LA CORTE D'ASSISE DI APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale a
 carico di Pugliese Vincenzo, Bazzanella Walter  e  Roberti  Benedetto
 Manlio, imputati come in atti;
                                Rilevato
     che  con sentenza del 21 dicembre 1996 la Corte di Assise di Roma
 ha, tra l'altro, dichiarato Vincenzo  Pugliese  e  Walter  Bazzanella
 responsabili del reato di cui all'art. 262 c.p. condannandoli, previa
 concessione  delle  attenuanti  generiche,  alla  pena di anni due di
 reclusione;
     che con la medesima sentenza la Corte ha, tra l'altro, prosciolto
 Benedetto Manlio Roberti e gli indicati  Pugliese  e  Bazzanella  dal
 medesimo  reato  in  relazione  al  documento  SS/5/GNO-1/DB  all.  H
 denominato "Operatori speciali del servizio italiano" (OSSI);
     che  gli  imputati   Pugliese   e   Bazzanella   hanno   proposto
 impugnazione avverso la condanna loro inflitta quali responsabili del
 citato reato ex art. 262 c.p.;
     che  l'Avvocatura  dello  Stato, in rappresentanza e difesa delle
 parti civili Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero  della
 difesa,  ha  altresi interposto appello in relazione, tra l'altro, al
 sopra accennato proscioglimento;
     che nel corso del processo di appello celebrato davanti a  questa
 Corte  il rappresentante della pubblica accusa ha sollevato eccezione
 di incostituzionalita' dell'art. 262 c.p. in relazione alla pena  ivi
 stabilita;
                                Ritenuto
     che  la  sollevata  questione  di  illegittimita'  costituzionale
 appare rilevante considerate le  statuizioni  della  Corte  di  primo
 grado ed il tenore delle impugnazioni proposte;
     che,  essendo nel citato art. 262 c.p. (Rivelazione di notizie di
 cui sia stata vietata la divulgazione) comminata per il reato in esso
 descritto la pena non inferiore ad anni tre di  reclusione,  la  pena
 massima,  non  indicata esplicitamente dalla norma, va individuata ai
 sensi dell'art. 23 c.p. in quella di anni 24 di reclusione;
     che il rilevante divario esistente tra la pena  minima  e  quella
 massima    rende   soltanto   apparente   -   nella   specie   -   la
 predeterminazione legislativa della misura della pena con  violazione
 del  principio  di  legalita'  garantito dall'art. 25, secondo comma,
 della Costituzione;
     che,  invero,  se  il  conferimento   al   giudice   del   potere
 discrezionale  di  determinare  in  concreto  la sanzione da irrogare
 (ossia di "individualizzare" la pena adeguandola al caso singolo)  e'
 certamente  il mezzo piu' idoneo per il conseguimento delle finalita'
 della pena quali  previste  dal  nostro  ordinamento,  tuttavia  tale
 potere  rischia  di  trasformarsi  in  arbitrio quando venga di fatto
 lasciato al giudice un cosi' ampio margine di scelta (nella specie si
 va da una pena che potrebbe essere sospesa - ove  applicata  la  pena
 minima  edittale  e  concessa  una attenuante - ad una pena di ben 24
 anni di reclusione) in alcun modo correlabile alla variabilita' delle
 fattispecie concrete, che, pur essendo in linea di principio  rimessa
 alla  valutazione  del  legislatore la determinazione del trattamento
 sanzionatorio, deve tuttavia ammettere anche in  siffatta  materia  -
 cosi'   come   da   orientamento   ormai   consolidato   della  Corte
 costituzionale - un controllo di ragionevolezza, da parte del giudice
 delle leggi, della quantita' e/o della pena comminata;
     che   vanno   richiamati,  in  quanto  utilizzabili  anche  nella
 fattispecie in esame, le  argomentazioni  di  cui  alla  sentenza  n.
 299/1992 della Corte costituzionale;
     che  la  norma  sopra richiamata appare quindi in contrasto con i
 principii di legalita' ed uguaglianza di cui agli artt. 25 e 3  della
 Costituzione;
     che, in relazione alla violazione dell'art. 3 della Costituzione,
 va  altresi'  rilevato  come  il  piu'  grave reato di rivelazione di
 segreti di Stato (p. e p. dall'art. 261 c.p.) sia punito con la  pena
 massima  di  anni  24,  uguale  a  quella  comminata  per il reato di
 rivelazione di notizie riservate (p. e p. dall'art. 262 c.p.);
     che, comunque, la questione sollevata non  appare  manifestamente
 infondata;