IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 134 del 2012, proposto da: 
        Luca Baccelli, Paolo  Bianchi,  Paolo  Conti,  Maria  Letizia
Corradini, Giancarlo Cosimi,  Gloria  Cristalli,  Maria  Cristina  De
Cicco, Alberto Felici, Sandro Frigio, Roberto Gagliardi, Catia Eliana
Gentilucci, Paolo Giovannini,  Roberto  Gunnella;  Stefania  Luciani,
Giorgio Mancini, Fausto Marcantoni, Fabio Marchetti, Luigi Marchetti,
Isolina Marota, Gabriella Marucci, Maurizio  Massi,  Antonino  Miano,
Francesco Nobili, Francesco Parillo, Paolo Passamonti, Marina Cecilia
Perfumi, Fabio Petrelli, Nicola Pinto,  Alberto  Polzonetti,  Manuela
Prenna, Franco Ugo  Rollo,  Alessandra  Roncarati,  Roberto  Tossici,
Rosaria Volpini, Silvia  Zamponi,  Massimo  Zerani,  rappresentati  e
difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Isetta Barsanti Mauceri,  Marco
Cuniberti, Luca Formilan, Paola Medori, con domicilio  eletto  presso
l'Avv. Ruggero Micioni, in Ancona, corso Mazzini, 160; 
    Contro Universita' degli Studi di Camerino, non costituita; 
    Ministero  dell'Istruzione  dell'Universita'  e  della   Ricerca,
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei
Ministri,  rappresentati   e   difesi   per   legge   dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, domiciliati presso la sede della stessa, in
Ancona, piazza Cavour, 29; 
    Sul ricorso numero di registro generale 135  del  2012,  proposto
da: 
        Francesco Bartolini, Simone Betti, Edoardo Bressan,  Federico
Buonanno, Marco  Buzzoni,  Lina  Caraceni,  Maela  Carletti,  Gennaro
Carotenuto, Dirar Uoldelul, Maria Ciotti,  Raffaella  Coppier,  Luigi
Cozzolino, Carla Danani, Francesca De Vittor, Livia Di Cola, Costanza
Geddes  Da  Filicaia,  Armando  Francesconi,   Gianluca   Frenguelli,
Vincenzo Lavenia, Natascia Leonardi, Danielle Levy, Paola Magnarelli,
Nicoletta  Marinelli,  Laura  Melosi,  Raffaela  Merlini,  Elisabetta
Michetti, Luisa Moscati, Antonella Nardi, Francesco  Orilia,  Roberto
Palla, Maria Elena Paniconi, Tommaso  Pellin,  Roberto  Perna,  Diego
Poli, Carlo Pongetti, Paolo Ramazzotti, Miria Ricci, Isabella Rosoni,
Amanda Cristina  Schiavone,  Michela  Soverchia,  Stefano  Spalletti,
Giovanna Tassoni, Enrico Tavoletti, Massimiliano Zampi, rappresentati
e  difesi  dagli  avv.  Vittorio  Angiolini,  Luca  Formilan,  Isetta
Barsanti Mauceri, Paola Medori, Marco Cuniberti, con domicilio eletto
presso l'Avv. Ruggero Micioni, in Ancona, corso Mazzini, 160; 
        Sergio  Labate,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  Marco
Cuniberti,  Vittorio  Angiolini,  Luca  Formilan,   Isetta   Barsanti
Mauceri, Paola Medori, con domicilio  eletto  presso  l'avv.  Ruggero
Micioni, in Ancona, corso Mazzini, 160; 
    Contro Universita' degli Studi di Macerata, non costituita; 
    Ministero  dell'Istruzione  dell'Universita'  e  della   Ricerca,
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei
Ministri,  rappresentati   e   difesi   per   legge   dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, domiciliati presso la sede della stessa, in
Ancona, piazza Cavour, 29; 
    Sul ricorso numero di registro generale 504  del  2012,  proposto
da: Monica Amati, rappresentata e difesa dagli  avv.  Luca  Formilan,
Ruggero Micioni, Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, Isetta Barsanti
Mauceri, con domicilio  eletto  presso  l'Avv.  Ruggero  Micioni,  in
Ancona, corso Mazzini, 160; 
    Lucia Aquilanti, Ernesto  Marcheggiani,  rappresentati  e  difesi
dagli  avv.  Isetta  Barsanti  Mauceri,  Marco  Cuniberti,   Vittorio
Angiolini, con domicilio eletto presso  l'Avv.  Ruggero  Micioni,  in
Ancona, corso Mazzini, 160; 
    Tatiana Armeni, Patrizia Bagnarelli,  Giancarlo  Balercia,  Paolo
Barbaresi, Flaviano Battelli, Tiziano Bellezze, Francesca  Beolchini,
Maurizio Bevilacqua,  Francesca  Biavasco,  Davide  Bizzaro,  Stefano
Bompadre,  Emanuele  Boselli,  Massimo  Bracci,  Maurizio  Brocchini,
Tiziana  Cacciamani,  Flavio   Caresana,   Flavio   Carsughi,   Paolo
Castellini, Cristiano  Casucci,  Gianni  Cesini,  Franco  Chiaraluce,
Francesca  Comitini,  Gabriele  Comodi,  Valeria  Corinaldesi,   Sara
Corvaro;  Andrea  Crivellini,   Alessandro   Cucchiarelli,   Giovanna
Darvini, Antonio Dell'Anno, Giovanni Di Nicola,  Costanzo  Di  Perna,
Claudia Diamantini, Monica  Emanuelli,  Emma  Espinosa,  Mara  Fabri,
Bruna Facinelli,  Fabrizio  Fiori,  Rosamaria  Fiorini,  Ester  Foppa
Pedretti, Orazio Gabrielli, Roberta Galeazzi, Andrea Galli, Giancarlo
Giacchetta, Elisabetta Giorgini, Eleonora Giovanetti, Leopoldo Ietto,
Carlo  Lorenzoni,  Liana  Lucchetti,  Fausto   Marincioni,   Fabrizio
Marinelli, Nicola Matteucci, Paolo Migani,  Daniele  Minardi,  Marina
Mingoia, Giovanna Rita  Mobbili,  Sergio  Murolo,  Piergiorgio  Neri,
Attilio Olivieri, Ike Olivotto,  Matteo  Claudio  Palpacelli,  Nicola
Paone,  Leonardo  Pelagalli,  Ferdinando  Pezzella,  Michela  Pisani,
Francesco  Piva,  Armanda  Pugnaloni,  Antonio  Pusceddu,   Francesco
Regoli, Gian Marco Revel,  Giuseppa  Ribighini,  Paola  Riolo,  Maria
Letizia Ruello, Aniello Russo, Paola Russo, Franca  Saccucci,  Andrea
Antonino Scire', Luciano Soldini, Francesco Spinozzi, Fabio  Tanfani,
Francesca Tittarelli, Cecilia Maria Totti,  Cristina  Truzzi,  Pietro
Varaldo, Carla Vignaroli, rappresentati e difesi dagli avv.  Vittorio
Angiolini, Isetta Barsanti Mauceri, Marco  Cuniberti,  con  domicilio
eletto presso l'Avv. Ruggero Micioni, in Ancona, corso Mazzini,  160;
Domenico Potena, rappresentato e difeso dagli avv.  Marco  Cuniberti,
Vittorio Angiolini, Iseotta Barsanti Mauceri,  con  domicilio  eletto
presso l'Avv. Ruggero Micioni, in Ancona, corso Mazzini, 160; 
    Contro  l'Universita'   Politecnica   delle   Marche,   Ministero
dell'Istruzione   dell'Universita'   e   della   Ricerca,   Ministero
dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura  Distrettuale  dello
Stato, domiciliati presso la sede della  stessa,  in  Ancona,  piazza
Cavour, 29; 
    Per l'accertamento: 
        quanto al ricorso n. 134 del 2012: previa idonea cautela, del
diritto  al  trattamento  retributivo  spettante  per   il   triennio
2011-2013, senza tener conto del blocco  degli  adeguamenti  e  degli
aumenti di cui al comma 21  dell'art.  9  del  decreto-legge  del  31
maggio 2010 n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, 
    nonche' per la condanna: 
        delle amministrazioni resistenti  al  pagamento  delle  somme
corrispondenti, con ogni accessorio di legge; 
        quanto al ricorso n. 135 del 2012: 
        del diritto  al  trattamento  retributivo  spettante  per  il
triennio 2011-2013, senza tener conto, del blocco degli adeguamenti e
degli aumenti di cui al comma 21 dell'art.  9  del  decreto-legge  31
maggio 2010 n. 78, come convertito in legge del  30  luglio  2010  n.
122, 
    nonche' per la condanna: 
         delle amministrazioni resistenti al  pagamento  delle  somme
corrispondenti, con ogni accessorio di legge; 
        quanto al ricorso n. 504 del 2012: 
        del diritto  al  trattamento  retributivo  spettante  per  il
triennio 2011 - 2013, senza tener conto del blocco degli  adeguamenti
e degli aumenti di cui al comma 21 dell'art. 9 del 31 maggio 2010  n.
78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122,  nonche'  per  la
condanna delle amministrazioni resistenti al  pagamento  delle  somme
corrispondenti, con ogni accessorio di legge. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio,  del  Ministero
dell'Istruzione  dell'Universita'  e  della  Ricerca,  del  Ministero
dell'Economia e delle Finanze, della  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri e dell'Universita' Politecnica delle Marche; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 il dott.
Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale; 
    1. Con i ricorsi in epigrafe, i professori  Baccelli,  Bartolini,
Amati e i rispettivi consorti di lite agiscono per l'accertamento del
loro diritto  a  vedersi  corrispondere  dalle  intimate  Universita'
(presso le  quali  sono  in  servizio  con  le  varie  qualifiche  di
professore  di  prima  fascia,  assistente,  ricercatore,  etc.)   il
trattamento economico gia'  in  godimento,  senza  i  tagli  previsti
dall'art. 9, comma 21, del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,
convertito in Legge 30 luglio 2010,  n.  122,  e  quindi  comprensivo
anche degli scatti periodici previsti dall'art.  24  della  Legge  23
dicembre 1998, n. 448. 
    I ricorsi in trattazione, che vanno riuniti ex art. 70 cod. proc.
amm. in ragione della evidente identita' delle  questioni  giuridiche
sottoposte all'esame del Tribunale, si fondano sui seguenti motivi: 
        illegittimita'  costituzionale   dell'art.   9,   comma   21,
decreto-legge n. 78/2010 per contrasto con gli artt. 3, 97, 36 Cost.; 
        illegittimita'  costituzionale   dell'art.   9,   comma   21,
decreto-legge n. 78/2010 per contrasto con gli artt. 3, 97, 36  e  53
Cost.; 
        illegittimita'  costituzionale   dell'art.   9,   comma   21,
decreto-legge n. 78/2010 per contrasto con gli artt. 3, 97, 36 Cost.,
per  quanto  concerne  l'esclusione  di  qualsiasi  possibilita'   di
successivo recupero degli incrementi stipendiali oggetto del blocco; 
        illegittimita'  costituzionale   dell'art.   9,   comma   21,
decreto-legge n. 78/2010 per contrasto con gli artt. 3, 97, 36 Cost.,
in relazione alla disposizione per cui le  progressioni  di  carriera
comunque denominate eventualmente disposte per gli anni 2011, 2012  e
2013 hanno effetto, per  i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente
giuridici. 
    2. In sostanza, i ricorrenti, tranne alcune questioni  di  merito
(delle quali si dira'  al  successivo  punto  5.1.,  trattando  della
rilevanza delle dedotte questioni  di  legittimita'  costituzionale),
fondano le proprie pretese sull'assunto che l'art. 9, comma  21,  del
decreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010,  confligge
con le disposizioni costituzionali  richiamate  nei  tre  ricorsi  in
trattazione. 
    Viene quindi chiesto al Tribunale di sospendere il giudizio e  di
sottoporre  alla  Corte  costituzionale  le  predette  questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21,  decreto-legge  n.
78/2010. 
    3. Nel ricorso n. 135/2012 sono stati  altresi'  proposti  motivi
aggiunti nell'esclusivo interesse del dott. Sergio Pasquale Labate, e
cio' in , quanto con decreto rettorale n. 87 del 26 gennaio  2012  lo
stesso veniva nominato  ricercatore  confermato  a  tempo  pieno  con
decorrenza  1°  ottobre  2011,  con  l'assegnazione,  ai  soli   fini
giuridici, alla classe O della I progressione economica prevista  per
tale categoria di personale. Il provvedimento di inquadramento  viene
ritenuto  illegittimo  e  lesivo,  in  quanto  l'amministrazione   ha
erroneamente equiparato la conferma nel ruolo  dei  ricercatori  come
una progressione di carriera, con conseguente applicazione  di  tutte
le'  misure  penalizzanti  previste  dall'art.  9,  comma   21,   del
decreto-legge n. 78/2010. 
    La  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministeri  e  gli   intimati
Ministeri  hanno  eccepito  l'infondatezza  delle  suddette   q.l.c.,
richiamando la sentenza della Sez. II del TAR  Brescia  n.  1671/2011
(che, previa declaratoria di infondatezza delle q.l.c.  sollevate  in
quella sede, ha rigettato analoghi  ricorsi  proposti  da  magistrati
ordinari avverso i «tagli» stipendiali del loro trattamento economico
previsti  dallo  stesso  decreto-legge  n.  78/2010).   L'Universita'
Politecnica delle  Marche  ha  invece  sostenuto  l'infondatezza  del
ricorso n. 504/2012 - e quindi anche delle q.l.c. con esso  sollevate
- sulla base delle seguenti sopravvenienze normative: 
        come dedotto dagli stessi ricorrenti, per  effetto  dell'art.
8, comma 1, della Legge  n.  240/2010,  il  sistema  di  progressione
retributiva dei docenti  universitari  non  e'  piu'  automatico,  ma
subordinato  alla  favorevole  valutazione  del   merito   didattico,
scientifico e gestionale; 
        la norma ha conferito delega al Governo per l'adozione di  un
regolamento applicativo, in cui si prevede  la  trasformazione  della
progressione  biennale  in   progressione   triennale,   l'invarianza
complessiva della progressione e la decorrenza dell'entrata a  regime
del sistema a partire dal primo scatto successivo a quello  in  corso
alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 240/2010; 
        in attuazione  della  predetta  norma  e'  stato  emanato  il
decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 15 dicembre 2011. 
    4. Cio' premesso, il Tribunale ritiene  che  la  definizione  dei
presenti giudizi non possa prescindere da una decisione  della  Corte
costituzionale  che  stabilisca  se  le  disposizioni   di   cui   le
amministrazioni intimate hanno fatto applicazione  nei  riguardi  dei
ricorrenti siano o meno costituzionalmente legittime. 
    In effetti, la presente  vicenda  e'  del  tutto  assimilabile  a
quelle definite dalla Consulta con  la  nota  sentenza  n.  223/2012,
visto che l'incisione del trattamento  stipendiale  in  godimento  ai
ricorrenti e' il frutto di un'applicazione automatica delle norme qui
censurate. 
    5. In relazione  ai  requisiti  richiesti  dalla  legge  e  dalla
giurisprudenza della Consulta per il promovimento del giudizio in via
incidentale,  il  Tribunale   ritiene   di   poter   condividere   le
argomentazioni che sono state poste a base di analoghe  ordinanze  di
rimessione (che, a quanto i ricorrenti hanno comunicato al Tribunale,
dovrebbero  essere  trattate  dalla  Consulta  nell'udienza.  del   5
novembre 2013). 
    5.1. Per quanto attiene alla rilevanza della questione, la stessa
e' in re ipsa, atteso che: 
        dall'applicazione     delle     norme      sospettate      di
incostituzionalita' deriva  in  capo  ai  ricorrenti  un  pregiudizio
immediato e rilevante (per la quantificazione vedasi, ad esempio,  la
documentazione versata in  atti  dall'Universita'  Politecnica  delle
Marche  in  esecuzione  dell'ordinanza   istruttoria   n.   771/2012,
pronunciata nel ricorso n. 504/2012); 
        la norma ha quindi gia' trovato applicazione, per cui  e'  in
ogni caso irrilevante la riforma introdotta dalla Legge  n.  240/2010
(sui limiti della rilevanza  del  ius  superveniens  sui  giudizi  di
legittimita' costituzionale in corso, vedasi il  punto  1.2.2.  della
recente sentenza della Consulta  a  93/2013).  Era  stato  del  resto
previsto  dal  legislatore  che  la  riforma  iniziasse   a   trovare
applicazione solo a seguito dell'entrata in  vigore  dei  regolamenti
attuativi (vedasi gli artt. 6, comma 14, e 8, comma 1, della Legge n.
240/2010); 
        il Tribunale, laddove le norme in questione dovessero  essere
ritenute  costituzionalmente  compatibili,  dovrebbe   respingere   i
ricorsi. I  presenti  giudizi  hanno  infatti  un  proprio  specifico
petitum, separato e distinto dalla  questione  di  costituzionalita',
sul quale questo Tribunale e' legittimamente chiamato a decidere,  in
ragione  della   propria   giurisdizione   esclusiva   e   competenza
territoriale (cfr.: Corte Cost., sent. n. 4 del  2000  e  n.  38  del
2009). Tale petitum  consiste  nel  riconoscimento  del  diritto  dei
ricorrenti  a  conservare   la   propria   retribuzione,   senza   le
decurtazioni  disposte  dal  citato  comma   21   dell'art.   9   del
decreto-legge n. 78/2010 e, trattandosi di disposizione di diretta ed
immediata   applicazione,    sarebbe    impossibile    accedere    al
riconoscimento di tale diritto, se non attraverso la rimozione  della
norma, cui si puo' pervenire unicamente attraverso la declaratoria di
illegittimita' costituzionale  della  stessa  e  non  certo  mediante
applicazioni od interpretazioni alternative. 
    Sempre in punto di rilevanza, poiche' le cause in trattazione non
coinvolgono solo professori di seconda fascia e ricercatori, ma anche
professori  ordinari,  il  Tribunale,   per   ragioni   di   economia
processuale, non ritiene necessario trattare in  via  preliminare  le
questioni specifiche che afferiscono allo  status  di  professore  di
seconda fascia e di ricercatore (ed in particolare la questione se la
conferma in ruolo sia da qualificare come  promozione  o  come  nuova
assunzione). 
    5.2. Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  premesso  che  la
citata sentenza del TAR Brescia n. 1671/2011 e' stata smentita  dalla
sentenza  della   Consulta   n.   223/2012,   valgano   le   seguenti
considerazioni. 
    5.2.1. Tralasciando la  genesi  e  le  finalita'  dell'intervento
legislativo attuato con il decreto-legge n.  78/2010  (in  quanto  il
Tribunale non  dubita,  in  linea  generale,  della  sussistenza  dei
presupposti per la decretazione d'urgenza, stante  la  situazione  di
particolare - difficolta' che la finanza  pubblica  italiana  si  era
trovata a fronteggiare nel periodo di adozione delle norme in  esame,
la quale situazione, come  e'  noto,  si  e'  poi  acuita  nel  corso
dell'anno 2011, fino a. provocare un cambio della guida politica  del
Paese), l'art. 9, comma 21, con riferimento specifico  ai  dipendenti
pubblici c.d. non contrattualizzati, fissa due punti rilevanti: 
        a) i «meccanismi di adeguamento retributivo»,  come  previsti
dall'art. 24 della  legge  23  dicembre  1998,  n.  448,  «...noi  si
applicano per gli anni 2011,  2012  e  2013  ancorche'  a  titolo  di
acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi»; 
        b) per le medesime categorie di personale  «...che  fruiscono
di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli  anni
2011, 2012 e 2013 non sono utili  ai  fini  della  maturazione  delle
classi  e  degli  scatti  di  stipendio   previsti   dai   rispettivi
ordinamenti...» . 
    Circa i criteri di adeguamento retributivo  di  cui  all'art.  24
della Legge n. 448  del  1998,  giova  rammentare  che  secondo  tale
disposizione»...a  decorrere  dal  1°  gennaio  1998  gli   stipendi,
l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e  continuativi
dei docenti e dei  ricercatori  universitari  ...  sono  adeguati  di
diritto  annualmente  in  ragione  degli  Momenti   medi,   calcolati
dall'ISTAT,  conseguiti  nell'anno  precedente  dalle  categorie   di
pubblici dipendenti contrattualizzati  sulle  voci  retributive,  ivi
compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate  dai  medesimo
Istituto  per  l'elaborazione   degli   indici   delle   retribuzioni
contrattuali...» (comma 1) e che «...la percentuale  dell'adeguamento
annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro  il  30  aprile  di
ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del  tesoro,  del
bilancio e della programmazione economica. A tal fine, entro il  mese
di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale dl cui al  comma
1. Qualora i dati necessari non siano  disponibili  entro  i  termini
previsti, adeguamento e' effettuato nella stessa  misura  percentuale
dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio...» (comma 2). 
    Il  sistema  di  adeguamento,   dunque,   e'   un   criterio   di
determinazione   stipendiale   per   relationem,   con    riferimento
all'andamento delle dinamiche retributive  degli  altri  settori  del
pubblico impiego, di cui il meccanismo  dell'adeguamento  rappresenta
l'indice  rilevatore  di  variazioni  del  livello  retributivo  gia'
intervenute per effetto della contrattazione collettiva di compatto e
di cui si deve tener conto per assicurare che lo stipendio erogato ai
dipendenti  pubblici  non  contrattualizzati  risponda  ai   principi
fissati  nell'art.  36  della  Costituzione  (in  assenza   di   tale
meccanismo, per il personale  in  questione  le  dinamiche  salariali
assicurate dalla contrattazione dovrebbero essere di volta  in  volta
determinate con i procedimenti autoritativi di produzione eteronoma). 
    Per quanto concerne, invece, gli automatismi  stipendiali  legati
all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a  partire  dall'art.
36 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  382  del  1980,
recante «Riordinamento della  docenza  universitaria»,  e  ss.mm.ii.)
prevede che la progressione economica  dei  docenti  di  ruolo  delle
universita' si sviluppa in una serie di «classi» e «scatti»  biennali
di stipendio, analogamente a quanto avviene per le altre categorie di
impiegati pubblici non privatizzate. 
    In applicazione del citato comma 21 dell'art.  9,  pertanto,  per
l'intero  triennio  2011  -  2013   le   retribuzioni   dei   docenti
universitari sono escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di  cui
all'art. 24 della legge n. 448  del  1998,  quanto  dall'applicazione
degli  aumenti  retributivi  («scatti»  e  «classi»   di   stipendio)
collegati  all'anzianita'  di  ruolo;  gli  adeguamenti  ed   aumenti
ricominceranno  a  decorrere  a  partire  dal  2014,   con   espressa
esclusione,  pero',  di  ogni  possibilita'   di   «recupero»   degli
incrementi che sarebbero spettati per il triennio 2011 - 2013. 
    5.2.2. Tali incisive misure appaiono tanto piu' illegittime,  ove
si  consideri  che  le  stesse  non  sono  le   prime   ad   incidere
negativamente sulle retribuzioni dei docenti  universitari  nell'arco
di pochi anni (vedasi, ad esempio, l'art. 1, comma 576,  della  legge
n. 296/2006 e l'art. 69 decreto-legge n.  112  del  25  giugno  2008,
convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133). 
    5.2.3. Cio' premesso,  ritiene  il  Tribunale  che  la  sollevata
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9;  comma  21,
decreto-legge n. 78/2010 vada anzitutto riguardata sotto  il  profilo
della violazione dell'art. 3 Cost. 
    In proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale,  in
occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee
ai ricordati meccanismi rivalutativi  di  adeguamento,  disposte,  in
particolare,  in   occasione   dell'altrettanto   grave   congiuntura
economica del 1992, ha gia' indicato i limiti entro i quali  un  tale
intervento  puo'  ritenersi  rispettoso   dei   richiamati   principi
costituzionali, osservando  che  «...nonne  di  tale  natura  possono
ritenersi  non  lesive  del  principio  di  cui  all'art.   3   della
Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia  al
principio  di  uguaglianza  sostanziale,  sia  a  quello  della   non
irragionevolezza),  a  condizione  che  i  suddetti  sacrifici  siano
eccezionali, transeunti,  non  arbitrati  e  consentanei  allo  scopo
prefisso...». In quel caso  il  «sacrificio»  imposto  ai  dipendenti
pubblici era limitato ad un anno. 
    Nella  fattispecie   disciplinata   del   censurato   comma   21,
l'intervento normativo in questione non solo copre potenzialmente  un
arco di tempo superiore alle individuate  esigenze  di  bilancio,  ma
soltanto apparentemente e' limitato nel tempo, se si  considerano  le
analoghe misure pregresse che hanno  gia'  colpito  i  meccanismi  di
adeguamento, in particolare, con riferimento all'art. 1,  comma  576,
della ricordata legge 27 dicembre  2006,  n.  296,  che  riduceva  la
corresponsione dell'adeguamento maturato. 
    Peraltro, ad ulteriore conferma del carattere non «eccezionale» e
non «transeunte» della disciplina, si consideri  come  il  successivo
decreto-legge n. 98 del 2011, convertito  nella  Legge,  n.  111  del
2011, all'art. 16, comma 1, lett. b), preveda la «...proroga fino  al
31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la  crescita
dei  trattamenti  economici  anche  accessori  del  personale   delle
pubbliche amministrazioni previste dalle  disposizioni  medesime...».
In definitiva, a  giudizio  del  Tribunale  la  disciplina  censurata
eccede  i  ragionevoli  limiti  temporali  del  raffreddamento  delle
dinamiche retributive, per di piu' disposto  in  danno  di  una  sola
categoria di pubblici dipendenti. 
    La facolta' accordata al Governo di prorogare  per  un  ulteriore
anno i «tagli» apportati dall'art. 9, comma 21, rende vieppiu'  ardua
la qualificazione della norma in esame come eccezionale e transitoria
nel senso affermato dalla Corte  costituzionale  in  occasione  dello
scrutinio di costituzionalita' operato a  suo  tempo  sulle  analoghe
misure introdotte nel 1992 a danno dei dipendenti pubblici. 
    Operando in questo modo, il legislatore ha  violato,  a  giudizio
del Tribunale, i criteri della certezza e prevedibilita' delle  norme
giuridiche e, in definitiva, della loro ragionevolezza. 
    D'altra  parte,  la  censura  di  violazione  del  principio   di
eguaglianza e ragionevolezza, ex art. 3 Cost., e' stata  recentemente
recepita  dalla   stessa   Corte   costituzionale   con   riferimento
all'analoga  norma  contenuta  nel  comma  22  del  citato  art.   9,
relativamente al blocco  del  meccanismo  di  adeguamento  automatico
delle retribuzioni dei magistrati, per la disparita'  di  trattamento
che  deriva  in  danno  di  tale  categoria  di  pubblici  dipendenti
(sentenza n. 223 dell'11 ottobre 2012 - vedasi,  in  particolare,  il
punto 11.7  della  motivazione,  nella  parte  in  cui  la  Corte  ha
stigmatizzato i «tagli» riferiti  agli  incrementi  stipendiali  gia'
maturati dal personale di magistratura per effetto del DPCM 23 giugno
2009). 
    5.2.4. Degna di rilievo appare pure la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, del ricordato decreto-legge  n.
78 del 2010, in relazione all'art. 6, comma 14, e all'art.  8,  comma
1, della Legge n. 240 del 2010, per violazione  degli  ara,  3  e  36
Cost., con riferimento al diritto ad una  retribuzione  proporzionata
alla quantita' e qualita' del lavoro prestato. 
    Invero, il meccanismo delle «classi» e degli «scatti» dei docenti
universitari e' in corso di profonda revisione  ed  e'  destinato  ad
essere radicalmente innovato a seguito dell'entrata  a  regime  della
disciplina di cui alla citata  Legge  n.  240/2010,  il  cui  art.  8
prevede che, entro sei mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della
stessa legge, il Governo  adotti  regolamenti  «...per  la  revisione
della disciplina del  trattamento  economico  dei  professali  e  dei
ricercatori universitari...»,  introducendo,  tra  l'altro,  la  «...
trasformazione della progressione biennale per  classi  e  scatti  di
stipendio in progressione triennale...». 
    L'art. 6, comma 14, della legge n. 240  stabilisce  che  i  nuovi
«scatti» triennali non saranno piu' automaticamente collegati al mero
decorso  del  tempo,  ma   saranno   attribuiti,   previa   richiesta
dell'interessato accompagnata  da  una  «...relazione  triennale  sul
complesso  delle  attivita'  didattiche,  di  ricerca  e   gestionali
svolte...», a seguito di  una  valutazione,  demandata  alle  singole
universita', sull'insieme delle  attivita'  svolte  dal  docente  nel
triennio, con la previsione che, in caso di valutazione negativa, non
si attribuisce alcuno scatto stipendiale e che  «...la  richiesta  di
attribuzione  dello  scatto  puo'  essere  reiterata  dopo  che   sia
trascorso almeno mi anno accademico». 
    Dunque, gli «automatismi» per  classi  e  scatti  su  cui  incide
l'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, sono  destinati
a scomparire, per essere  sostituiti  da  un  meccanismo  del  tutto,
diverso, che presenta cadenza triennale anziche' biennale  e  non  ha
piu' alcun carattere di «automatismo» per assumere,  invece,  valenza
premiale sul piano retributivo. 
    Per effetto dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 8  della  legge  n.
240/2010, il nuovo regime degli scatti  per  i  docenti  universitari
restera' soggetto alla sospensione di cui all'art. 9, comma  21,  del
decreto-legge n. 78 del 2010  e  dunque  avra'  applicazione  solo  a
decorrere dal 1° gennaio 2014. 
    In effetti, anche se si potrebbe in senso contrario sostenere che
il blocco di cui al comma 21 dell'art. 9 dovrebbe cessare al  momento
dell'entrata  in  vigore  del   nuovo   meccanismo   di   adeguamento
stipendiale dei docenti universitari  (il  che  renderebbe  priva  di
rilevanza, ma solo in parte qua e non per il periodo in cui il  comma
21 ha gia' prodotto effetti  lesivi,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della  norma  in  esame),  il  Tribunale  -  con  cio'
condividendo l'opinione espressa al riguardo in  altre  ordinanze  di
rimessione - ritiene invece che dal combinato disposto fra gli  artt.
6, comma 14, e 8 della Legge n. 240/2010 si desume la regola per  cui
il nuovo sistema entrera' a regime  solo  alla  scadenza  del  blocco
disposto dal decreto-legge n. 78/2010. Cio' trova conferma sia  nelle
disposizioni di cui agli artt. 2 e 5 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 232/2011, sia nella documentazione versata in  atti  in
esecuzione della citata ordinanza istruttoria n. 772/2012. 
    Ebbene, appare allora illogico applicare  tale  blocco,  riferito
alle (sole) progressioni «automatiche», anche a forme di progressione
stipendiale  che  non  presentano  piu'  alcun   «automatismo»,   con
conseguente violazione dell'art. 3 cost. e del generale canone  della
ragionevolezza. 
    Inoltre, l'applicazione del richiamato art. 9, comma 21,  produce
l'irragionevole slittamento in avanti di  tre  anni  (dopo  il  2014)
degli  effetti  di  una  riforma  che,  superando  il  sistema  degli
automatismi stipendiali «a pioggia»  a  favore  di  una  progressione
economica  intimamente  legata:   alla   valutazione   dell'effettiva
attivita' didattica e  di  ricerca  svolta  dal  docente  negli  anni
precedenti, e' volta ad introdurre meccanismi di premialita'  fondati
sul merito, e quindi ad assicurare, come  prevede  appunto  l'art.  9
Cost., la promozione e lo sviluppo  della  cultura  e  della  ricerca
scientifica e tecnica, nonche', piu' in  generale,  il  principio  di
efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, sancito dall'art.
97 . 
    Si potrebbe obiettare che, nel momento in cui l'art. 9, comma 21,
e' entrato in vigore la c.d. legge Gelmini era  ancora  itinere  (per
cui al legislatore non si potrebbe rimproverare di aver adottato, nel
maggio 2010, disposizioni in qualche modo confliggenti con una  legge
che sarebbe stata promulgata solo nel  successivo  mese  di  dicembre
2010). Ma, a parte il fatto  che  non  e'  pensabile  che  lo  stesso
Governo che ha adottato il decreto-legge n. 78/2010 non sapesse quale
sarebbe stato, in parte qua, il contenuto informatore  della  riforma
della docenza universitaria (riforma che, non a caso, e'  comunemente
identificata dal nome del ministro pro tempore che  l'ha  proposta  e
caldeggiata), una volta entrata in vigore la  Legge  n.  240/2010  il
legislatore avrebbe ben potuto intervenire sull'art. 9, comma 21,  in
modo  da  rendere  coerente  il  sistema  retributivo   dei   docenti
universitari (e invece, come gia' detto,  il decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 232/2011 fa salve le disposizioni di cui all'art.
9, comma 21). 
    Le disposizioni in  parola,  a  giudizio  del  Collegio,  violano
altresi' l'art. 36 Cost.,  in  quanto  il  meccanismo  degli  scatti,
specie se legato ad  una  valutazione  dell'attivita'  effettivamente
svolta, come previsto dalla riforma, e'  collegato  al  principio  di
proporzionalita' tra la retribuzione percepita e  la  qualita'  e  la
quantita' del lavoro prestato dal docente. 
    5.2.5. L'applicazione del blocco determina inoltre  sperequazioni
all'interno  della  stessa  categoria  dei  docenti   perche'   viene
applicata una misura indistinta a classi  di  stipendio  disomogenee,
provocando un effetto regressivo, perche' colpisce  in  maniera  piu'
penalizzante le asce stipendiali piu' basse. 
    In particolare e' da evidenziare che : 
        per i  professori,  ordinari  o  associati,  la  progressione
economica si sviluppa  in  sei  classi  biennali  di  stipendio  pari
ciascuna all'8 per cento della classe attribuita ai medesimi all'atto
della nomina ad ordinario ovvero  del  giudizio  di  conferma  ed  in
Successivi scatti biennali del 2,50 per cento calcolati sulla  classe
di stipendio  finale  (art.  36  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica del 11 luglio 1980, n. 382); 
        per i ricercatori confermati, la  progressione  economica  si
sviluppa in sette classi biennali di stipendio  pari  ciascuna  all'8
per cento del parametro iniziale 330 ed in successivi scatti biennali
del 2,50  per  cento  (art.  38  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 382/1980). 
    E' quindi palese che, a seguito del blocco di  classi  e  scatti,
l'effetto  sulle  retribuzioni  e'  piu'  incisivo  sulle  fasce   di
stipendio dei docenti con minore anzianita',  che  non  hanno  ancora
maturato tutte le classi dell'8%, rispetto a quelli con oltre 16 anni
di anziana che, per tale condizione, hanno  gia'  maturato  tutte  le
classi  e  ricevono  ormai  soltanto  scatti  del   2,50%,   il   cui
congelamento pesa dunque in maniera assai minore  sulla  retribuzione
percepita. 
    5.2.6. Oltre a cio', il meccanismo introdotto con l'art. 9, comma
21, comporta l'esclusione  di  qualsiasi  recupero  successivo  degli
scatti, rispetto ai meccanismi  di  adeguamento  retributivo  di  cui
all'art. 24 della ricordata legge n. 448/1998. 
    Ogni possibilita' di recupero e' esclusa anche per quanto attiene
alla  maturazione  delle  classi  e  degli  scatti  di  stipendio,  e
l'anzianita' di servizio riprendera' a decorrere, a partire dal 2014,
come se il triennio 2011- 2013 non fosse mai esistito. 
    Ne deriva che non solo per il triennio in esame  ciascun  docente
non gode ne' dei meccanismi  di  adeguamento  retributivo  ne'  degli
aumenti legati all'anzianita', ma, a partire dal 2014,  i  meccanismi
di adeguamento e gli scatti riprenderanno a decorrere,  saltando  del
tutto lo stesso triennio, i cui effetti sull'anzianita' di carriera e
sui correlati istituti saranno perduti definitivamente. 
    Si genera cosi'  un'alterazione  del  meccanismo  di  adeguamento
delle retribuzioni di cui all'art. 24 della Legge n.  448  del  1998,
che era ed e' finalizzato a  salvaguardarne  il  valore  reale  delle
retribuzioni rispetto all'aumento del costo della vita. 
    Oltretutto, quando in passato si e' ritenuto di dover intervenire
sul meccanismi di adeguamento retributivo di cui all'art.  24  citato
per ridimensionarne temporaneamente  la  portata  (in  misura  e  con
effetti, peraltro, nettamente piu' modesti di quanto accade oggi), e'
stato  previsto  espressamente  che,   pur   rimanendo   esclusa   la
corresponsione di arretrati, l'adeguamento riprendesse a decorrere al
cessare della misura temporanea, senza  cancellare  gli  effetti  del
tempo decorso (cfr. il citato art.  1,  comma  576,  della  Legge  n.
296/2006 o l'art. 69 del decreto-legge n. 112/2008). 
    L'irragionevolezza della preclusione si apprezza maggiormente con
la comparazione delle posizioni dei  dipendenti  «contrattualizzati»,
per i quali non sembra essere operante il medesimo vincolo. Pertanto,
anche in questo caso appare violato il principio di  cui  all'art.  3
Cost. 
    5.2.7. Quanto al contrasto con l'art. 53 Cost., il  Tribunale  e'
consapevole del fatto che  in  alcune  delle  analoghe  ordinanze  di
rimessioni  che  sono  gia'  state   depositate   presso   la   Corte
costituzionale  i  giudici  remittenti  hanno   escluso   che   nella
fattispecie venga in rilievo una problematica di  natura  tributaria;
va pero' osservato che, al contrario, altri TAR hanno invece ritenuto
sussistente la dedotta violazione del principio di cui e' espressione
l'art. 53. 
    Il Collegio e' dell'avviso che anche nella  vicenda  dei  docenti
universitari, al pari di quanto la Consulta ha affermato  nella  piu'
volte  citata  sentenza  n.  223/2012  con  riguardo  ai  tagli   del
trattamento  stipendiale  dei  magistrati,  si  possa  ravvisare   un
problema di compatibilita' della norma censurata con l'art. 53 Cost. 
    In effetti: 
        in base al costante insegnamento della  Corte  costituzionale
(vedasi l'ordinanza n. 341/2000)  «...l'art.  53  della  Costituzione
deve essere interpretato in modo unitario e  coordinato,  e  non  per
preposizioni staccate ed autonome le une dalle altre;  ...,  infatti,
la universalita'  della  imposizione,  desumibile  dalla  espressione
testuale «tutti» (cittadini o non  cittadini,  in  qualche  modo  con
rapporti di collegamento con la  Repubblica  italiana),  deve  essere
intesa nel senso di obbligo  generale,  improntato  al  principio  di
eguaglianza (senza alcuna  delle  discriminazioni  Vietate:  art.  3,
primo comma, della Costituzione), di concorrere alle «spese pubbliche
in ragione della loro capacita'  contributiva»  (con  riferimento  al
singolo tributo ed al  complesso  della  imposizione  fiscale),  come
dovere inserito nei rapporti politici in  relazione  all'appartenenza
dei soggetto alla collettivita' organizzata; ... nello stesso  tempo,
la Costituzione non impone affatto una tassazione  fiscale  uniforme,
con criteri assolutamente  identici  e  proporzionali  per  tutte  le
tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile
raccordo con la capacita'  contributiva,  in  un  quadro  di  sistema
infamato a criteri di  progressivita',  come  svolgimento  ulteriore,
nello specifico  campo  tributario,  del  principio  di  eguaglianza,
collegato al compito di rimozione  degli  ostacoli  economico-sociali
esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei cittadini-persone
umane, in spirito  di  solidarieta'  politica,  economica  e  sociale
(artt. 2 e 3 della Costituzione) ...»; 
        la scelta del legislatore  del  2010  (la  quale,  come  gia'
detto, poteva in linea generale essere giustificata dalla particolare
contingenza economica e  finanziaria),  oltre  a  porsi  in  evidente
contrasto con i principi affermati nelle  richiamate  sentenze  della
Corte costituzionale  nn.  299/1999,  245/1997,  99/1995  e  417/1996
quanto alla portata temporale di  siffatte  misure  emergenziali,  si
indirizza invece solo nei confronti di una determinata  categoria  di
contribuenti (i dipendenti  pubblici  non  contrattualizzati  e,  per
quanto rileva nei presenti  giudizi,  una  sotto-categoria  di  essi,
ossia  i  docenti  universitari),  la  quale,  dal  punto  di   vista
tributario, non esprime capacita' contributiva maggiore  rispetto  ad
altre categorie di contribuenti per il solo fatto che le retribuzioni
dei dipendenti  pubblici  godono  di'  una  stabilita'  maggiore  (ma
proprio questo sembra essere stato il leitmotiv ispiratore  dell'art.
9 del decreto-legge n. 78/2010, ossia la volonta' di  «sanzionare»  i
dipendenti pubblici, rei di fronte  all'opinione  pubblica  di  avere
forse usufruito negli ultimi anni di incrementi stipendiali  maggiori
rispetto ai lavoratori del  settore  privato  e  comunque  di  essere
tendenzialmente inamovibili e non licenziabili); 
        oltre a cio', la  norma  appare  violare  anche  il  criterio
costituzionale della progressivita', seppure tendenziale, del sistema
fiscale. Come si e' gia' osservato al precedente punto 5.2.5., l'art.
9,  comma  21,  produce  effetti  maggiormente  lesivi,  in   termini
meramente aritmetici, per i docenti percettori di  retribuzioni  piu'
basse. Al riguardo, l'incisione del principio della progressivita' e'
prodotto  dalla  contestuale  azione  del  blocco  degli  adeguamenti
periodici  e  del  blocco  degli  aumenti  derivanti   dagli   scatti
stipendiali. 
    Gli  «scatti»  stipendiali  conseguenti  alla  maturazione  delle
diverse «classi» di stipendio non operano infatti in  modo  omogeneo,
ma decrescono con il progredire dell'anzianita' di ruolo. 
    In particolare: 
        per i docenti confermati a tempo pieno, sino alla  classe  06
la progressione economica si articola  su  scatti  biennali  dell'8%,
calcolati sempre sullo stipendio tabellare annuo lordo  della  classe
00; a partire dalla classe 07 e sino alla classe 14, la  progressione
biennale e' del 6%, calcolato sullo stipendio tabellare  annuo  lordo
della classe 06; sulle classi successive alla 14, lo scatto  biennale
e' invece solo del 2,5%, calcolato sullo  stipendio  tabellare  annuo
lordo della classe 14; 
        per i docenti a tempo definito, invece,  se  la  progressione
biennale per le classi sino alla 06 e' sempre dell'8%,  sulle  classi
successive alla 06 compete lo scatto  del  2,5%  biennale,  calcolato
sempre sullo stipendio tabellare annuo lordo della classe 06; 
        infine, per i docenti in attesa di conferma  e  i  professori
straordinari,  e'  previsto  un  aumento  retributivo  del  2,5%   al
compimento del primo biennio; in piu', per  i  soli  ricercatori  non
confermati,  al  secondo  anno,  e'  previsto   l'adeguamento   della
retribuzione al 70% di quella annua lorda  del  professore  associato
non confermato a tempo pieno alla classe 00. 
    E'  quindi  palese  che,  a  seguito  del  blocco  degli  scatti,
l'effetto sulle retribuzioni e' di gran  lunga  piu'  incisivo  sulle
classi di stipendio piu' basse: basti pensare che, per un ricercatore
non confermato, gli effetti al 2014 del blocco, nel suo complesso, in
termini di mancato aumento della retribuzione che sarebbe spettata  a
legislazione invariata,  si  traducono  in  un  mancato  aumento  che
oscilla tra il  34%  e  il  26%  della  retribuzione;  man  mano  che
l'anzianita'  aumenta,  invece,  l'effetto   si   riduce,   scendendo
progressivamente al di sotto il 20%. 
    Anche per i professori di prima e seconda fascia, si constata una
ben diversa incidenza dei mancati aumenti, che dal 23 - 25%  scendono
poi, con l'anzianita', a livelli ben inferiori, sino a sotto i1 15%. 
    6. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23,  secondo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente  infondata,  il   Tribunale   solleva   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21,  del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito in  legge 30 luglio 2010,  n.  122,
per contrasto con gli artt. 3, 36 e 53 della Costituzione, secondo  i
profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio
fino alla pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana della decisione della Corte costituzionale  sulle  questioni
indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli arti. 79 ed  80  del
cod. proc. amm. ed all'art. 295 c.p.c. 
    Riserva al definitivo ogni  Ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese.