IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE

    Nel  processo penale a carico di Altamura Luigi, nato a Napoli il
13 ottobre  1964,  residente  ad  Ancona, c.so Protopisani n. 84, ivi
domiciliato  in  via  Ruggeri  n. 8, imputato nel procedimento penale
sopra  enumerato; difensore di fiducia avv. Alessandro Rocco del foro
di Ancona;

                    Svolgimento del procedimento

    Il  29  aprile  2003 perveniva richiesta di rinvio a giudizio nei
confronti dell'indagato.
    Pendente la fase dell'udienza preliminare, in data 31 marzo 2003,
veniva  depositata  nella  cancelleria  di  questo ufficio istanza di
ammissione al gratuito patrocinio.
    Tale istanza, per mero disguido, veniva sottoposta dapprima ad un
magistrato  diverso  da  quello  tabellarmente  competente  e  - come
risulta da apposita attestazione di cancelleria - soltanto in data 29
aprile 2003 veniva trasmessa a questo giudicante, cui il procedimento
compete  in  virtu' dei criteri automatici di ripartizione del lavoro
tabellarmente previsti.

                           Considerazioni

    Si  rileva  in  primo  luogo come - a questo punto - non si possa
piu'  legittimamente  ammettere l'istante al gratuito patrocinio, pur
ricorrendone  i presupposti di merito e quelli formali di regolarita'
dell'istanza,  in quanto gia' nel momento in cui la pratica era stata
sottoposta  a  questo  giudice  erano  ormai  trascorsi piu' di dieci
giorni dalla presentazione della stessa.
    Sia  l'art.  6,  comma  1,  legge  30  luglio  1990, n. 217, come
modificato  dall'art. 6,  comma  1,  legge  29  marzo  2001,  n. 134,
previgente,  sia  l'attuale  art.  96, comma 1, T. U. 30 maggio 2002,
n. 115  (che  tale norma modificata riproduce), prevedono infatti che
il  giudice - ora magistrato - procedente possa «ammettere» l'istante
al  beneficio in questione o comunque «provvedere» sull'istanza (come
recita  il  comma  4  dello  stesso  articolo) solo entro il suddetto
termine,  «a  pena  di  nullita' assoluta ai sensi dell'articolo 179,
comma 2, del codice di procedura penale».
    Certamente  si  tratta  di  un  termine acceleratorio, sanzionato
tuttavia in modo del tutto irragionevole, giacche' le conseguenze del
ritardo  -  necessariamente  imputabile  all'ufficio - vengono invece
trasferite  sull'istante,  che  si trova costretto a ripresentare una
nuova richiesta di ammissione al beneficio.
    Peraltro,  gli  effetti  dell'ammissione  al  gratuito patrocinio
decorrono  dal  momento della presentazione dell'istanza (ex art. 109
d.P.R.  115/2002),  sicche'  -  ove  la nullita' del provvedimento di
ammissione  al gratuito patrocinio in ipotesi emesso oltre il termine
-  venga  rilevata  tardivamente, gli effetti della nuova istanza non
potrebbero  che  decorrere  da  tale  successiva  data, senza potersi
estendere alla remunerazione delle attivita' difensive antecedenti.
    Tale disciplina sembra contrastare sia con l'art. 3 Cost. - sotto
il  profilo  della  violazione  del  principio di ragionevolezza e di
quello  di  parita' di trattamento dei cittadini dinanzi alla legge -
sia con l'art. 24 Cost.
    Quanto al contrasto con il suddetto principio si rileva, infatti,
come  e'  «priva  di qualsiasi ragionevole giustificazione» una norma
che,  per garantire al cittadino di ottenere in tempi molto brevi una
decisione sulla istanza di ammissione al patrocinio dei non abbienti,
finisca  poi  per sanzionare il mancato rispetto del termine da parte
dell'organo  competente con una declaratoria di nullita' assoluta del
provvedimento.
    E' evidente, infatti:
        1) che l'istante non ha alcuna possibilita' d'intervenire sui
tempi necessari alla decisione dell'istanza;
        2)  che  il  medesimo  ha  interesse alla conservazione della
validita' del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio, pur
tardivamente ottenuto;
        3)    che    nessun   pregiudizio   deriverebbe   all'istante
dall'accoglimento  dell'istanza  anche  oltre  il  termine  di  dieci
giorni,  retroagendo  gli  effetti  ope  legis  al  momento della sua
presentazione.
    Il  legislatore,  nel  caso specifico, per perseguire lo scopo di
accelerare  la  decisione sulle istanze di ammissione al patrocinio a
spese  dello  Stato, avrebbe potuto ben piu' ragionevolmente disporre
che  la  mancata  pronuncia  sull'istanza nel termine di dieci giorni
comportasse  il  formarsi  del  silenzio-assenso  e quindi una tacita
manifestazione di volonta' dell'organo competente.
    Una  previsione del genere avrebbe, infatti, creato un sinallagma
di  ragionevolezza  fra  la  ratio  della  disposizione  (volonta' di
accelerare   la   decisione)   ed   il  suo  effetto  (pronuncia  del
provvedimento  nel  termine  stabilito),  laddove,  invece, la scelta
legislativa  qui sospettata d'incostituzionalita' non crea affatto un
tale legame, dimostrando tutta la sua irragionevolezza.
    Peraltro  l'art. 96,  comma  1,  d.P.R.  n. 115/2002  si  pone in
contrasto  «con  i precedenti normativi esistenti in materia», si' da
vulnerare  il  principio  di  eguaglianza  e  ragionevolezza,  di cui
all'art. 3  della  Costituzione.  Tale disposizione, come peraltro la
modifica apportata dall'art. 6, comma 1, legge 29 marzo 2001, n. 134,
all'art. 6,  comma  1, legge 30 luglio 1990, n. 217, ha innovato alla
previgente  disciplina  dell'originario testo dell'articolo da ultimo
citato, istituendo una previsione di nullita' per il mancato rispetto
del termine che prima non esisteva.
    Pertanto,   sembra   doversi   ravvisare   anche  un  profilo  di
illegittimita'   costituzionale   dell'art. 96   in   questione   per
violazione  del  principio  di  parita'  di  trattamento di identiche
situazioni, discriminandosi in peius la condizione di colui che si e'
trovato  a  presentare  l'istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello   Stato  successivamente  all'entrata  in  vigore  della  legge
n. 134/2001  (riportata poi nel d.P.R. 115/2002) rispetto a colui che
l'ha  presentata  prima  della  modifica  dell'art. 6, comma 1, legge
n. 217/1990 ad opera della citata legge.
    In proposito e' da segnalare che, dati i tempi per la definizione
dei  processi  penali,  possono benissimo pendere dinanzi al medesimo
ufficio  procedimenti di ammissione al c.d. gratuito patrocinio sorti
da istanze presentate sotto il vigore delle due differenti normative.
Quindi ben possono esservi - ancora produttivi di effetti giuridici -
decreti  di  ammissione  al  suddetto  beneficio,  adottati  oltre il
termine  di  dieci  giorni  allorquando  tale  termine ancora non era
previsto  a  pena di nullita', ed in relazione ai quali ancora non e'
stato  emanato il decreto di pagamento dei compensi al difensore, per
non essersi esaurita una determinata fase processuale.
    Sotto  il  profilo  della  violazione  dell'art. 24,  comma 2 e 3
Cost.,  e'  evidente  che  l'art. 96,  comma  1,  T.U. 30 maggio 2002
n. 115,  con  la  sua  assurda  sanzione  di  nullita' per il ritardo
ascrivibile all'organo pubblico, impedisce al cittadino di esercitare
-  quale  imputato,  indagato  o  persona offesa - il suo inviolabile
diritto di difesa.
    Chi  infatti  si  trova  nelle  condizioni  di  non  abbienza che
giustificano l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non e' in
condizione   di   pagare   di  propria  tasca  il  difensore,  mentre
quest'ultimo,  a  termine  scaduto  ed in assenza di provvedimento di
ammissione,   sara'  ben  consapevole  di  rischiare  di  non  essere
retribuito per l'opera professionale da espletarsi.
    Di  conseguenza,  per  l'imputato  od  indagato,  per il quale la
difesa  di ufficio e' comunque una necessita', vi e' un serio rischio
che la stessa diventi puramente formale, mentre per la persona offesa
- alla quale non e' garantita dalla legislazione ordinaria una difesa
di  ufficio  -  vi e' un rischio ancora maggiore di vedersi rifiutare
l'assistenza   tecnica  dalla  generalita'  dei  professionisti,  che
comunque debbono trarre dal proprio lavoro il sostentamento di vita.
    Peraltro,    in   caso   di   reiterazione   dell'istanza   ormai
incolpevolmente scaduta, permane la violazione del diritto di difesa,
che  deve essere garantito «in ogni stato e grado del procedimento» e
non  solo  da  un certo momento in poi, giacche' - per i motivi sopra
illustrati  - solo con l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato
la   difesa   dell'avente  diritto  diverrebbe  effettiva.  Il  tempo
trascorso   incolpevolmente   per  l'istante  potrebbe  intanto  aver
condotto   il   procedimento   a  fasi  piu'  avanzate,  nelle  quali
determinate  attivita'  o  scelte  processuali sono ormai precluse ed
avere quindi prodotto i suoi danni.
    L'art. 96, comma 1, T.U. 30 maggio 2002, n. 115, viola poi, ancor
con  piu' evidenza, il comma 3 dell'art. 24 Cost., giacche' limita il
diritto  costituzionale  di  usufruire  del  patrocinio a spese dello
Stato,   facendo   si'  che  sia  condizionato  non  dalla  diligenza
dell'avente diritto, bensi' dall'efficienza dell'organo deputato alla
decisione  e  della  sua  cancelleria, efficienza che si pone come un
elemento puramente casuale rispetto all'istante.
    Per  tutte le suesposte ragioni la questione di costituzionalita'
qui sollevata di ufficio e' rilevante e non manifestamente infondata.