LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in sede di rinvio dalla Cassazione, iscritta al n. 630/11 RG Cont. ricorso in riassunzione depositato 1'8 ottobre 2011 da Panontin Paolo, in proprio nella sua qualita' di cittadino elettore del Comune di Azzano Decimo Ricorrente in riassunzione - Contro Bortolotti Enzo, proc. dom. Avv. F. Volpe ed E. Terpin per mandato a margine della comparsa di risposta in riassunzione Ricorrente in riassunzione - e contro Bin Daniele, Bortolin Mauro, Caldo Lucio, Innocente Roberto, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone Putto Marco, Saro Simone, Stefanutto Lorella, Sindaco del Comune di Azzano Decimo - Resistenti in riassunzione non costituiti; Con l'intervento del P.M. presso la Corte d'Appello di Trieste, intervenuto. Oggetto: diritti di elettorato attivo e passivo. Rilevato che Paolo Panontin, quale cittadino elettore del Comune di Azzano Decimo, proponeva, avanti il Tribunale di Pordenone, azione popolare ai sensi dell'art. 70 d.lgs. n. 267/2000 nei confronti di Enzo Bortolotti, Sindaco del predetto Comune, affermandone l'incompatibilita' sopravvenuta a mantenere tale carica e chiedendone quindi la decadenza, a norma degli artt.63, comma 4 e 68 del predetto d.lgs., a seguito della proposta opposizione da parte del predetto Bortolotti, avanti il Giudice di Pace di Pordenone, alla sanzione amministrativa irrogatagli dalla Polizia Municipale del Comune di Azzano Decimo per violazione del Codice della Strada; rilevato che il Bortolotti si costituiva personalmente sottolineando, tra l'altro, che sul piano del necessario bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, oggetto della procedura, doveva comunque darsi prevalenza al suo diritto di azione e di conservazione dell'elettorato passivo previsto dagli artt. 24 e 51 della Costituzione; rilevato che il Tribunale di Pordenone, premesso che risultava ancora pendente il procedimento ex legge n. 689/81 promosso dal Bortolotti, accoglieva il ricorso; rilevato che nel giudizio di appello instaurato dal Bortolotti, oltre al Panontin si costituivano, con distinti ricorsi, anche Marco Putto, Roberto Innocente, Lucio Caldo, Saro Simone, Lorella Stefanutto, Mauro Bertolin e Daniele Bin, quali elettori del Comune di Azzano Decimo; rilevato che la Corte d'Appello di Trieste, sezione 1" civile, dopo aver proceduto alla riunione dei suddetti procedimenti ed ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone, all'udienza del 12 gennaio 2010, preso atto che era stato notificato al P.M. il ricorso del solo Bortolotti, dichiarava con sentenza n. 2/2010 l'estinzione del giudizio; rilevato che la Corte Suprema di Cassazione, su ricorso del Bortolotti, con sentenza n. 17274/11 dd.28.4/12.8.2011, dopo aver affermato che erroneamente la Corte d'Appello aveva dichiarato l'estinzione del processo invece che l'inammissibilita' delle sole impugnazioni relativamente alle quali i proponenti non avevano assolto l'onere di integrare il contraddittorio nei confronti del P.M., cassava la sentenza impugnata rinviando, anche per le spese, ad altra Sezione della stessa Corte d'Appello di Trieste; rilevato che, con ricorso in riassunzione depositato 1'8.10.2011, il Panontin chiedeva che venisse fissata l'udienza di discussione per sentir accogliere le conclusioni gia' formulate da esso ricorrente nella comparsa di risposta dimessa in sede di appello; rilevato che Bortolotti si costituiva eccependo l'inesistenza ovvero la nullita' dell'atto di riassunzione ed instando, nel merito, per il rigetto del ricorso del Panontin, eventualmente sollevando questione di legittimita' costituzionale; ritenuto, in via preliminare, che Marco Putto, Roberto Innocente, Lucio Caldo, Saro Simone, Lorella Stefanutto, Mauro Bortolin e Daniele Bin, pur essendo stati ritualmente citati nel presente giudizio, non sono parti del presente procedimento essendo nei loro confronti passata in giudicato la sentenza della Corte di Appello di Trieste n. 2/10 che ha dichiarato l'estinzione del processo nei loro confronti (cfr. sul punto anche pagg. 7 e 8 della sentenza della Cassazione n. 17274/11); ritenuto, altresi', che le eccezioni svolte in via preliminare di rito dall'appellante Bortolotti (resistente in riassunzione) in ordine alla affermata inesistenza ovvero - in subordine - nullita' dell'atto di riassunzione stesso non appaiono prima facie fondate, tenuto conto, da un lato, che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non da' vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase di quello originario unico ed unitario (cfr. sul punto Cass., Sez. Unite, 17.9.2010 n. 19701; nello stesso senso Cass.15.4.2011 n. 8769); dall'altro, che il presente procedimento elettorale rientra tra quelli speciali e risulta regolato dalle disposizioni di cui agli artt. 82 e 82-bis del d.P.R. n. 570/60 e non gia' dal d.lgs. n. 150/2011, stante il chiaro disposto dell'art. 36 del predetto d.P.R.; ricordato, con riferimento al merito, che la legislazione in materia di incompatibilita' degli amministratori locali, nell'ipotesi di lite pendente, ha progressivamente circoscritto l'ambito di applicazione dell'istituto attenuandone i suoi effetti limitativi in relazione al diritto di elettorato passivo e trasformando dapprima la lite pendente da causa di ineleggibilita' a causa di incompatibilita' (cfr. art. 15 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, sostituito dall'art. 3, comma 1, n. 4, della legge 23 aprile 1981, n. 154) e, successivamente, escludendo dal suo ambito diverse fattispecie: la lite per fatto connesso con l'esercizio del mandato; la lite in materia tributaria; la lite promossa nell'esercizio dell'azione popolare; la semplice costituzione di parte civile nel processo penale; la lite promossa in esito a sentenza di condanna, o ad essa conseguente, in mancanza di affermazione di responsabilita' con sentenza passata in giudicato (cfr. art. 63, comma 1, n. .4, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 276, cosi' come modificato dall'art. 3-ter del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 13, recante "Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita' degli enti locali"); - ritenuto che, come ricordato dal Tribunale di Pordenone nella sentenza n. 613/09 che ha accolto il ricorso del Panontin dichiarando l'incompatibilita' di Enzo Bortolotti alla carica di Sindaco del Comune di Azzano Decimo, la presente fattispecie non rientra in alcuna delle predette cause di esclusione; ritenuto, in particolare, che la Suprema Corte ha gia' chiarito che costituisce "lite pendente", incompatibile con l'assunzione della carica di amministratore comunale o provinciale, ai sensi dell'art. 63 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il giudizio di opposizione avverso un'ordinanza - ingiunzione emessa dall'Amministrazione nei confronti dell'eletto per l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, sul presupposto che il procedimento disciplinato dalla L.24.11.1981, n. 689 va annoverato tra quelli civili di cognizione ordinaria, in quanto, nonostante la parziale operativita' di regole e principi propri del procedimento penale - quali quelli di legalita' ed irretroattivita', il divieto dell'analogia, l'intrasmissibilita' della sanzione agli eredi, etc. - esso ha ad oggetto l'accertamento negativo della pretesa sanzionatoria secondo le regole che caratterizzano il processo civile quanto agli oneri delle parti ed ai poteri del giudice, al quale e' precluso di fondare la decisione su una causa petendi diversa da quella dedotta, in base ad una propria attivita' di accertamento (cfr. Cass. 24.2.2006 n. 4252); rilevato, alla luce di tale orientamento della giurisprudenza di legittimita', che non appare condivisibile la tesi del resistente Bortolotti secondo cui il disposto di cui al comma 1 n. 4) dell'art. 63 del predetto d.lgs. n. 267/2000, deve essere interpretato estensivamente nel senso di ritenere che anche una lite in materia di applicazione di sanzioni amministrative non determinerebbe la sopravvenuta incompatibilita' essendo perfettamente ragguagliabile alla lite in materia tributaria; ritenuto, in questo quadro legislativo, che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63, comma 4 del d.lgs. 267/2000 - sollevata dalla difesa del Bortolotti anche in questa fase di giudizio - per contrasto con gli artt. 3, 51 e 24 Cost. nella parte in cui tale disposizione non esclude le cause di opposizione ex lege n. 681/1989 dal novero di quelle che non determinano incompatibilita' al pari di quelle tributarie appare rilevante e non manifestamente infondata, in quanto: a) sotto il profilo della rilevanza, considerato che il giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione proposto dal Bortolotti e' ancora pendente in sede di appello (cfr. le dichiarazioni rese dalle parti a verbale all'udienza dd. 11 gennaio 2012 e la certificazione della Cancelleria allegata all'ultima memoria del Panontin) e che le eccezioni preliminari svolte dal Bortolotti stesso in sede di riassunzione appaiono prima facie infondate, solo l'accoglimento, da parte della Corte costituzionale, della questione di legittimita' costituzionale prospettata potrebbe comportare l'accoglimento dell'appello, che, altrimenti, dovrebbe invece ritenersi infondato; b) sotto il profilo della non manifesta infondatezza, va osservato che gia' con sentenza n. 160/97 la Corte costituzionale, nel ritenere la infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, n. 4 della legge previgente n. 154/1981 relativamente alla mancata inclusione delle cause di lavoro a differenza delle cause tributarie, ha affermato che vi e' sostanziale differenza fra le liti tributarie e quelle di lavoro, perche' nelle prime "la potesta' impositiva dello Stato sottrae al privato la piena disponibilita' della vertenza e la possibilita' di determinarne l'esito": sotto questo aspetto, viceversa, l'opposizione all'ordinanza-ingiunzione e' perfettamente ragguagliabile a quella della lite tributaria, in quanto in ambedue i casi si e' alla presenza di un titolo, a fondamento di una pretesa patrimoniale, dell'Ente Pubblico, a fronte del quale il cittadino non puo' che proporre l'annullamento o la riforma ed in relazione al quale, per converso, il predetto Ente non potrebbe assumere un atteggiamento processuale "affievolito" ne' provvedere a "rinunce", trattandosi di somme derivanti da un'obbligazione di diritto pubblico. Tale equivalenza rende del tutto irragionevole una disciplina diversificata dei due tipi di lite, qual e' quella attualmente dettata dalla disposizione censurata, sotto il profilo degli artt. 3, 51 e 24 della Costituzione. Invero, pacifico che la disposizione censurata e' norma di natura eccezionale, in quanto pone una limitazione al diritto di elettorato passivo sancito proprio dal predetto art. 51, non puo' essere posto in dubbio che le ragioni ostative all'assunzione di cariche elettive debbono essere il risultato di principi coerenti e di obbiettive necessita', consistenti nell'impedire l'insorgere di un conflitto di interessi (potenziale o attuale) tra l'eletto e l'Ufficio che ricopre. Nei casi in cui tale conflitto non sussista non vi e' ragione di applicare la sanzione dell'incompatibilita' ovvero della decadenza. Se pertanto il legislatore ha ritenuto di non impedire l'accesso alle cariche elettive di chi sia parte in un contenzioso tributario appare in contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione applicare un diverso trattamento alla fattispecie regolata dalla legge 689/81, tenuto conto che, anche in questo caso, la potesta' impositiva dello Stato sottrae al privato la piena disponibilita' della vertenza e la possibilita' di determinarne l'esito. Ribadito, infatti, che, anche nell'ambito del contenzioso di cui alla legge 689/81, l'Ente non potrebbe mai rinunciare alla sua pretesa, il conflitto tra l'eletto e l'Ufficio che lo stesso ricopre e', in questo caso, solo apparente, in quanto la risoluzione della controversia - al pari di quanto accade nel contenzioso tributario - sara' sempre demandata al Giudice e, quindi, ad un soggetto terzo. Sotto il profilo, infine, dell'art. 24 della Costituzione escludere che la proposizione di un ricorso per opposizione ex lege 689/81 impedisca la decadenza o l'incompatibilita' dalla carica elettiva, diversamente da quanto accade invece nell'ipotesi di lite tributaria, appare altrettanto irragionevolmente lesivo del principio del pieno diritto alla tutela giurisdizionale, tenuto conto che la permanenza alla carica elettiva non e' un "diritto", ma un munus, di tal che l'eletto non puo' automaticamente e liberamente operare un "bilanciamento" tra la permanenza alla carica pubblica e il diritto di opporsi all'ordinanza ingiunzione, dovendo tener conto della responsabilita' che egli assume nei confronti dell'elettorato in caso di dimissioni (dimissioni la cui ineludibilita', normativamente imposta, finisce con il determinare un irragionevole vulnus al principio di rappresentativita' democratica) Ritenuto che questo Collegio rimettente, per le ragioni sopra esposte, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 63, comma 4 del d.lgs. 267/2000 per contrasto con gli artt. 3, 51 e 24 Cost. nella parte in cui esso non esclude le cause di opposizione ex lege 681/1989 dal novero di quelle che non determinano la decadenza ovvero l'incompatibilita' al pari di quelle tributarie;