IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1721 del 1994
  proposto  da  Bassoli  Marta, Bergantini Maria Teresa, Paffi Vanna,
  Torcihovich   Maria  Antonietta,  Pavesi  Giovanni,  Rivera  Nelli,
  Pastore  Loreta,  Maraia  Nadia,  Mortari  Ileana,  Vetralla Ivana,
  Tosini  Rosalina,  Bellocchio  Franca,  Guindolini  Nerina,  Borghi
  Marta,  Adamo  Giuseppa  Maria,  Pasini  Maria  Grazia,  Costantini
  Luciana, Chizzini Achille, Merlini Marina, Maggi Nicoletta, Pifferi
  Roberta,   Matti   Roberto,   Acquilini  Pietro,  Butta  Antonella,
  Lampugnani   Ester,  Mangiarotti  Renzo,  Cutuli  Viviana,  Perrone
  Claudia  Carmela,  Pedranzini  Anna Maria, Parisi Caterina, Rosolen
  Ida,  Mainetti  Amedeo, Bondanza Enrica, Bongio Paolino, Compagnoni
  Valeria,  Tavasci  Lidia,  Busi Arnaldo, Azzalini Giancarlo, Zoaldi
  Vincenzina, Micheli Manuela Emilia, Romeri Silvana, Farina Daniele,
  Paganoni Francesco, Monti Piera, Maffi Silvano, Boscacci Umberto;
    Gianesini Maria Rosa, Verde Pasquale, Bonomi Mina, Mancini Laura,
  Beltrama  Marilena,  Venturini  Giuseppe,  Napoli  Liliana, Carella
  Pasquale,  Ronchetti Renata, Cattaneo Luisella, Dante Laura Angela,
  Mele'  Stefania,  Gatti Mario, Gatti Laura, Belotti Aurelio, Zanoni
  Ubaldo, Ubiali Marilina, Dragone Franca, Pamieri Giuseppe, Naclerio
  Alfonso,  Beneggi  Alessandra, Vavassori Fabrizio, Rossi Maddalena,
  Riemma   Raffaella,   Selleri  Luana,  Lombardoni  Luciana,  Crotti
  Roberto,  Riva  Rosaria  Maria,  Tarenzi  Tiziana, Mutti Raffaella,
  Giudici  Donatella,  Gressani  Lucia,  Marletta  Antonina, Birolini
  Rosangela,  Gherardi Liliana, Di Lorenzo Maria, Marchetti Vittorio,
  Manfredi   Elda,   Birolini   Bruno,   Chiudinelli   Marisa,  tutti
  rappresentati  e difesi dall'avv. Carmela D'Antone ed elettivamente
  domiciliati  presso  la  Segreteria  del  tribunale  amministrativo
  regionale Lombardia in Milano, via Conservatorio n. 13,
    Contro  il  Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza sociale,
  costituitosi  in  giudizio  in  persona  del  Ministro  in  carica,
  rappresentato  e  difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello
  Stato  in  Milano,  presso  i  cui  uffici  e'  domiciliato  in via
  Freguglia n. 1, per l'accertamento:
        del   dirittto  dei  ricorrenti  a  vedersi  corrisposti  gli
  interessi  e  la rivalutazione monetaria sulle somme che sono state
  loro  liquidate  in  applicazione  dei benefici economici derivanti
  dall'applicazione delle norme relative al nuovo assetto retributivo
  funzionale  del  personale dello Stato, con la conseguente condanna
  dell'Amministrazione a corrispondere le somme dovute a tale titoIo.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
  difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  10 febbraio 2000 il relatore
  dott. Carlo Testori;
    Uditi, altresi', i procuratori delle parti;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    Il ricorso in epigrafe e' stato proposto da ottantasei dipendenti
  del  Ministero  del  lavoro, che rivendicano il diritto a percepire
  interessi  e  rivalutazione  sulle somme loro corrisposte a seguito
  dell'inquadramento  nelle  qualifiche funzionali introdotte ex lege
  11 luglio 1980 n. 312, tardivamente operato dall'Amministrazione in
  applicazione dell'art. 4, ottavo comma, della legge citata.
    Si e' costituito in giudizio il Ministero del lavoro, contestando
  la genericita' del ricorso e deducendone, comunque, l'infondatezza.
    All'udienza   del  10  febbraio  2000  la  causa  e'  passata  in
  decisione.   Con   separata   sentenza   parziale  questa  sezione,
  riconosciuta  l'ammissibilita'  del ricorso, ha sospeso il giudizio
  ai  sensi  dell'art. 23  secondo  comma  della  legge 11 marzo 1953
  n. 87.
    Nel  merito  si  osserva  che  sulla questione di diritto oggetto
  della   presente   controversia   si  e'  formato  un  orientamento
  giurisprudenziale  particolarmente  autorevole  ed ormai prevalente
  secondo  cui  sulle  somme  tardivamente  corrisposte ai dipendenti
  statali a seguito del loro inquadramento definitivo ex art. 4 comma
  8  della  legge  n. 312/1980  spettano  interessi e rivalutazione a
  decorrere   dall'8  novembre  1988,  data  di  pubblicazione  nella
  Gazzetta   Ufficiale   della   delibera  28  settembre  1988  della
  commissione  paritetica  di cui all'art. 10 della legge citata, con
  la  quale  e' stata determinata la corrispondenza tra le precedenti
  qualifiche  ed  i profili professionali del nuovo ordinamento (cfr.
  tra le piu' recenti, Consiglio di Stato, IV sezione, 5 ottobre 1998
  n. 1279;  28  settembre  1998  n. 1225;  29  maggio 1998 n. 893; VI
  sezione 26 maggio 1997 n. 747).
    Cio'  in  quanto  e'  a  tale  data  che  si  sono perfezionati i
  presupposti  necessari per dar corso agli inquadramenti de quibus e
  quindi  da  quel  momento  non  si  frapponevano piu' ostacoli alla
  conclusione  del  procedimento.  Piu'  recentemente,  peraltro,  e'
  intervenuto  a disciplinare la fattispecie l'art. 26 della legge 23
  dicembre 1998 n. 448, che al quarto comma cosi' statuisce:
        "le somme corrisposte al personale del comparto ministeri per
  effetto  dell'inquadramento  definitivo nelle qualifiche funzionali
  ai sensi dell'articolo 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980,
  n. 312,  e  le  somme  liquidate  sui  trattamenti pensionistici in
  conseguenza    dell'applicazione   della   sentenza   della   Corte
  costituzionale  n. 1  del  1991  non danno luogo ad interessi ne' a
  rivalutazione monetaria".
    In  applicazione  di tale disposizione il ricorso dovrebbe essere
  dunque  respinto.  Il  Collegio  pero'  dubita  della  legittimita'
  costituzionale  della  norma  citata in relazione agli artt. 3 e 36
  della  Costituzione  e  ritiene necessario rimettere d'ufficio alla
  Corte  Costituzionale  la relativa questione, stante la evidenziata
  rilevanza   nel   presente   giudizio   e   la  sua  non  manifesta
  infondatezza.
    In   particolare   il   contrasto   con   le   richiamate   norme
  costituzionali appare ravvisabile in relazione ai seguenti profili:
        a)  i  crediti  a  cui si riferisce il citato art. 26 comma 4
  vengono  sottoposti  ad  un trattamento deteriore rispetto a quello
  previsto  per  gli  altri  crediti di lavoro, in deroga ai principi
  generali  vigenti  in  materia  e  senza  che  emerga  una  ragione
  giustificatrice  di tale scelta, non essendo sufficiente a tal fine
  il  presumibile riferimento a finalita' di contenimento della spesa
  pubblica,  che meglio avrebbero potuto essere perseguite attraverso
  una maggiore celerita' dell'azione amministrativa;
        b)  la  scelta  del  legislatore  ordinario  e'  destinata  a
  produrre  evidenti  ed irragionevoli discriminazioni tra dipendenti
  che hanno fatto valere la stessa pretesa degli odierni ricorrenti e
  hanno ottenuto un giudicato favorevole ed altri che, pur trovandosi
  in posizione assolutamente identica e pur avendo anch'essi agito in
  sede  giurisdizionale,  si  vedono  pregiudicati dalla sopravvenuta
  disposizione normativa della cui legittimita' si dubita.