N. 66 SENTENZA 22 febbraio - 22 aprile 2024

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Unioni civili - Scioglimento automatico in caso di rettificazione  di
  attribuzione di sesso di  uno  dei  contraenti  -  Sospensione  dei
  relativi effetti, da parte del giudice, fino alla celebrazione  del
  matrimonio e comunque non oltre centottanta giorni dal passaggio in
  giudicato della sentenza  di  rettificazione,  laddove  l'attore  e
  l'altra   parte   dell'unione   rappresentino,   personalmente    e
  congiuntamente, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni,
  l'intenzione di voler contrarre matrimonio -  Omessa  previsione  -
  Violazione dei diritti inviolabili dell'individuo nelle  formazioni
  sociali di appartenenza - Illegittimita'  costituzionale  in  parte
  qua. 
Unioni civili - Scioglimento automatico in caso di rettificazione  di
  attribuzione di sesso di uno dei contraenti - Annotazione, da parte
  dell'ufficiale dello stato civile che  riceve  comunicazione  della
  sentenza di rettificazione, della sospensione degli  effetti  dello
  scioglimento disposta dal giudice - Omessa previsione -  Violazione
  dei diritti inviolabili dell'individuo nelle formazioni sociali  di
  appartenenza - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
Unione civili - Scioglimento automatico in caso di rettificazione  di
  attribuzione di sesso  di  uno  dei  contraenti  -  Conversione  in
  matrimonio per dichiarazione congiunta delle parti, senza soluzione
  di continuita' con il preesistente legame  -  Omessa  previsione  -
  Denunciata  violazione  dei  diritti  inviolabili   dell'individuo,
  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto  alla  coppia  di
  coniugi,   nonche'   lesione   del   diritto,   anche   di   natura
  convenzionale, alla vita privata e familiare - Non fondatezza delle
  questioni. 
- Legge 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 26; decreto  legislativo
  1° settembre 2011, n. 150, art. 31, comma 4-bis, aggiunto dall'art.
  7 del decreto legislativo  19  gennaio  2017,  n.  5;  decreto  del
  Presidente  della  Repubblica  3  novembre  2000,  n.   396,   art.
  70-octies, comma 5, aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t),  del
  decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 117, primo  comma;  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  artt. 8 e 14. 
(GU n.17 del 24-4-2024 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Augusto Antonio BARBERA; 
Giudici  :Franco  MODUGNO,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni   AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,
  Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI
  GRIFFI, Marco D'ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella  SCIARRONE
  ALIBRANDI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
26, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle  unioni
civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze),
31, comma 4-bis, del decreto legislativo 1° settembre  2011,  n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo  54  della  legge  18  giugno  2009,  n.  69),
aggiunto dall'art. 7 del decreto legislativo 19 gennaio 2017,  n.  5,
recante «Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello  stato
civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni,  nonche'
modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle
unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a)  e  c),
della legge 20 maggio 2016, n. 76», e 70-octies, comma 5, del decreto
del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396  (Regolamento
per la revisione e la semplificazione  dell'ordinamento  dello  stato
civile, a norma dell'articolo 2, comma  12,  della  legge  15  maggio
1997, n. 127), aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t), del  d.lgs.
n. 5 del 2017, promosso dal Tribunale ordinario  di  Torino,  sezione
settima civile, nel giudizio proposto da P. S., con ordinanza del  29
maggio 2023, iscritta  al  n.  101  del  registro  ordinanze  2023  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  34,  prima
serie speciale, dell'anno 2023, la cui trattazione e'  stata  fissata
per l'adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udita nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024  la  Giudice
relatrice Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 29 maggio 2023,  iscritta  al  n.  101  del
registro ordinanze 2023, il Tribunale ordinario  di  Torino,  sezione
settima civile,  nel  corso  di  un  giudizio  di  rettificazione  di
attribuzione di sesso introdotto, ai  sensi  della  legge  14  aprile
1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di  attribuzione  di
sesso),  da  P.  S.,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 26, della legge 20  maggio  2016,
n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello  stesso
sesso e disciplina delle convivenze), 31, comma  4-bis,  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di  cognizione,  ai  sensi  dell'articolo  54
della legge 18 giugno 2009, n. 69), aggiunto dall'art. 7 del  decreto
legislativo  19  gennaio  2017,  n.  5,  recante  «Adeguamento  delle
disposizioni  dell'ordinamento  dello  stato  civile  in  materia  di
iscrizioni, trascrizioni  e  annotazioni,  nonche'  modificazioni  ed
integrazioni normative per la regolamentazione delle  unioni  civili,
ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della  legge  20
maggio 2016, n. 76», e 70-octies, comma 5, del decreto del Presidente
della  Repubblica  3  novembre  2000,  n.  396  (Regolamento  per  la
revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a
norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127),
aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t), del d.lgs. n. 5 del  2017,
in  riferimento  agli  artt.  2,  3  e  117,   primo   comma,   della
Costituzione, quest'ultimo in relazione  agli  artt.  8  e  14  della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. 
    2.- Il giudice a quo espone che l'attore ha allegato «disforia di
genere» e documentato il percorso di transizione dal genere  maschile
a quello femminile, richiedendo la rettificazione di attribuzione  di
sesso e del prenome da P. a S.  e,  in  caso  di  accoglimento  della
domanda e ricorrendone le  condizioni  di  legge,  la  trasformazione
dell'unione civile contratta con S. B. in matrimonio, nell'osservanza
delle forme previste  per  la  opposta  ipotesi  di  conversione  del
matrimonio in unione civile, con le annotazioni di legge  da  curarsi
dal competente ufficiale dello stato civile. Per la  eventualita'  di
rigetto  della  domanda,  l'attore  ha  dedotto   la   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 26, della  legge  n.  76  del  2016
nella parte in cui prevede, in caso di accoglimento della domanda  di
rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei componenti di  una
unione  civile,  l'automatico  scioglimento   della   stessa,   senza
possibilita'  della   sua   trasformazione   in   matrimonio   previa
dichiarazione   resa   dalle   parti   davanti   al   giudice   della
rettificazione, con conseguente soluzione di continuita' delle tutele
riconosciute dall'ordinamento al precedente vincolo. 
    Il  rimettente   riferisce   altresi'   che   S.   B.,   comparso
personalmente  in  udienza,   ha   reso   congiuntamente   all'attore
dichiarazione  di  voler  costituire  e/o  trasformare,  in  caso  di
accoglimento della domanda di rettifica del sesso, l'unione civile in
matrimonio. Il difensore di P.  S.  ha  comunicato  l'intenzione  del
proprio assistito di rinunciare agli atti del giudizio  «in  caso  di
declaratoria  di   irrilevanza   o   manifesta   infondatezza   della
questione». 
    3.- Il Tribunale rimettente  ritiene  verosimilmente  fondata  la
domanda di rettificazione anagrafica  di  attribuzione  di  sesso  e,
nella dedotta sufficienza di un rigoroso accertamento del giudice  di
merito in ordine al «disturbo di identita' di genere e di  un  serio,
univoco  e  tendenzialmente  irreversibile  percorso  individuale  di
acquisizione di una nuova identita'» (sono richiamate le sentenze  di
questa Corte n. 180 del 2017 e n. 221 del 2015, e la  sentenza  della
Corte di cassazione, sezione prima civile, 20 luglio 2015, n. 15138),
riscontra  «al  di  la'  di  ogni   ragionevole   dubbio»,   per   le
«apparentemente univoche» risultanze di prova di cui  alle  relazioni
del  Centro  interdipartimentale  disturbi   identita'   di   genere,
C.I.D.I.Ge.M., dell'Azienda ospedaliera  universitaria  Citta'  della
salute e della scienza di  Torino,  la  sussistenza  di  disforia  di
genere  in  capo  a  P.  S.,  che  aveva  acquisito   una   identita'
psicosessuale femminile non  corrispondente  al  sesso  attribuitogli
nell'atto di nascita. 
    4.- Cio' premesso, il Collegio rimettente richiama la sentenza n.
170  del  2014,   con   la   quale   questa   Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge n.  164
del 1982, e, in via consequenziale, dell'art. 31, comma 6, del d.lgs.
n. 150 del 2011 - che aveva sostituito il  citato  art.  4,  abrogato
dall'art. 36 dello stesso decreto legislativo,  riproducendone  pero'
il contenuto con minima, ininfluente variante lessicale - nella parte
in  cui  le  norme  incise  non  prevedevano  che  la   sentenza   di
rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due  coniugi,  che
determina in via automatica lo scioglimento  o  la  cessazione  degli
effetti civili del matrimonio, consentisse, ove entrambe le parti  lo
avessero richiesto, di  mantenere  in  vita  il  rapporto  di  coppia
giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata  che
di questa tutelasse diritti ed obblighi, con modalita' da  stabilirsi
dal legislatore. 
    Il giudice a quo ricorda che  questa  Corte,  con  la  richiamata
sentenza, censuro' la scelta operata  dal  legislatore  che,  con  le
norme caducate, non aveva attuato alcun bilanciamento  tra  interessi
contrapposti, sacrificando a quello dello Stato a non  modificare  il
modello eterosessuale del matrimonio  -  nel  rigido  automatismo  di
regolazione dei rapporti tra sentenza di rettifica di attribuzione di
sesso e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
- il pregresso vissuto della coppia omoaffettiva, lasciata «priva  di
tutela»,  non  risultando  prevista  «alcuna  "forma  di   comunita'"
connotata da "stabile convivenza tra due persone, idonea a consentire
e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione"»
(e' richiamata altresi' la sentenza di questa Corte n. 138 del 2010). 
    4.1.-  Il  rimettente  menziona  quindi  la   giurisprudenza   di
legittimita' (viene citata la sentenza  della  Corte  di  cassazione,
sezione prima civile, 21 aprile 2015, n. 8097) che,  nel  valorizzare
la tutela da attribuirsi, nei termini di cui all'art. 2  Cost.,  alle
unioni   tra   persone   dello    stesso    sesso,    rimarcava    la
"intollerabilita'" di una «soluzione  di  continuita'  del  rapporto»
fintantoche'  il  legislatore  non  fosse  intervenuto  nei   termini
indicati da questa Corte con la richiamata sentenza n. 170 del 2014. 
    4.1.1.- Detto intervento e' stato poi operato con la legge n.  76
del 2016, che  ha  introdotto  l'istituto  della  unione  civile  tra
persone  dello  stesso   sesso,   delegando   altresi'   il   Governo
all'adozione di decreti  legislativi  per  adeguare  le  disposizioni
dell'ordinamento  dello  stato  civile  in  materia  di   iscrizioni,
trascrizioni e annotazioni alle previsioni della stessa legge  e  per
coordinare con queste ultime le disposizioni  vigenti  attraverso  le
necessarie modificazioni ed integrazioni normative. 
    Nella ordinanza di rimessione si richiama in proposito  il  comma
4-bis dell'art. 31 del d.lgs. n. 150 del 2011, inserito  dall'art.  7
del d.lgs. n. 5 del 2017, che consente ai coniugi di manifestare  nel
giudizio  di  rettificazione  anagrafica,  fino  al   momento   della
precisazione delle conclusioni, la  volonta'  di  non  sciogliere  il
matrimonio o di non farne cessare gli effetti  civili,  convertendolo
in unione civile. L'introduzione di tale disposizione adegua le norme
sui procedimenti di rettificazione dell'attribuzione  di  sesso  alla
previsione del comma 27 dell'art. 1  della  legge  n.  76  del  2016,
secondo il quale «[a]lla rettificazione anagrafica di  sesso,  ove  i
coniugi  abbiano  manifestato  la  volonta'  di  non  sciogliere   il
matrimonio  o  di  non  cessarne   gli   effetti   civili,   consegue
l'automatica  instaurazione  dell'unione  civile  tra  persone  dello
stesso sesso». 
    Il rimettente richiama ancora l'art. 70-octies del d.P.R. n.  396
del 2000, che, aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t), del  d.lgs.
n. 5 del 2017, al comma 5, prevede che, nell'ipotesi di cui  all'art.
31, comma 4-bis, del d.lgs. n. 150 del 2011, l'ufficiale dello  stato
civile  competente,  ricevuta  la  comunicazione  della  sentenza  di
rettificazione nel cui  giudizio  le  parti  abbiano  manifestato  la
volonta' di  convertire  il  matrimonio  in  unione  civile,  procede
all'iscrizione della stessa e alle eventuali annotazioni relative  al
regime patrimoniale e alla scelta del cognome della coppia. 
    5.- Alla luce della normativa evocata, il giudice a quo  ipotizza
che la coppia unita  civilmente,  il  cui  vincolo  sia  cessato  per
l'automatismo che si accompagna  alla  rettificazione  anagrafica  di
sesso di uno dei componenti dell'unione, incontri, nel  caso  in  cui
voglia mantenere  una  relazione  giuridica  riconosciuta  contraendo
matrimonio, un  vuoto  di  tutela  nel  tempo  intercorrente  tra  il
passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione del  sesso  e
la eventuale celebrazione del matrimonio. 
    5.1.-  Tanto  esposto,  il  Tribunale  di  Torino,  censura,   in
riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma,  Cost.,  quest'ultimo
in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU: l'art. 1, comma 26, della  legge
n. 76 del  2016,  che  dispone  che  la  sentenza  di  rettificazione
dell'attribuzione di sesso di uno dei componenti  dell'unione  civile
determina  lo  scioglimento   della   stessa   senza   prevedere   la
possibilita'   della   sua   conversione   in   matrimonio,    previa
dichiarazione congiunta delle parti, senza soluzione  di  continuita'
con il precedente vincolo, come previsto dall'art. 1, comma 27, della
stessa legge con riguardo alla ipotesi  speculare  della  conversione
del matrimonio in unione civile; l'art. 31, comma 4-bis,  del  d.lgs.
n. 150 del 2011, nella parte in cui non prevede che la persona che ha
proposto la domanda di rettificazione  di  attribuzione  di  sesso  e
l'altro contraente dell'unione civile possano, fino alla precisazione
delle conclusioni, con dichiarazione congiunta, resa personalmente in
udienza,  esprimere  la  volonta',  in  caso  di  accoglimento  della
domanda,  di  unirsi  in   matrimonio,   effettuando   le   eventuali
dichiarazioni riguardanti il regime patrimoniale e  la  conservazione
del cognome comune, come disposto per il caso opposto di  conversione
del matrimonio in unione civile,  nonche'  nella  parte  in  cui  non
prevede che il tribunale, con la sentenza che  accoglie  la  domanda,
ordini all'ufficiale dello stato civile del  comune  di  costituzione
dell'unione civile, o di registrazione se costituita  all'estero,  di
iscrivere il matrimonio  nel  relativo  registro  e  di  annotare  le
eventuali dichiarazioni rese dalle parti  relative  alla  scelta  del
cognome ed al regime patrimoniale; e l'art. 70-octies, comma 5, d.P.R
n. 396 del 2000 nella parte in cui non prevede che l'ufficiale  dello
stato civile, ricevuta la comunicazione della sentenza  di  rettifica
di sesso, e cessata l'unione civile per sopraggiunta eterosessualita'
dei  suoi  componenti,  proceda  alla  trascrizione  del   matrimonio
nell'apposito registro. 
    5.1.1.- Ciascuna delle disposizioni denunciate  integra,  secondo
il rimettente, «una violazione degli  artt.  2  e  3  Cost.,  laddove
introduce una ingiustificata disparita' di trattamento in  situazioni
analoghe - dal matrimonio all'unione civile ma non viceversa - ed una
ingiustificata limitazione alla liberta' fondamentale dell'individuo,
considerando l'automatico scioglimento dell'unione civile  (in  forza
dell'art. 1, comma 26, della legge n. 76 del 2016), senza contestuale
istituzione dell'unione matrimoniale, pur in presenza  dei  requisiti
di validita' previsti dalla legge - capacita',  consenso  validamente
manifestato  ed  eterosessualita'  dei  nubendi  -   con   cio'   non
riconoscendo adeguata protezione  e  tutela  ai  suoi  componenti  in
ossequio ai doveri solidaristici discendenti dall'essere (stati) essi
parte di un gruppo sociale strutturato e legalmente riconosciuto». 
    Infatti, si riconosce soltanto ai  coniugi  (art.  1,  comma  27,
della gia' citata legge istitutiva delle unioni civili)  la  facolta'
di manifestare davanti al giudice della rettifica anagrafica di sesso
la volonta' di trasformare, senza soluzione di continuita' o vuoti di
tutela, il matrimonio, nel resto disciolto o cessato nei suoi effetti
all'esito dell'automatismo rescissorio di legge, in unione civile. 
    Il diverso trattamento riservato  alle  coppie  omoaffettive  che
intendano mantenere il precedente consortium vitae e  manifestino  la
loro comune volonta' in tal senso, nella parte in  cui  non  consente
l'automatica trasformazione in matrimonio, priverebbe gli ex partners
di «reciproca tutela per un lasso di tempo a priori indeterminabile»,
inoltre «obbligando gli stessi ad attivarsi, nelle  forme  ordinarie,
per la costituzione dell'unione matrimoniale». 
    5.1.2.-  Ne'  la  differente  disciplina  riservata  alle  coppie
omoaffettive rispetto a quelle coniugate, ove entrambe interessate da
transizione sessuale, in punto di conversione della relazione cessata
in altra giuridicamente riconosciuta potrebbe trovare giustificazione
nelle  differenze  di  disciplina  che  unione  civile  e  matrimonio
presentano nella fase di formalizzazione del rapporto. 
    Sul  punto  il   rimettente   svolge   un   duplice   ordine   di
considerazioni. Da una parte, rileva che le  pubblicazioni  stabilite
per i nubendi e che a determinate condizioni  possono  essere  omesse
(si citano gli artt. 100 e 101 del codice civile) sono strumentali ad
una mera pubblicità-notizia (articoli da 93 a  100  cod.  civ.),  non
incidono sulla validita' del vincolo, valgono solo  a  consentire  ai
terzi l'eventuale opposizione in presenza  di  impedimenti  (si  cita
Corte di cassazione, sezione  prima  civile,  sentenza  17  settembre
1993,  n.  9578).  Dall'altra  parte,  valorizza  la  formalizzazione
prevista dal  legislatore  per  la  costituzione  dell'unione  civile
all'art. 1, comma 2, della legge n. 76 del  2016  ed  il  suo  valido
superamento per la comune volonta' manifestata dalle parti davanti al
giudice (art. 1, comma 27, della medesima legge). 
    Complessivamente da tale quadro normativo il giudice a quo ricava
il carattere ingiustificato del diverso  trattamento  riservato  alla
coppia  dello  stesso  sesso  che,  gia'  unita  civilmente,   voglia
contrarre   matrimonio   nella   subentrata   eterosessualita'    dei
componenti. 
    5.2.- In riferimento, poi, all'art. 117, primo  comma,  Cost.  e,
quali parametri interposti, agli artt. 8 e  14  CEDU,  il  rimettente
denuncia il vulnus che al diritto alla vita  familiare  e  personale,
nell'interpretazione consolidata della giurisprudenza  convenzionale,
deriva dalla censurata disciplina (viene menzionata Corte europea dei
diritti dell'uomo, grande camera, sentenza 16 luglio 2014, HÄmÄlÄinen
contro Finlandia,  nella  parte  in  cui  ha  enucleato  «un  obbligo
positivo per lo Stato di porre in essere un procedimento efficace  ed
accessibile, atto  a  consentire  al  cittadino  di  far  riconoscere
legalmente il nuovo sesso pur mantenendo i suoi  legami  coniugali»).
L'art. 8 CEDU, prosegue il giudice a quo, riconosce alla coppia dello
stesso sesso, gia' legata dal vincolo dell'unione civile  registrata,
di conservare il «fulcro di  diritti  ed  obblighi  reciproci  propri
dell'essere (stati) parte  di  un'unione  legalmente  riconosciuta  e
tutelata»  senza  soluzione  di  continuita'  in  caso  di  rettifica
anagrafica di sesso e con garanzia anche nel tempo della transizione,
nella  rilevata  esistenza  di  fatto  dei  requisiti  per  contrarre
matrimonio al momento del passaggio in giudicato della  sentenza  che
attribuisce sesso diverso al nubendo. 
    5.3.-  Il   rimettente   esclude   la   praticabilita'   di   una
interpretazione  costituzionalmente  orientata   delle   disposizioni
censurate,  per  la  mancanza  di  una  lacuna  dell'ordinamento  che
l'analogia  legis  presuppone  (art.   12,   secondo   comma,   delle
disposizioni preliminari al codice civile), e per  la  emersione  dal
plesso normativo in esame di «una chiara voluntas legis nel senso  di
garantire continuita' di tutela alla sola ipotesi dello  scioglimento
del matrimonio in seguito a rettificazione di sesso di uno  dei  suoi
componenti, mediante trasformazione automatica in unione civile e non
viceversa». 
    Del resto, prosegue il giudice a quo, la stessa diversita'  degli
istituti del matrimonio e dell'unione civile sia nella fase genetica,
per la quale e' prevista per l'unione la maggiore eta'  dei  partners
(art. 1, comma 2, legge n. 76 del  2016),  e  per  il  matrimonio  il
compimento dei sedici anni, previa autorizzazione del Tribunale per i
minorenni (art. 84 cod.  civ.),  che  in  quella  di  cessazione  del
rapporto, in relazione alla quale  e'  escluso  che  l'unione  civile
debba essere preceduta da una fase  di  separazione  personale  delle
parti, invece stabilita per i coniugi,  esclude,  come  chiarito,  la
percorribilita' della strada della interpretazione costituzionalmente
orientata. 
    6.- Quanto  alla  rilevanza,  il  rimettente  valorizza  l'indole
imponderabile ed indipendente dalla volonta' delle parti e  dal  mero
decorso dei termini processuali o di  legge  della  probabile  durata
della perpetuazione del vuoto di tutela nel periodo intercorrente tra
il passaggio in giudicato della sentenza di rettifica anagrafica e la
eventuale  celebrazione  del  matrimonio,  e  richiama  la   volonta'
dell'attore, nel rischio, percepito come concreto del  sopraggiungere
di un peggioramento delle proprie condizioni di salute, di rinunciare
agli atti del giudizio nel caso in cui non venga sollevato  incidente
di legittimita' costituzionale. 
    6.1.- Il giudice a quo,  dopo  aver  ricordato  gli  obblighi  di
assistenza  e  di  coabitazione  nonche'  di  contribuzione,  secondo
rispettive sostanze e capacita'  professionali  (si  cita  l'art.  1,
comma  12,  della  legge  n.  76  del  2016),  ed  il  goduto  regime
patrimoniale di comunione dei beni dei componenti dell'unione civile,
menziona i trattamenti previdenziali, successori e  di  tutela  della
salute e della dignita' della persona incapace  fruiti  dalla  coppia
del medesimo sesso in costanza dell'unione civile, per poi  rimarcare
l'illegittimita' costituzionale di ogni discontinuita' che  nel  loro
riconoscimento si realizza in pregiudizio della coppia  omoaffettiva,
nel passaggio tra unione civile e matrimonio, in  considerazione  del
rischio  di  un  evento  nefasto  involgente   uno   dei   componenti
dell'unione. 
    6.2.- A dar corpo al menzionato quadro normativo sono indicate le
indennita' di cui agli artt. 2118 e 2120 cod. civ. -  che,  spettanti
al prestatore  di  lavoro,  vengono  riconosciute  anche  alla  parte
dell'unione civile, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge n. 76
del 2016 - ed il trattamento successorio, esteso dall'art.  1,  comma
21, della stessa legge alle parti dell'unione, con  riferimento  alle
norme sulle successioni legittime ed ai legittimari, nella  rimarcata
diversa sorte riconosciuta, nella giurisprudenza costituzionale e  di
legittimita', agli istituti della pensione di reversibilita' e  delle
cause di non punibilita' del  reato  (viene  menzionato  l'art.  384,
primo comma, del codice penale) rispetto al  diverso  fenomeno  delle
convivenze di fatto. 
    Il rimettente  cita  al  riguardo  le  sentenze  della  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, 14 settembre 2021, n. 24694  e  6  luglio
2016 (recte: 3 novembre 2016), n. 22318, con le quali  i  giudici  di
legittimita' hanno ritenuto di non poter estendere al convivente more
uxorio, all'interno di una coppia del  medesimo  sesso  non  soggetta
nella sua disciplina alla legge  n.  76  del  2016,  la  pensione  di
reversibilita', e quelle di questa Corte n. 140 del 2009 e n. 461 del
2000, rispettivamente adottate sull'applicabilita' al  convivente  di
fatto della causa di non  punibilita'  di  cui  all'art.  384,  primo
comma, cod. pen. e del trattamento pensionistico di reversibilita'. 
    7.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  concluso  per  la  non  fondatezza  delle  questioni
sollevate. 
    7.1.- La difesa statale deduce la mancata violazione, quanto alla
prima  delle  sollevate  questioni,  dell'art.  2  Cost.,  nella  non
"trasferibilita'", in via automatica, alla fattispecie in esame delle
valutazioni  operate  da  questa  Corte  nella  opposta  ipotesi   di
conversione del matrimonio in unione civile, in esito alla  rettifica
anagrafica del sesso di uno dei coniugi. 
    Sottolinea  ancora   l'interveniente   che   nello   scioglimento
dell'unione civile in seguito a rettificazione del sesso e conseguita
eterosessualita' della coppia, le parti potrebbero comunque scegliere
di celebrare successivamente il matrimonio, laddove  nel  momento  in
cui venne pronunciata la sentenza n. 170 del 2014  non  esisteva  una
regolamentazione delle unioni tra coppie omoaffettive che prevedesse,
al verificarsi dello scioglimento del matrimonio, nella  perduta  sua
fisiologica eterosessualita', la trasformazione del vincolo coniugale
in altra unione giuridicamente tutelata. 
    7.2.- L'Avvocatura esclude altresi' la fondatezza della questione
sulla  dedotta  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.  in
relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, rilevando che la Carta dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea, all'art. 9, attribuisce agli  Stati
membri, con affermazione di riserva assoluta, il compito di garantire
nei rispettivi ordinamenti il diritto di sposarsi e di costituire una
famiglia (sul punto e' menzionata Corte di cassazione, sezione  prima
civile, sentenza 15 marzo 2012, n. 4184) e, nella  delicatezza  delle
sottese questioni di ordine etico, riconosce ai  singoli  ordinamenti
statali il margine di apprezzamento (sono citate Corte EDU,  sentenze
28 agosto 2012, Costa e Pavan contro Italia e 3 novembre 2011, grande
camera, S.H. e altri contro Austria). 
    7.3.- La difesa statale deduce ancora  la  non  fondatezza  della
questione sulla ingiustificata disparita' di  trattamento,  ai  sensi
dell'art. 3 Cost., tra lo scioglimento automatico dell'unione  civile
previsto dall'art. 1, comma 26, della legge  n.  76  del  2016  e  le
disposizioni contenute nel successivo comma 27. 
    7.4.- La specificita' e non sovrapponibilita'  del  matrimonio  e
dell'unione civile fa si', secondo l'Avvocatura, che debba essere  il
legislatore  ad  intervenire  per  prevedere  la  possibilita'  della
conversione dell'una nell'altro. 
    7.5.- A definizione dei diversi statuti, l'interveniente  ricorda
le pubblicazioni di cui all'art. 93 e seguenti  cod.  civ.,  previste
per il solo matrimonio e la celebrazione, che deve  essere  officiata
dall'ufficiale dello stato civile del comune di residenza di entrambi
gli sposi, cui si puo' derogare secondo quanto previsto dall'art. 109
cod. civ., per poi richiamare la differente eta' in cui e'  possibile
accedere ai due istituti: che e' di diciotto anni per l'unione civile
e  di  sedici  anni,  previa  autorizzazione  del  giudice,  per   il
matrimonio. 
    7.6.- Dopo aver ricordato le cause di scioglimento che le persone
unite civilmente condividono  con  i  coniugi,  in  riferimento  alla
dichiarazione di morte presunta e alla  rettificazione  di  sesso,  e
quelle previste dall'art. 3, numeri 1) e 2), lettere a),  c),  d)  ed
e), della legge 1° dicembre 1970, n.  898  (Disciplina  dei  casi  di
scioglimento del matrimonio), l'Avvocatura valorizza la possibilita',
riconosciuta alle sole parti dell'unione, insieme o  unilateralmente,
di manifestare  la  volonta'  di  scioglimento  direttamente  davanti
all'ufficiale dello stato civile del luogo in cui l'unione  e'  stata
celebrata e la diversa modalita' di scioglimento prevista invece  per
il matrimonio, per il quale e' stabilito un  periodo  di  separazione
prima  della   cessazione   degli   effetti   civili   del   vincolo.
L'interveniente richiama quindi i differenti  doveri  che  conseguono
all'assunzione  dei  due  legami,  rispetto  ai  quali  ritiene  piu'
stringenti quelli che vengono dal matrimonio, i doveri di fedelta'  e
di  collaborazione  nell'interesse  della  famiglia,  non   previsti,
invece, per i componenti dell'unione civile. 
    7.7.- All'interno dell'indicata cornice, nel potere  riconosciuto
al legislatore di individuare le  modalita'  per  colmare  le  lacune
normative potrebbe essere compresa, secondo  l'Avvocatura,  anche  la
scelta di estendere l'unione civile alle  coppie  eterosessuali,  con
conseguente abrogazione della risoluzione del vincolo nell'ipotesi di
rettificazione di sesso di uno dei suoi componenti. 
    Quella di consentire alle parti dell'unione civile la conversione
del precedente legame in matrimonio, in  caso  di  rettificazione  di
sesso  di  uno  dei  suoi  componenti,  non  sarebbe  che  una  delle
molteplici  soluzioni  astrattamente   ipotizzabili,   che,   potendo
spingersi fino ad estendere la scelta dell'unione civile alle  coppie
eterosessuali, resterebbero rimesse, come tali, alla discrezionalita'
del legislatore (si cita la  sentenza  n.  230  del  2020  di  questa
Corte). 
    Alla  natura   pubblicistica   dell'istituto   matrimoniale   che
disciplina  «determinati  effetti  che  il  legislatore  tutela  come
diretta conseguenza di un  rapporto  tra  persone  di  sesso  diverso
(filiazione, diritti successori,  legge  in  tema  di  adozione)»  si
accompagnerebbe la conversione  in  unione  civile,  che  rimarrebbe,
secondo l'interveniente, esclusa nell'ipotesi inversa per effetto  di
una scelta ben precisa del  legislatore,  applicativa  del  principio
secondo il quale «"il piu' comprende il meno"», che  escluderebbe  il
vulnus dedotto. 
    7.8.- Il riconoscimento giuridico operato  da  questa  Corte  nei
confronti  delle  coppie  omoaffettive   come   formazioni   previste
dall'art.  2  Cost.  e  non  con  richiamo  alla  famiglia,  tutelata
dall'art. 29 Cost., escluderebbe  ogni  obbligo  giuridico  di  rango
costituzionale   per   il   legislatore   di   estendere   l'istituto
matrimoniale a dette coppie. 
    Il contenuto  assiologico  della  relativa  scelta  resta  quindi
perseguibile, secondo l'Avvocatura,  in  via  normativa,  e  vede  il
legislatore  interprete  della   volonta'   collettiva   nell'operato
bilanciamento dei valori in conflitto e  per  una  valutazione  delle
istanze piu' radicate nella coscienza sociale - come gia' avvenuto in
materia di procreazione medicalmente assistita (si citano le sentenze
n. 84 del 2016 e n. 162 del 2014) -  lungo  un  percorso  in  cui  lo
spazio  del  sindacato  di  questa  Corte  rimane  circoscritto  alla
verifica del carattere non irragionevole del bilanciamento. 
    La concezione del sesso come dato  complesso  della  personalita'
(si citano le sentenze di questa Corte n. 221 del 2015 e n.  161  del
1985)  escluderebbe  poi  che   l'equilibrio   da   instaurarsi   dal
legislatore  in  una  materia  eticamente  sensibile   possa   essere
modificato con sentenze additive. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di  Torino,  sezione  settima  civile,
chiamato a pronunciarsi, nel corso di un giudizio  di  rettificazione
anagrafica   di   attribuzione   di   sesso,   sulla   richiesta   di
trasformazione  in  matrimonio  dell'unione  civile   contratta   dal
richiedente con altro soggetto, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 2 e 117, primo comma, Cost.,  quest'ultimo  in  relazione  agli
artt. 8 e 14 CEDU, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 26, della legge n. 76 del 2016, che dispone che la  sentenza
di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo  scioglimento
dell'unione civile tra persone dello stesso sesso senza prevedere  la
possibilita'  della  conversione  in  matrimonio  per   dichiarazione
congiunta  delle  parti,  senza  soluzione  di  continuita'  con   il
preesistente legame. 
    1.1.- La  medesima  disposizione  viene  censurata  altresi'  per
contrasto con l'art. 3  Cost.,  per  l'ingiustificata  disparita'  di
trattamento riservata allo scioglimento dell'unione omoaffettiva,  in
seguito a rettifica  anagrafica  di  sesso  di  uno  dei  contraenti,
rispetto a quanto stabilito dal successivo comma 27 dello stesso art.
1 della legge n. 76 del 2016,  che,  nel  caso  in  cui  il  medesimo
fenomeno attraversi il  vincolo  matrimoniale,  prevede  che  «[a]lla
rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato
la volonta' di non sciogliere il matrimonio o  di  non  cessarne  gli
effetti  civili,  consegue  l'automatica  instaurazione   dell'unione
civile tra persone dello stesso sesso». 
    1.2.- In riferimento ai medesimi  parametri  e  per  le  medesime
ragioni il dubbio di  legittimita'  costituzionale  investe  altresi'
l'art. 31, comma 4-bis,  del  d.lgs.  n.  150  del  2011,  introdotto
dall'art. 7 del d.lgs. n. 5 del 2017, nella parte in cui non prevede,
cosi' come fa nell'ipotesi speculare di trasformazione del matrimonio
in  unione  civile,  che  la  persona  che  ha  proposto  domanda  di
rettificazione  di  attribuzione  di  sesso  e   l'altro   contraente
dell'unione possano, fino alla precisazione  delle  conclusioni,  con
dichiarazione congiunta, resa personalmente in udienza, esprimere  la
volonta', in caso di accoglimento  della  domanda  di  rettifica,  di
unirsi in matrimonio, con  le  eventuali  annotazioni  relative  alla
conservazione del cognome comune e al  regime  patrimoniale,  nonche'
nella parte in cui non prevede che il tribunale, con la sentenza  che
accoglie la domanda, ordini  all'ufficiale  dello  stato  civile  del
comune di costituzione dell'unione  civile,  o  di  registrazione  se
costituita  all'estero,  di  iscrivere  il  matrimonio  nel  relativo
registro e di annotare le eventuali dichiarazioni  rese  dalle  parti
sulla scelta del cognome e del regime patrimoniale. 
    1.3.-  Viene,  infine,  censurato,  in  riferimento  ai  medesimi
parametri costituzionali, l'art. 70-octies, comma 5,  del  d.P.R.  n.
396 del 2000, aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t),  del  d.lgs.
n. 5 del 2017, nella parte in cui non prevede che anche  nell'ipotesi
di cui all'art. 31, comma 4-bis, del d.lgs. n.  150  del  2011,  come
emendato nel senso sopra specificato, il competente  ufficiale  dello
stato  civile,  ricevuta   la   comunicazione   della   sentenza   di
rettificazione di attribuzione di sesso,  proceda  alla  trascrizione
del matrimonio nell'apposito registro, con le  eventuali  annotazioni
relative al cognome ed al regime patrimoniale. 
    1.4.- Il rimettente denuncia, in definitiva, il deficit di tutela
che l'indicato compendio normativo produrrebbe nella parte in cui non
comprende una disposizione analoga a quella di cui all'art. 1,  comma
27, della legge n. 76 del 2016, introdotta  in  favore  delle  coppie
gia' unite in matrimonio che, in seguito a  rettifica  anagrafica  di
sesso  di  uno  dei  coniugi,  abbiano  manifestato  la  volonta'  di
trasformare   il   precedente   vincolo   in    altro    riconosciuto
dall'ordinamento, con conversione del matrimonio in unione civile. 
    1.5.- Le parti dell'unione civile, nel caso in cui vivano analogo
fenomeno  secondo  inversa  direzione,  si  troverebbero   prive   di
protezione  nel  lasso  temporale,  di  durata  imponderabile  e  che
prescinde dalla loro volonta',  intercorrente  tra  il  passaggio  in
giudicato della sentenza di rettificazione anagrafica di sesso  e  la
celebrazione del matrimonio, con  una  discontinuita'  nella  tutela,
destinata ad integrare una ingiustificata disparita'  di  trattamento
di situazioni analoghe  (art.  3  Cost.)  ed  una  limitazione  della
liberta' fondamentale dell'individuo (art. 2 Cost.),  con  violazione
dei doveri di solidarieta' propri  dell'unione  civile  come  «gruppo
sociale strutturato e legalmente riconosciuto». 
    1.6.- Si determinerebbe, inoltre, una lesione  del  diritto  alla
vita privata e familiare, tutelato dalla giurisprudenza convenzionale
(art. 117, primo comma, Cost., e, quali parametri interposti, artt. 8
e 14 CEDU), in danno  della  coppia  omoaffettiva  nelle  more  della
transizione verso il matrimonio, non venendo preservato il fulcro dei
diritti acquisiti e dei rapporti  goduti  nella  vigenza  del  regime
dell'unione  civile,  quale  formazione  legalmente  riconosciuta   e
tutelata. 
    2.- L'esame delle questioni  sollevate  richiede  l'inquadramento
delle   stesse   nella   cornice    normativo-giurisprudenziale    di
riferimento. 
    2.1.- Il riconoscimento  dell'unione  civile  tra  persone  dello
stesso sesso nel nostro ordinamento e' stato il punto di  approdo  di
un percorso gia' avviato dalle sollecitazioni del Parlamento  europeo
(risoluzioni 8 febbraio 1994, 16 marzo 2000 e  4  settembre  2003)  e
dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti  dell'uomo  (tra
le altre, sentenze 21 luglio 2015, Oliari e altri contro  Italia;  15
marzo 2012, Gas e Dubois contro Francia; 24 giugno 2010,  Schalk  and
Kopf contro Austria, 24 giugno 2010; nonche' quella gia' citata  resa
nella causa HÄmÄlÄinen contro Finlandia, 16 luglio 2014), che avevano
evidenziato la  lacuna  di  tutela  delle  unioni  omoaffettive,  pur
assicurando a ciascuno Stato un  margine  di  discrezionalita'  nella
scelta del modello di regolamentazione. Un percorso tracciato,  nelle
sue premesse, nell'ordinamento nazionale, dalla  sentenza  di  questa
Corte n. 138 del 2010, che, nel dichiarare non fondata  la  questione
di legittimita' costituzionale delle norme del codice civile che  non
consentono a persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio,  non
ha  mancato  di  sottolineare  come  nella  nozione  di   «formazione
sociale»,  tutelata  dall'art.  2  Cost.,  «e'  da  annoverare  anche
l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due  persone
dello stesso sesso, cui spetta  il  diritto  fondamentale  di  vivere
liberamente una condizione di coppia, ottenendone -  nei  tempi,  nei
modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico
con i connessi diritti e doveri». 
    Con la successiva sentenza n. 170 del 2014  questa  Corte  -  nel
dichiarare l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con  l'art.
2 Cost., degli artt. 2 e 4 della legge n. 164 del 1982,  nella  parte
in cui registravano il  fenomeno  del  cosiddetto  divorzio  imposto,
cioe' lo scioglimento del matrimonio o della cessazione degli effetti
civili conseguenti alla trascrizione  del  matrimonio  celebrato  con
rito religioso quale effetto  della  sentenza  di  rettificazione  di
attribuzione di sesso - ha rivolto un espresso monito al  legislatore
perche' consentisse alle parti che avessero manifestato  volonta'  in
tal senso di non  sciogliere  automaticamente  il  matrimonio  e  «di
mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente  regolato  con
altra forma di convivenza  registrata,  che  tuteli  adeguatamente  i
diritti ed obblighi della coppia medesima, la cui  disciplina  rimane
demandata alla discrezionalita' di  scelta  del  legislatore»  (punto
5.7. del Considerato in diritto). 
    2.2.- L'intervento di questa Corte, superando l'automatismo della
legge sulla rettifica (di cui ai citati artt. 2 e 4  della  legge  n.
164 del 1982), ha aperto alla possibilita' per i coniugi, ormai dello
stesso sesso, a tutela dei diritti primari della coppia, di  accedere
ad un istituto che garantisse loro, analogamente a  quanto  fanno  le
norme sul matrimonio, diritti ed obblighi reciproci, senza  soluzione
di continuita' e vuoti di tutela, istituto che  e'  stato  introdotto
appunto con la citata legge n. 76 del 2016. L'unione civile (art.  1,
comma 1) e' stata cosi' riconosciuta  quale  formazione  sociale  che
garantisce i diritti inviolabili della persona,  di  cui  provvede  a
rafforzare la tutela. 
    Contestualmente, il  legislatore  ha  consentito  alle  parti  di
convertire  il  matrimonio  in  unione,   stabilendo   che:   «[a]lla
rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato
la volonta' di non sciogliere il matrimonio o  di  non  cessarne  gli
effetti  civili,  consegue  l'automatica  instaurazione   dell'unione
civile tra persone dello stesso sesso» (art. 1, comma 27). 
    2.3.- Il  successivo  intervento  del  legislatore  delegato,  in
attuazione dei principi e  criteri  direttivi  fissati  nella  stessa
legge n. 76 del 2016 (art. 1,  comma  28),  e'  stato  ispirato  alle
esigenze di: «a) adeguamento alle previsioni della [...] legge  delle
disposizioni  dell'ordinamento  dello  stato  civile  in  materia  di
iscrizioni, trascrizioni e annotazioni; b) modifica e riordino  delle
norme  in  materia  di  diritto  internazionale  privato,  prevedendo
l'applicazione della disciplina dell'unione civile tra persone  dello
stesso sesso regolata dalle leggi italiane  alle  coppie  formate  da
persone  dello  stesso  sesso  che   abbiano   contratto   all'estero
matrimonio, unione civile o altro istituto analogo; c)  modificazioni
ed integrazioni normative per  il  necessario  coordinamento  con  la
[...] legge [n. 76] delle disposizioni contenute nelle  leggi,  negli
atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti». 
    2.4.- In particolare, l'art. 7  del  d.lgs.  n.  5  del  2017  ha
introdotto all'interno dell'art. 31 (Delle controversie in materia di
rettificazione di attribuzione di  sesso),  ricompreso  nel  Capo  IV
(Delle controversie regolate dal rito ordinario  di  cognizione)  del
d.lgs. n. 150 del 2011, il comma 4-bis, che consente  ai  coniugi  di
manifestare  nel  giudizio  di  rettificazione  anagrafica,  fino  al
momento della precisazione delle  conclusioni,  la  volonta'  di  non
sciogliere il matrimonio o di non farne cessare gli  effetti  civili,
convertendolo in unione civile; mentre l'art. 1, comma 1, lettera t),
dello stesso d.lgs. n. 5 del 2017 ha inserito nel d.P.R. n.  396  del
2000 l'art. 70-octies, che, al comma 5, prevede che, in tale ipotesi,
l'ufficiale dello stato civile competente, ricevuta la  comunicazione
della sentenza di rettificazione nel cui giudizio  le  parti  abbiano
manifestato la volonta' di convertire il matrimonio in unione civile,
procede all'iscrizione della  stessa  e  alle  eventuali  annotazioni
relative al regime patrimoniale  e  alla  scelta  del  cognome  della
coppia. 
    3.- Cosi' ricostruite le  fasi  della  evoluzione  legislativa  e
giurisprudenziale che ha portato alla introduzione e alla  disciplina
delle  unioni  civili,  puo'  passarsi  all'esame  nel  merito  delle
questioni sollevate, che sono solo in parte fondate, nei  termini  di
seguito precisati. 
    3.1.- Non e' anzitutto fondato il dubbio del rimettente in ordine
alla disparita' di trattamento che l'art. 1, comma 26, della legge n.
76 del 2016 produrrebbe nei confronti dei componenti  di  una  unione
civile rispetto alla coppia di coniugi, con riferimento alla facolta'
riconosciuta dal successivo comma 27 dello stesso art. 1  soltanto  a
questi ultimi - nel giudizio di rettificazione anagrafica  del  sesso
di uno  dei  componenti,  in  caso  di  accoglimento  della  relativa
domanda, previa manifestazione di volonta' congiuntamente resa  dalle
parti innanzi al giudice della  rettificazione  -  di  convertire  il
matrimonio in unione civile  senza  soluzione  di  continuita'  nelle
tutele. 
    3.1.1.- Il  rapporto  coniugale  si  configura  come  un  vincolo
diverso da quello che ha fonte nell'unione civile, e non puo'  essere
ad  esso  assimilato  perche'  se  ne  possa   dedurre   l'impellenza
costituzionale di una parita' di trattamento. 
    Matrimonio  e  unione   civile   trovano   differente   copertura
costituzionale, essendo il primo, inteso quale unione tra persone  di
sesso diverso, riconducibile, nella giurisprudenza di  questa  Corte,
all'art.  29  Cost.  (sentenze  n.  170  del  2014,  punto  5.2.  del
Considerato in diritto; n. 138 del 2010, punto 9 del  Considerato  in
diritto), e la seconda alle formazioni  sociali  di  cui  all'art.  2
Cost., all'interno delle quali  l'individuo  afferma  e  sviluppa  la
propria personalita' (sentenze n. 269 del 2022, n. 170 del 2014 e  n.
138 del 2010). 
    3.1.2.- I due istituti rappresentano, dunque, fenomeni  distinti,
caratterizzati da differenti panorami normativi. 
    Il legislatore del 2016 ha certamente attinto, nell'introdurre  e
disciplinare l'unione civile tra persone dello stesso sesso, a  molte
delle disposizioni che regolamentano il  matrimonio:  tra  le  altre,
quelle sulle cause  impeditive  alla  costituzione  dell'unione,  sui
relativi effetti e sui mezzi per azionarle, di cui all'art. 1,  commi
4, 5 e 6, della legge n. 76 del 2016 nei relativi  rinvii  al  codice
civile; la disciplina dei cognomi, di cui al successivo comma 10;  la
previsione  degli  obblighi   reciproci   all'assistenza   morale   e
materiale, alla coabitazione ed alla contribuzione ai bisogni comuni,
di cui al comma 11;  il  regime  patrimoniale  e  delle  donazioni  e
successioni di cui ai commi 13  e  21;  i  trattamenti  previdenziali
stabiliti dagli artt. 2118 e 2120 cod. civ., ai sensi del  comma  17;
sino a prevedere, con la cosiddetta clausola  di  equivalenza,  posta
dal comma 20  dell'art.  1,  l'applicazione  alle  parti  dell'unione
civile di quelle disposizioni, ovunque ricorrenti, in cui figurino  i
termini «matrimonio», «coniuge» o «coniugi» «o  termini  equivalenti»
(salve le norme del codice civile non richiamate espressamente  nella
stessa legge, tra le quali quelle relative alla  filiazione,  nonche'
le disposizioni di cui alla legge  4  maggio  1983,  n.  184  recante
«Diritto del  minore  ad  una  famiglia»,  relativo  alla  disciplina
dell'adozione, fermo «quanto previsto  e  consentito  in  materia  di
adozione dalle norme vigenti»). 
    3.1.3.- Si tratta di un percorso  che,  pur  sostenuto  da  ampia
condivisione della disciplina  legale  del  matrimonio,  ha  comunque
fatto permanere significative differenze, tra  l'altro,  in  tema  di
costituzione del vincolo (per la quale  solo  il  matrimonio,  e  non
l'unione civile,  deve,  in  via  generale,  essere  preceduto  dalle
pubblicazioni, ex artt.  93  e  seguenti  cod.  civ.,  cui  segue  la
possibilita' di opposizione  preventiva  di  cui  agli  artt.  102  e
seguenti cod. civ., per le cause che  ostino  alla  celebrazione  del
matrimonio stesso, indicate negli artt.  84  e  seguenti  cod.  civ.,
opposizione non prevista, invece, per l'unione civile);  in  tema  di
accesso a quest'ultima, per cui e' stabilita la maggiore  eta'  (art.
1, comma 2, della legge n. 76 del 2016), laddove per il matrimonio e'
prevista quella di sedici anni, in  presenza  di  autorizzazione  del
tribunale  per  i  minorenni  (art.  84  cod.  civ.);  in   tema   di
scioglimento dell'unione civile, la cui  disciplina  contempla  forme
piu' agili e  di  attenuato  formalismo  rispetto  al  matrimonio  ed
accentuata accelerazione dei relativi effetti (art. 1, commi da 22  a
26 della legge  n.  76  del  2016),  e  non  prevede  una  situazione
intermedia quale la separazione personale. 
    3.1.4.- Puo' affermarsi, in definitiva, che, alla  stregua  della
ricognizione della regolamentazione dei due  istituti  in  esame,  il
vincolo derivante dalla unione  civile  produce  effetti,  pur  molto
simili, ma non del tutto  coincidenti  e,  in  parte,  di  estensione
ridotta rispetto a quelli nascenti dal matrimonio, e  ricompresa  nel
piu' ampio spettro di diritti ed obblighi da questo originati. 
    La questione relativa alla dedotta ingiustificata  disparita'  di
trattamento tra coppie coniugate ed unite civilmente non e'  pertanto
fondata per l'obiettiva eterogeneita' delle situazioni a confronto. 
    4.-  E',   invece,   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 26, della legge  n.  76  del  2016,
sollevata in riferimento all'art. 2 Cost. 
    L'unione civile costituisce  una  formazione  sociale  in  cui  i
singoli individui svolgono la propria personalita', connotata da  una
natura solidaristica non dissimile da quella propria del  matrimonio,
in quanto comunione spirituale e materiale di vita,  ed  esplicazione
di  un  diritto  fondamentale  della  persona,   quello   di   vivere
liberamente una condizione  di  coppia,  con  i  connessi  diritti  e
doveri. 
    La  coppia   unita   civilmente,   in   ragione   dell'automatico
scioglimento del vincolo (art. 1, comma 26, della  legge  n.  76  del
2016), quale esito del percorso di transizione sessuale  di  uno  dei
suoi componenti previsto dalla legge n. 164 del 1982 (artt. 1  e  4),
ove manifesti la volonta' di conservare  il  rapporto  nelle  diverse
forme del  legame  matrimoniale,  va  incontro  comunque,  nel  tempo
necessario alla relativa celebrazione, ad un vuoto di tutela, a causa
del venir meno del complessivo regime di diritti e doveri di cui  era
titolare in costanza dell'unione civile. 
    La evidenziata mancanza di tutela nel passaggio da una  relazione
giuridicamente riconosciuta, qual e' quella  dell'unione  civile,  ad
altra, qual e' il legame  matrimoniale,  entra  irrimediabilmente  in
frizione con  il  diritto  inviolabile  della  persona  alla  propria
identita', di cui pure il percorso di sessualita'  costituisce  certa
espressione,  e  comporta  un  sacrificio  integrale  del   pregresso
vissuto.  Non  senza  considerare  che,  nel  tempo  necessario  alla
ricostituzione della coppia secondo nuove forme legali, i  componenti
potrebbero  risentire  di  eventi  destinati  a  precludere  in  modo
irrimediabile la costituzione del nuovo vincolo. 
    4.1.- La tutela additiva reclamata dal rimettente  rispetto  alla
coppia omoaffettiva che si sia trovata ad intraprendere  il  percorso
di modifica del genere e voglia a se'  conservare  continuita'  nelle
garanzie di legge nel passaggio tra unione civile e matrimonio, resta
nei suoi presupposti riconducibile a quella categoria  di  situazioni
"specifiche" e "particolari", con riguardo  alle  quali  ricorrono  i
presupposti per un intervento di questa Corte sotto il profilo di  un
controllo di adeguatezza e proporzionalita' della disciplina adottata
dal legislatore (sentenza n. 170 del 2014). 
    4.2.- Il percorso non e'  nuovo  per  questa  Corte  che,  ancora
recentemente, ha utilizzato il parametro di cui all'art. 2 Cost.  per
dare  riconoscimento  giuridico  a  relazioni  affettive  che,   gia'
connotate da  una  dimensione  sociale,  ricevono  tutela  in  quanto
strumento di formazione e sviluppo della personalita' dell'individuo. 
    Si tratta di affermazioni di principio che rivelano,  nel  tempo,
nuove letture dei piu' tradizionali istituti del  diritto  civile  di
cui rimarcano la capacita' di comprendere nuove funzionalita'. 
    Cosi', con riguardo all'adozione dei  maggiorenni,  la  Corte  e'
intervenuta sulla differenza  di  eta'  tra  adottante  e  adottando,
aprendo  l'applicazione  dell'istituto  al  riconoscimento  di  nuovi
legami familiari pur sempre, tendenzialmente, ispirati al legame  tra
genitore biologico e figlio (sentenza n. 5 del 2024, con la quale  e'
stata dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  291,
primo comma, cod. civ.,  nella  parte  in  cui,  per  l'adozione  del
maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi  di  esigua
differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di
eta' di diciotto anni fra adottante e adottato). 
    L'importanza delle relazioni affettive di fatto e' stata altresi'
occasione  per  la  giurisprudenza  costituzionale,  nella   prestata
attenzione alla piena ed equilibrata  crescita  del  minore  di  eta'
rispettosa   della   sua   identita'   personale,   per    ripensare,
escludendoli,  taluni  automatismi  che,  nel  recidere,  all'interno
dell'adozione legittimante, i legami del minore con  la  famiglia  di
origine, erano destinati a minare la consapevolezza delle origini  ed
identita'  personale  dell'adottando  (sentenza  n.  183  del   2023,
sull'art. 27, terzo comma, della legge n. 184 del 1983). 
    Analogamente,  nell'ipotesi  di  adozione  del  minore  in   casi
particolari (art. 44, comma 1, lettera d,  della  legge  n.  184  del
1983), la sentenza n. 79  del  2022  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 55 della legge n. 184 del 1983, nella  parte
in cui prevede che l'adozione in casi particolari  non  induce  alcun
rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. 
    Si e' ancora  rimeditato,  sulla  scorta  dell'indicato  abbrivo,
l'ordine  da  darsi  ai  cognomi   dell'adottato   maggiorenne,   nel
riconoscimento del suo pregresso vissuto e del diritto  all'identita'
della  persona  (sentenza  n.  135  del  2023,  che   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  299,  primo  comma,  cod.
civ., nella parte in cui non consente, con la sentenza  di  adozione,
di aggiungere, anziche' di anteporre,  il  cognome  dell'adottante  a
quello dell'adottato maggiore d'eta', se entrambi nel manifestare  il
consenso all'adozione si sono espressi  a  favore  di  tale  effetto;
sentenza n. 131 del 2022,  sull'attribuzione  al  figlio  del  doppio
cognome  dei  genitori),  nella  rimarcata  non  appropriatezza   del
bilanciamento altrimenti operato tra identita' personale del figlio e
principio di eguaglianza tra genitori  (sentenza  n.  286  del  2016,
sulla trasmissione del cognome della madre al figlio). 
    4.3.- Secondo l'indicato parametro ed in adesione  al  richiamato
indirizzo, si tratta, nella specie,  di  dare  contenuto  al  diritto
inviolabile della persona di mantenere senza soluzione di continuita'
la pregressa tutela propria del precedente status, una volta condotto
a compimento il percorso di affermazione della propria  identita'  di
genere, secondo principi di proporzione ed adeguatezza. 
    L'individuo non deve essere altrimenti posto, in modo drammatico,
nella condizione  di  dover  scegliere  tra  la  realizzazione  della
propria personalita', di cui la perseguita scelta di genere e' chiara
espressione ed alla quale si accompagna l'automatismo caducatorio del
vincolo giuridico gia' goduto,  e  la  conservazione  delle  garanzie
giuridiche che  al  pregresso  legame  si  accompagnano,  e  tanto  a
detrimento della piena espressione della personalita'. 
    Il rimedio  deve  garantire  la  tutela  della  personalita'  del
singolo lungo il  tempo,  non  altrimenti  governabile  dalle  parti,
strettamente necessario alla celebrazione. 
    4.4.- E tuttavia, avuto riguardo alle differenze, gia'  poste  in
evidenza, di struttura e disciplina tra matrimonio e  unione  civile,
il rimedio alla accertata situazione di illegittimita' costituzionale
non puo' essere quello di omologare  le  due  situazioni,  estendendo
alla seconda la disciplina di cui all'art. 1, comma 27,  della  legge
n. 76 del 2016. Il rimedio va diversamente  declinato,  in  modo  che
siano preservate dette differenze, ma, nel contempo,  sia  consentito
di  riconoscere  alla  coppia  omoaffettiva,  che,  all'esito  di  un
percorso di transizione di genere uno  dei  suoi  componenti,  voglia
unirsi in matrimonio, un mezzo diverso ma destinato a  replicare,  in
modo eguale e contrario, quello gia'  previsto  dal  legislatore  con
l'art. 31, comma 4-bis, del d.lgs.  n.  150  del  2011.  Quest'ultimo
facoltizza la coppia coniugata, attraversata dalla modifica di sesso,
a comparire davanti al giudice della  rettificazione  anagrafica  per
manifestare  la  volonta'  di  rimanere   legalmente   unita,   nella
sopraggiunta omoaffettivita'. 
    In direzione inversa lo  strumento  di  tutela  deve  evitare  ai
componenti  dell'unione  civile  per   il   tempo   necessario   alla
celebrazione del  matrimonio  quella  soluzione  di  continuita'  nel
rapporto di coppia che si determini in ragione  dell'acquisita  nuova
identita' di genere di uno dei suoi componenti. 
    4.5.- A tal fine, lo strumento di tutela deve  precludere,  negli
effetti, l'automatismo solutorio previsto dall'art.1, comma 26, della
legge sulle unioni civili. 
    Nella irrimediabile frizione con  il  diritto  inviolabile  della
persona  alla  propria  identita',  le  ragioni  di  proporzione   ed
adeguatezza del mezzo al fine sostengono l'individuazione del rimedio
nella sospensione degli  effetti  derivanti  dallo  scioglimento  del
vincolo per il tempo necessario a che le  parti  dell'unione  civile,
che abbiano congiuntamente manifestato una siffatta volonta'  davanti
al  giudice  della  rettificazione  anagrafica  entro  l'udienza   di
precisazione  delle  conclusioni,  permanendo  nella  loro   iniziale
intenzione, celebrino il matrimonio. 
    4.6.- La durata della sospensione, da ricercarsi nel  sistema  e,
segnatamente,  nella  disciplina  dell'istituto  matrimoniale,   deve
individuarsi  nel  termine  fissato  dal   codice   civile   per   la
celebrazione del matrimonio a far data dalle pubblicazioni, e  quindi
in quello di centottanta giorni previsto dall'art. 99, secondo comma,
cod. civ. decorrente, pero', nel caso  in  esame,  dal  passaggio  in
giudicato della sentenza  di  rettificazione  del  sesso,  che  resta
sospesa,   cosi'   nel   suo   decorso,   limitatamente   all'effetto
dell'automatismo solutorio del vincolo. 
    4.7.- La  sospensione  di  tale  effetto  lascia  alle  parti  la
facolta' di procedere alla celebrazione del matrimonio, nel  contempo
conservando agli uniti civilmente la tutela propria del rapporto gia'
goduto e riconosciuto nell'ordinamento nelle more della  celebrazione
del matrimonio. 
    5.-  Va   quindi   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 26, della legge n. 76 del 2016, nella parte in cui
stabilisce  che  la  sentenza   di   rettificazione   anagrafica   di
attribuzione  di   sesso   determina   lo   scioglimento   automatico
dell'unione civile senza prevedere, laddove l'attore e l'altra  parte
dell'unione rappresentino personalmente e congiuntamente al  giudice,
fino all'udienza di precisazione delle conclusioni,  l'intenzione  di
contrarre matrimonio, che il giudice disponga  la  sospensione  degli
effetti  derivanti  dallo  scioglimento   del   vincolo   fino   alla
celebrazione del matrimonio  e  comunque  non  oltre  il  termine  di
centottanta giorni dal  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di
rettificazione. 
    6.- Ne consegue che il competente ufficiale dello  stato  civile,
ricevuta  la  comunicazione  del  passaggio  in  giudicato  di  detta
sentenza  di  rettificazione  con  dichiarazione   del   giudice   di
sospensione  limitatamente  agli  effetti  dello   scioglimento   del
vincolo, a far data dal passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di
rettificazione e sino al decorso del termine di  centottanta  giorni,
procedera' alla relativa annotazione. 
    7.-   Va,   dunque,    dichiarata    altresi'    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 70-octies, comma 5, del d.P.R.  n.  396  del
2000, nella parte in cui non  prevede  che  l'ufficiale  dello  stato
civile  competente,  ricevuta  la  comunicazione  della  sentenza  di
rettificazione di attribuzione di  sesso,  proceda  ad  annotare,  se
disposta dal giudice, la sospensione degli  effetti  derivanti  dallo
scioglimento dell'unione civile fino alla celebrazione del matrimonio
e comunque non oltre il termine di centottanta giorni  dal  passaggio
in giudicato della sentenza di rettificazione. 
    8.-  Restano  assorbite  le   ulteriori   censure   propose   dal
rimettente. 
    9.-  Vanno,  invece,  dichiarate  non  fondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale relative all'art. 31,  comma  4-bis,  del
d.lgs. n. 150 del 2011, sollevate in riferimento agli artt.  2,  3  e
117 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU,  il  cui
accoglimento  presupporrebbe  l'estensione,  appena  esclusa,   della
disciplina prevista dall'art. 1, comma 27,  della  legge  n.  76  del
2016,  dettata  per  la  ipotesi  di  conversione,   a   seguito   di
rettificazione dell'attribuzione di sesso di  uno  dei  coniugi,  del
matrimonio  in  unione  civile,   alle   fattispecie   speculari   di
rettificazione  nei  confronti  di  uno  dei  componenti  dell'unione
civile. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
26, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle  unioni
civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze),
nella parte in cui  stabilisce  che  la  sentenza  di  rettificazione
anagrafica  di  attribuzione  di  sesso  determina  lo   scioglimento
automatico dell'unione civile senza  prevedere,  laddove  l'attore  e
l'altra   parte    dell'unione    rappresentino    personalmente    e
congiuntamente al giudice, fino  all'udienza  di  precisazione  delle
conclusioni, l'intenzione di contrarre  matrimonio,  che  il  giudice
disponga la sospensione degli effetti  derivanti  dallo  scioglimento
del vincolo fino alla celebrazione  del  matrimonio  e  comunque  non
oltre il termine di centottanta giorni  dal  passaggio  in  giudicato
della sentenza di rettificazione; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  70-octies,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000,
n.  396  (Regolamento  per  la   revisione   e   la   semplificazione
dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo  2,  comma
12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), aggiunto dall'art. 1,  comma
1, lettera t), del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5, recante
«Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello  stato  civile
in  materia  di  iscrizioni,  trascrizioni  e  annotazioni,   nonche'
modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle
unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a)  e  c),
della legge 20 maggio 2016, n. 76», nella parte in  cui  non  prevede
che  l'ufficiale  dello  stato   civile   competente,   ricevuta   la
comunicazione della sentenza di  rettificazione  di  attribuzione  di
sesso, proceda ad annotare, se disposta dal giudice,  la  sospensione
degli effetti derivanti dallo scioglimento  dell'unione  civile  fino
alla celebrazione del matrimonio e comunque non oltre il  termine  di
centottanta giorni dal  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di
rettificazione; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 26, della legge  n.  76  del  2016,
sollevata,  in  riferimento  all'art.  3  della   Costituzione,   dal
Tribunale  ordinario  di  Torino,   sezione   settima   civile,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 31, comma 4-bis, del decreto legislativo  1°
settembre 2011, n.  150  (Disposizioni  complementari  al  codice  di
procedura civile  in  materia  di  riduzione  e  semplificazione  dei
procedimenti civili di cognizione, ai sensi  dell'articolo  54  della
legge 18 giugno 2009, n. 69), aggiunto dall'art. 7 del  d.lgs.  n.  5
del 2017, sollevate, in riferimento gli  artt.  2,  3  e  117  Cost.,
quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo, dal Tribunale  ordinario  di  Torino,  sezione
settima civile, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2024. 
 
                                F.to: 
                 Augusto Antonio BARBERA, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2024 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA