IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 7901/1999
 proposto  dal  sig.  Sangineto  Vincenzo,  rappresentato   e   difeso
 dall'avv.  Riccardo Gozzi, ed elettivamente domiciliato con lo stesso
 presso il suo studio in Roma via Simone de Saint Bon n. 61;
   Contro il Ministero di grazia e giustizia in persona  del  Ministro
 pro-tempore  rappresentato  e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
 dello Stato e domiciliato presso gli uffici della medesima  in  Roma,
 via  dei  Portoghesi  n.  12, per l'annullamento del decreto 24 marzo
 1999  con  il  quale   il   direttore   generale   del   dipartimento
 dell'amministrazione   penitenziaria  ha  dimesso  il  ricorrente,  a
 decorrere dal 10 marzo 1999, dal corso di formazione per l'immissione
 nel ruolo degli agenti del Corpo di  Polizia  penitenziaria,  nonche'
 degli atti e provvedimenti comunque connessi;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi nella camera di consiglio del  7  luglio  1999,  relatore  il
 consigliere  Guido  Romano, l'avv. Riccardo Gozzi per il ricorrente e
 l'avv. Paola Palmieri per l'amministrazione;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                            Fatto e diritto
   1. - Il ricorrente riferisce:
     di essere stato arruolato in data 19 novembre  1996,  a  domanda,
 nel  Corpo  di  Polizia  penitenziaria  ai fini dello svolgimento del
 servizio militare di leva;
     che  decorso  l'anno  di  leva,  presentava  domanda  per  essere
 trattenuto  in  servizio  per  un  anno,  con  la qualifica di agente
 ausiliario, ai sensi dell'art. 5, comma 7 del d.lgs. 30 ottobre 1992,
 n. 443, che e' stata accolta avendo prestato lodevole servizio;
     che prima della  scadenza  della  rafferma,  chiedeva  di  essere
 immesso nel ruolo degli agenti del Corpo di Polizia penitenziaria, ai
 sensi  dello stesso art. 5, comma 7 e dell'art. 6, comma 2 del citato
 d.lgs.  n. 443/1992;
     che  sussistendo  il  requisito del "lodevole servizio", prestato
 anche nel secondo anno, la sua istanza veniva accolta e lo  stesso  -
 in data 22 dicembre 1998 - veniva avviato alla frequenza del corso di
 formazione  per  allievo  agente  di  Polizia penitenziaria, previsto
 dall'art. 6 del d.lgs. n. 443/1992, presso la Scuola di formazione  e
 aggiornamento    del    Corpo    di    Polizia    e   del   personale
 dell'amministrazione penitenziaria di Sulmona (L'Aquila);
     che dopo due giorni tutti i corsisti venivano dimessi  dal  corso
 e,  quindi,  nuovamente  richiamati  a partire dal 7 gennaio 1999 sul
 presupposto - a dire dell'amministrazione  -  che  laddove  il  corso
 fosse  iniziato,  cosi'  come  di fatto e' stato, nel 1998, lo stesso
 avrebbe dovuto avere una durata di gran lunga superiore a quella  che
 effettivamente ha avuto;
     che durante il corso era costretto ad assentarsi per accertamenti
 diagnostici, a seguito dei quali si ricoverava presso casa di cura in
 data 21 febbraio 1999 per essere sottoposto ad intervento chirurgico;
     che,  non risultando quadri di complicanza veniva dimesso in data
 24 febbraio 1999 per la convalescenza;
     che nel corso di detta convalescenza, in data 31 marzo  1999  gli
 veniva  notificato  il  provvedimento  impugnato, con il quale veniva
 dimesso dal corso di formazione con decorrenza dal 10 marzo 1999  per
 superamento,  a  tale  data,  del periodo massimo di assenza previsto
 dall'art. 7, primo comma, lett  d),  del  d.lgs.  n.  443/1992,  come
 ridotto  dall'art.  1,  comma  7  del  d.l. 13 settembre 1996 n. 479,
 convertito in legge 15 novembre 1996, n. 579.
   2. - Nel ricorso e' prospettato un  unico  e  complesso  motivo  di
 impugnazione con il quale sono sollevate le seguenti censure.
   Eccesso  di  potere  per  travisamento  ed  erronea valutazione dei
 fatti.    Eccesso  di  potere  per  irragionevolezza,  illogicita'  e
 contraddittorieta'  manifesta  dell'azione amministrativa. Eccesso di
 potere sotto il profilo della generica e  lacunosa,  insufficiente  o
 quanto  meno  difettosa motivazione ed istruttoria. Eccesso di potere
 per disparita' di trattamento,  violazione  di  legge,  eccezione  di
 incostituzionalita' dell'art. 7, d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443;
   In  sintesi,  il ricorrente sostiene che sarebbe illegittima la sua
 esclusione dal corso perche' l'amministrazione vi avrebbe  provveduto
 prendendo   meramente   atto  della  sua  assenza,  e  senza  quindi,
 verificare se questa fosse o meno giustificata e che sarebbe sospetta
 di incostituzionalita' la norma dell'art. 7 del d.lgs.  n.  443/1992,
 per  contrasto  con  gli  artt.  3,  4, 32 e 97 della   Costituzione,
 qualora  dovesse  ritenersi  che  detta  disposizione  non   consenta
 all'amministrazione di ammettere ad altro corso successivo gli agenti
 ausiliari  che  siano  stati  assenti  per  piu'  di  15  giorni  per
 infermita' contratta  durante  il  corso  ed  abbiano  nel  frattempo
 recuperato l'idoneita' psicofisica.
   Cita  a  conforto  della suddetta eccezione le sentenze della Corte
 costituzionale n. 195/1998 e n. 212/1998 che, in casi analoghi ed  in
 corrispondenza di norme aventi contenuto sostanzialmente identico, ha
 gia' dichiarato incostituzionali le relative disposizioni di legge.
   3.  -  L'amministrazione  si  e'  costituita  e,  nel  corso  della
 discussione  orale,  ha  convenuto  con  la  difesa  del   ricorrente
 sull'esigenza  di  valutare gli effetti delle recenti decisioni della
 Corte costituzionale su questioni di diritto in materia di dimissioni
 da  corsi per il reclutamento a causa del mero superamento del limite
 massimo delle assenze consentite.
   4. - Cio' posto, ai fini della delibazione dell'istanza  cautelare,
 e'   principio   giurisprudenziale  consolidato,  che  una  pronuncia
 positiva sull'istanza di  sospensione  avanzata  dal  ricorrente  non
 debba  conseguire  soltanto  alla  verifica  del  periculum  in  mora
 derivante   dall'esecuzione   dell'atto   del   quale    si    chiede
 l'annullamento,   ma   anche   della  sussistenza,  ad  una  sommaria
 delibazione, di elementi di fumus  boni  juris  del  ricorso  che  ne
 rendano probabile l'accoglimento.
   5.  -  Ora  il  decreto  impugnato, alla stregua di tali criteri di
 giudizio, appare immune da vizi di  eccesso  di  potere  che  possano
 condurre, in sede di merito, al suo annullamento.
   Ed  invero,  l'art. 7, lett. d), del d.lgs. n. 443/1992 prevede "1.
 Sono  dimessi  dal  corso  (per  la  nomina  ad  agente  di   polizia
 penitenziaria)...    d)  gli  allievi e gli agenti in prova che siano
 stati per qualsiasi motivo assenti dal corso  per  piu'  di  sessanta
 giorni,  anche  non  consecutivi..."    5.  "La  dimissione dal corso
 comporta la cessazione di ogni rapporto con l'amministrazione".
   L'art. 1, comma 7, del d.l. 13 settembre 1996, n. 479 ha  stabilito
 che  "I  periodi  di  tempo  previsti  dagli  artt. 6 e 7 del decreto
 legislativo 30 ottobre 1992 n. 443, sono ridotti  ad  un  quarto,  in
 relazione  ai  concorsi  banditi  alla  data di entrata in vigore del
 presente decreto.   E  sono  ridotti  della  meta'  in  relazione  ai
 concorsi  banditi successivamente e comunque non oltre il 31 dicembre
 1997. Sono fatte salve le procedure gia' avviate per il  reclutamento
 degli agenti ausiliari del Corpo di Polizia penitenziaria...".
   Alla  stregua  di  tali  norme,  chiare  ed  inequivoche  nel  loro
 contenuto dispositivo, non puo' ritenersi fondata  la  doglianza  che
 l'amministrazione  avrebbe  meramente  preso atto dell'assenza, senza
 valutare se il ricorrente fosse o meno  in  condizioni  psico-fisiche
 idonee  a  consentirgli  l'ammissione allo stesso ovvero a successivo
 corso.
   Infatti,  le  suddette  norme  presuppongono  non  una  valutazione
 discrezionale   dell'amministrazione,   ma   soltanto  una  vincolata
 verifica dell'evento assenza, qualora questa si sia protratta oltre i
 termini stabiliti.
    Pertanto, escluso che, allo stato, sussista il  fumus  boni  juris
 del  ricorso,  assume  rilevanza  la  questione  di costituzionalita'
 proposta dal ricorrente, con  riferimento  alla  norma  dell'art.  7,
 comma  primo, lettera d), del d.lgs. n. 443 del 30 ottobre 1992, come
 modificato dall'art. 1, comma sette, del d.l. 13  settembre  1996  n.
 479,  convertito  con  legge  15  novembre 1996, n. 579, per asserito
 contrasto con i parametri di cui agli artt.  3,  4,  32  e  97  della
 Costituzione.
   6.   -   In  merito  all'ammissibilita'  della  proposizione  della
 questione di legittimita' in sede  cautelare  e'  ormai  insegnamento
 pacifico   della  stessa  Corte  che  tale  questione  puo'  ricevere
 ingresso, ove il giudice remittente  abbia  disposto  la  sospensione
 dell'atto  impugnato  solo  in via provvisoria e temporanea fino alla
 ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalita'.
   Nella  specie  questa  sezione,  con separata ordinanza n. 2173 del
 luglio 1999, ritenuta la rilevanza e la  non  manifesta  infondatezza
 della  questione di costituzionalita', ha disposto la sospensione del
 provvedimento impugnato, in via interinale, rinviando ad un'ulteriore
 camera di consiglio, da fissarsi successivamente alla definizione  da
 parte della Corte costituzionale della questione stessa, il prosieguo
 dell'esame  della  domanda  di sospensione, in tal modo non esaurendo
 l'esercizio dello specifico potere (t.a.r. Lazio, I, 435 del 22 marzo
 1996).
   6.1 - La questione appare, altresi', al collegio non manifestamente
 infondata.
   6.2 - Preliminarmente deve farsi riferimento alla recente pronuncia
 della Corte n. 212  del  19  giugno  1998,  con  la  quale  e'  stata
 dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  punto 1,
 lett. d) e punto 5) del d.l. 4 agosto 1987 n. 325, relativo ai  corsi
 di  accesso  ai  ruoli  di  Polizia  di Stato, disposizione che ha un
 contenuto ed un fine identico a quello della norma  sospettata  nella
 specie   di   incostituzionalita',   differenziandosene  solo  per  i
 destinatari (allievi di Polizia ausiliari,  anziche'  allievi  agenti
 del Corpo di Polizia penitenziaria).
   Con  tale  decisione  la  Corte ha giustificato la dichiarazione di
 incostituzionalita' della norma, nella  parte  in  cui  non  consente
 all'amministrazione di ammettere ad altro corso successivo gli agenti
 di  Polizia  ausiliari  che  siano stati assenti per piu' di quaranta
 giorni  durante  il  corso  ed  abbiano  nel   frattempo   recuperato
 l'idoneita', rilevando l'irragionevolezza dell'automatismo insito nel
 provvedimento  di  dimissioni  per assenza dal corso, che impedirebbe
 all'amministrazione  di  verificare  l'eziologia  e  le   conseguenze
 dell'infermita',  in contraddizione alla discrezionalita' alla stessa
 riconosciuta quando entri in gioco un interesse generale, come quello
 di  privarsi  della  professionalita'  utile  all'apparato   statale,
 presumibilmente   gia'   acquisita  dall'agente  nel  suo  precedente
 servizio.
   6.3. - Nella specie si rinvengono gli stessi presupposti di fatto e
 di  diritto   che   hanno   condotto   alla   predetta   declaratoria
 d'incostituzionalita'.
   6.4.  - Gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 443/1992 prevedono, a regime,
 due  modalita'  di  nomina  degli  agenti  nel   Corpo   di   Polizia
 penitenziaria,   o   mediante  assunzione  per  concorso  pubblico  e
 frequenza di un corso della durata di  dodici  mesi,  diviso  in  due
 semestri  (termini  ora modificati dal d.l. n. 479/1996 ), o mediante
 immissione in ruolo previa frequenza di un corso semestrale (art.  6,
 comma  2)  degli  agenti ausiliari, personale questo reclutato tra le
 unita' di leva da collocare in congedo, che sia stato trattenuto  per
 un biennio ed abbia in tale periodo prestato lodevole servizio.
   L'art.  7,  comma 1, lett. d), prevede che gli allievi e gli agenti
 che siano stati per qualsiasi motivo assenti dal corso  per  piu'  di
 sessanta giorni, anche non consecutivi, siano dimessi dal corso e che
 la   dimissione   comporti   la   cessazione  di  ogni  rapporto  con
 l'amministrazione.
   L'art. 1, comma 7, del d.l. n. 479/1996 si e' limitato  a  disporre
 la riduzione del periodo di tempo previsto dall'art. 7 del d.lgs.
   Tali  norme  si  pongono in contrasto, a parere del collegio, con i
 parametri costituzionali di cui agli artt.  3,  4,  32  e  97,  primo
 comma,   della    Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevedono  la
 cessazione da ogni  rapporto  con  l'amministrazione  anche  per  gli
 agenti  ausiliari  del Corpo di Polizia penitenziaria che, per motivi
 di malattia, si assentino dal corso semestrale per piu'  di  sessanta
 giorni, ed in via transitoria per periodo ridotto, impedendo pertanto
 ai  medesimi  di  partecipare  ad  uno  dei  successivi corsi indetti
 dall'amministrazione.
   In particolare contrastano:
     a)  con  l'art.  3  della     Costituzione,  sotto   il   profilo
 dell'irragionevolezza,  consistente  nella gravita' delle conseguenze
 connesse al superamento, anche di un solo giorno, del periodo massimo
 di  assenza  consentito   e   nell'aver   altrettanto   illogicamente
 equiparato,  quanto  meno nell'effetto della cessazione del rapporto,
 fattispecie  del  tutto  diverse  tra  loro,  quali  quelle  previste
 dall'art.  7, riconducibili o al previo accertamento dell'inidoneita'
 del soggetto (mancato superamento del  primo  ciclo,  inidoneita'  al
 servizio,  mancato  superamento  del  secondo semestre del corso dopo
 l'esito negativo degli esami teorico-pratico di fine corso) o ad  una
 espressa manifestazione di volonta' dell'allievo (rinuncia al corso);
     b)  con  gli  artt.  4 e 32 della   Costituzione, che tutelano il
 diritto al  lavoro  ed  il  diritto  alla  salute,  entrambi  diritti
 fondamentali  del  cittadino,  in  quanto  o  l'agente  che si ammala
 provvede a curarsi e perde di  conseguenza  il  posto  di  lavoro,  o
 trascura di curarsi con nocumento della salute;
     c)  con  l'art.  97  della  Costituzione  e  con  i  principi  di
 efficienza e di buon andamento  della  pubblica  amministrazione,  in
 quanto,  imponendo la cessazione automatica del rapporto allo scadere
 di un termine prefissato, in  caso  di  evento  morboso  indipendente
 dalla  volonta'  dell'interessato, non consentono all'amministrazione
 alcuna  verifica  in  ordine  all'eventuale  recupero  dell'idoneita'
 fisica e la costringono a privarsi, senza alcun plausibile motivo, di
 soggetti  gia'  dotati  di  una non irrilevante esperienza lavorativa
 biennale, quali agenti ausiliari   raffermati  e  nei  confronti  dei
 quali  la stessa amministrazione, per almeno un biennio, ha investito
 risorse sia  materiali che umane.