ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con  ricorso  della  Regione Emilia-Romagna,
 notificato il 23 febbraio 1995, depositato in Cancelleria il 2  marzo
 1995,  per  conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del
 Ministro delle risorse agricole, alimentari e  forestali  6  dicembre
 1994, con il quale e' stato disposto lo scioglimento del Consiglio di
 amministrazione  e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del
 Consorzio agrario provinciale di Piacenza e con il  quale  e'  stato,
 altresi',  decretato  il  commissariamento  e nominato il Commissario
 governativo fino al 31  dicembre  1995,  ed  iscritto  al  n.  5  del
 registro conflitti 1995;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  luglio  1995  il   Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Uditi  l'avv. Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e
 l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione  nei  confronti
 dello  Stato  in  relazione  al  decreto  del  Ministro della risorse
 agricole, alimentari e forestali 6 dicembre 1994,  con  il  quale  e'
 stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del
 Collegio  dei  sindaci  di  nomina  assembleare del Consorzio agrario
 provinciale di Piacenza, e con cui e'  stato  altresi'  decretato  il
 commissariamento  dello  stesso e nominato il Commissario governativo
 fino al 31 dicembre 1995. A parere  della  Regione  ricorrente,  tale
 decreto  viola gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in riferimento
 all'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; agli artt. 66 e ss. del
 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; agli artt. 1, comma 2, e 2,  comma  3,
 della legge 4 dicembre 1993, n. 491.
    Ritiene  la  Regione  ricorrente  che  a  seguito  dell'evoluzione
 normativa  rappresentata  dalle  disposizioni   richiamate,   nessuna
 giustificazione  sarebbe  rinvenibile  in merito alla persistenza del
 potere di vigilanza statale sui Consorzi, se  non  l'unico  richiamo,
 peraltro assai lontano ed indiretto, contenuto nell'art. 71, lett. d)
 (recte: b) del d.P.R. n. 616 del 1977.
    La  successiva  istituzione  dell'AIMA  (legge  n.  303  del 1966,
 riordinata con legge 14 agosto 1982, n. 610) ed ora dell'EIMA  (legge
 (recte:  decreto-legge)  26  gennaio 1995, n. 23), quale strumento di
 intervento  statale  nel  mercato  agricolo,  eliminerebbe  qualsiasi
 residuo  coinvolgimento dei consorzi provinciali in questa attivita'.
 In sostanza, la funzione dei Consorzi agrari si ridurrebbe oggi  alla
 mera  cura  degli  interessi degli operatori consorziati, tipicamente
 riferibili  alla  dimensione  locale.  Diversamente  ragionando,   si
 giungerebbe  alla  assurda  conseguenza  di  sottrarre  alle  regioni
 qualsivoglia  competenza  sugli  operatori   economici   in   materia
 agricola,   conseguenza   in  contrasto  con  le  ampie  attribuzioni
 riconosciute dagli artt. 66 e 67 del d.P.R. n. 616 del 1977.
    Come ulteriore circostanza, rileva la Regione  ricorrente  che  la
 legge  4  dicembre  1993, n. 491 ha trasferito tutte le competenze in
 materia alle regioni,  salvo  quelle  espressamente  attribuite  allo
 Stato:  ed in nessuna delle competenze mantenute in capo al Ministero
 delle risorse agricole, alimentari e forestali e' possibile ritrovare
 il benche'  minimo  appiglio  che  giustifichi  la  permanenza  delle
 funzioni di vigilanza sui Consorzi provinciali.
    2.  -  Si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo che il ricorso della Regione Emilia-Romagna sia rigettato.
    La difesa erariale ritiene insussistente la ritenuta violazione di
 competenze   regionali   sia  in  quanto  sarebbe  da  escludere  che
 l'elencazione delle competenze  statali  operata  dall'art.  2  della
 legge  n.  491  del  1993  determini  l'automatico  trasferimento dei
 compiti di vigilanza sui consorzi agrari dal Ministero alle  regioni,
 sia  in  quanto  il  disposto di cui all'art. 6, comma 1, lettera c),
 della stessa legge, demanda ad un regolamento governativo il riordino
 o   la   soppressione   degli   enti   vigilati   dall'ex   Ministero
 dell'agricoltura:  non  essendo  ancora  stato  emanato  il  relativo
 regolamento,  il  potere  di  vigilanza  deve  ritenersi  tuttora  di
 competenza dello Stato.
                        Considerato in diritto
    1.   -   La  Regione  Emilia-Romagna  ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione nei confronti dello Stato in relazione  al  decreto  del
 Ministro  delle  risorse  agricole, alimentari e forestali 6 dicembre
 1994, con il quale e' stato disposto lo scioglimento del Consiglio di
 amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare  del
 Consorzio  agrario  provinciale  di  Piacenza,  e  con  cui  e' stato
 altresi' decretato il commissariamento dello  stesso  e  nominato  il
 Commissario  governativo  fino  al  31  dicembre 1995. A parere della
 Regione ricorrente, tale decreto viola gli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione.
    2. - Dopo aver richiamato un lontano precedente di questa Corte in
 merito al potere di vigilanza sui consorzi agrari (sentenza n. 63 del
 1969),  la  Regione  sottolinea  come,  rispetto a quell'epoca, siano
 cambiati i presupposti normativi, le  cui  tappe  sono  rappresentate
 dall'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio del 1972, n. 11, e dagli artt. 66 e
 seguenti  del  d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616, sulla cui base nessuna
 giustificazione parrebbe trarsi in merito alla persistenza del potere
 di vigilanza statale sui Consorzi, se non l'unico richiamo,  peraltro
 assai  lontano ed indiretto, riguardante "gli interventi di interesse
 nazionale per la regolazione del mercato agricolo"  (art.  71,  primo
 comma, lett. b) del d.P.R. n. 616 del 1977).
    La successiva istituzione dell'Azienda di Stato per gli interventi
 nel mercato agricolo (AIMA) mediante la legge 13 maggio 1966, n. 303,
 successivamente  riordinata  con  legge 14 agosto 1982, n. 610, ed in
 tempi recentissimi dell'Ente per gli interventi nel mercato  agricolo
 (EIMA),    mediante   decreto-legge   26   gennaio   1995,   n.   23,
 successivamente reiterato mediante i decreti-legge 27 marzo 1995,  n.
 87  e  26  maggio 1995, n. 192, quale strumento di intervento statale
 nel mercato agricolo, eliminerebbe qualsiasi  residuo  coinvolgimento
 dei  consorzi  provinciali  in  questa  attivita': pertanto, la ratio
 della sentenza n. 63 del 1969 di questa Corte sarebbe oggi  superata.
 In  sostanza, la funzione dei Consorzi agrari si ridurrebbe oggi alla
 mera cura degli interessi degli  operatori  consorziati,  tipicamente
 riferibili  alla  dimensione  locale.    Diversamente  ragionando, si
 giungerebbe alla conseguenza, secondo  la  ricorrente,  di  sottrarre
 alle  regioni  qualsivoglia  competenza  sugli operatori economici in
 materia agricola, conseguenza in contrasto con le ampie  attribuzioni
 riconosciute dagli artt. 66 e 67 del d.P.R. n.  616 del 1977.
    Come  ulteriore  circostanza,  rileva la Regione ricorrente che la
 legge 4 dicembre 1993, n. 491, ha trasferito tutte le  competenze  in
 materia  di  agricoltura  alle  regioni,  salvo  quelle espressamente
 attribuite allo Stato e che in nessuna delle competenze mantenute  in
 capo  al  Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e'
 possibile ritrovare il benche' minimo  appiglio  che  giustifichi  la
 permanenza delle funzioni di vigilanza sui Consorzi provinciali.
    3. - Il presente ricorso va respinto.
    Dal  punto di vista normativo, e' opportuno ricordare anzitutto il
 decreto legislativo  7  maggio  1948,  n.  1235,  che,  tra  l'altro,
 stabilisce  (art.  35):  "Ai  Consorzi  agrari  ed  alla  Federazione
 italiana dei consorzi agrari sono applicabili le  disposizioni  degli
 artt. 2542 e 2545 del codice civile. I poteri previsti dalle predette
 disposizioni  sono  esercitati dal Ministero dell'agricoltura e delle
 foreste, il quale inoltre ha facolta':
       a) di disporre ispezioni sul funzionamento dei Consorzi  agrari
 e della Federazione;
       b)  di  sospendere  l'esecuzione  di  deliberazioni  o atti che
 ritenga illegittimi  o  contrari  alle  finalita'  degli  enti  o  al
 pubblico interesse;
       c)  di annullare in ogni tempo gli atti contrari alle leggi, ai
 regolamenti e, di  concerto  con  il  Ministero  del  lavoro,  quelli
 contrari agli statuti.
    I   Consorzi  e  la  Federazione  debbono  dare  comunicazione  al
 Ministero delle proposte di modifiche statutarie, dei bilanci,  delle
 deliberazioni del Consiglio, dei Comitati e delle assemblee".
    Diverse  disposizioni  del  trentennio  successivo  all'entrata in
 vigore del decreto  hanno  attribuito  ai  consorzi  agrari  numerose
 attivita'  di competenza statale, prevedendo nel contempo provvidenze
 e contributi economici  per  l'assolvimento  dei  compiti  assegnati.
 Cosi',  la  legge  n.  364  del  1970,  nel  prevedere provvidenze ai
 consorzi da parte del Ministero, ribadiva (art. 18) che  "i  consorzi
 sono sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'agricoltura e delle
 foreste  che ha la potesta' di intervenire, pure in via surrogatoria,
 per assicurarne il buon funzionamento e la  regolare  attuazione  dei
 fini     istituzionali,     anche     mediante     lo    scioglimento
 dell'amministrazione ordinaria e la nomina di un commissario".
    4. - Il d.P.R. n. 616 del 1977, nel ripartire le competenze fra lo
 Stato e le regioni, attribuisce al primo "gli interventi di interesse
 nazionale  per la regolazione del mercato agricolo; la garanzia della
 sicurezza degli approvvigionamenti,  l'organizzazione  del  commercio
 con  l'estero;  la  ricerca  e  informazione  di  mercato  a  livello
 nazionale ed internazionale".
    Venendo alle piu' recenti disposizioni contenute  nella  legge  n.
 491  del  1993,  va  rilevato  che  da essa si deduce una sostanziale
 conferma del precedente orientamento normativo  e  giurisprudenziale.
 Ed infatti: a) l'art. 2 affida al Ministero l'attivita' necessaria ad
 assicurare  la  partecipazione  alla programmazione ed all'attuazione
 delle  politiche  nazionale  e  comunitaria  in   materia   agricola,
 alimentare  e  forestale;  b)  a tal fine viene istituito il Comitato
 permanente delle politiche agroalimentari e forestali, presieduto dal
 Ministro delle risorse agricole, alimentari e  forestali  e  composto
 dai presidenti delle regioni e delle province autonome; spetta a tale
 Comitato  concertare, tra l'altro, criteri e indirizzi per interventi
 relativi "alla cooperazione agro-industriale e alimentare; c)  l'art.
 6  stabilisce  che  il Governo procedera' entro un certo termine, tra
 l'altro, "a riordinare o sopprimere gli enti vigilati dal  Ministero,
 prevedendo,  d'intesa  con  il  Comitato  di cui all'art. 2, comma 6,
 anche la possibilita' di trasferire le funzioni alle regioni".
    5. - Questa Corte ha avuto poche  occasioni  per  pronunciarsi  su
 argomenti  attinenti  alla  questione oggetto del presente conflitto.
 Con la sentenza n. 63 del 1969 fu ritenuto di competenza dello  Stato
 l'esercizio  della  vigilanza  e  del  controllo  sui Consorzi agrari
 provinciali, anteriormente al d.P.R. n. 616 del  1977  e  pur  sempre
 dopo  l'avvio  del  trasferimento alle Regioni a statuto speciale (v.
 d.P.R. n. 111 del 1965) delle competenze in materia  di  agricoltura;
 cio'  soprattutto  in  considerazione  dello svolgimento di attivita'
 dello Stato da parte di detti enti,  i  cui  collegi  sindacali  sono
 integrati  da tre membri di nomina statale (art. 44 del decreto-legge
 n. 125 del 1948).
    Circa il trasferimento delle competenze in materia  agricola  alle
 regioni,  la stessa Corte, nella sentenza n. 142 del 1972, successiva
 all'emanazione del d.P.R. 15 gennaio 1972, n.  11  (richiamato  dalla
 Regione   ricorrente),   nel   delineare   i  vari  limiti  di  detto
 trasferimento, ribadi' che dovevano rimanere fuori  da  tale  obbligo
 "tanto  le  competenze  non  rientranti nella materia, obiettivamente
 considerata, quanto le altre che,  se  pure  ad  essa  riconducibili,
 riguardassero interessi trascendenti la sfera regionale".
    Al riguardo, la difesa erariale fa notare, nel presente conflitto,
 in  primo  luogo  che i consorzi agrari svolgono una serie di compiti
 non strettamente rientranti nell'ambito agricolo;  in  secondo  luogo
 che  gli  stessi  operano  su tutto il territorio nazionale, sia pure
 mediante il loro collegamento con i Consorzi di altre province e  con
 la Federazione italiana dei consorzi agrari.
    Rileva  anche  ricordare  la  recente  sentenza  n.  115 del 1993,
 secondo cui la disciplina delle figure soggettive della  cooperazione
 e'  affidata  alla  competenza statale; ne' le attribuzioni regionali
 che si esprimono in  ordine  ai  settori  nei  quali  le  cooperative
 operano  e  alla  regolamentazione  delle materie che formano oggetto
 della loro attivita' sono  idonee  a  toccare  o  ad  assorbire  tale
 competenza.
    6.  - Alla luce di questi elementi legislativi e giurisprudenziali
 puo' concludersi che i  Consorzi  agrari  costituiscono  a  tutt'oggi
 strumenti  dell'intervento pubblico sul mercato agricolo, e risultano
 pertanto ancora ispirati al  conseguimento  di  finalita'  nazionali;
 finalita'  che  in questa materia non risultano essere soddisfatte in
 via esclusiva da altri organismi (AIMA o EIMA). Da cio' discende che,
 allo stato attuale, la Regione non potrebbe esprimere quella  visione
 integrata   degli   interessi  pubblici  complessivi  che  giustifica
 l'attribuzione del controllo ad  organismi  di  livello  statale.  In
 questo  senso si pongono peraltro anche le proposte di legge pendenti
 al Parlamento per una riforma della disciplina dei consorzi agrari.
    Per   queste   considerazioni,   per   la   natura   dei   compiti
 tradizionalmente  svolti  dai  Consorzi  agrari,  nonche' per la loro
 proiezione oltre  i  limiti  regionali,  devono  ritenersi  spettanti
 ancora allo Stato la vigilanza ed il controllo sugli stessi.