IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
   Nell'udienza  preliminare nel procedimento penale n. 376/1999 r.g,.
 g.i.p, nei confronti di Devito Ivan e Diffurville Gianfranco;
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'eccezione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 376 c.p. per violazione dell'art.  3,  primo
 comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede che la causa
 di   non   punibilita'   ivi  prevista  sia  applicabile  anche  alla
 ritrattazione delle dichiarazioni false o reticenti rese alla polizia
 giudiziaria allorche' questa abbia  agito  di  iniziativa,  sollevata
 dalle difese degli imputati Devito e Diffurville, sentito il p.m. che
 si rimette;
                             O s s e r v a
    Devito  Ivan  e  Diffurville Gianfranco sono imputati del reato di
 favoreggiamento personale per avere, in concorso tra loro e  ciascuno
 singolarmente,  senza  essere  concorsi  nel  delitto di sfruttamento
 della prostituzione, aiutato Rossetti Andrea (imputato del  reato  di
 cui  agli  artt.  110, 81 cpv c.p.; 3 nn. 8) e 4 n. 7) della legge n.
 75/58 per il quale e' stato disposto il rinvio a giudizio  avanti  al
 tribunale  di  Ivrea), ad eludere le investigazioni dell'autorita' in
 quanto, escussi  di  iniziativa  della  p.g.  sommarie  informazioni,
 affermavano,  contrariamente  al  vero,  di aver corrisposto la somma
 complessiva di L. 200.000 al  predetto  Rossetti  al  solo  scopo  di
 remunerare   una  prestazione  di  spogliarello  privato,  mentre  la
 predetta somma costituiva la remunerazione  di  prestazioni  sessuali
 che i prevenuti consumavano con la pornostar Giuseppa Bellitto.
   Infatti  in  data  28  novembre  1998  in occasione dell'arresto in
 flagranza  del  reato  di  favoreggiamento   e   sfruttamento   della
 prostituzione  di  Rossetti  Alberto  e Capello Piero, i militari dei
 Carabinieri  sentivano  a  sommarie  informazioni  testimoniali   gli
 avventori  del  locale/circolo privato ove erano avvenuti i fatti che
 avevano originato l'arresto.   Nell'ambito  di  questa  attivita'  di
 p.g.,  svolta  di  iniziativa e nell'immediatezza del reato (art. 351
 c.p.p.), i militari dei Carabinieri sentivano a sommarie informazioni
 testimoniali, tra gli altri, Devito Ivan e Diffurville  Gianfranco  i
 quali   rendevano   dichiarazioni  contrarie  alle  risultanze  delle
 indagini da cui scaturiva l'imputazione del reato di  favoreggiamento
 sopra descritta.
   All'udienza  preliminare  gli  imputati  Devito  Ivan e Diffurville
 Gianfranco chiedevano di essere interrogati ai  sensi  dell'art.  421
 c.p.p.  e  rendevano  entrambi  dichiarazioni contrarie a quelle rese
 avanti agli ufficiali di p.g. in data  28  novembre  1998  ammettendo
 cio'  che  avevano negato e cioe' affermando che vi erano state delle
 prestazioni sessuali nel separe' con la Bellitto e che per le  stesse
 avevano  corrisposto la somma di L. 100.000 ciascuno che consegnavano
 al Rossetti.
   Al  termine  dell'interrogatorio  contenente  la  ritrattazione  le
 difese sollevavano l'eccezione di legittimita' dell'art. 376 c.p. nei
 termini sopra indicati.
   La questione sollevata e' non manifestamente infondata e rilevante.
   Sulla non manifesta infondatezza:
     a  seguito  della sentenza della Corte costituzionale n. 101/1999
 che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l'art. 376 c.p. nella
 parte  in  cui  non  prevede  la  ritrattazione  come  causa  di  non
 punibilita'  per  chi - richiesto dalla polizia giudiziaria, delegata
 dal p.m., a norma dell'art. 370 c.p.p., di  fornire  informazioni  ai
 fini  delle indagini - abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto
 o in parte  reticenti,  si  e'  creato  un  sistema  irrazionale.  La
 disciplina  diversa  determina,  ad  avviso del remittente, una nuova
 disparita' di trattamento che non trova giustificazione ragionevole.
   L'irrazionalita' discende dalla considerazione che l'assunzione, ad
 iniziativa della polizia giudiziaria, di informazioni  dalle  persone
 che  possono  riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art.
 351  c.p.p.)  e  l'assunzione  delle  medesime  su  delega  del  p.m.
 sottosta' alle stesse regole di documentazione (art. 357 c.p.p.) e la
 loro utilizzabilita' nel processo e' equiparata (500 c.p.p.).
   A cio' si aggiunga poi che l'art. 351 c.p.p. espressamente richiama
 l'applicazione  del secondo periodo dell'art. 362 c.p.p. che concerne
 le norme applicabili all'assunzione  di  informazioni  da  parte  del
 pubblico ministero.
   Di  fronte  ad una disciplina in tema di assunzioni di informazioni
 da parte della polizia giudiziaria  che  risulta  sorretta  da  ratio
 unitaria  sia  sotto  il  profilo  della  documentazione sia sotto il
 profilo  della  valenza  processuale,   si   determina   un   diverso
 trattamento  della  ritrattazione,  che  dipende esclusivamente da un
 elemento  formale   esteriore.   Infatti   a   fronte   di   condotte
 sostanzialmente simili, quali le dichiarazioni false ovvero reticenti
 rese  alla polizia giudiziaria che integrano il reato di cui all'art.
 378 c.p., l'imputato puo' giovarsi della ritrattazione  solo  qualora
 le  false  o  reticenti  dichiarazioni siano state rese in precedenza
 alla polizia giudiziaria su delega del p.m., e non anche nel caso  di
 informazioni assunte di iniziativa di questa.
   Di  fronte  ad  una  situazione  fattuale  del  tutto estrinseca ed
 indipendente dalla volonta' del dichiarante, il quale al  limite  non
 e'  neppure  tenuto  a  sapere se la p.g. che conduce l'indagine stia
 agendo su delega o di iniziativa,  si  determina  una  disparita'  di
 trattamento che non trova una giustificazione ragionevole nel sistema
 processuale.
   Tale  disparita'  di  trattamento non e' direttamente superabile in
 via interpretativa, attraverso una estensione della nuova  disciplina
 risultante   dalla   dichiarazione  di  parziale  incostituzionalita'
 dell'art.  376, comma 1, a seguito della sent. n. 101/1999.
   La Corte costituzionale,  infatti,  sia  nel  dispositivo  (ove  si
 specifica  che  la  norma e' incostituzionale "nella parte in cui non
 prevede la ritrattazione come  causa  di  non  punibilita'  per  chi,
 richiesto  dalla  p.g. delegata dal pubblico ministero ... di fornire
 informazioni reso dichiarazioni false ..."),  sia  nella  motivazione
 (ove  si  sottolinea  che la questione sottoposta a giudizio consiste
 esclusivamente  "nella  domanda  se  sia  conforme  al  principio  di
 uguaglianza  ...  l'esclusione  della  causa di non punibilita' della
 ritrattazione  nel  caso  delle  false  dichiarazioni  alla   polizia
 giudiziaria specificamente delegata dal pubblico ministero ... mentre
 tale causa di non punibilita' vale nel caso delle false dichiarazioni
 rese  al  pubblico  ministero  stesso")  dimostra  di  risolvere  una
 questione diversa da quella qui sollevata, attraverso  l'applicazione
 di una differente ratio decidendi.
   Il  ragionamento  della  Corte  e' infatti interamente condotto sul
 piano dell'irrazionalita' nella differenziazione di  trattamento  fra
 due   ipotesi,  quello  della  ritrattazione  di  dichiarazioni  rese
 direttamente al p.m. costituenti il reato  di  cui  all'art.  371-bis
 c.p., e quello della ritrattazione di dichiarazioni rese alla p.g. da
 questi  delegata,  integranti  il reato di cui all'art. 378 c.p., che
 "costituiscono esclusivamente forme diverse della medesima attivita',
 facente  sostanzialmente  capo   comunque   al   pubblico   ministero
 nell'esercizio  dei  poteri  che  ad  esso  spettano quale organo che
 dirige le indagini preliminari".
   La questione che qui si solleva e' invece fondata  su  una  diversa
 irrazionalita',  che scaturisce proprio dall'introduzione della nuova
 ipotesi di non  punibilita'.  Di  fronte  a  tale  situazione  questo
 giudice  per  le  indagini  preliminari non e' in grado, attraverso i
 propri   ordinari   strumenti   interpretativi,   di   ricondurre   a
 razionalita'  il  complesso delle norme riguardanti la ritrattazione.
 Non puo' infatti inventarsi una nuova causa di non punibilita' per la
 ritrattazione  di  dichiarazioni  rese  alla  p.g.  durante  indagini
 condotte  di  iniziativa)  che  la  legge  non prevede e che non puo'
 essere direttamente evinta dal  principio  -  diverso  e  riguardante
 diversa  fattispecie  -  stabilito  dalla  Corte  con  la sentenza n.
 101/1999. Soltanto un nuovo  intervento  della  Corte  costituzionale
 puo'  pertanto  eliminare l'illegittima disparita' di trattamento che
 e' stata qui rilevata.
   Sulla rilevanza:
     la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale qui
 prospettata e' con tutta evidenza pregiudiziale  alla  decisione  del
 processo  penale  a  carico  di Devito Ivan e Diffurville Gianfranco.
 Come si evince dalle premesse in fatto, gli imputati, dopo aver  reso
 dichiarazioni  alla  polizia  giudiziaria, in una fase processuale in
 cui  venivano  sentiti  a  sommarie  informazioni   testimoniali   su
 iniziativa   della  stessa  polizia  giudiziaria,  e  dopo  che  tali
 dichiarazioni  erano  risultate  contrarie  alle   risultanze   delle
 indagini,  sono  stati imputati di favoreggiamento. Essi, all'udienza
 preliminare, hanno ritrattato le precedenti dichiarazioni, ammettendo
 cio' che avevano in precedenza negato.
   Spetta  ora  al giudice per le indagini preliminari decidere se gli
 imputati  debbano  essere  ugualmente   rinviati   a   giudizio   per
 favoreggiamento  personale,  ovvero  se  possano  essere  prosciolti,
 qualora la Corte costituzionale  stabilisca  -  come  ritiene  questo
 giudice  per  i  motivi  sopra esposti - che l'inapplicabilita' della
 causa di non punibilita' nel caso di ritrattazione  di  dichiarazioni
 rese   alla   polizia  giudiziaria  che  agisce  di  iniziativa,  sia
 costituzionalmente illegittima.