IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento ex art. 700 codice di procedura civile vertente tra Societa' in accomandita semplice «Royal Hotel», in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Bisignano al viale Roma n. 11 presso lo studio degli avvocati Paola Calabria ed Emiliano Calabria dai quali e' rappresentata e difesa giusta procura a margine del ricorso, ricorrente, e Societa' per azioni E.N.E.L. Servizio elettrico, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Cosenza alla via E. Tarantelli n. 31 presso lo studio dell'avvocato Francesco Perugini dal quale e' rappresentata e difesa in forza di procura in calce alla memoria difensiva, resistente. Premesso: che in data ventisette dicembre duemilaundici il sottoscritto giudice, dopo aver assunto sommarie informazioni testimoniali, ha adottato ai sensi del capoverso dell'art. 669-sexies, il seguente decreto: «Letto il ricorso presentato dalla societa' in accomandita semplice Royal Hotel, rappresentata e difesa dagli avvocati Paola Calabria ed Emiliano Calabria in data ventitre' dicembre duemilaundici; esaminata la produzione allegata al ricorso; assunte sommarie informazioni; visti gli artt. 700 e 669-bis e seguenti codice di procedura civile; osserva: la S.p.a. Enel Servizio Elettrico ha disattivato, in data ventidue dicembre duemilaundici, la fornitura di energia somministrata alla societa' ricorrente presso una struttura alberghiera dalla stessa gestita in Cosenza alla via delle Madaglie d'Oro sul presupposto che la beneficiaria della somministrazione sia rimasta inadempiente nel pagamento di quattro fatture emesse tutte in data cinque aprile duemilaundici dell'importo complessivo di € 46.981,59; l'importo delle suddette fatture - e dei relativi consumi - e' stato determinato dal fornitore di energia presuntivamente in relazione al periodo due febbraio duemilaotto/nove dicembre duemiladieci ovvero dal momento della installazione dell'apparecchio di misurazione, risultato guasto, al giorno della sua sostituzione; la determinazione presuntiva del consumo e' stata compiuta "tenendo conto della media dei consumi giornalieri tenuta dalla cliente successivamente" alla sostituzione dell'apparecchio di misurazione; siffatta determinazione, alla luce della istruzione sommaria compiuta in data odierna, appare del tutto arbitraria e inattendibile in quanto e' emerso chiaramente che nel periodo al quale si riferisce il calcolo del consumo presunto la struttura alberghiera non era ancora funzionante mentre la media dei consumi giornalieri e' stata ricavata dall'Osservazione dei consumi effettuati in epoca nella quale la struttura era pienamente operativa; difettando la omogeneita' dei periodi di osservazione e' del tutto evidente che appare discutibile la correttezza del criterio utilizzato per la determinazione del consumo presunto; a cio' va aggiunto che la parte istante ha gia' versato la somma di € 9.000,00 a copertura degli eventuali consumi che dovessero risultare dovuti a causa del cattivo funzionamento dell'apparato misuratore; sussiste, pertanto il fumus di fondatezza del ricorso; d'altra parte la rilevata fondatezza prima facie del ricorso suggerisce di provvedere ai sensi del capoverso dell'art. 669-sexies codice di procedura civile in quanto il tempo necessario alla instaurazione del contraddittorio potrebbe vieppiu' pregiudicare l'attuazione del provvedimento di accoglimento avuto riguardo alla forzata inattivita' nell'esercizio dell'impresa e ai conseguenti danni sullo sviamento della clientela; p.q.m. ordina alla S.p.a. Enel Servizio elettrico di riattivare immediatamente la fornitura di energia sull'utenza in uso a Hotel Royal s.a.s. in Cosenza alla via Mediaglie d'Oro s.n. (cliente n. 808 005 557); fissa per la comparizione delle parti davanti a se' l'udienza dell'undici gennaio duemiladodici alle ore nove e trenta; assegna all'istante termine fino al quattro gennaio duemiladodici per la notificazione del ricorso e del presente decreto alla S.p.a. Enel Servizio elettrico. Si comunichi con urgenza. Cosi' deciso addi' ventisette dicembre duemilaundici. Il Giudice: dott. Giuseppe Greco». che dopo l'instaurazione del contraddittorio il provvedimento su esteso deve essere confermato in quanto la parte resistente nel costituirsi in giudizio si e' limitata a dedurre genericamente l'insussistenza del c.d. «fumus boni iuris» e del c.d. «periculum in mora», senza allegare alcuna specifica circostanza di fatto idonea a contrastare le ragioni della tutela concessa a mezzo di decreto; che e' pacifico e non contestato che le fatture emesse dalla societa' resistente sulla base di consumi «presunti» sono state tutte tempestivamente contestate; che, pertanto, appare, «prima facie», fondata la invocata tutela atipica siccome preordinata ad un giudizio di merito avente ad oggetto l'accertamento della insussistenza dei presupposti della risoluzione del contratto di fornitura per grave inadempimento del somministrato ovvero della illegittimita' della diffida ad adempiere intimata dalla parte resistente; che, conseguentemente, va pienamente confermato il decreto assunto «inaudita altera parte»; che, in conformita' alla disposizione di cui al comma 7 dell'art. 669-octies codice di procedura civile parte resistente va condannata al pagamento delle spese del presente procedimento; che la condanna presuppone la determinazione degli «onorari di difesa» (espressione tratta dalla norma dell'art. 91 codice di procedura civile); che secondo il diritto vivente gli onorari per le prestazioni professionali dell'avvocato devono essere liquidati secondo le tabelle che siano vigenti al momento dell'esaurimento delle prestazioni stesse da individuarsi nel momento in cui la causa sia ritenuta in decisione dal giudice (ex plurimis: Cass.civ., sez. III, 10.06.1991, n. 6557); che tuttavia la recentissima disposizione di cui al comma 1 dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012, ha espressamente abrogato «le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico»; che il comma 2 del citato articolo 9 ha, inoltre, stabilito che «ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista e' determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante»; che l'applicazione della disciplina dettata dal comma 2 dell'art. 9 del decreto-legge n. 112012 s'impone in forza del principio «tempus regit actum» trattandosi nella specie di norma di carattere processuale; che la evidenziata natura processuale della disposizione in parola si desume dal fatto che essa vincola gli «organi giurisdizionali» nell'attivita' di liquidazione di onorari professionali; che l'interpretazione restrittiva della norma siccome volta a regolamentare esclusivamente l'attivita' giurisdizionale nelle controversie aventi ad oggetto la determinazione del «compenso del professionista» ovvero nei giudizi instaurati tra committente e professionista appare incompatibile con la «ratio» complessiva dell'intervento legislativo il quale e' a tutta evidenza finalizzato (almeno cosi' risulta dalla lettura della relazione governativa) a determinare uno straordinario impulso allo sviluppo economico del paese e al corretto funzionamento dei mercati nell'ambito del quale la lentezza dei processi, specialmente nel campo della giustizia civile, costituisce un oggettivo vincolo allo sviluppo; che, quindi, la suddetta disposizione deve intendersi quale principio processuale di carattere generale in quanto vincola la giurisdizione in tutti i processi nei quali si deve provvedere alla liquidazione degli «onorari di difesa»; che la evidente mancanza di alcuna disciplina transitoria non consente di ritenere ultrattivo il vecchio regime delle tariffe ed obbliga ad applicare il nuovo regime a tutti i processi in corso che non siano gia' stati definiti anche per quel che riguarda la condanna alle spese processuali; che la suddetta e radicalmente innovativa disciplina legislativa ha, sin dalla sua entrata in vigore, sollevato drammatici interrogativi in ordine ai criteri cui il giudice e' tenuto a conformarsi nel liquidare, alla chiusura del procedimento da lui trattato, gli «onorari di difesa» da porre a carico - mediante condanna - della parte soccombente in assenza dei necessari parametri stabiliti dal ministro vigilante; che di tali gravi interrogativi si e' immediatamente quanto responsabilmente fatto carico il Consiglio nazionale forense il cui Ufficio studi ha evidenziato come l'assenza dei «parametri» da stabilirsi da parte del Ministro della giustizia possa determinare «la paralisi dei procedimenti di liquidazione in sede giurisdizionale»; che prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2012 gli «onorari di difesa» venivano liquidati dal giudicante facendo riferimento alle tariffe adottate mediante regolamento del Ministro della giustizia a seguito di delibera del Consiglio nazionale forense; che l'espressa abrogazione di tali tariffe non consente, a giudizio di questo giudice, di utilizzare le suddette tariffe in quanto «abrogate» quali «parametri» della liquidazione facendo ricorso a criteri ermeneutici fondati sulla analogia ne', tantomeno, quali «parametri» di un giudizio equitativo non ravvisandosi alcuna lacuna del regime voluto dal legislatore che possa legittimare l'impiego dello strumento della interpretazione analogica ne' di far postulare la «sopravvivenza» delle abrogate tariffe quali «parametri» alternativi cui far ricorso per integrare la regolamentazione legislativa; che, paraltro, in «subiecta materia» non appare possibile neppure l'estremo ricorso alla «equita'» giudiziale la quale per espressa volonta' del legislatore potra' esercitarsi nel determinare il preciso ammontare degli «onorari di difesa» nell'ambito dei, presumibilmente, elastici «parametri» che il ministro competente avra' cura di adottare ma non gia' nell'individuare autonomamente i criteri cui ancorare una qualche determinazione equitativa; che il principio costituzionale di «indefettibilita' della giurisdizione» (cfr. Corte costituzionale n. 361/1998) del quale e' corollario il dovere per l'organo investito della risoluzione di una controversia di decidere sollecitamente e conformemente a diritto la questione portata alla sua cognizione non consente all'organo giurisdizionale alcuna dilazione nelle more della emanazione del decreto ministeriale che dovra' determinare i c.d. «parametri» della liquidazione giudiziale (fatta salva, evidentemente, la possibilita' in determinate fattispecie di sollecitare le parti a voler esplicitamente attribuire al giudicante un potere di mero arbitraggio sulla determinazione degli «onorari di difesa» da porre a carico della parte tenuta a sopportarli per legge); che l'eventuale ricorso da parte del giudicante a parametri diversi da quelli espressamente previsti dal legislatore (ove non si traducesse in un mero recepimento delle abrogate tariffe che di fatto finirebbe per vanificare la volonta' del legislatore) potrebbe risultare, volta a volta mortificante per il decoro della professione forense e quindi in contrasto con il primo comma dell'art. 36 della legge fondamentale (tenuto conto che sotto l'attuale regime il professionista non potra' ottenere in sede giurisdizionale la determinazione del compenso in via autonoma nei confronti del proprio cliente, cosi' come avrebbe potuto fare per l'innanzi) ovvero troppo gravoso per l'esercizio del diritto di difesa in giudizio (art. 24 Costituzione); che pertanto (ove non si ritenesse possibile, come opina il sottoscritto giudice, postulare la «sopravvivenza» delle abrogate tariffe quali «parametri» alternativi a quelli previsti dalla legge) qualunque soluzione si dovesse scegliere nella determinazione degli «onorari di difesa» essa implicherebbe il rischio concreto di dar luogo a ingiustificate disparita' di trattamento tra situazioni simili sul piano processuale avuto riguardo al fatto che qualsivoglia soluzione rimarrebbe fondata in ultima analisi sulla «equita'» soggettiva del decidente; che, in definitiva, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 9 del decreto-legge n. 1/2012, si pongono, a giudizio del sottoscritto giudice, in netto contrasto con il canone di rango costituzionale della «ragionevolezza» (sotto il profilo della intrinseca incoerenza, contraddittorieta' ed illogicita' rispetto al vigente ordinamento che impone di liquidare senza dilazione gli «onorari di difesa») laddove non prevedono alcuna disciplina transitoria limitata al periodo intercorrente tra l'entrata in vigore delle norme e l'adozione da parte del ministro competente dei «parametri» ivi previsti; che alla evidenziata lacuna legislativa non e' possibile porre rimedio attraverso alcuna interpretazione conforme a costituzione; che la disciplina dettata dai commi 1 e 2 dell'art. 9 del decreto-legge n. 1/2012 appare, altresi', in contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto vulnera il diritto di agire e resistere in giudizio rendendo incerto l'onere delle spese da affrontare nel corso del procedimento; che la suddetta disciplina viola anche l'art. 3 della Costituzione in quanto attribuisce, di fatto e al di la di alcuna espressa attribuzione del relativo potere, una facolta' ampiamente discrezionale al giudice tenuto a liquidare gli «onorari di difesa»; che tale facolta' appare priva di alcun ragionevole ancoraggio a parametri certi e controllabili cosi', peraltro, frustrando, il diritto della parte soccombente di insorgere nei confronti di un provvedimento che risulti, eventualmente, incongruo o esorbitante; che non e' neppure ipotizzabile, che il giudice, cui e' fatto obbligo di applicare in via esclusiva «parametri» ad oggi inesistenti, possa omettere di decidere sulla condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali ovvero sospendere il giudizio sino alla data in cui sara' emanato il provvedimento ministeriale per la cui emanazione, peraltro, le disciplina impugnata non pone alcun termine, in quanto la sospensione, in un caso non previsto da alcuna norma processuale, integrerebbe, altresi', la violazione del principio di ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111, comma, Costituzione; che e' pacificamente sollevabile davanti alla Corte costituzionale questione di legittimita' di un decreto-legge; che da quanto premesso consegue che la decisione relativa alla liquidazione degli «onorari di difesa» vada sospesa e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale, trattandosi di questione rilevante e non manifestamente infondata. Non puo', invero, negarsi che la questione sia rilevante ai fini della decisione in quanto la possibilita' per l'organo giurisdizionale di decidere in ordine alle spese del presente giudizio e' condizionata alla individuazione di un criterio che, nel permanere in vigore delle norme impugnate, l'ordinamento non appare fornire in alcun modo. Ne' puo', d'altra parte, sostenersi che la questione sia manifestamente infondata ove si tenga conto, per un verso, dell'impossibilita' per il giudice di conformarsi a parametri di liquidazione obbligatori ma inesistenti e, per altro verso, dell'evidente impossibilita' di determinare in termini oggettivi e controllabili gli oneri di difesa da porre a carico della parte soccombente. Va pertanto sollevata, nei termini su esposti, questione di legittimita' costituzionale dei commi 1 e 2 dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 e sospesa la decisione in ordine alla determinazione delle spese del procedimento da porre a carico della parte risultata soccombente.