  delegato.  Infatti,  l'art.  8  della  legge  reg.
Calabria n. 22  del  2007  avrebbe  esonerato  gli  uffici  regionali
dall'obbligo  di  rendere  il  conto  delle  partecipazioni  sociali,
traslandolo  sugli  amministratori  e  sui  sindaci  delle   societa'
partecipate. 
    4.-  In  relazione  a  tutte  le  ordinanze  di   rimessione   e'
intervenuto il Procuratore generale della Corte dei conti, il  quale,
nel ribadire le argomentazioni del giudice rimettente, chiede che  il
suo intervento sia ammesso nel presente giudizio. 
    Relativamente a detto intervento va ricordato che sono ammessi  a
intervenire nel giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale
(art. 4 delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a  quo,  oltre  al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale,
al Presidente della Giunta regionale. 
    Nei giudizi incidentali di legittimita' costituzionale,  infatti,
l'intervento di soggetti estranei al  giudizio  principale  (art.  4,
comma 3, delle Norme integrative) e' ammissibile soltanto per i terzi
titolari di un interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e
immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. 
    Alla  luce  del  costante  orientamento  di  questa   Corte,   il
Procuratore  generale  della  Corte  dei  conti  non  puo'  ritenersi
titolare di un interesse qualificato e pertanto il suo intervento non
e' ammissibile (ex plurimis, sentenze n. 39 del  2024,  con  allegata
ordinanza letta all'udienza del 24 gennaio 2024; n. 206 del 2019, con
allegata ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019; e n. 173  del
2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 18 giugno 2019). 
    5.- Le questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto
l'art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 sono  rilevanti  in
quanto la disposizione censurata  trova  effettiva  applicazione  nei
giudizi a quibus, nei quali, ai sensi degli artt. 139 e 140, comma 3,
del d.lgs. n. 174 del 2016, sono sottoposti a  giudizio  di  conto  i
soggetti  individuati  come  agenti  contabili   dalla   disposizione
regionale censurata. 
    6.- Ai fini della  decisione  nel  merito  appare  opportuna  una
ricostruzione della figura dell'agente contabile nonche'  del  quadro
normativo e giurisprudenziale rilevante. 
    6.1.- L'agente contabile ha rappresentato fin dalla nascita dello
Stato unitario una figura chiave nella cosiddetta gestione  contabile
delle pubbliche  amministrazioni  e,  cioe',  in  quella  fase  della
gestione  operativa  che  segue  quella  amministrativa  o   volitiva
condotta dall'apparato dirigenziale e direttivo e che  e'  essenziale
per mettere in atto le decisioni amministrative gia' prese in  merito
alla raccolta delle entrate, al pagamento delle spese e alla custodia
dei beni precedentemente acquisiti dall'ente. 
    La descrizione dei soggetti incaricati  della  riscossione  delle
entrate e dell'esecuzione dei pagamenti  o  di  quelli  che  ricevono
somme dovute allo Stato o  altre  delle  quali  lo  Stato  stesso  ne
diventa debitore, unitamente a quei soggetti  che  maneggiano  denaro
pubblico o che si ingeriscono negli  incarichi  attribuiti  ai  detti
agenti, e' fornita dall'art.  74  del  r.d.  n.  2440  del  1923,  di
contabilita' generale dello Stato. 
    Piu' precisamente, sono qualificati agenti contabili: gli  agenti
della riscossione o esattori, il cui compito risulta essere quello di
riscuotere le entrate e di versarne il relativo ammontare; gli agenti
pagatori  o  tesorieri,  incaricati  della  custodia  del  denaro   e
dell'esecuzione dei pagamenti; gli agenti consegnatari, addetti  alla
conservazione di  generi,  oggetti  e  materie  di  pertinenza  della
pubblica amministrazione; nonche'  tutti  coloro  che,  senza  legale
autorizzazione, si ingeriscono negli incarichi attribuiti agli agenti
anzidetti e riscuotono somme di spettanza dello Stato,  ex  art.  178
del regolamento di contabilita' (r.d. n. 827 del 1924). 
    Con riguardo alla fattispecie di beni in esame va precisato che i
titoli azionari e partecipativi sono espressamente annoverati  tra  i
beni mobili dello Stato, ai sensi dell'art. 20, lettera c), del  r.d.
n. 827 del 1924, il quale prevede che diritti e azioni, a  norma  del
codice civile, sono considerati come beni mobili  (la  categoria  dei
beni mobili e' determinata dal terzo comma dell'art.  812  cod.  civ.
per esclusione, cosicche' sono considerati mobili tutti  i  beni  che
non possono essere qualificati come immobili ai sensi dei  primi  due
commi del medesimo articolo). 
    I consegnatari dei beni mobili di cui al predetto  art.  20  sono
personalmente responsabili dei beni ricevuti in custodia, fino a  che
non  ne  abbiano  ottenuto  legale   discarico,   mentre   non   sono
direttamente e personalmente responsabili  dell'abusiva  e  colpevole
deteriorazione degli oggetti, se non  in  quanto  abbiano  omesso  di
adoperare  quella  vigilanza  che  loro  incombe  nei  limiti   delle
attribuzioni del loro ufficio. I consegnatari dei  diritti  e  azioni
rispondono altresi' delle variazioni che  subiscono  i  crediti  loro
affidati (art. 29 del r.d. n. 827 del 1924). 
    L'obbligo di rendere il conto delle partecipazioni di  proprieta'
della Regione e' riconosciuto in  base  alle  gia'  richiamate  norme
generali di contabilita' dello Stato (artt. 20, lettera c, 29, ultimo
comma, e 32 del r.d. n. 827 del 1924) ai sensi del combinato disposto
dell'art. 1, comma 3, del d.l. n. 453 del 1993,  come  convertito,  e
degli artt. 3 e 6, comma 2, della legge  n.  658  del  1984,  nonche'
degli artt. 137 e 18, lettera a), del decreto legislativo  26  agosto
2016, n. 174 cod. giust. contabile. 
    Secondo quanto disposto dall'art. 44 del r. d. n. 1214 del  1934,
«la Corte [dei conti] giudica,  con  giurisdizione  contenziosa,  sui
conti dei tesorieri, dei ricevitori,  dei  cassieri  e  degli  agenti
incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare  e  di  maneggiare
danaro  pubblico  o  di  tenere  in  custodia  valori  e  materie  di
proprieta' dello Stato, e di coloro che si  ingeriscono  anche  senza
legale autorizzazione negli incarichi attribuiti ai detti agenti». 
    Inoltre, l'art. 6, comma 1,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 4 settembre  2002,  n.  254  (Regolamento  concernente  le
gestioni dei consegnatari e dei cassieri delle amministrazioni  dello
Stato), stabilisce che «[g]li agenti che ricevono in consegna i  beni
mobili dello Stato sono denominati consegnatari i quali, in relazione
alle  modalita'  di   gestione   e   di   rendicontazione   ed   alle
conseguenziali responsabilita', assumono la  veste,  rispettivamente,
di  agenti  amministrativi  per  debito  di  vigilanza  e  di  agenti
contabili per debito di custodia». 
    Un nuovo impulso al giudizio di conto e' conseguente  alle  norme
del codice di giustizia contabile, contenute negli articoli da 137  a
150 dell'Allegato 1 al d.lgs. n. 174 del 2016, che integrano le varie
disposizioni gia' presenti in normative  specifiche  di  settore.  Le
richiamate  disposizioni   hanno   riportato   all'attenzione   delle
amministrazioni le attivita' relative al deposito e alla parifica del
conto giudiziale da parte dei soggetti interni ed  esterni  tenuti  a
detto adempimento. Negli articoli da 137 a  150  dell'Allegato  1  al
citato decreto legislativo, sono disciplinati l'ambito dei giudizi di
conto e i compiti dell'agente contabile (articoli da 137 a  140);  il
giudizio di resa del conto (articoli da 141 a 144); il  giudizio  sul
conto (articoli da 145 a 150). 
    Ai fini della questione di legittimita' costituzionale in  esame,
vengono in rilievo in particolare specifiche disposizioni del  citato
codice di giustizia contabile. 
    E', anzitutto, opportuno richiamare  i  contenuti  dell'art.  137
cod. giust. contabile circa la competenza della  Corte  dei  conti  a
giudicare sui conti degli agenti contabili dello Stato e delle  altre
pubbliche amministrazioni,  secondo  quanto  previsto  a  termini  di
legge. Si tratta, dunque, di un'ampia  platea  che  vede  interessati
tutte le amministrazioni dello Stato,  compresi  gli  istituti  e  le
scuole di ogni ordine e grado, le  aziende  e  amministrazioni  dello
Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni,  le
comunita' montane, e loro consorzi  e  associazioni,  le  istituzioni
universitarie, gli istituti autonomi, le case popolari, le camere  di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro  associazioni,
tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e  locali,
le amministrazioni, le aziende e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle  pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al decreto legislativo  30
luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Ai sensi dell'art. 139, comma 2, dell'Allegato 1 al d.lgs. n. 174
del 2016 l'amministrazione e' tenuta a nominare un  responsabile  del
procedimento il quale, espletata la  fase  di  verifica  o  controllo
amministrativo prevista dalla vigente normativa, entro trenta  giorni
dall'approvazione, previa parificazione del conto, deve  depositarlo,
unitamente alla relazione degli organi di controllo  interno,  presso
la sezione giurisdizionale territorialmente competente. 
    A   seguito   della   presentazione   del    conto    giudiziale,
l'amministrazione avvia le attivita' di parificazione  attraverso  un
apposito procedimento autonomo e distinto dalle  verifiche  poste  in
essere da altri organi di controllo con  la  finalita'  di  garantire
alla pubblica  amministrazione  la  correttezza  della  gestione  del
denaro o del  patrimonio  pubblico  di  sua  pertinenza,  anticipando
l'attivita' affidata alla Corte dei conti che interviene solo  quando
sono stati svolti i controlli interni presso ciascuna amministrazione
sulla predetta gestione. 
    Gli articoli da  137  a  150  cod.  giust.  contabile,  afferenti
all'ambito di operativita' del giudizio di conto, devono essere letti
in stretta connessione con i principi  generali  della  giurisdizione
contabile: di effettivita' e di concentrazione  (artt.  2  e  3  cod.
giust.  contabile);  del  giusto  processo  (art.   4   cod.   giust.
contabile), dell'obbligo di motivazione e di sinteticita' degli  atti
(art. 5 cod. giust. contabile). 
    Il principio di  effettivita'  di  cui  all'art.  2  cod.  giust.
contabile deve essere correlato al  principio  di  concentrazione  al
fine di assicurare una tutela piena ed effettiva  degli  interessi  e
dei diritti soggettivi.  L'intendimento  del  giudizio  di  conto  e'
difatti quello di garantire la corretta gestione del pubblico  denaro
proveniente  dalla  generalita'  dei  contribuenti  e  destinato   al
soddisfacimento dei pubblici bisogni. 
    6.2.- Per quanto riguarda la figura  dell'agente  contabile,  una
sua possibile perimetrazione puo' essere ricavata,  oltre  che  dalla
lettura  combinata  delle  disposizioni   sopra   richiamate,   dalla
interpretazione che ne  ha  dato  la  giurisprudenza  costituzionale,
della Corte di cassazione e della Corte dei conti. 
    In virtu' di un orientamento costante  di  questa  Corte,  l'art.
103, secondo comma,  Cost.,  secondo  cui  «la  Corte  dei  conti  ha
giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica  e  nelle  altre
specificate dalla legge», si riferisce all'ampio ambito della «tutela
del pubblico danaro» (sentenze n. 169 del 2018, n. 371 del  1998,  n.
185  del  1982,  n.  68  del  1971).  E'  stato  a  questo  proposito
ripetutamente affermato che la Corte dei conti ha giurisdizione piena
ed esclusiva nelle materie di contabilita' pubblica di  cui  all'art.
103, secondo comma, Cost. (sentenze n. 89 del 2023, n. 182 del  2022,
n. 18 del 2019) ed e' stato altresi'  chiarito  che  tradizionalmente
tale giurisdizione  comprende  tanto  i  giudizi  di  responsabilita'
amministrativo-contabile, quanto i giudizi di conto (sentenze n.  169
del 2018, n. 378 del 1996). 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, e' infatti  «principio
generale del nostro ordinamento che il  pubblico  denaro  proveniente
dalla generalita' dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei
pubblici   bisogni   debba   esser   assoggettato    alla    garanzia
costituzionale della correttezza della sua gestione, garanzia che  si
attua con lo strumento del rendiconto giudiziale» (sentenze  n.  1007
del 1988 e n. 114 del 1975). Ne discende, in ossequio al principio di
necessarieta' del giudizio di conto, l'obbligatorieta' della resa del
conto giudiziale da parte di chi  ha  maneggio  di  denaro  o  valori
pubblici; in applicazione di tale principio a nessun ente gestore  di
mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile  che  abbia
comunque maneggio di denaro  e  valori  di  proprieta'  dell'ente  e'
consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere (ancora sentenze n.
1007 del 1988, n. 114 del 1975). 
    Il giudizio avente  ad  oggetto  azioni  e  quote  societarie  si
configura, pertanto, come un  procedimento  giudiziale,  a  carattere
necessario ed ineludibile, per la salvaguardia di interessi  generali
della collettivita' connessi alla  gestione  del  denaro  o  di  beni
pubblici (sentenze n. 114 del 1975 e n. 292 del 2001). 
    E' utile anche richiamare quanto affermato  dalle  sezioni  unite
della Corte di cassazione in materia di giudizio di conto da parte di
agente contabile  di  societa'  per  azioni,  a  prevalente  capitale
pubblico locale, costituita per la gestione di beni  pubblici  locali
produttivi di entrate (gestione di parcheggi pubblici),  secondo  cui
«[t]ale nozione allargata di agente contabile, la  quale  ricomprende
anche i soggetti che abbiano di fatto  maneggio  di  denaro  pubblico
[...] e' in perfetta armonia con l'art. 103  della  Costituzione,  la
cui forza  espansiva  deve  considerarsi  vero  e  proprio  principio
regolatore della materia» (Corte di cassazione, sezioni unite civili,
sentenza 9 ottobre 2001, n. 12367). 
    La  qualita'  di  agente  contabile,  percio',  e'  fondata   sul
presupposto essenziale che detto operatore e' investito del  maneggio
di denaro (sia esso entrata di diritto pubblico o di diritto privato)
d'indiscussa  originaria  pertinenza  dell'ente   pubblico   che   ha
costituito  a  tale  scopo  la  societa'  di  tipo  privatistico,   e
ovviamente tale considerazione si  estende  anche  alla  gestione  di
materie di pertinenza pubblica. 
    Rileva anche il giudice di  legittimita'  che  la  gestione  deve
svolgersi «secondo uno  schema  procedimentale  di  tipo  contabile»,
alludendo al principio della rendicontazione fra agente contabile  ed
ente proprietario dei beni  o  del  danaro  gestito,  adempimento  di
regola posto a chiusura dei doveri di gestione; rendiconto che assume
la natura di conto giudiziale (ancora Cass., n. 12367 del 2001). 
    In un'altra pronuncia, la  Corte  di  cassazione,  con  specifico
riferimento a una fattispecie riguardante le  partecipazioni  sociali
della Regione Calabria, ha affermato che l'inclusione dei  diritti  e
azioni tra i beni mobili dello Stato, per i quali sussiste  l'obbligo
della resa del conto, e' applicazione di un principio costituzionale,
tanto  piu'  in   considerazione   dell'accresciuto   rilievo   delle
partecipazioni societarie degli enti pubblici conseguente al processo
di privatizzazioni e che la Corte dei conti ha giurisdizione anche in
relazione ai conti  aventi  ad  oggetto  azioni  e  quote  societarie
(Cass., n. 7390 del 2007). 
    Con la medesima ordinanza, la stessa Corte ha  precisato  che  la
funzione di garanzia insita nella verifica circa la regolare gestione
contabile  e  patrimoniale  dell'ente   pubblico   rende   necessario
l'esercizio della giurisdizione di conto in tutte le sue  componenti,
patrimoniali e finanziarie. 
    Il d.lgs. n. 175 del 2016, all'art. 9, comma 2, prevede che  «per
le partecipazioni regionali  i  diritti  del  socio  sono  esercitati
secondo  la  disciplina  stabilita  dalla  regione   titolare   delle
partecipazioni», mentre, al successivo comma 3, stabilisce che «[p]er
le partecipazioni di enti locali i diritti del socio sono  esercitati
dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato» 
    In altri  termini,  con  il  citato  art.  9  il  legislatore  ha
individuato i soggetti deputati a esercitare i diritti dell'azionista
nei seguenti termini: per le partecipazioni regionali, la  presidenza
della regione, salvo  diversa  disposizione  di  legge  della  stessa
regione titolare delle partecipazioni; per quelle degli enti  locali,
il sindaco o il presidente o un loro delegato;  in  tutti  gli  altri
casi  le  partecipazioni  sono  gestite  dall'organo   amministrativo
dell'ente. 
    7.- Cio' posto,  nel  procedere  ad  esaminare  il  merito  delle
questioni, questa  Corte,  avvalendosi  della  facolta'  di  decidere
l'ordine delle questioni da affrontare (sentenze n. 120 del 2022,  n.
260 del 2021, n. 246  del  2020  e  n.  258  del  2019),  ritiene  di
esaminare innanzitutto la censura relativa al  parametro  concernente
il riparto di competenze, poiche' incidente  sul  piano  delle  fonti
prima ancora che sul merito della scelta legislativa. 
    7.1.- La questione e' fondata sotto il profilo  della  violazione
della  competenza  legislativa  esclusiva   statale   nella   materia
«giurisdizione e norme processuali»  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    Con riferimento ai giudizi in esame, va ricordato  che  i  titoli
azionari e partecipativi sono espressamente  annoverati  tra  i  beni
mobili dello Stato, ai sensi dell'art. 20, lettera c),  del  r.d.  n.
827 del 1924 e che il giudizio  avente  ad  oggetto  azioni  e  quote
societarie si configura come un procedimento giudiziale  a  carattere
necessario ed ineludibile, finalizzato alla salvaguardia di interessi
generali della collettivita' connessi alla gestione del denaro  o  di
beni pubblici (sentenze n. 292 del 2001 e n. 114 del 1975). 
    La stessa Corte di  cassazione,  con  la  piu'  volte  richiamata
ordinanza n. 7390 del 2007, ha precisato in maniera  chiara  come  la
indefettibile funzione di garanzia insita  nella  verifica  circa  la
regolare gestione contabile e patrimoniale dell'ente  pubblico  renda
necessario l'esercizio della  giurisdizione  di  conto  su  tutte  le
componenti patrimoniali e finanziarie, compresi i titoli azionari. 
    Ai sensi dell'art. 29, ultimo comma, del r.d. n. 827 del 1924,  i
consegnatari dei diritti e delle  azioni  indicati  alla  lettera  c)
dell'art. 20 del  regolamento  di  contabilita'  generale  rispondono
anche delle variazioni che subiscono i crediti loro  affidati.  Detta
disposizione e' stata ulteriormente valorizzata dalla stessa Corte di
cassazione (ancora  Cass.,  ordinanza  n.  7390  del  2007),  con  un
articolato obiter dictum in cui e' precisato  che  «il  giudizio  non
puo' essere limitato al titolo originario nella sua materialita',  ma
deve riguardare anche le variazioni del valore dei titoli e gli utili
o dividendi distribuiti». 
    Il  giudizio  di  conto,  come  affermato  da  questa  Corte,  si
configura essenzialmente come una procedura  giudiziale  a  carattere
necessario, volta a verificare se chi ha  avuto  maneggio  di  denaro
pubblico e ha avuto in  carico  risorse  finanziarie  provenienti  da
bilanci pubblici e' in grado di rendere conto del modo legale in  cui
lo ha speso, e non risulta gravato da obbligazioni  di  restituzione.
In quanto tale, il giudizio di conto ha come destinatari non gia' gli
ordinatori della spesa, bensi' gli agenti contabili che riscuotono le
entrate ed eseguono le spese (sentenza n. 292 del 2001). 
    La  giurisdizione  della  Corte  dei  conti  in  questo  giudizio
risponde dunque all'esigenza del rispetto della  legalita'  contabile
delle risorse pubbliche, come affermato anche nella sentenza  n.  129
del 1981 in cui questa Corte ha ricordato che  la  giurisdizione  sui
conti giudiziali - essendo retta da un impulso d'ufficio  -  presenta
un carattere necessario e continuo, risolvendosi  inevitabilmente  in
tanti giudizi quanti sono i conti che periodicamente si susseguono. 
    Tali affermazioni si inverano nell'art. 138, comma 1, cod. giust.
contabile, secondo cui «le amministrazioni  comunicano  alla  sezione
giurisdizionale territorialmente  competente  i  dati  identificativi
relativi ai soggetti nominati agenti contabili e tenuti alla resa del
conto giudiziale» e nei successivi artt. 139 - che impone ai suddetti
agenti  di  presentare  il   conto   alla   chiusura   dell'esercizio
finanziario salvo diverso termine previsto dalla legge - e 140, comma
1,    che    prevede    il    deposito    del    conto,    parificato
dall'amministrazione,   presso   la    segreteria    della    sezione
giurisdizionale competente. 
    Per effetto  di  tale  deposito  l'agente  contabile  si  intende
costituito in giudizio (art. 140, comma 3, cod. giust. contabile). 
    La disposizione regionale censurata, attribuendo autonomamente la
qualifica di agenti contabili ai consiglieri di amministrazione e  ai
componenti del collegio  sindacale,  nominati  dal  Presidente  della
Regione o dai rappresentanti nelle assemblee sociali, delle  societa'
partecipate  dalla  Regione  Calabria,  esula  dalla  competenza  del
legislatore regionale. 
    Quest'ultimo puo' unicamente disciplinare l'assetto organizzativo
interno della gestione ed eventualmente gli ambiti della  delega,  ma
non puo' attribuire la qualifica di  agente  contabile  invadendo  la
competenza legislativa esclusiva statale nella materia «giurisdizione
e norme processuali» (sentenze n. 160 del 2022, n. 285 del 2019, n. 8
del 2017, n. 19 del 2014). 
    Secondo quanto stabilito dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera
l), Cost., difatti, spetta solo  allo  Stato  dettare  la  disciplina
relativa alla predetta materia «giurisdizione e norme processuali»  e
dunque, nello specifico, quella inerente al giudizio di conto. 
    8.- Sono assorbite le censure sollevate in riferimento agli altri
parametri costituzionali evocati dal giudice rimettente. 
    9.- In assenza di una disciplina statale organica e tenuto  conto
che il  giudizio  di  conto  e'  materia  di  competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato,  questa  Corte  esprime  l'auspicio  che  il
legislatore statale intervenga nella materia  prendendo  in  adeguata
considerazione l'evoluzione della  figura  e  del  ruolo  dell'agente
contabile con particolare  riguardo  alle  partecipazioni  societarie
degli enti pubblici.