IL CONSIGLIO NAZIONALE DEI GEOMETRI
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal geom. Del
 Sordo Fabrizio, rappresentato e difeso  dall'avv.  Vincenzo  Facchini
 presso  il  cui  studio,  in Firenze, via Pellicceria n. 8, ha eletto
 domicilio avverso la delibera  7  novembre  1990  del  Consiglio  del
 Collegio dei geometri di Firenze.
                               F A T T O
    Con ricorso proposto al Consiglio nazionale, il geom. Fabrizio Del
 Sordo  ha  impugnato  la  delibera  7 novembre 1990 del Consiglio del
 collegio di Firenze con la  quale  veniva  cancellato  dall'albo  per
 carenza  dei  requisiti per la iscrizione all'albo ai sensi dell'art.
 10 del r.d. 11 febbraio 1929, n. 274.
    Infatti, il Del Sordo era stato dichiarato  fallito  con  sentenza
 del tribunale di Firenze ed, a seguito di tale pronuncia, aveva perso
 il godimento dei diritti civili richiesti, per l'appunto, ai fini del
 mantenimento della iscrizione all'albo professionale.
    Il  ricorrente, sollevava questione di legittimita' costituzionale
 sull'art. 10 del citato r.d. n. 274 e  sull'art.  2  della  legge  n.
 897/1938  (obbligo  di  specchiata condotta morale e politica per gli
 iscritti negli albi professionali)  in  relazione  all'art.  3  della
 Costituzione  e,  a  tal'uopo,  faceva  riferimento  ad  una  recente
 pronuncia della Corte costituzionale, la n. 158 del 19 marzo-1 aprile
 1990 gia' in atti, nella quale era stata dichiarata la illegittimita'
 costituzionale dell'art. 38 del  d.P.R.  27  ottobre  1953,  n.  1067
 (ordinamento  della  professione  di  dottore commercialista) che non
 prevedeva la procedura disciplinare per la sospensione e destituzione
 dall'albo, cosi' come era gia'  previsto  per  gli  impiegati  civili
 dello Stato ai sensi della legge n. 19/1990.
    Infatti,   ad   avviso   del   ricorrente,   uno  dei  vizi  della
 deliberazione impugnata  era  il  difetto  di  procedura  istruttoria
 prevista  per  i  procedimenti  disciplinari  a carico degli iscritti
 all'albo professionale dei geometri, che si sarebbe dovuta  estendere
 tanto  piu'  nei casi in cui (come quello del geom. Del Sordo) non vi
 era stato alcun procedimento penale.
    Il Consiglio del Collegio di  Firenze,  in  sede  di  discussione,
 dichiarava   di  aver  adottato  il  provvedimento  di  cancellazione
 dall'albo per carenza di requisiti ex art. 10 del r.d. n. 274  e  che
 la   deliberazione   collegiale,   essendo   un   mero  provvedimento
 accertativo e  non  sanzionatorio,  non  era  stata  adottata  previa
 istruttoria disciplinare.
                             D I R I T T O
    La   fattispecie,   sottoposta   all'esame   di   questo  giudice,
 costituisce un'occasione di verifica nonche' di interpretazione delle
 disposizioni  normative  in  tema  di  iscrizione   e   cancellazione
 dall'albo  professionale, ed in particolar modo, di applicazione tout
 cour agli  iscritti  di  effetti  giuridici  scaturenti  da  pronunce
 giurisprudenziali.
    E'  fuori  dubbio  che  la  delibera del collegio professionale, a
 seguito della presa d'atto  di  una  sentenza  di  fallimento  di  un
 proprio iscritto (quest'ultima pronuncia di natura dichiarativa), non
 entrando  nel  merito  della  questione, accerta la carenza di alcune
 condizioni  essenziali  all'iscrizione  e  decreta  la  cancellazione
 d'ufficio dell'interessato.
    A  sostegno  di tale procedura, si e' di recente pronunciata anche
 la Corte suprema di cassazione a sezioni unite che, con  sentenza  n.
 7937/6 agosto 1990, ha configurato una incapacita' civile del fallito
 ad  essere  iscritto  all'albo  per  l'esercizio della professione di
 geometra.
    La questione,  pertanto,  pur  dovendo  essere  posta  in  termini
 differenti  da  quelli  suggeriti dal ricorrente, appare rilevante ai
 fini di  un  maggiore  garantismo  per  quanti  come  il  Del  Sordo,
 allorche'  siano  dichiarati  falliti, non beneficiano di procedure e
 diritti  riservati  ad  altre  categorie  professionali  (ai  dottori
 commercialisti  proprio  a  seguito  della sentenza n. 158/1990 della
 Corte costituzionale) e, prima ancora, agli  impiegati  civili  dello
 Stato,  che  per  contro,  godono  del pieno esercizio del diritto di
 difesa allorche' siano condannati con sentenza penale anche per reati
 come la bancarotta semplice o aggravata.
    La  cennata  questione   di   legittimita'   costituzionale   deve
 ritenersi,  pertanto, probante ai fini della definizione del presente
 giudizio.