IL PRETORE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale nella causa promossa da Aimerito Paolo Adriano +
 33, rapp.ti e difesi dagli avv. Nino Raffone, Massimo D'Antona e Amos
 Andreoni  contro  l'Ente  nazionale  previdenza  ed  assistenza   dei
 veterinari  -  ENPAV,  rapp.to  e  difeso  dall'avv.  Paolo Camelis e
 dall'avv. Rosella Montrucchio.
   Con ricorso depositato in data  8  novembre  1995  i  sopraindicati
 ricorrenti  evocavano  in giudizio l'ENPAV per ivi sentir dichiarare,
 previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale, l'inesistenza
 dell'obbligo di iscrizione e di assicurazione all'ENPAV  con  effetto
 dal   1   gennaio  1995  con  conseguente  condanna  dell'ENPAV  alla
 restituzione in loro favore dei contributi gia' percepiti.
   L'ENPAV, costituitasi, contestava la domanda sotto  una  pluralita'
 di   profili   e   rilevava   in  particolare  che  la  questione  di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  comma  ventiseiesimo,
 legge  n.  537/1993 in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione
 era stata gia' respinta dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
 88/1995.
   All'udienza di discussione la parte ricorrente formulava istanza di
 rimessione alla Corte costituzionale della questione di  legittimita'
 dell'art.  1,  comma  trentatreesimo,  lett.  a),  punto  4, legge 24
 dicembre 1993 n. 537 per  violazione  del  combinato  disposto  degli
 artt.  3  e  38 Cost., dell'art. 4, comma secondo, d.lgs. n. 509/1994
 per violazione degli artt. 3, 18  e  38  Cost.,  dell'art.  1,  comma
 terzo,  d.lgs.  n.    509/1994  per  violazione  dell'art.  76  della
 Costituzione. La parte convenuta si opponeva  alla  rimessione  degli
 atti  alla  Corte  costituzionale  ed  insisteva per la reiezione del
 ricorso.
   Ritiene  il  pretore  che   la   questione   di   costituzionalita'
 prospettata  dalla  parte  ricorrente sotto vari profili ed intesa in
 sostanza ad evidenziare il vizio di illegittimita' costituzionale del
 regime di iscrizione  obbligatoria  all'ENPAV  nonostante  l'avvenuta
 trasformazione  dell'ente  previdenziale  in associazione privata sia
 rilevante e non manifestamente infondata.
   Sotto  il  profilo  fattuale  e'  necessario  sottolineare  che   i
 ricorrenti,  nella  loro  qualita'  di  veterinari dipendenti a tempo
 pieno dalle unita' sanitarie  locali,  sono  iscritti  ed  assicurati
 all'INPDAP   cui   versano   mensilmente  la  relativa  contribuzione
 obbligatoria ai fini del conseguimento del diritto a  pensione.  Essi
 peraltro  sono  anche  assoggettati all'obbligo contributivo a favore
 dell'ENPAV  essendo  gia'  iscritti  agli  albi  professionali  prima
 dell'entrata in vigore della legge n. 136/1991.
   Quanto    alla    rilevanza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale  sollevata  dalla  parte  ricorrente  e'   sufficiente
 osservare  che  la decisione del ricorso, con il quale viene invocata
 la declaratoria  di  inesistenza  dell'obbligo  di  iscrizione  e  di
 assicurazione  dei  ricorrente  all'ENPAV  con  effetto dal 1 gennaio
 1995, dipende dalla applicazione dell'art. 1, comma terzo, d.lgs.  n.
 30  giugno 1994 n.  509 nonche' dall'art. 24, legge 12 aprile 1991 n.
 136 come e' stato interpretato  autenticamente  dall'art.  11,  comma
 ventiseiesimo, legge 24 dicembre 1993 n. 537.
   L'art.   1   d.lgs.   n.  509/1994  sancisce  la  permanenza  della
 obbligatorieta'  dell'iscrizione  e  della  contribuzione  agli  enti
 previdenziali trasformati e l'art. 24 legge n. 136/1991, interpretato
 autenticamente  dall'art.    11  legge  n.  537/1993,  dispone  che i
 veterinari gia' iscritti all'albo  all'atto  dell'entrata  in  vigore
 della  legge  n.  136/1991  sono  soggetti  al regime di iscrizione e
 contribuzione obbligatoria all'ENPAV.  Le  norme  citate  impediscono
 pertanto l'accoglimento della domanda.
   Quanto  alla fondatezza va rilevato preliminarmente che la sentenza
 di reiezione delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
 11 legge n. 537/1993 resa da codesta Corte  in  data  8  marzo  1995,
 contrariamente  a  quanto  sostenuto  dall'ENPAV, non ha esaminato la
 questione alla luce anche dell'intervenuta privatizzazione  dell'Ente
 limitandosi  a  respingere  l'istanza  di  rimessione  degli  atti ai
 giudici a quibus  non  avendo  la  trasformazione  dell'ENPAV  inciso
 sull'obbligatorieta'  dell'iscrizione all'ente. Non e' stato pertanto
 esaminato l'aspetto, in allora non sottoposto all'esame della  Corte,
 della  compatibilita' costituzionale dell'iscrizione obbligatoria con
 l'avvenuta privatizzazione dell'ENPAV.
   Cio' premesso va rilevato come le disposizioni normative citate  si
 pongano  in  evidente  contrasto  con  il  principio  di  liberta' di
 associazione sancito dall'art. 18  Cost.,  norma  che  garantisce  la
 liberta' di associazione nel suo duplice aspetto, positivo e negativo
 (in  questo  senso  Corte  cost. n. 69/1962; Corte cost. n. 40/1982).
 Secondo  l'orientamento  espresso  da  codesta  Corte  nelle   citate
 decisioni   la   liberta'   di   non   associarsi   non  e'  peraltro
 necessariamente  vulnerata   ogni   qualvolta   si   configuri   come
 obbligatorio  l'inquadramento  entro enti pubblici di una determinata
 categoria  di  interessati  essendo  necessario  accertare   che   la
 limitazione  della  liberta'  di  non  associarsi  non leda diritti e
 principi costituzionalmente garantiti e che il fine pubblico  che  si
 dichiara  di perseguire non sia palesemente arbitrario o pretestuoso.
 L'imposizione del vincolo associativo in tanto si  giustifica  in  un
 quanto  sia  posta in relazione di necessaria connessione strumentale
 con il fine pubblico che mediante l'istituzione  dell'ente  si  vuole
 perseguire.  Nel  caso di specie non pare possa ritenersi sussistente
 la connessione strumentale tra l'obbligo di associarsi ed il fine che
 l'ente  cui  i  ricorrenti  sono  obbligati  ad  associarsi   intende
 perseguire  atteso che la garanzia della prestazione previdenziale e'
 gia' altrimenti tutelata e che comunque  l'ENPAV  non  garantisce  in
 concreto l'erogazione della prestazione pensionistica.
   E'  opportuno  a  questo  punto soffermarsi sulle conseguenze della
 trasformazione dell'ENPAV da ente pubblico in  associazione  privata.
 L'art. 2 d.lgs. n. 509/1994 dopo aver affermato il principio generale
 in  base  al  quale  "le associazioni o le fondazioni hanno autonomia
 gestionale, organizzativa e contabile" stabilisce  che  "la  gestione
 economico-finanziaria   deve   assicurare  l'equilibrio  di  bilancio
 mediante  l'adozione  di  provvedimenti  coerenti  alle   indicazioni
 risultanti  dal  bilancio  tecnico" (comma secondo) e che "in caso di
 persistenza dello stato di disavanzo economico e finanziario (...) ed
 accertata  l'impossibilita'  da  parte  del  commissario   di   poter
 provvedere  al  riequilibrio  finanziario  dell'associazione (...) e'
 nominato un commissario liquidatore al quale sono attribuiti i poteri
 previsti dalle vigenti norme in materia  di  liquidazione  coatta  in
 quanto  applicabili".  In  altri termini, nel denegato caso in cui si
 arrivasse alla liquidazione coatta i  lavoratori  -  creditori  della
 controprestazione  previdenziale  -  non avrebbero alcuna garanzia di
 poter ottenere coattivamente la controprestazione.  Non  e'  prevista
 infatti  l'istituzione di un fondo di garanzia e la riserva tecnica e
 quella legale (previste dall'art.  1, quarto comma, lett.  c)  d.lgs.
 n. 509/1994) non sono idonee a garantire i pagamenti futuri posto che
 la  prima  assicura  la continuita' nell'erogazione delle prestazioni
 per cinque annualita' dell'importo delle pensioni in essere mentre la
 seconda viene solo adeguata con l'accantonamento di un'annualita' per
 ogni biennio.
   Non puo' quindi sostenersi che  l'associazione  coattiva  all'ENPAV
 sia  giustificata  dal perseguimento da parte del predetto ente di un
 fine pubblico quale quello previdenziale. Il vincolo di  appartenenza
 necessaria  incide  direttamente  sulla liberta' e sulla spontaneita'
 del fenomeno associativo, caratteri che tanto sul piano  dell'origine
 quanto su quello organizzativo l'art. 18 della Costituzione configura
 come  aspetti  qualificanti  del  diritto  di  associazione. Pertanto
 l'esistenza del fine pubblico che legittima l'esistenza  di  siffatto
 vincolo dev'essere valutata con estremo rigore. Come si e' gia' prima
 evidenziato  i  ricorrenti  vedono gia' tutelato il loro diritto alle
 prestazioni pensionistiche dalla contribuzione versata  all'INPDAP  e
 pertanto  sotto  questo  profilo il versamento contributivo in favore
 dell'ENPAV non e' connotato dal perseguimento  di  un  fine  pubblico
 essendo  piuttosto assimilabile, dal punto di vista strumentale, alla
 contribuzione complementare  il  cui  fine  e'  parimenti  quello  di
 assicurare  livelli  piu'  elevati di copertura assicurativa e la cui
 adesione  e'  interamente  rimessa  alla  volonta' del singolo. E' di
 tutta evidenza come  il  fine  di  garantire  una  eventuale  maggior
 copertura assicurativa sia ben diverso dal fine pubblico di garantire
 l'erogazione  della  prestazione previdenziale.   In altri termini le
 diverse caratteristiche  delle  due  forme  di  tutela  previdenziale
 previste  dall'art.  38  Cost., quella pubblica e quella privata, non
 possono in alcun modo essere intercambiate poiche' cio'  urta  contro
 il  principio  di  ragionevolezza. Per cio' che attiene la previdenza
 pubblica l'art. 38 sancisce il dovere dello Stato  di  intervenire  a
 mezzo  dei  propri organi al fine di assicurare ai lavoratori i mezzi
 adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio,  malattia,
 invalidita'  e vecchiaia; il contraltare dell'obbligo contributivo e'
 quindi rappresentato dalla certezza della percezione del  trattamento
 pensionistico  garantito  dalla  solidarieta'  collettiva.  L'ipotesi
 dell'assistenza privata, consentita ma non  disciplinata  dall'ultimo
 comma  dell'art.  38  Cost.,  non  puo' evidentemente beneficiare del
 regime  dell'obbligatorieta'   difettando   in   essa   la   certezza
 dell'erogazione della prestazione.
   L'avvenuta   trasformazione  dell'ENPAV  ha  infine  modificato  la
 situazione di fatto su cui si e' basata codesta  Corte  nella  citata
 sentenza  n.  88/1995  nel  respingere la censura di irragionevolezza
 dell'obbligatorieta'  dell'iscrizione  solo  per  i  veterinari  gia'
 iscritti  all'albo  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 136/1991. Nella sentenza 88/1995 si legge che "la contribuzione  alla
 quale continuano ad essere obbligati i veterinari dipendenti iscritti
 prima  della  riforma  non  e'  senza  causa  atteso  che  gli stessi
 beneficiano delle prestazioni previdenziali  erogate  dall'ente".  La
 piu'   volte   affermata   compatibilita'   della   doppia  posizione
 contributiva con  la  garanzia  di  tutela  previdenziale  prescritta
 dall'art.  38 della Costituzione si fonda infatti su un rafforzamento
 della tutela stessa in favore di ogni singolo lavoratore.   Nel  caso
 di specie invece, come si e' gia' prima evidenziato, il rafforzamento
 della  tutela  sarebbe eventuale non essendo prevista alcuna garanzia
 dell'erogazione della prestazione nel caso di persistenza dello stato
 di disavanzo economico e finanziario dell'ente privatizzato.
   Deve  quindi  essere  ritenuta  rilevante  e   non   manifestamente
 infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24,
 secondo  comma,  legge  12  aprile   1991,   n.   136,   interpretato
 autenticamente  dall'art.  11, comma ventiseiesimo, legge 24 dicembre
 1993, n. 537, nella parte in cui impone il  regime  di  iscrizione  e
 contribuzione    obbligatoria    all'ENPAV    nonostante   l'avvenuta
 privatizzazione dell'ENPAV prevista dal d.lgs. n. 509 del  30  giugno
 1994  con cio' ponendosi in contrasto con la liberta' di associazione
 prevista dall'art. 18 della Costituzione nonche' con il principio  di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.