Ricorso ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro  la  Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del
presidente  pro  tempore,  per  la  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale della legge regionale Sardegna 28 ottobre 2016, n. 25,
ed in particolare dell'art. 1, comma 2 lettera d), dell'art. 1  comma
5, dell'art. 3 commi 1 e 3 e dell'art. 12, comma 1, come da  delibera
del Consiglio dei ministri in data 23 dicembre 2016. 
    Sul B.U.R. Sardegna 3 novembre 2016, n. 50 e' stata pubblicata la
legge  regionale  28  ottobre  2016,  n.  25,  recante   «Istituzione
dell'Agenzia sarda delle entrate (ASE)». 
    All'art. 1, comma 1, si precisa che  l'ASE  viene  istituita  «al
fine di potenziare e razionalizzare  il  Governo  delle  entrate  del
sistema Regione». 
    Il  successivo  comma  6  prevede  che  «l'ASE  ha   personalita'
giuridica di diritto pubblico ed e' dotata di autonomia  finanziaria,
organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e gestionale». 
    Si premette che lo Statuto della Regione Sardegna (approvato  con
legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3)  consente  alla  Regione  sia  la
istituzione di tributi propri (l'art. 8 dello Statuto prevede che «Le
entrate della regione sono costituite: [...] h) da  imposte  e  tasse
sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha  facolta'  di
istituire con legge in armonia con i principi del sistema  tributario
dello Stato;»), sia  l'accertamento  e  la  riscossione  dei  tributi
medesimi. 
    Cio' risulta in particolare dall'art. 9  dello  Statuto,  il  cui
comma l prevede che «la Regione puo' affidare agli organi dello Stato
l'accertamento e la riscossione dei tributi propri». 
    E' infatti evidente che se la Regione puo' affidare tali funzioni
allo Stato, ben puo' esercitarle in prima persona. 
    Tuttavia, la legge regionale n. 25/2016 in talune disposizioni e'
andata  al  di  la'  dei  limiti  previsti  dallo  Statuto  e   dalla
Costituzione. 
    Da cio' la presente impugnativa che si propone a codesta Corte ai
sensi dell'art. 127 Cost. 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma  4,  lettera
d) e 3, comma 1, legge regionale n. 25/2016  per  contrasto  con  gli
articoli 117, comma 2, lettera e) Cost. e 9 dello Statuto 
    L'art. 1, comma 4, prevede che all'ASE siano attribuite una serie
di competenze tra cui, alla lettera d), il «controllo  delle  entrate
da tributi devoluti, compartecipati e regionali derivati». 
    Orbene, la giurisprudenza della Corte e'  costante  nel  ritenere
che costituiscono  tributi  propri  regionali  esclusivamente  quelli
costituiti con legge regionale; tutti gli altri tributi, ancorche' il
relativo gettito sia destinato alla Regione in tutto o in parte,  non
possono definirsi tributi propri  (cfr.  da  ultimo  la  sentenza  n.
97/2013, in cui si  legge:  «Sull'affermazione  secondo  la  quale  i
"tributi propri derivati", che sono istituiti e regolati dalla  legge
dello Stato, ma il cui gettito e' destinato a un  ente  territoriale,
conservano inalterata la loro natura di tributi erariali,  v.  citate
sentenze n. 123 del 2010, n. 216 del 2009, n. 397 del 2005, n. 37 del
2004, n. 296 del 2003»). 
    Poiche', come gia' evidenziato, l'art. 9, comma 1, dello  Statuto
riconosce alla Regione un potere di  accertamento  e  di  riscossione
esclusivamente dei tributi propri  (consentendole  di  affidare  tali
funzioni allo Stato), appare evidente come  la  precisazione  di  cui
alla citata lettera d) dell'art. 1, comma 4, della legge regionale n.
25/2016 (laddove si attribuisce all'ASE il «controllo  delle  entrate
da tributi devoluti, compartecipati e regionali  derivati»)  viene  a
porsi in contrasto con l'art. 9 dello  Statuto,  nonche'  con  l'art.
117,  comma  2,  lettera  e)  Cost.  che  riserva  alla  legislazione
esclusiva dello  Stato  il  «sistema  tributario  e  contabile  dello
Stato». 
    Per gli stessi motivi e' illegittimo anche  l'art.  3,  comma  1,
della legge regionale  impugnata,  laddove  prevede  che  la  Regione
«promuove tutte le azioni necessarie per  riconoscere  in  capo  alla
Regione, e per il successivo esercizio da parte  dell'ASE,  la  piena
titolarita' nella materia dell'accertamento e della  riscossione  dei
tributi derivati e compartecipati al  gettito  dei  tributi  erariali
prodotti o comunque generati nel territorio regionale di cui all'art.
8 dello  Statuto  speciale  per  la  Sardegna,  anche  attraverso  la
richiesta di trasferimento o la delega di funzioni  statali  riferite
alle agenzie fiscali dello Stato». 
    La disposizione  in  particolare  e'  illegittima  in  quanto  si
propone di ottenere un risultato («la piena titolarita' nella materia
dell'accertamento  e  della  riscossione  dei  tributi   derivati   e
compartecipati al gettito dei tributi erariali  prodotti  o  comunque
generati nel territorio  regionale»),  che  sulla  base  del  sistema
normativo vigente e'  illegittimo,  in  quanto  contrastante  con  il
citato art. 117, comma 2, lettera e) Cost. che riserva allo Stato  il
potere di  legiferare  sul  «sistema  tributario»  (com'e'  noto,  il
legislatore statale ha poi affidato alle Agenzie fiscali le  funzioni
di accertamento e riscossione  dei  tributi  erariali:  cfr.  decreto
legislativo n. 300/1999, articoli 56 e ss.). 
    Tra l'altro, in relazione alle entrare erariali il cui gettito e'
destinato (anche) alla Regione, e' di recente entrato  in  vigore  il
decreto  legislativo  n.  114/2016  (recante  «Norme  di   attuazione
dell'art. 8 dello  Statuto  speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di
entrate  erariali  regionali»)  il  cui   art.   2   («Modalita'   di
attribuzione  delle  quote  delle  entrate  erariali  spettanti  alla
regione») prevede che: 
    «Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato
d'intesa con la Regione, sono individuati i tempi, le procedure e  le
modalita' volti a  garantire  il  riversamento  diretto  nelle  casse
regionali del gettito  delle  entrate  erariali  di  cui  all'art.  1
riscosso dall'Agenzia delle entrate, dagli agenti della riscossione e
da qualunque altro soggetto cui affluiscono le entrate spettanti alla
Sardegna ai sensi dell'art. 8 dello Statuto. 
    Nelle more dell'adozione del decreto di cui al comma 1, le  quote
delle compartecipazioni al gettito  erariale  sono  corrisposte  alla
Regione  secondo  le  modalita'   indicate   dal   presente   decreto
legislativo». 
    Tale disposizione riconosce dunque un ruolo alla Regione per quel
che riguarda «il  riversamento  diretto  nelle  casse  regionali  del
gettito delle entrate erariali» alla stessa destinate, ruolo  che  si
esplica tramite una intesa con il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze al quale e' attribuita la competenza ad  emanare  il  decreto
ministeriale previsto dalla citata disposizione. 
    Al di fuori  di  tale  previsione,  non  sono  riconosciuti  alla
Regione poteri o competenze sui tributi diversi da quelli propri. 
    Da cio' la illegittimita' costituzionale delle  due  disposizioni
in epigrafe. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, e dell'art. 3
comma 1, legge regionale n. 25/2016 per contrasto  con  gli  articoli
117, comma 2, lettera e) Cost. e 9 dello Statuto 
    L'art.  12  della  legge  regionale  n.  25/2016,  istituisce  il
Comitato di indirizzo regionale sulle entrate (CIRE). 
    Anche tale  disposizione  e'  da  ritenersi  illegittima  per  le
ragioni indicate nel motivo precedente, in quanto al comma 1 richiama
l'art.  3  (illegittimo  per  quanto  sopra  detto)  ed  inoltre   fa
riferimento  al  servizio  di   riscossione   «dei   tributi   locali
attualmente non riscossi». 
    Cosi' dispone infatti l'art. 12: 
        «1. Successivamente all'acquisizione da parte dell'ASE  delle
competenze in materia di accertamento e riscossione di  cui  all'art.
3, anche nel caso di  attivazione  del  servizio  di  riscossione  di
tributi  regionali  propri  e  dei  tributi  locali  attualmente  non
riscossi, e' istituito  il  Comitato  di  indirizzo  regionale  sulle
entrate (CIRE) quale organo dell'ASE, con i seguenti compiti: 
    a) affiancare il direttore generale  nelle  fasi  deliberative  e
modificative relative allo statuto e agli atti regolamentari ad  esso
conseguenti e collegati; 
    b) elaborare e predisporre proposte e osservazioni  al  direttore
generale in merito alla  redazione  dei  piani  aziendali  annuali  o
pluriennali, dei bilanci e delle scelte strategiche; 
    c) supportare con pareri e consulenze le iniziative  inerenti  il
tema delle entrate». 
    Orbene, il legislatore regionale non ha considerato che i tributi
locali  sono  da  ritenersi  anch'essi  tributi  statali,  in  quanto
istituiti   con   legge   statale   (e,   come   gia'    evidenziato,
indipendentemente dal destinatario del gettito). 
    Anche in questo caso, dunque, risulta violato sia il  piu'  volte
citato art. 9 dello Statuto, sia la competenza esclusiva dello  Stato
(art. 117, comma 2, lettera e), il quale - com'e' noto -  ha  rimesso
esclusivamente all'autonomia dei Comuni alcuni poteri di accertamento
e riscossione dei tributi locali (cfr. art. 52,  decreto  legislativo
n. 446/1997). 
    Sotto tale profilo risulta violato anche  l'art.  119,  comma  2,
Cost. 
3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   5,   legge
regionale n. 25/2016 per contrasto con l'art. 117, comma  2,  lettera
e) Cost., con l'art. 2 decreto legislativo n. 114/2016 e  con  l'art.
117 comma 3, Cost. 
    L'art. 1, comma  5,  della  legge  regionale  n.  25/2016,  cosi'
dispone: 
        «Presso l'ASE affluiscono le entrate spettanti alla  Sardegna
ai sensi dell'art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna  e  delle
relative   norme   di   attuazione,   anche   quali    quote    delle
compartecipazioni   al   gettito   erariale   corrisposte    mediante
riversamento diretto, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 2 del
decreto legislativo 9  giugno  2016,  n.  114  (Norme  di  attuazione
dell'art. 8 dello  Statuto  speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di
entrate erariali regionali), in riferimento al  riversamento  diretto
del gettito delle entrate erariali. La Giunta regionale, con  propria
deliberazione,  assunta  su  proposta  dell'Assessore  competente  in
materia di entrate, individua le modalita' e i tempi di  riversamento
nelle casse regionali e disciplina i relativi flussi informativi». 
    La  disposizione  e'   illegittima   laddove   attribuisce   alla
competenza  della  Giunta  regionale  «le  modalita'  e  i  tempi  di
riversamento nelle casse regionali». 
    Come si e' gia' evidenziato, il decreto legislativo  n.  114/2016
prevede invece che tali funzioni siano esercitate dallo Stato, e  per
esso  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  con   decreto
ministeriale emanato d'intesa con la Regione. 
    Tale disciplina (in quanto contenuta in una norma  interposta  di
attuazione dello Statuto),  non  puo'  essere  incisa  da  una  fonte
inferiore (quale e' la legge regionale). 
    Da cio' la violazione delle disposizioni in epigrafe. 
    Un ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'  della  norma,  va
ravvisato nella previsione, contenuta nel medesimo art. 1,  comma  5,
secondo cui le entrate spettanti alla Regione ai  sensi  dell'art.  8
dello Statuto, debbono affluire presso l'ASE. 
    Tale  previsione  produrrebbe  anche  l'effetto  di  portare   le
suddette entrate al di fuori della tesoreria unica statale, istituita
con legge n. 720/1984 (recante «Istituzione del sistema di  tesoreria
unica per enti ed organismi pubblici»). 
    Com'e' noto,  anche  la  Regione  Sardegna  e'  ricompresa  nella
tabella A annessa alla legge n. 720/1984  (che  fa  riferimento  alle
«Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano»). 
    Tale legge si colloca nell'ambito dei  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica, di competenza  dello  Stato  ai
sensi dell'art. 117, comma 3, Cost. (cfr. al riguardo la sentenza  n.
311/2012), disposizione che risulta pertanto violata. 
    Come  ulteriore  conseguenza,  la  norma  suddetta  si  pone   in
contrasto con l'art. 97, comma 1,  Cost.,  ai  sensi  del  quale  «Le
pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione
europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita'  del
debito pubblico». 
4)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma   3,   legge
regionale n. 25/2016 per contrasto con articoli 81, comma 4,  e  117,
comma 2, lettera g) Cost. 
    L'art. 3,  comma  3,  della  legge  regionale  n.  25/2016  cosi'
dispone: 
        «Per garantire l'esatta determinazione di quanto spettante  a
titolo di compartecipazione  regionale  alle  quote  erariali,  l'ASE
verifica tempestivamente  la  correttezza  dei  dati  e  dei  calcoli
effettuati dalla struttura di gestione e dagli altri  organi  statali
competenti, anche attraverso un raccordo continuo  con  la  struttura
statale e avvalendosi degli strumenti e dei flussi informativi di cui
agli articoli 6 e 7». 
    La disposizione e' illegittima per violazione dell'art. 81 Cost.,
nella parte in cui prevede che l'ASE operi «un raccordo continuo  con
la struttura statale», allo scopo di verificare l'esattezza dei  dati
e dei calcoli (anche) da questa effettuati allo scopo di  determinare
l'esatto importo dei tributi dei quali la Regione e' compartecipe. 
    Tale previsione e' infatti in grado di provocare un incremento di
attivita' amministrativa sull'apparato statale (ulteriore rispetto  a
quello gia' esistente),  e  quindi  maggiori  oneri,  peraltro  senza
copertura finanziaria. 
    Da cio' deriva il contrasto con l'art. 81, comma 4 (ora comma  3)
Cost., nonche' con l'art. 117, comma 2, lettera g) Cost., che riserva
alla   legislazione   esclusiva   dello   Stato   l'«ordinamento    e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali». 
    E' evidente infatti, che la previsione di un «raccordo  continuo»
con gli uffici statali viene ad imporre una  necessaria  diversa  (ed
onerosa) regolamentazione in capo a questi ultimi, per effetto di una
fonte (la legge regionale), priva di competenza al riguardo.