ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 21, primo
 comma, del regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
 fallimento,    del    concordato   preventivo,   dell'amministrazione
 controllata e della liquidazione coatta amministrativa), e 16, quarto
 comma, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione  del
 testo  di  legge sul gratuito patrocinio), promossi con due ordinanze
 emesse l'8 ottobre 1998  dal  Tribunale  di  Locri  nei  procedimenti
 fallimentari a carico di Alvaro Vincenzo e a carico di "Petrol Sud di
 F.C.  e  C." s.a.s., iscritte ai nn. 865 e 866 del registro ordinanze
 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  49,
 prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 27 ottobre 1999 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
   Ritenuto che, in accoglimento dell'opposizione  proposta  ai  sensi
 dell'art.  18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del
 fallimento,   del   concordato    preventivo,    dell'amministrazione
 controllata e della liquidazione coatta amministrativa), il Tribunale
 di  Locri  revocava  il  fallimento  di A.V., senza nulla statuire in
 ordine  al  soggetto  responsabile  dell'avvenuta  dichiarazione   di
 fallimento;
     che, con decreto dell'8 ottobre 1998, su istanza del curatore, il
 Tribunale  liquidava  sia  le  spese  (riferibili  ad  atti necessari
 all'avanzamento della procedura e, pertanto, prenotate  a  debito  ai
 sensi  dell'art.  91  della  legge  fallimentare)  sia  il  compenso,
 rispettivamente  in  lire  2.538.000  e  5.565.000  (oltre  C.P.A.  e
 I.V.A.);
     che,  residuando  sul  conto  corrente bancario del fallimento un
 saldo attivo di lire 11.866.577, il Tribunale ha sollevato  d'ufficio
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 21, primo comma,
 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, in
 riferimento agli artt. 3, primo comma, 97,  primo  comma,  24,  primo
 comma,  e 35, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non
 prevede che le spese di procedura e il  compenso  al  curatore  siano
 pagati  mediante  prelievo  sull'attivo  acquisito,  prima  della sua
 restituzione all'avente diritto, anche nel caso in cui il  fallimento
 venga  revocato  con sentenza passata in giudicato che nulla disponga
 circa la responsabilita' per la declaratoria di insolvenza;
     che la questione sarebbe rilevante, perche' l'art. 21 stabilisce,
 in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, che le spese  di
 procedura e il compenso al curatore si pongano a carico del creditore
 istante  (condannato  ai  danni  per  aver  colpevolmente  chiesto il
 fallimento) ovvero a carico di colui che, senza responsabilita',  era
 stato dichiarato fallito;
     che,  secondo  il  giudice  a quo,   quando la sentenza di revoca
 nulla  abbia  stabilito  in  merito  alla  responsabilita'   per   la
 dichiarazione   medesima,  resterebbe  irrisolto  il  problema  della
 imputazione delle spese e del compenso al  curatore,  atteso  che  la
 legge  10  luglio  1930,  n. 995, che risolveva il problema, e' stata
 abrogata  dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23
 agosto 1946, n. 153, senza essere sostituita da altra previsione;
     che, nel caso di specie, su istanza del curatore il Tribunale  ha
 liquidato  il  compenso  senza  indicare  il  soggetto  obbligato  al
 pagamento degli  importi,  poiche'  -  per  consolidato  orientamento
 giurisprudenziale - la competenza funzionale esclusiva in ordine alla
 cognizione   e   alla  dichiarazione  della  responsabilita'  de  qua
 competerebbe, ai sensi dell'art.  18  della  legge  fallimentare,  al
 giudice dell'opposizione;
     che  il  Tribunale  non  potrebbe applicare l'art. 91 della legge
 fallimentare,  giacche'  tale  disposizione  -   come   costantemente
 interpretata  dalla  giurisprudenza - consente all'erario di imputare
 soltanto le spese degli atti di procedura e non anche gli importi  di
 natura retributiva, fra i quali il compenso al curatore;
     che,  di  conseguenza,  il  curatore  non  potrebbe  agire per il
 pagamento del suo compenso, mancando il soggetto obbligato;
     che la questione sarebbe non manifestamente infondata, sia per il
 compenso spettante al curatore, sia per le spese,  i  diritti  e  gli
 onorari del difensore della procedura;
     che,  con  riguardo alle spese, l'art. 21, primo comma, lederebbe
 gli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
     che il giudice a quo dopo aver rilevato che  la  norma  censurata
 opera  una  scissione tra il regime degli effetti degli atti compiuti
 dagli organi fallimentari e quello delle spese necessarie  per  porli
 in  essere,  ritiene  violato  il  principio  di uguaglianza, poiche'
 sancisce l'intangibilita' dei primi e non  anche  il  rimborso  delle
 seconde;
     che,  inoltre,  il  principio  costituzionale  di  buon andamento
 consentirebbe l'aggravio di spese necessarie per l'avanzamento  della
 procedura  fallimentare  e  non  di quelle riguardanti "una procedura
 divenuta  in  concreto  priva  di  rilevanza  pubblica",  in   quanto
 revocata;
     che circa il compenso al curatore l'art. 21, primo comma, sarebbe
 in  contrasto  con  gli  artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 35,
 primo comma, della Costituzione;
     che vi sarebbe una ingiustificata e irragionevole  disparita'  di
 trattamento  fra il curatore al quale sia liquidato il compenso prima
 del passaggio in giudicato della  sentenza  di  revoca  (priva  della
 statuizione  di responsabilita') e quello che ottenga la liquidazione
 dopo tale momento, atteso che entrambi  hanno  espletato  la  propria
 attivita' di ufficio;
     che,  del  resto,  il  compenso  del curatore non potrebbe essere
 posto a carico dell'erario, ai sensi dell'art. 91, in quanto la norma
 permetterebbe  le  anticipazioni  solo  per  le   spese   concernenti
 l'adozione di atti interni necessari all'iter procedurale;
     che  la  disposizione  violerebbe  altresi'  gli  artt. 24, primo
 comma, e 35, primo  comma,  della  Costituzione,  poiche'  resterebbe
 privo  di  tutela  il  diritto  del  curatore a percepire il compenso
 spettantegli;
     che, in accoglimento di altra opposizione ai sensi dell'art.   18
 della   legge   fallimentare,  il  Tribunale  di  Locri  revocava  il
 fallimento della "Petrol sud di F.C. e C." s.a.s.  nonche'  dei  soci
 illimitatamente responsabili;
     che,  con  decreto dell'8 ottobre 1998, il Tribunale liquidava il
 compenso al curatore in lire 6.764.310;
     che, inoltre, il legale  della  procedura  chiedeva  il  compenso
 dell'attivita' professionale prestata;
     che,  residuando  sul  conto  corrente bancario del fallimento un
 saldo attivo di lire 4.323.409, il Tribunale ha sollevato  d'ufficio,
 in  riferimento  agli  artt.  3,  primo comma, 24, primo comma, e 35,
 primo  comma,   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 21, primo comma, della legge fallimentare,
 e  16,  quarto  comma,  del  regio  decreto 30 dicembre 1923, n. 3282
 (Approvazione del testo di  legge  sul  gratuito  patrocinio),  nella
 parte  in  cui  non prevedono l'ammissione al gratuito patrocinio per
 pagare il compenso al  curatore  e  le  spettanze  del  legale  della
 curatela,  qualora  il fallimento venga revocato con sentenza passata
 in giudicato, la quale nulla disponga in ordine alla  responsabilita'
 per la causazione della declaratoria di insolvenza;
     che  la  questione  sarebbe  rilevante, perche' l'art. 16, quarto
 comma, del regio decreto n. 3282 del 1923 sancisce che  e'  possibile
 far   ricorso  al  gratuito  patrocinio  nella  materia  fallimentare
 soltanto nel caso in cui non venga reperito il denaro necessario  per
 il compimento degli atti richiesti;
     che,  per  orientamento  giurisprudenziale costante, il beneficio
 potrebbe essere concesso solo per  il  pagamento  delle  spese  vive,
 qualora l'attivo fallimentare sia inesistente o insufficiente;
     che  per  pagare  le  spettanze  del  legale  della curatela e il
 compenso al  curatore  non  ci  si  potrebbe  avvalere  del  gratuito
 patrocinio,  non  costituendo  tali voci una "spesa viva", bensi' una
 vera e propria retribuzione, anche perche' la  procedura  disporrebbe
 di  una  liquidita'  insufficiente,  ma  non del tutto realizzata, in
 considerazione dell'inventario di  beni  superiore  agli  importi  da
 corrispondere;
     che,  inoltre,  l'art. 21 della legge in esame stabilisce che, in
 caso di revoca della dichiarazione  di  fallimento,  il  compenso  al
 curatore  sia  posto  a  carico  del creditore istante (condannato ai
 danni per aver colpevolmente chiesto il fallimento) ovvero  a  carico
 di colui che era stato dichiarato fallito per fatto a lui imputabile;
     che,  nel  caso  di specie, il Tribunale ha liquidato le spese di
 procedura e il compenso  del  curatore  senza  indicare  il  soggetto
 obbligato al pagamento, poiche' la competenza funzionale esclusiva in
 ordine  alla cognizione e alla dichiarazione della responsabilita' de
 qua spetta, ai  sensi  dell'art.  18  della  legge  fallimentare,  al
 giudice dell'opposizione;
     che  il  Tribunale  non  potrebbe applicare l'art. 91 della legge
 fallimentare  e,  dunque,  gli  interessati  non  potrebbero   agire,
 mancando il soggetto obbligato;
     che la questione sarebbe non manifestamente infondata, sia per le
 spese procedurali che per il compenso spettante al curatore;
     che, circa il compenso liquidato al curatore, gli artt. 21, primo
 comma,  della  legge  fallimentare,  e  16,  quarto  comma, del regio
 decreto n. 3282, lederebbero gli artt.  3,  primo  comma,  24,  primo
 comma, e 35, primo comma, della Costituzione;
     che il giudice a quo ritiene violato l'art. 3, primo comma, della
 Costituzione,  poiche'  l'istituto  del gratuito patrocinio, ai sensi
 dell'art.  11  del  regio  decreto  citato,  si  applicherebbe   alle
 procedure  esecutive,  ma  non alla procedura fallimentare, anch'essa
 esecutiva;
     che   il  censurato  art.  16,  quarto  comma,  consentirebbe  di
 beneficiare del gratuito patrocinio solo per le spese  di  procedura,
 cosi'  creando  una  irragionevole  e  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento tra gli affari civili fallimentari e gli affari civili di
 ogni altra natura;
     che le disposizioni violerebbero altresi'  gli  artt.  24,  primo
 comma,  e 35, primo comma, della Costituzione, poiche' il diritto del
 curatore e del difensore della  procedura  a  percepire  il  compenso
 resterebbe privo di tutela giuridica.
   Considerato    che  vengono  all'esame  della  Corte  due  distinte
 questioni che richiedono entrambe una  sentenza  additiva,  la  quale
 dichiari l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni censurate
 nella  parte  in  cui  non  prevedono  che le spese di procedura e il
 compenso al curatore gravino su altro soggetto, qualora il fallimento
 venga revocato con sentenza passata in giudicato nella quale non  sia
 individuato  colui che con il suo comportamento abbia dato causa alla
 declaratoria di insolvenza;
     che  il  rimettente  sollecita  una  decisione,  con  riferimento
 all'art.  21, che permetta di imputare all'attivo fallimentare, prima
 che  sia restituito all'avente diritto, spese di procedura e compensi
 al curatore;
     che viene altresi' sollecitata, con  riferimento  agli  artt.  21
 della  legge  fallimentare  e 16 della legge sul gratuito patrocinio,
 una decisione che consenta l'ammissione del  fallimento  al  gratuito
 patrocinio;
     che  i  giudizi, coincidendo parzialmente l'oggetto e riguardando
 problemi analoghi, vanno trattati congiuntamente;
     che la prima questione mira a riportare la disposizione censurata
 all'assetto preesistente alla sentenza n. 46 del 1975, con  la  quale
 questa  Corte  dichiaro'  l'illegittimita' dell'art. 21, terzo comma,
 della legge fallimentare, nella parte in cui -  nel  caso  di  revoca
 della dichiarazione di fallimento - poneva le spese di procedura e il
 compenso  al  curatore  a carico di chi l'avesse subita, senza che ne
 ricorressero i presupposti e senza che vi avesse dato causa  col  suo
 comportamento;
     che  tale richiesta costituisce una sorta di sindacato del merito
 della predetta decisione, precluso dal sistema risultante dagli artt.
 136, primo comma, e 137, terzo comma, della Costituzione, e 30, terzo
 comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il principio
 della non impugnabilita' delle decisioni della  Corte  costituzionale
 (sentenza  n.  29  del 1998; ordinanze nn. 220 del 1998, 7 del 1991 e
 27, 93 e 203 del 1990);
     che la seconda questione intende  far  valere,  con  riguardo  al
 fallimento  "revocato"  con  sentenza  definitiva,  il  beneficio del
 gratuito patrocinio;
     che non vi e' ragione per far ricorso al regio  decreto  n.  3282
 del 1923 nel procedimento principale;
     che,   pertanto,   le  due  questioni  devono  essere  dichiarate
 manifestamente inammissibili.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.