Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore
 della Giunta  regionale,  autorizzato  mediante  deliberazione  della
 Giunta stessa n. 3088 in data 15 luglio 1996, rappresentata e difesa,
 per  mandato  a  margine  del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario
 Bertolissi del foro di  Padova  e  Luigi  Manzi  del  foro  di  Roma,
 elettivamente  domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in
 Roma, via F. Confalonieri n. 5, contro la  Presidenza  del  Consiglio
 dei  Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per
 regolamento di competenza in relazione: all'atto di citazione, datato
 8 maggio  1996,  indirizzato  dal  procuratore  regionale  presso  la
 sezione  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  per il Veneto nei
 confronti di Umberto  Carraro,  Aldo  Bottin,  Fabrizio  Comencini  e
 Vittorio  Tassinari,  all'epoca  dei  fatti  componenti  l'Ufficio di
 Presidenza del Consiglio regionale del Veneto che ebbe  a  deliberare
 l'acquisto  di  alcune autovetture per rinnovo del parco macchine del
 Consiglio medesimo.
                               F a t t o
   1. - Con atto di  citazione  dell'8  maggio  1996,  il  procuratore
 regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
 il  Veneto  ha  chiamato  a  giudizio  Umberto  Carraro, Aldo Bottin,
 Fabrizio Comencini e Vittorio Tassinari "per sentirsi  condannare  al
 risarcimento   in  favore  dell'Erario  statale  della  somma  di  L.
 18.934.851 ..., oltre a rivalutazione monetaria  secondo  gli  indici
 Istat, interessi legali e spese di giudizio" (doc. 1, p. 21).
   Pur  trattandosi  di  questione  di scarso rilievo sotto il profilo
 quantitativo del danno, come ha precisato  il  procuratore  regionale
 "il  problema  sottoposto  alla  valutazione del giudice contabile si
 rivela  ...  di  particolare  importanza  per  i  principi  che  esso
 sottende"   (ivi,   p.   13),   stando  ai  quali  al  giudice  delle
 responsabilita' e' consentito sindacare  -  in  teoria  ex  ante,  in
 concreto   ex   post  -  una  spesa  sulla  scorta  dei  "criteri  di
 economicita', ragionevolezza ed utilita' per l'Ente" (ivi, p. 13), in
 assenza  -  si  badi  -   di   un   qualunque   parametro   normativo
 obiettivamente   dato,   perche'   precostituito  rispetto  al  fatto
 causativo del preteso illecito.
   2. - I tratti essenziali della  vicenda  sono  di  una  semplicita'
 tanto  disarmante  da indurre fin d'ora a ritenere che, se una simile
 pretesa  dovesse  reputarsi  fondata   -   nell'ottica   dell'odierno
 conflitto  e,  piu'  in  generale, ove la si volesse riferire ad enti
 sprovvisti di autonomia costituzionalmente garantita  -  si  potrebbe
 considerare  probabilmente  risolto il drammatico problema del debito
 pubblico:  essendovi legioni di amministratori e dipendenti  pubblici
 da  assoggettare a giudizio e da condannare al risarcimento del danno
 per aver disposto spese qualificabili, a parere  insindacabile  della
 Corte  dei  conti  non  ragionevoli  e,  per cio' solo, non utili per
 l'ente di appartenenza.
   Infatti, nel caso di specie e' accaduto che l'Ufficio di Presidenza
 del  Consiglio  regionale  del  Veneto  ha  deliberato  (nei  termini
 puntualizzati  nell'atto di citazione a giudizio, cui si fa' espresso
 rinvio: doc.  1, spec. p. 2 ss.) l'acquisto  di  alcune  auto,  dello
 stesso  modello di quelle cedute in permuta, per aver queste percorso
 ormai un notevole  chilometraggio.  Piu'  precisamente,  il  parziale
 rinnovo  del  parco  macchine  ha  comportato  l'acquisto  di  cinque
 autovetture, "di cui n. 1 vetture mod. Alfa 164 Super 6V-24V e  n.  4
 vetture  mod.  164  super  6VTB"  (ivi,  p.  5), piuttosto che - come
 sostenuto dalla Procura regionale - di cinque autovetture Alfa  Romeo
 164 Twin Spark 2.000.
   Come si evince dalla lettura dell'atto di citazione, nel rispondere
 all'invito loro rivolto (ex art. 5, primo comma, del decreto-legge n.
 453/1993,  convertito  nella  legge  n.  19/1994) gli incolpati hanno
 eccepito, in primo luogo, l'incompatibilita' dell'iniziativa  con  il
 dettato dell'art. 122, quarto comma, Cost. e, quindi, l'insussistenza
 di  un  parametro  normativo  di  riferimento, nonche' - nel merito -
 l'utilita' della spesa deliberata (ivi, pp. 11-12 e 12-13).
   3. - A parere del Procuratore regionale, tuttavia,  deve  ritenersi
 innanzi  tutto  "palesemente  infondata" la questione di legittimita'
 costituzionale, poiche' l'immunita' di cui al citato art. 122, quarto
 comma, Cost. "e' strettamente correlata all'esercizio della  funzione
 legislativa,  di  quella  di  indirizzo  politico  e  delle  funzioni
 amministrative attribuite al Consiglio regionale in via immediata  ed
 esclusiva   dalla  Costituzione  o  da  leggi  statali".  In  specie,
 "l'acquisto e la  gestione  dei  mezzi  suddetti  non  rientra  nella
 puntuale  elencazione  di cui all'art. 2 della legge 6 dicembre 1973,
 n. 853, in materia di autonomia contabile e  funzionale  di  Consigli
 regionali delle Regioni a statuto ordinario", acquisto e gestione che
 assumono  la "veste di mera attivita' amministrativa, incidentalmente
 contemplata dalla normativa regionale (l.r.  6/1973)",  riconducibili
 "a funzioni amministrative ed organizzative di ordine generale" (ivi,
 p. 13).
   Cio'  posto  -  e "fermo restando il potere esclusivo della p.a. di
 valutare discrezionalmente  le  soluzioni  ritenute  piu'  idonee  al
 perseguimento  del  pubblico  interesse"  -, a parere del procuratore
 regionale "il giudice contabile puo' sindacare la scelta  effettuata,
 non  gia'  scendendo ad esaminare il merito della valutazione, bensi'
 sotto il profilo della  sua  ragionevolezza  e  giustificabilita'  ex
 ante,  in  relazione  alla disponibilita' delle risorse, ai possibili
 impieghi di queste ed al grado di funzionalita' delle  strutture,  in
 un  quadro  di  ottimizzazione  dell'uso  delle risorse stesse ... In
 particolare, la scelta di un'autovettura di piu' alto costo e  dotata
 di  optionals, che servono a garantire maggiore sicurezza e comodita'
 agli occupanti, non costituisce danno per  l'ente  pubblico,  ove  la
 spesa sia contenuta entro i limiti di ragionevolezza" (ivi, p. 14).
   Quanto  alla  fattispecie  concreta,  il  procuratore  regionale ha
 osservato:
     a) che la legge  n.  853/1973  non  contempla  la  spesa  di  cui
 trattasi (acquisto di auto) e neppure "nell'ordinamento della regione
 Veneto
  .. e' dato rinvenire alcuna particolare disposizione sull'acquisto e
 l'uso dei mezzi di trasporto destinati a fini istituzionali" (ivi, p.
 15);
     b)  che "le funzioni di rappresentanza non sono state individuate
 in relazione alle  singole  cariche  istituzionali  ed  appositamente
 regolamentate,  sia  pure con atti interni", sicche' "la destinazione
 promiscua dei mezzi induce oggettivamente a  ritenere  che  l'impiego
 prevalente  degli  stessi  fosse  quello  del  normale  trasporto  di
 persone, con valenza residuale di rappresentanza";
     c) che tutto cio' rileva ai fini "dell'individuazione dei criteri
 adottati per  la  scelta  del  tipo  e  delle  caratteristiche  delle
 autovetture  da acquistare, perche' i principi di ragionevolezza e di
 buona amministrazione che devono presiedere a  siffatte  scelte,  non
 possono  prescindere,  proprio  nel  rispetto  della discrezionalita'
 amministrativa, dalla preliminare individuazione delle  finalita'  da
 perseguire  per  realizzare  la  necessaria  razionalizzazione  delle
 risorse" (ivi, pp. 15-16).
   Ed ha aggiunto, conclusivamente; che le funzioni di  rappresentanza
 ben  possono  essere  soddisfatte  mediante  l'acquisto  di auto meno
 costose quanto al prezzo ed alla gestione; che, in  ogui  caso,  tale
 rilievo   vale   ad   abundantiam,   allorche'   alla   funzione   di
 rappresentanza  si  accompagnano  "situazioni  non  sempre  ad   essa
 corrispondenti" (ivi, pp. 16-18); che, dunque, "... la scelta avrebbe
 dovuto  essere  ragionevolmente  indirizzata a soddisfare le previste
 necessita' con piu' ridotto dispendio delle risorse stesse,  mediante
 l'acquisto,   tra   i   diversi  modelli  presenti  nel  mercato,  di
 autovetture  aventi  caratteristiche  analoghe   sotto   il   profilo
 strettamente  funzionale, con eguale pregio estetico e tecnico, ma di
 minori costi di acquisto e di  gestione"  (ivi,  p.  16):  beninteso,
 ancora   una   volta   "ferma   restando  la  piena  discrezionalita'
 amministrativa nella individuazione  delle  finalita',  dei  mezzi  e
 delle risorse ..." (ivi, p. 19).
   4.  -  Venuto  a  conoscenza  dell'atto  di  citazione  indicato in
 epigrafe in data 23 maggio 1996 (doc. 2), l'Ufficio di Presidenza del
 Consiglio regionale del Veneto ha evidenziato la circostanza che  una
 tale   iniziativa   del   procuratore  regionale  presso  la  sezione
 giurisdizionale della Corte dei conti per il Veneto costituisce  atto
 esorbitante le competenze giurisdizionali.
   "Ed  infatti,  l'atto  di  citazione  e'  da  reputarsi invasivo di
 attribuzioni spettanti al Consiglio regionale tra l'altro perche':
     1) la ricostruzione ex post (nonostante il procuratore  regionale
 assuma di ragionare ex ante) della ragionevolezza e giustificabilita'
 della  spesa  e'  operata  dal magistrato requirente disattendendo il
 dettato della legge statale n. 853/1973 (recante "Autonomia contabile
 e  funzionale  dei  Consigli  regionali  delle  Regioni   a   statuto
 ordinario"),   legge   che   e'   connessa  all'art.  118  (autonomia
 amministrativa), all'art.  119 (autonomia finanziaria) e all'art. 123
 (autonomia  statutaria)  della  Costituzione.   Oueste   disposizioni
 rappresentano  il titolo di riferimento delle opinioni espresse e dei
 voti dati dai consiglieri, inquisiti  in  violazione  dell'art.  122,
 quarto comma, Cost.;
     2)  ove  si ritenesse la citata legge n. 853/1973 non violata, ne
 emergerebbe una sicura illegittimita' costituzionale, che il  giudice
 delle  leggi  potrebbe conoscere dopo aver autonomamente sollevato di
 fronte  a  se  stesso  la  questione  nell'ambito  del  conflitto  di
 attribuzioni;
     3)    la   ricostruzione   ex   post   della   ragionevolezza   e
 giustificabilita' della spesa costituisce  attivita'  amministrativa,
 come  tale  esorbitante  dal campo delle attribuzioni giurisdizionali
 del giudice delle responsabilita', in violazione  tra  l'altro  degli
 artt. 5, 97, 118 e 123 Cost.".
                             D i r i t t o
   1. - Il primo motivo di ricorso, relativo al presente conflitto, si
 ricollega  all'eccezione  formulata  dagli  incolpati nelle deduzioni
 svolte in forza dell'invito ad essi rivolto dal procuratore regionale
 (di cui si e' detto sub 2 del fatto, in  fine),  eccezione  condivisa
 pure  dall'Ufficio  di  Presidenza del Consiglio regionale: il quale,
 appunto, ha invocato la clausola costituzionale dell'art. 122, quarto
 comma, Cost., secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere
 chiamati a  rispondere  delle  opinioni  espresse  e  dei  voti  dati
 nell'esercizio delle loro funzioni".
   Al  riguardo, e' necessario dar conto - sia pure in estrema sintesi
 - dei principi elaborati da codesto  ecc.mo  Collegio:  secondo  cui,
 fatte  salve  le  dovute,  ovvie  differenze strutturali e funzionali
 delle Camere e dei Consigli regionali, si puo'  senz'altro  affermare
 in  linea  generale  che  -  non  diversamente  da quella contemplata
 dall'art.  68, primo comma, Cost. -  l'immunita'  prevista  dall'art.
 122,  quarto  comma,  Cost.  rappresenta  pure essa l'espressione del
 principio di indipendenza ed autonomia  delle  assemblee  legislative
 rispetto   al  potere  giurisdizionale.  Tuttavia,  gli  elementi  di
 convergenza si risolvono soltanto in questo (ma e' questo che  rileva
 nel  caso  di  specie),  poiche' l'ampiezza della tutela accordata ai
 parlamentari nazionali ed ai consiglieri regionali  dipende,  per  un
 verso,  dalla  posizione  costituzionale  attribuita  agli  organi di
 rispettiva  appartenenza  e,  per  altro  verso,   dall'esigenza   di
 assicurare  il  rispetto  di  specifiche disposizioni costituzionali:
 innanzi  tutto,  dell'art.  3,  che  stabilisce   il   principio   di
 eguaglianza.
   Piu' in particolare, codesta Corte ha precisato che le attribuzioni
 dei  Consigli  regionali,  non connesse all'"esercizio delle funzioni
 sovrane", "si  inquadrano,  invece,  nell'esplicazione  di  autonomie
 costituzionalmente  garantite"  (sent.  n.  81/1975,  in Giur. cost.,
 1975,  p.  786);  e  "l'esonero  da  responsabilita'  dei  componenti
 dell'organo
  ..  e'  vista  funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di
 rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi
 garantire  da  qualsiasi  interferenza  di  altri  poteri  il  libero
 processo di formazione della volonta' politica". Si e' aggiunto poi -
 significativamente   -   che   "la  giustificazione  razionale  della
 guarentigia poggia, pertanto, sulla  corrispondenza  fra  il  livello
 costituzionale  della guarentigia stessa ed il livello costituzionale
 del tipo di funzioni, il cui esercizio si e' eccezionalmente ritenuto
 opportuno  sottrarre  al  controllo  giudiziario.   Quello   che   la
 Costituzione  ha  inteso  proteggere,  con  disposizioni  derogatorie
 rispetto  al  comune  regime  di  responsabilita',  e'   un   modello
 funzionale  che essa stessa ha delineato ed appunto percio' ha potuto
 valutare  meritevole  dell'eccezionale   protezione"   (sentenza   n.
 69/1985,  in  Giur. cost., 1985, pp. 493-494). Dunque, "la carenza di
 potere  giurisdizionale  si traduce ... in un'alterazione dell'ordine
 costituzionale delle competenze, posto che la pretesa  di  esercitare
 poteri   siffatti  comporta  l'invasione  della  sfera  di  autonomia
 costituzionalmente   riservata   alla   Regione   ...,   alla   quale
 esclusivamente  spetta  l'esercizio  delle  funzioni che i magistrati
 hanno inteso condizionare" (sent. n. 70/1985, in Giur.  cost.,  1985,
 p. 516).
   Nell'intento   di  meglio  precisare  i  limiti  della  guarentigia
 costituzionale prevista dall'art. 122, quarto comma, Cost.  -  colta,
 in  specie,  nell'ottica  del  principio  di unita' dell'ordinamento,
 preordinato all'attuazione dell'eguaglianza -, la Corte ha  affermato
 che    "l'ampliamento   della   portata   dell'immunita'   risultante
 dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale, delle  funzioni
 riservate al Consiglio regionale puo' essere operato, ove consentito,
 soltanto  con  la  legge dello Stato, perche' soltanto il legislatore
 statale puo' assicurare, come e' costituzionalmente  necessario,  una
 eguale  protezione  ai consiglieri di tutte le Regioni nell'esercizio
 delle medesime funzioni e perche' soltanto  una  sua  scelta  sarebbe
 conforme al principio di legalita' che regge compiutamente il sistema
 penale"  (sent.  n.  69/1985,  cit.,  p. 495): ma non solo il sistema
 penale.
   Oltre che le  fonti  abilitate  a  disciplinare  legittimamente  le
 immunita' spettanti ai consiglieri regionali, codesto ecc.mo Collegio
 ha definito, altresi', le forme in cui si estrinsecano le funzioni di
 consigliere   regionale   riconducibili  all'area  della  guarentigia
 costituzionale; ed ha ritenuto che l'ambito di operativita' dell'art.
 122, quarto comma, Cost. sia delimitato, quanto al titolo  normativo:
 (a)  dalla Costituzione; (b) dalla legge e dagli atti aventi forza di
 legge dello Stato (non dalla legge regionale e dallo Statuto); quanto
 alle funzioni, che tale  ambito  di  operativita'  riguarda:  (a)  la
 funzione  legislativa;  (b)  la  funzione  di indirizzo politico e di
 controllo; (c) la funzione di autoorganizzazione interna;  mentre  le
 funzioni   suddette  possono  estrinsecarsi  in  atti  aventi  natura
 formalmente:  (a) legislativa; (b) amministrativa (questo  quadro  di
 sintesi  e' tratto dall'esame, tra l'altro delle sent. n. 81/1975, n.
 69 e 70 del 1985).
   A cio' si aggiunga - la' dove si consideri  la  giurisprudenza  del
 giudice   dei   conflitti  con  riguardo  alle  fattispecie  concrete
 determinate   da   iniziative   del   magistrato   contabile   -   la
 sottolineatura  per cui le funzioni consiliari coperte dall'immunita'
 sono quelle  strumentali  all'esclusione  di  interferenze  incidenti
 sull'indipendenza    del   Consiglio   regionale   da   parte   della
 giurisdizione contabile, vale a dire sulla funzione  legislativa,  di
 indirizzo   politico   e  di  controllo  nonche'  sulla  funzione  di
 autoorganizzazione  interna,  svolta  mediante  atti   amministrativi
 (sent.  n.  104/1989,  in Le Regioni, 1990, p. 1083 e segg., sent. n.
 209/1994, in Gazzetta Ufficiale, 1 serie speciale, n. 24/1994 p. 21).
   Quanto alla funzione di autoorganizzazione interna, gli aspetti del
 momento autoorganizzativo  che  vengono  in  risalto  ai  fini  della
 determinazione  dell'ambito  di  operativita'  dell'art.  122, quarto
 comma, Cost., interessano lo status di consigliere  regionale  e,  in
 specie,  gli  strumenti  di  cui  deve  disporre per poter compiere i
 doveri del proprio ufficio e i mezzi umani  (personale)  e  materiali
 (risorse  finanziarie) spettanti al Consiglio per l'adempimento delle
 proprie competenze legislative, amministrative e di controllo.
   2.  -  Nel  motivare  l'infondatezza dell'eccezione prospettata con
 espresso  riferimento  all'art.  122,   quarto   comma,   Cost.,   il
 procuratore  regionale  presso la sezione giurisdizionale della Corte
 dei conti per il Veneto ha precisato che "le garanzie  costituzionali
 previste  a  tutela  degli amministratori regionali in relazione alla
 responsabilita' per danno erariale ed  alla  competenza  del  giudice
 contabile,   prevedono   per  i  consiglieri  un  tipo  di  immunita'
 strettamente correlata all'esercizio della funzione  legislativa,  di
 quella   di   indirizzo  politico  e  delle  funzioni  amministrative
 attribuite al Consiglio regionale in via immediata ed esclusiva dalla
 Costituzione o da leggi statali, mentre non si estende  ad  eventuali
 altre funzioni attribuite con atto organizzativo della Regione" (doc.
 1, p. 13).
   Si  tratta di una enunciazione di massima senz'altro condivisibile;
 ma non e' condivisibile, invece, il ragionamento  ulteriore,  fondato
 sulle  seguenti  (peraltro,  se  considerate  in  se'  e per se', non
 contestabili) premesse: (a) che "l'acquisto e la gestione  dei  mezzi
 suddetti  non  rientra  nella  puntuale elencazione di cui all'art. 2
 della legge  6  dicembre  1973,  n.  853;  (b)  che  "la  fattispecie
 all'esame  si  configura  in  veste di mera attivita' amministrativa,
 incidentalmente  contemplata  dalla  normativa  regionale  (l.r.   n.
 6/1973)  ed  attribuibile"  -  quest'ultimo  rilievo  e' estremamente
 significativo, poiche' rende evidente il  connotato  dell'uniformita'
 di regime, comunque sia posto, correlato al rispetto dell'eguaglianza
 di  posizioni  tra  tutti i consiglieri regionali delle varie Regioni
 d'Italia - "a funzioni  amministrative  ed  organizzative  di  ordine
 generale ..." (doc. 1, p. 13).
   3.  -  Infatti,  tali  "funzioni amministrative ed organizzative di
 ordine generale", lungi dal non godere - come sottolinea invece,  per
 parte   sua,  il  procuratore  regionale  -  "dell'immunita'  sancita
 dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione" (doc. 1, p. 13),  ne
 fruiscono proprio perche' "di ordine generale".
   Con  questa espressione, per l'appunto, il magistrato requirente ha
 inteso designare le spese assolutamente indefettibili: come lo sono -
 a prescindere da qualunque elencazione  prefissata  -  le  spese  che
 riguardano    l'approntamento   e   la   gestione   delle   strutture
 indispensabili perche' gli organi regionali possano operare  (locali,
 personale, attrezzature varie ...); ed e' appena il caso di osservare
 -  con  una  notazione  lapalissiana  -  che le spese in questione si
 impongono obiettivamente,  in  ragione  della  loro  naturale  e  non
 artificiosa  strumentalita'.  Sotto  questo  aspetto,  e' da ritenere
 indiscutibile la circostanza che le autovetture debbano considerarsi,
 ancorche'  non  espressamente  menzionate  in  alcun  atto  normativo
 statale,  mezzi  indispensabili  per  l'attuazione  dei  compiti  che
 istituzionalmente  incombono  sul   Consiglio   e   sui   consiglieri
 regionali.
   Per  tale  elementare  ragione,  il  fondamento immediato di questo
 genere di spesa "di ordine generale" va ricercato - per quanto  possa
 apparire,  a  prima  vista,  umoristico (ma, come ricorda il Manzoni,
 Storia della colonna infame, ed Newton Compton, 1993, p. 14, "non  di
 rado  le  verita' troppo evidenti, e che dovrebbero esser sottintese,
 sono invece dimenticate") - addirittura a livello costituzionale, dal
 momento che e' semplicemente intuitivo che,  per  poter  svolgere  le
 funzioni   legislative   (art.   117),   amministrative  (art.  118),
 finanziarie (art. 119) e finanche quelle  statutarie  (art.  123)  e'
 necessario  "viaggiare".  D'altra  parte,  non  e' forse risaputo che
 errando discitur?    dove  il  predicato  verbale  "errare"  va  piu'
 propriamente  tradotto  con "viaggiare" piuttosto che con "sbagliare"
 (anche se il Manzoni op. cit., p. 18, parlando  degli  autori  citati
 nel  suo  scritto,  osserva che "ci siam ristretti a pochi scrittori,
 nessuno affatto oscuro, la piu' parte  rinomati:  cioe'  quelli,  de'
 quali  son  piu'  istruttivi anche gli errori, quando non posson piu'
 esser contagiosi": dunque, non solo viaggiando, ma  anche  sbagliando
 si puo' imparare|).
   Ma  non  basta,  poiche'  non essendo verosimile che il legislatore
 statale abbia preteso di offrire, una volta e per sempre,  un  elenco
 tassativo  delle  spese  deliberabili  dal Consiglio regionale per il
 proprio  funzionamento  con  la  legge  n.  853/1973,  ignorando,  ad
 esempio,  i  riilessi  che  sull'attivita'  istituzionale dell'organo
 (come  di  ogni  altro  organo)  regionale  determina  il   progresso
 tecnologico,  non  v'e' dubbio che il citato atto legislativo statale
 rappresenta in  ogni  caso,  anche  a  prescindere  dalle  previsioni
 costituzionali suddette, titolo per l'acquisto dei beni in questione.
 In   caso   contrario   la   legge  n.  853/1973  dovrebbe  reputarsi
 costituzionalmente  illegittima  perche'  di  ostacolo  all'esercizio
 delle funzioni attribuite alle Regioni.
   C'e'  da  dire, infine, che la dimostrazione della sussistenza, nel
 caso di specie, di un titolo costituzionale o di un  titolo  comunque
 riferibile  all'ordinamento  complessivo  dello  Stato  la  si ricava
 riflettendo  sul  seguente   dato:   codesto   ecc.mo   Collegio   ha
 ripetutamente   affermato   che  non  rappresenta  titolo  implicante
 l'operativita' della guarentigia di cui all'art. 122,  quarto  comma,
 Cost.  l'atto  normativo regionale (la legge regionale e lo statuto),
 poiche',  se  cosi'  fosse,  verrebbe  meno  l'esigenza  di   "eguale
 protezione"  per  i  "consiglieri  di tutte le Regioni nell'esercizio
 delle  medesime  funzioni"  (sentenza  n.  69/1985,  cit.,  p.  495).
 Senonche',  tutto  cio' non si verifica, per definizione, proprio nel
 caso de quo: l'indefettibile  strumentalita'  e  necessarieta'  della
 spesa  si  impone per tutti i Consigli e i consiglieri regionali, che
 e' quanto basta  a  far  si  che  la  deliberazione  di  acquisto  di
 autovetture,   espressione   del  potere  di  autoorganizzazione  del
 Consiglio, debba  essere  ricondotta  nell'ambito  delle  fattispecie
 sicuramente coperte dall'art. 122, quarto comma, Cost.
   4.  -  Senonche'  -  fermo  restando  il  prospettato  profilo  del
 conflitto di attribuzioni, incentrato  sull'implicito  riconoscimento
 della    natura    obiettivamente    giurisdizionale   dell'attivita'
 esercitata,  attraverso  la  citazione  indicata  in  epigrafe,   dal
 procuratore  regionale  presso la sezione giurisdizionale della Corte
 dei conti per il Veneto - la regione Veneto contesta,  altresi',  che
 quella  svolta  dal  magistrato  contabile possa considerarsi appunto
 attivita' riconducibile all'area della giurisdizione.
   In proposito, e' il caso di dire che va fatta chiarezza  una  volta
 per  tutte,  essendo  a tutti noto che, attraverso il sindacato sulla
 ragionevolezza dell'azione amministrativa,  ad  esempio,  il  giudice
 amministrativo sostituisce la determinazione dell'amministrazione con
 una  sua  propria:  come ha, expressis verbis, ammesso, da ultimo, il
 consigliere  di  Stato  Lignano,  in  una  limpida  relazione  svolta
 all'Universita'   di   Padova   nell'ambito   del  Convegno  dedicato
 all'opposizione di terzo nel giudizio amministrativo  (Padova,  24-25
 maggio 1996).
   Ad  ogni buon conto, prima di soffermarsi ex professo sui caratteri
 del sindacato svolto dalla Corte dei conti sulle spese  discrezionali
 (alle  quali  appartiene  l'acquisto  di  autovetture),  e' opportuno
 soffermarsi un istante sui criteri di giudizio  seguiti  dal  giudice
 delle  leggi  e  dal  giudice  amministrativo  allorche'  procede  al
 riesame,  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza,   di   un   atto
 legislativo o amministrativo.
   Senza  avere  alcuna  pretesa  di  completezza,  qui e' sufficiente
 rilevare,  con  la  migliore  dottrina  costituzionalistica,  che  il
 giudizio   di   legittimita'  costituzionale  che  ha  "per  tema  la
 ragionevolezza delle classificazioni legislative" non si estende alla
 "intrinseca  bonta'  delle  scelte  effettuate  dal  Parlamento,   ma
 riguarda  piuttosto  la  coerenza  delle  differenziazioni  (o  delle
 assimilazioni) in esame, valutata nel rapporto con il trattamento che
 le leggi  riservino  ad  altre  categorie  o  ad  altre  fattispecie,
 comparabili  con quella contestata" (Paladin, diritto costituzionale,
 Padova, 1995, p. 166).
   Quanto   al   riscontro   operato   dal   giudice    amministrativo
 sull'attivita'  posta in essere dalla pubblica amministrazione, se e'
 vero che "non abbraccia ... quei soli difetti  che,  con  riferimento
 agli   atti   legislativi,  la  giurisprudenza  costituzionale  suole
 comprendere sotto  il  concetto  di  irragionevolezza"  (come  rileva
 Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, vol. 1, Napoli, 1984, p.
 679),  e'  vero  altresi'  che  non  si  materializza  (almeno stando
 all'insegnamento  piu'  tradizionale,  non  contaminato  dalle   piu'
 recenti  esperienze,  cui  ha  inteso fare riferimento Lignani) nella
 rielaborazione della decisione assunta dal pubblico potere:   tant'e'
 che  il  sindacato relativo al difetto di ragionevolezza si sostanzia
 nella  valutazione  della  divergenza  tra  risultato   effettivo   e
 risultato  istituzionale  dell'atto  ovvero nella percezione di tutta
 una  serie  di  figure  sintomatiche   ormai   cristallizzate   dalla
 giurisprudenza,  non  costituenti  dei  meri dati di fatto variamente
 enucleabili dall'esperienza (in questo senso opera, invece  la  Corte
 dei  conti),  sebbene dei criteri di giudizio. E criterio di giudizio
 e', appunto, quello che mira a cogliere, nell'ambito dell'iter logico
 di formazione dell'atto, lo  sviamento  dell'interesse  pubblico,  lo
 sviamento  della  causa  tipica,  la contraddizione fra motivazione e
 dispositivo  ovvero  fra  le  varie  parti  della   motivazione,   la
 contraddizione   con   precedenti   manifestazioni  di  volonta',  il
 travisamento dei fatti, la disparita' di trattamento, il  difetto  di
 motivazione  ecc.  (Virga,  Diritto  amministrativo vol.   2, Milano,
 1987, p. 121 e segg. nonche' Sandulli, op. cit., 681 ss.).
   In buona sostanza, ferme  restando  le  differenze  rispettive  del
 giudizio   di   ragionevolezza   svolto   sulla   legge  e  sull'atto
 amministrativo, in  entrambe  le  circostanze  il  giudice  considera
 comunque  l'operato  del  legislatore o dell'amministrazione alla sua
 stregua o anche alla sua stregua, enucleando il parametro di giudizio
 dallo stesso o da altri atti e  comportamenti  posti  in  essere  dal
 pubblico potere, sindacato nella sua coerenza o incoerenza.
   5.  -  Ben  altra  natura  assume,  invece,  il  giudizio  reso dal
 magistrato contabile sulla ragionevolezza delle spese  deliberate  da
 un ente nell'esercizio di una attivita' discrezionale.
   Orbene,  e'  a  partire  dagli  anni '70 che la Corte dei conti "ha
 affermato la sindacabilita' giudiziale dell'attivita' discrezionale e
 la   configurabilita'   nella   stessa   di    una    responsabilita'
 amministrativa per mancanza di convenienza dell'atto posto in essere"
 (Garri-Mastropasqua-Ristuccia-Rozera,  Rassegna  di giurisprudenza in
 tema di responsabilita' amministrativa e contabile, Milano, 1992,  p.
 42).
   Nonostante   si   siano   nutrite   perplessita'   in  ordine  alla
 "sindacabilita'  in  se'  delle  scelte   discrezionali",   essendosi
 ritenuto   che  "la  giustificazione  delle  scelte  operate"  rimane
 riservata alla sfera  della  discrezionalita'  amministrativa  (Corte
 conti,     sez.     II,     sent.     n.     247/1979,     cit.    in
 Garri-Mastropasqua-Ristuccia-Rozera,  op.  cit.,  p.  43),  e'  ormai
 consolidato  l'orientamento  secondo  cui  l'attivita'  discrezionale
 dell'amministrazione e' sicuramente sindacabile in sede giudiziale, e
 "il parametro  di  raffronto  e'  costituito  non  dalla  valutazione
 proveniente  dall'amministrazione,  ma  dal principio di razionalita'
 della  scelta  effettuata,  autonomamente  identificato  dal  giudice
 utilizzando  i  dati obiettivi che sulla base della esperienza comune
 ed amministrativa attengono alla materia ed alla funzione che in essa
 l'atto     in      esame      e'      destinato      a      svolgere"
 (Garri-Mastropasqua-Ristuccia-Rozera, op. cit., p. 43).
   Se  si  prescinde,  almeno  un  istante,  dal  tono con il quale si
 proferiscono e  si  scrivono  le  cose  anzidette  -  che',  in  tale
 prospettiva,  sembrano  imporsi  per  ragioni  intrinseche  di ordine
 grammaticale e  sintattico  -  e  si  riflette  sul  senso  che  puo'
 acquisire,  nell'ambito  della  classica  ripartizione dei poteri, la
 massima riassuntiva per cui il giudice contabile accerta se la scelta
 effettuata  dall'amministrazione  "ex  se  risponda  a   criteri   di
 razionalita'  e giustificabilita' alla stregua di elementi rilevabili
 dalla           comune           esperienza           amministrativa"
 (Garri-Mastropasqua-Ristuccia-Rozera,  op. cit., p. 44), ci si avvede
 che l'operazione svolta dal giudice non ha nulla di  giurisdizionale:
 dovendosi,   la   funzione   giurisdizionale,  senz'altro  sviluppare
 nell'ambito   di   parametri    predeterminati,    sicuramente    non
 riconducibili  ne' alla convenienza (che e' questione di puro merito)
 ne' ad un'inesistente razionalita' e giustificabilita', allorche'  le
 medesime  sono "autonomamente" identificate dal giudice, prescindendo
 -   come   si   e'   visto   -   dalla    "valutazione    proveniente
 dall'amministrazione".
   D'altra  parte, in che cosa si risolve, se non nella riformulazione
 "ora  per  allora"  della  deliberazione  assunta   dall'Ufficio   di
 presidenza del Consiglio regionale del Veneto, l'atto con il quale il
 procuratore regionale individua la scelta ritenuta conveniente, sulla
 scorta  di  elementi  di  fatto  che  possono  essere condivisi o non
 condivisi per mere ragioni d'ordine extragiuridico?
   Ci si puo' chiedere, infatti: perche' mai  sono  adeguate  le  Alfa
 Romeo  164  Twin  Spark  2000  e non, invece, altri modelli? E non e'
 doveroso domandarsi, oltretutto, se - ammesso e non concesso  che  si
 tratti  di  questione  sindacabile  dinanzi  al  giudice  - non fosse
 necessario   preliminarmente   quantomeno   indagare   sulle   scelte
 effettuate  da altre istituzioni pubbliche omogenee o comparabili con
 un  Consiglio  regionale?  Sotto  questo  aspetto  e'  tutto  davvero
 singolare, nel senso di occasionale, unico, solitario, incomparabile:
 in  nome,  peraltro,  di   una   tanto   asserita   quanto   astratta
 razionalita'.
   A  ben  vedere  - e senza nulla togliere alle motivazioni di natura
 etico-politica che muovono molte iniziative della Corte dei  conti  -
 la  verifica sulle spese discrezionali della pubblica amministrazione
 si risolve,  per  come  viene  concepita  ed  attuata,  in  attivita'
 sicuramente   non   giurisdizionale,   poiche'   l'economicita',   la
 ragionevolezza e l'utilita' per l'ente rappresentano il contenuto  di
 una  valutazione squisitamente politica: come riconosce - nel momento
 in cui ripetutamente ribadisce che rimane fermo "il potere  esclusivo
 della  p.a.  di valutare discrezionalmente le soluzioni ritenute piu'
 idonee al  perseguimento  del  pubblico  interesse)"  (pp.  14  e  19
 dell'atto  di  citazione) - lo stesso procuratore regionale, il quale
 intuitivamente avverte che solo da un punto di vista retorico (vale a
 dire  dell'argomentazione  formale;  alla  don  Ferrante,  tanto  per
 intenderci) si puo' sostenere che rimane ferma la discrezionalita' in
 presenza  di  un  sindacato  che  ne  ridetermina  i  contenuti  e le
 modalita' esplicative. Ed, infatti, l'epilogo di un  simile  modo  di
 concepire l'azione del giudice delle responsabilita' e' presto detto;
 rebus  sic  stantibus,  la  delibera  comportante spese per l'erario,
 proveniente da  un  ente  o  un  organo  qualunque,  dovrebbe  essere
 preventivamente  "vistata"  dal procuratore regionale ... a scanso di
 equivoci|
   Si e' detto: proveniente da un ente o un organo qualunque, finanche
 giurisdizionale. E' accaduto, infatti, che la procura  regionale  per
 la  Lombardia  ha emesso un atto di citazione con il quale un giudice
 istruttore e'  stato  "chiamato  a  rispondere  del  danno  erariale,
 conseguente  a  propri decreti di liquidazione di onorari a favore di
 periti d'ufficio, nominati nel corso di procedimenti penali" (come si
 legge in Corte cost., ordinanza n. 196/1996, in Guida al diritto,  n.
 26/1996,  p.    20),  a  conferma  della  circostanza  che, nel tempo
 attuale, c'e' una  diffusa  tendenza  a  debordare  dai  confini  del
 proprio   potere,   id   est  della  propria  giurisdizione.  Il  che
 rappresenta un "errore" che cade appunto "sui  confini  stessi  della
 giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" concretizzando un
 comportamento  (lesivo,  tra  gli altri, degli artt. 5, 97, 117, 118,
 119 e 123) che codesta ecc.ma Corte ha gia' censurato con la sentenza
 n. 285/1990 nell'ambito di un conflitto di attribuzioni.
   6. - Con una notazione conclusiva di carattere riassuntivo si  puo'
 affermare,  dunque,  che  l'atto di citazione indicato in epigrafe e'
 lesivo,  perche'   invasivo,   di   attribuzioni   costituzionalmente
 riservate alla Regione Veneto;
     a)   perche'   si   rivolge   contro  una  deliberazione  assunta
 dall'Ufficio  di  Presidenza  del  Consiglio  regionale  del   Veneto
 riguardante  una  spesa  d'ordine generale, come tale indefettibile e
 riferibile  a  qualsiasi  altro  Consiglio  regionale.  Sotto  questo
 aspetto,  l'atto  del  procuratore  regionale collide con l'art. 122,
 quarto comma, Cost., riguardato sotto il  profilo  degli  artt.  117,
 118, 119 e 123 Cost., nonche' della legge statale n. 853/1973;
     b)  perche',  avendo natura non giurisdizionale, va al di la' dei
 limiti ("confini") che  l'ordinamento  assegna  alle  competenze  del
 giudice delle responsabilita', in contrasto con gli artt. 5, 97, 117,
 118, 119 e 123 Cost.