ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  commi
4, lettera d), e 5; 3, commi 1 e 3; e 12, comma 1, della legge  della
Regione  autonoma  Sardegna  28  ottobre   2016,   n.   25,   recante
«Istituzione dell'Agenzia sarda delle entrate  (ASE)»,  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il  2-4
gennaio 2017, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2017 e iscritto
al n. 3 del registro ricorsi 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  24  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la
Regione autonoma Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 4 gennaio 2017, poi depositato il 10 gennaio 2017 (reg. ric. n.  3
del 2017), ha impugnato gli artt. 1, commi 4, lettera  d),  e  5;  3,
commi 1 e 3; e 12,  comma  1,  della  legge  della  Regione  autonoma
Sardegna 28 ottobre 2016, n. 25,  recante  «Istituzione  dell'Agenzia
sarda delle entrate (ASE)». 
    1.1.- Il ricorrente, dopo aver ricordato che lo statuto  speciale
della Regione autonoma Sardegna  (legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3, recante «Statuto speciale per la Sardegna») attribuisce a
quest'ultima sia la possibilita' di istituire  tributi  propri  (art.
8),  sia  la  competenza  a  procedere   all'accertamento   ed   alla
riscossione di questi (art.  9),  ha  sostenuto  che  la  legge  reg.
Sardegna  n.  25  del  2016,  nell'istituire  l'Agenzia  sarda  delle
entrate, «al fine di potenziare e  razionalizzare  il  governo  delle
entrate del sistema Regione»  (art.  1,  comma  1),  avrebbe  dettato
disposizioni in contrasto con i limiti imposti dallo statuto e  dalla
Costituzione in materia tributaria. 
    1.1.1.- Secondo il ricorrente, in primo luogo, gli artt. 1, comma
4, lettera d), e 3, comma 1, della legge  reg.  Sardegna  n.  25  del
2016, violerebbero gli artt. 117, secondo comma,  lettera  e),  della
Costituzione e 9 dello statuto reg. Sardegna. 
    L'art. 1, comma 4, lettera d),  in  particolare,  nell'includere,
tra le competenze  attribuite  all'ASE,  anche  il  «controllo  delle
entrate da tributi devoluti, compartecipati  e  regionali  derivati»,
violerebbe i parametri  invocati,  che  riservano  alla  legislazione
esclusiva dello  Stato  il  «sistema  tributario  e  contabile  dello
Stato». 
    La   giurisprudenza   della   Corte    costituzionale,    secondo
l'Avvocatura generale dello Stato, sarebbe costante nel ritenere  che
costituiscono  tributi   propri   regionali   esclusivamente   quelli
stabiliti con legge regionale, mentre tutti gli altri,  ancorche'  il
relativo gettito sia destinato alla Regione, in tutto o in parte, non
possono definirsi tributi  propri,  conservando  inalterata  la  loro
natura di tributi erariali (vengono citate  le  sentenze  n.  97  del
2013, n. 123 del 2010, n. 216 del 2009, n. 397 del 2005,  n.  37  del
2004 e n. 296 del 2003). 
    Secondo il ricorrente, dunque, poiche' l'art. 9, comma  1,  dello
statuto  Reg.  Sardegna  riconosce  alla   Regione   un   potere   di
accertamento e di  riscossione  esclusivamente  dei  tributi  propri,
attribuire all'ASE il «controllo delle entrate da  tributi  devoluti,
compartecipati e regionali derivati» si porrebbe in contrasto proprio
con tale parametro statutario, nonche' con l'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., che  riserva  alla  legislazione  esclusiva  dello
Stato il «sistema tributario e contabile dello Stato». 
    Per gli stessi motivi sarebbe illegittimo anche l'art.  3,  comma
1, della legge reg. Sardegna n. 25 del 2016, laddove prevede  che  la
Regione «promuove tutte le azioni necessarie per riconoscere in  capo
alla Regione, e per il successivo esercizio  da  parte  dell'ASE,  la
piena titolarita' nella materia dell'accertamento e della riscossione
dei tributi derivati e compartecipati al gettito dei tributi erariali
prodotti o comunque generati nel territorio regionale di cui all'art.
8 dello  Statuto  speciale  per  la  Sardegna,  anche  attraverso  la
richiesta di trasferimento o la delega di funzioni  statali  riferite
alle agenzie fiscali dello Stato». 
    Tale disposizione, specificamente, si proporrebbe di ottenere  un
risultato («la piena titolarita' nella  materia  dell'accertamento  e
della riscossione dei tributi derivati e  compartecipati  al  gettito
dei tributi erariali prodotti  o  comunque  generati  nel  territorio
regionale»), che, sulla base del sistema normativo  vigente,  sarebbe
contrastante con l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,  che
riserva allo Stato il potere di legiferare sul «sistema  tributario»,
tanto che il legislatore statale ha affidato alle Agenzie fiscali  le
funzioni di accertamento e riscossione dei tributi erariali, con  gli
artt. 56 e seguenti del decreto legislativo 30 luglio  1999,  n.  300
(Riforma dell'organizzazione del Governo, a  norma  dell'articolo  11
della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Del resto, ricorda ancora l'Avvocatura generale dello  Stato,  in
relazione alle entrate erariali il cui gettito e'  destinato  (anche)
alla Regione, il decreto legislativo 9 giugno 2016, n. 114 (Norme  di
attuazione dell'articolo  8  dello  Statuto  speciale  della  Regione
autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
3, in materia di entrate erariali regionali)  all'art.  2  (rubricato
«Modalita'  di  attribuzione  delle  quote  delle  entrate   erariali
spettanti alla  regione»)  prevede  che,  con  decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze,  adottato  d'intesa  con  la  Regione,
siano individuati i tempi,  le  procedure  e  le  modalita'  volti  a
garantire il riversamento diretto nelle casse regionali  del  gettito
riscosso dall'Agenzia delle entrate, dagli agenti della riscossione e
da qualunque altro soggetto  cui  affluiscono  le  entrate  erariali,
comunque denominate, spettanti  alla  Regione  autonoma  Sardegna  ai
sensi dell'art. 8 dello statuto di autonomia. 
    Secondo il  ricorrente,  dunque,  al  di  fuori  dell'intesa  per
l'adozione del suddetto decreto ministeriale, non  potrebbero  essere
riconosciuti alla Regione autonoma Sardegna poteri o  competenze  sui
tributi diversi da quelli propri. 
    1.1.2.- L'Avvocatura generale dello  Stato  impugna,  in  secondo
luogo, l'art. 12, comma 1 - che viene letto unitamente al gia' citato
art. 3, comma 1 - della legge reg. Sardegna n. 25  del  2016,  ancora
per contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,  e
9  dello  statuto  reg.  Sardegna,  nella  parte   in   cui   prevede
l'istituzione del  Comitato  di  indirizzo  regionale  sulle  entrate
(d'ora in poi CIRE). 
    La censura e' sostenuta dagli stessi motivi  posti  a  fondamento
dell'impugnativa dell'art. 3, comma 1, della legge reg.  Sardegna  n.
25  del  2016,  ma  lamenta,  in  particolare,   l'estensione   delle
competenze attribuite al CIRE anche al servizio di  riscossione  «dei
tributi locali attualmente non riscossi», dal momento che  i  tributi
locali  sono  da  ritenersi  anch'essi  tributi  statali,  in  quanto
istituiti con legge statale (indipendentemente dal  destinatario  del
gettito), e che quest'ultima ha rimesso esclusivamente  all'autonomia
dei Comuni alcuni poteri di accertamento e  riscossione  dei  tributi
locali (ai sensi dell'art. 52 del  decreto  legislativo  15  dicembre
1997, n.  446,  recante  «Istituzione  dell'imposta  regionale  sulle
attivita' produttive, revisione degli  scaglioni,  delle  aliquote  e
delle  detrazioni  dell'Irpef  e  istituzione  di   una   addizionale
regionale a tale  imposta,  nonche'  riordino  della  disciplina  dei
tributi locali»). 
    Secondo il ricorrente, sarebbe violato anche l'art. 119,  secondo
comma, Cost. 
    1.1.3.- Sarebbe costituzionalmente illegittimo, per contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera e), e terzo  comma,  Cost.  e  con
l'art. 2 del d.lgs. n. 114 del 2016, anche l'art. 1, comma  5,  della
legge reg. Sardegna n. 25 del 2016, nella parte in cui prevede che la
Giunta regionale individua «le modalita' e i  tempi  di  riversamento
nelle casse regionali» delle entrate spettanti alla Sardegna ai sensi
dell'art. 8 dello statuto di autonomia. 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, infatti, il d.lgs.  n.
114 del 2016 «prevede invece che tali funzioni siano esercitate dallo
Stato, e per esso [da]l Ministero dell'Economia e delle Finanze,  con
Decreto Ministeriale emanato d'intesa con la Regione»,  sicche'  tale
disciplina,  in  quanto  «contenuta  in  una  norma   interposta   di
attuazione dello Statuto», non potrebbe essere incisa  da  una  legge
regionale. 
    Per il ricorrente,  inoltre,  la  disposizione  impugnata,  nella
parte in cui prevede che le entrate spettanti alla Regione  ai  sensi
dell'art. 8 dello statuto  di  autonomia  affluiscano  presso  l'ASE,
produrrebbe «l'effetto di portare le suddette  entrate  al  di  fuori
della tesoreria unica statale», istituita con legge 29 ottobre  1984,
n. 720 (Istituzione del  sistema  di  tesoreria  unica  per  enti  ed
organismi pubblici), in contrasto  con  le  previsioni  di  cui  alla
tabella A annessa alla legge n. 720 del 1984, che ricomprenderebbe la
Regione autonoma Sardegna tra gli enti assoggettati a tale regime. 
    Tale legge si collocherebbe, a parere del ricorrente, nell'ambito
dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai
sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  (viene  richiamata,  al
riguardo, la sentenza n. 311  del  2012),  e  non  potrebbe,  dunque,
essere «violata» da una norma regionale. 
    La disposizione impugnata, ancora, si porrebbe in  contrasto  con
l'art. 97, primo comma, Cost., ai sensi  del  quale  «[l]e  pubbliche
amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione  europea,
assicurano l'equilibrio dei bilanci e la  sostenibilita'  del  debito
pubblico». 
    1.1.4.- E' infine impugnato l'art. 3, comma 3, della  legge  reg.
Sardegna n. 25 del 2016, per contrasto con gli artt. 81, terzo comma,
e 117, secondo comma, lettera g), Cost., nella parte in  cui  prevede
che l'ASE operi «un raccordo continuo con la struttura statale», allo
scopo di verificare l'esattezza dei dati e  dei  calcoli  (anche)  da
questa effettuati allo scopo di garantire l'esatta determinazione  di
quanto spettante a titolo di compartecipazione regionale  alle  quote
erariali. 
    Secondo  il  ricorrente,  tale   previsione   provocherebbe   «un
incremento  di   attivita'   amministrativa   sull'apparato   statale
(ulteriore rispetto a  quello  gia'  esistente),  e  quindi  maggiori
oneri» - peraltro «senza copertura  finanziaria»,  in  contrasto  con
l'art. 81, terzo comma, Cost. - violando l'art. 117,  secondo  comma,
lettera g), Cost., che  riserva  alla  legislazione  esclusiva  dello
Stato l'«ordinamento e organizzazione amministrativa  dello  Stato  e
degli enti pubblici nazionali», per effetto dell'imposizione di  «una
necessaria diversa (ed onerosa) regolamentazione  in  capo  a  questi
ultimi»  ad  opera  di  una  fonte  (la  legge  regionale)  priva  di
competenza al riguardo. 
    2.- La Regione autonoma Sardegna si e' costituita nel giudizio di
legittimita' costituzionale, chiedendo che il ricorso sia  dichiarato
inammissibile o, comunque, non fondato. 
    2.1.- La resistente, in primo luogo, osserva che  il  ricorso  e'
stato notificato a mezzo posta (in  forza  della  previsione  di  cui
all'art. 55 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante  «Disposizioni
per lo sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita'
nonche' in materia di processo civile»),  ai  sensi  della  legge  21
gennaio 1994, n.  53  (Facolta'  di  notificazioni  di  atti  civili,
amministrativi  e  stragiudiziali  per  gli  avvocati  e  procuratori
legali). 
    Ne eccepisce, quindi, l'inammissibilita'  evidenziando  che,  dal
timbro apposto in  calce  alla  relazione  di  notificazione,  l'atto
risulta  notificato  non   dall'Avvocato   dello   Stato   incaricato
dell'affare, bensi' da un  diverso  soggetto,  con  la  qualifica  di
Procuratore dello Stato, come tale non legittimato ad  esercitare  il
patrocinio   innanzi   alle   corti   superiori,   con    conseguente
«inesistenza»  della   notificazione   dell'atto   introduttivo   del
giudizio. Si tratterebbe, dunque, di un vizio insanabile, venendo  in
rilievo una notificazione effettuata da «persona priva dei poteri  di
rappresentanza  giudiziale»,  con   conseguente   impossibilita'   di
applicare l'istituto della sanatoria per raggiungimento dello  scopo.
Vengono citate, a sostegno, una  pronuncia  del  Consiglio  di  Stato
(sezione quinta giurisdizionale, sentenza 22 marzo 2012, n. 1631)  ed
una della Corte di cassazione  (sezione  prima  civile,  sentenza  13
giugno 2000, n. 8041). 
    2.2.- La Regione resistente sostiene, inoltre, l'inammissibilita'
e, comunque, l'infondatezza del  ricorso,  poiche'  esso  avrebbe  ad
oggetto disposizioni relative alla  disciplina  di  rapporti  interni
all'amministrazione regionale, volte semplicemente ad  auspicare  una
collaborativa interlocuzione con quella statale. 
    2.3.- Quanto all'impugnativa degli artt. 1, comma 4, lettera  d),
e 3,  comma  1,  della  legge  reg.  Sardegna  n.  25  del  2016,  in
particolare,   la   Regione    autonoma    Sardegna    ne    sostiene
l'inammissibilita' per difetto di motivazione, essendosi limitato  il
ricorrente ad asserire che il citato art. 1,  comma  4,  lettera  d),
esorbiterebbe dall'ambito di competenza regionale di cui  all'art.  9
dello statuto di autonomia, senza affermare - ne', a maggior ragione,
spiegare - perche' le  disposizioni  impugnate  attribuirebbero  alla
Regione il compito di procedere all'accertamento e  alla  riscossione
anche dei tributi statali. Il ricorrente, infatti, non  avrebbe  dato
alcun tipo di qualificazione alle  funzioni  attribuite  dalla  legge
impugnata all'ASE, ne' si sarebbe premurato di  descrivere  in  quale
modo tali funzioni ostacolerebbero lo svolgimento delle  attribuzioni
statali in materia di sistema tributario. 
    Quanto all'art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n.  25  del
2016, l'Avvocatura generale dello Stato non  avrebbe  in  alcun  modo
spiegato perche' la norma  regionale  sarebbe  incompatibile  con  le
norme d'attuazione dello statuto  di  autonomia.  Sarebbero  comunque
insussistenti l'interesse a ricorrere e l'attualita' del  pregiudizio
lamentato, in quanto la  disposizione  impugnata  si  limiterebbe  «a
porre  un  obiettivo  di  natura  programmatica   all'Amministrazione
regionale, menzionando espressamente  il  fatto  che  tale  obiettivo
potra' essere raggiunto solo con l'assenso dello Stato»,  sicche'  la
norma non produrrebbe alcun effetto  diretto  e  immediato  circa  le
modalita' di accertamento e riscossione dei tributi erariali. 
    L'impugnativa di entrambe le disposizioni  sarebbe  inammissibile
anche per contraddittorieta': da un lato il ricorrente  sostiene  che
la legge regionale «gia' impingerebbe nell'attivita' di  accertamento
e riscossione dei tributi»; dall'altro lato afferma  che  la  Regione
«auspica di poter occuparsi di tale attivita'», a seguito  di  idonea
intesa con lo Stato, sicche' il gravame sarebbe stato  articolato  in
maniera oscura e perplessa (viene  citata  la  sentenza  n.  247  del
2015). 
    2.3.1.- L'impugnativa sarebbe comunque non fondata,  muovendo  da
un'errata lettura delle disposizioni censurate. 
    Secondo la Regione resistente, infatti, l'attivita' di  controllo
delle  entrate  da  tributi  devoluti,  compartecipati  e   regionali
derivati - prevista dall'art. 1, comma 4,  lettera  d),  della  legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016 -  sarebbe  «completamente  estranea  al
procedimento di "accertamento" e di "riscossione"  dei  tributi».  Le
disposizioni impugnate non attribuirebbero  all'ASE  la  funzione  di
emettere provvedimenti di constatazione  e  costituzione  del  debito
tributario del  contribuente  e  neppure  quello  di  procedere  alla
concreta esazione del debito gia' accertato, ma soltanto «il  compito
di verificare i flussi dei trasferimenti statali derivanti dal regime
di compartecipazione  fissa  ex  art.  8  dello  Statuto  e  la  loro
correttezza e regolarita'». Si tratterebbe,  insomma,  di  attivita',
tutta interna all'amministrazione regionale, di verifica della esatta
esecuzione degli obblighi gravanti in capo allo Stato in  virtu'  del
regime di compartecipazione previsto dall'art.  8  dello  statuto  di
autonomia. Viene richiamata la sentenza n. 99 del 2012 nella quale la
Corte  costituzionale  avrebbe  riconosciuto  alla  Regione  autonoma
Sardegna   «il   potere    di    quantificare    l'ammontare    delle
compartecipazioni  ai  tributi  erariali,  al  fine  di  redigere  il
bilancio di previsione». 
    Nessuna censura, inoltre, meriterebbe l'intenzione della  Regione
autonoma Sardegna - evidenziata dall'art. 3,  comma  1,  della  legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016 - di promuovere le azioni necessarie per
ottenere  il  riconoscimento,  da  parte  dello  Stato,  della  piena
titolarita' in materia di  accertamento  e  riscossione  dei  tributi
derivati e del gettito derivante dalla compartecipazione  ai  tributi
erariali prodotti o comunque generati sul  territorio  regionale:  la
norma regionale, infatti, riconosce allo Stato la  piena  titolarita'
della competenza in materia ed impegna la Regione autonoma Sardegna a
chiedere allo Stato, nel rispetto  della  normativa  da  quest'ultimo
emanata, il trasferimento o la delega di  funzioni  statali  riferite
alle Agenzie fiscali dello Stato. 
    Lo  stesso  legislatore  statale  -  ricorda  ancora  la  Regione
resistente - con l'art. 1, comma 515, della legge 27  dicembre  2013,
n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita'  2014)»,  ha  previsto
che, mediante intese tra lo Stato, la Regione autonoma Valle  d'Aosta
e le Province autonome di Trento e di Bolzano, o con  apposite  norme
di attuazione degli statuti di autonomia, vengano definiti gli ambiti
per il trasferimento  o  la  delega  delle  funzioni  statali  e  dei
relativi oneri finanziari riferiti anche alle Agenzie  fiscali  dello
Stato, prefigurando, cosi', un'operazione di trasferimento  o  delega
delle  funzioni  statali  oggetto  dell'intesa,  da  completare   con
apposite  norme  di  attuazione.   La   norma   regionale   censurata
intenderebbe impegnare la Regione autonoma Sardegna a  promuovere  il
raggiungimento di un obiettivo analogo, subordinatamente appunto alla
conclusione di apposita intesa con il Governo. 
    2.4.- Quanto all'impugnativa dell'art. 12, comma 1,  della  legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016, la Regione resistente esclude che  esso
regoli l'accertamento o la riscossione dei tributi «(ne' locali,  ne'
propri, ne' statali)», avendo piuttosto ad oggetto  l'istituzione  di
un particolare organo dell'ASE (il CIRE) e la  disciplina  delle  sue
attribuzioni, che sarebbero «tutte di natura  consultiva  (e  non  di
indirizzo amministrativo ne' di portata gestionale)». 
    Di   qui,   a   parere   della   Regione    autonoma    Sardegna,
l'inammissibilita' del motivo di ricorso per  aberratio  ictus  -  in
quanto  il  ricorso  avrebbe  «cercato  di   colpire   un   bersaglio
inesistente» - o, comunque, la sua infondatezza,  non  essendo  stata
indicata alcuna ragione ostativa all'istituzione di  un  tale  organo
consultivo da parte del legislatore regionale. 
    2.5.- Quanto all'impugnativa dell'art. 1, comma  5,  della  legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016, la  Regione  resistente  evidenzia  che
esso si limita a prevedere che la Giunta regionale possa  regolare  i
rapporti tra l'ASE e l'amministrazione regionale,  restando  estranee
all'ambito di applicazione della norma le modalita' di  liquidazione,
da parte dello Stato, delle quote di compartecipazione  regionale  ai
tributi erariali. Il  che  escluderebbe  qualsiasi  violazione  degli
artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e 2 del  d.lgs.  n.  114
del 2016. 
    Quanto   all'asserita   violazione    degli    altri    parametri
costituzionali ed interposti, la Regione autonoma Sardegna  evidenzia
che il ricorrente avrebbe offerto una ricostruzione solo parziale del
quadro normativo. 
    2.5.1.- Il regime di tesoreria unica introdotto  dalla  legge  n.
720 del 1984, infatti, risulta successivamente sostituito - ai  sensi
dell'art.  7  del  decreto  legislativo  7  agosto   1997,   n.   279
(Individuazione delle unita' previsionali di base del bilancio  dello
Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del
rendiconto generale dello Stato) - dal diverso  regime  di  tesoreria
cosiddetta   "mista"   e   quest'ultimo    sistema    risulta    solo
temporaneamente sospeso, con applicazione del precedente a  tesoreria
unica  fino  al  31  dicembre  2017,  ai  sensi  dell'art.   35   del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (Disposizioni  urgenti  per  la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e  la  competitivita'),
convertito, con modificazioni, in legge  24  marzo  2012,  n.  27:  a
giudizio della Regione  resistente,  dunque,  il  ricorrente  avrebbe
dovuto allegare  e  dimostrare  che  l'istituzione  dell'ASE  sarebbe
incompatibile  anche  con  l'ordinario  sistema  a  tesoreria  mista,
sicche',   mancando   tale   prospettazione,   il   gravame   sarebbe
inammissibile per difetto di motivazione. 
    2.5.2.- La censura, in ogni caso, sarebbe non  fondata,  «per  la
semplice  ragione  che  la  norma  regionale  non  mette  affatto  in
discussione il sistema della tesoreria unica». 
    Ricorda la Regione resistente  che  la  legge  n.  720  del  1984
prevede l'aggiornamento continuo,  con  decreti  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, dell'elenco  degli  enti  che  devono  essere
soggetti al regime di tesoreria unica, in quanto  lo  Stato  deve  di
volta in volta verificare se  un  ente  strumentale  istituito  dalle
Regioni o dagli enti locali abbia «le  caratteristiche  istituzionali
che ne consentono l'assoggettamento a regime di tesoreria unica». 
    L'ASE, a  giudizio  della  Regione  autonoma  Sardegna,  presenta
certamente  tali  caratteristiche,  ma  rientrerebbe   sempre   nella
discrezionalita' del Governo procedere al suo inserimento nell'elenco
degli enti soggetti al regime di tesoreria unica, che gia'  annovera,
del resto, alcuni enti regionali della Sardegna,  come  l'Ente  acque
della Sardegna e gli enti-parco regionali: il che  dimostrerebbe  che
l'istituzione di enti strumentali non puo' essere considerato come un
mezzo per eludere le regole per il servizio di tesoreria. 
    2.6.- Quanto all'impugnativa dell'art. 3, comma  3,  della  legge
reg. Sardegna n. 25 del  2016,  la  Regione  resistente  ne  sostiene
l'inammissibilita' o, comunque, l'infondatezza, in  quanto  la  norma
non imporrebbe alcun tipo di  obbligo  od  onere  all'amministrazione
statale. Sarebbero previsti obblighi esclusivamente in capo all'ASE e
all'amministrazione regionale, imponendosi a queste ultime l'avvio di
un raccordo informativo con l'amministrazione statale:  e,  a  parere
della resistente,  di  fronte  a  tali  tentativi  della  Regione  di
instaurare  un  confronto  collaborativo,  lo  Stato  potrebbe  anche
rimanere inerte, spettando ai competenti organi  statali  verificare,
alla luce delle disposizioni vigenti e delle  funzioni  pubbliche  di
competenza, se e come dare seguito all'interlocuzione cosi'  avviata,
sicche' la legge impugnata non comporterebbe alcuna nuova o  maggiore
spesa in capo all'amministrazione statale ne'  alcun  onere  di  tipo
procedimentale od organizzativo. 
    In  ogni  caso,  osserva  conclusivamente  la  Regione   autonoma
Sardegna (citando la sentenza n. 95 del 2013), il principio di  leale
collaborazione e lo stesso regime  di  compartecipazione  fissa  alle
entrate   erariali   imporrebbero   allo   Stato,   senza   attendere
l'iniziativa regionale, di  favorire  le  dovute  interlocuzioni  con
l'amministrazione regionale, affinche'  quanto  di  competenza  della
Regione  autonoma  Sardegna  sia  a  quest'ultima  effettivamente   e
prontamente  devoluto.  Per  queste  ragioni,  non  potrebbe   essere
considerata illegittima, a parere della resistente, una  disposizione
di legge  regionale  che  imponga  all'amministrazione  regionale  di
avviare un raccordo istituzionale con la controparte  statale,  senza
che cio' determini alcuna obbligazione a carico di quest'ultima. 
    3.- Entrambe le parti hanno depositato  memorie  illustrative  in
vista dell'udienza pubblica. 
    3.1.- L'Avvocatura generale dello Stato contesta, in primo luogo,
l'eccezione di inammissibilita'  del  ricorso  per  vizio  insanabile
della notificazione, in  quanto  effettuata  da  «persona  priva  dei
poteri  di  rappresentanza  giudiziale»,  osservando  che  lo  stesso
Consiglio di Stato (sezione sesta) ha riconosciuto, con  la  sentenza
11 febbraio 2013, n. 769, che  l'«Avvocatura  dello  Stato»,  cui  la
legge n. 55 del 2009 ha attribuito la  possibilita'  di  eseguire  le
notificazioni ai sensi della legge n. 53 del  1994,  e'  composta  da
avvocati e procuratori dello Stato,  tutti  ugualmente  abilitati  ad
effettuare le notifiche con le suddette modalita'. Ed ha riconosciuto
che il principio espresso dalla  pronuncia  richiamata  dalla  difesa
regionale  riguarda  gli  avvocati  del  libero  foro  e  non   anche
l'Avvocatura generale dello Stato. 
    In  subordine,  evidenzia  che  l'irregolarita'   formale   della
notificazione, come tale integrante  una  nullita'  e  non  il  vizio
radicale dell'inesistenza,  sarebbe  stata  senz'altro  sanata  dalla
costituzione della Regione resistente. 
    Nel merito, ribadisce i contenuti del  ricorso  introduttivo  del
giudizio, che ritiene non  indeboliti  dalle  difese  spiegate  dalla
Regione autonoma Sardegna. 
    3.2.- La  Regione  autonoma  Sardegna,  oltre  a  confermare  gli
argomenti gia'  spesi  nell'atto  di  costituzione,  aggiunge  alcune
osservazioni in ordine a ciascuna censura proposta con il ricorso. 
    Con riferimento all'impugnativa degli artt. 1, comma  4,  lettera
d), e 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 25 del 2016, evidenzia
che l'intera legge  regionale  e'  ispirata  al  principio  di  leale
collaborazione e  che  forme  di  raccordo  organizzativo  sono  gia'
operanti tra le Agenzie fiscali e la Regione  autonoma  Sardegna.  Lo
dimostrerebbe la «Convenzione per la gestione dell'imposta  regionale
sulle attivita' produttive e dell'addizionale  regionale  all'imposta
sul reddito delle persone fisiche», stipulata tra la Regione autonoma
Sardegna e l'Agenzia delle entrate in data 15 giugno  2017  (allegata
alla memoria). In forza di  tale  convenzione,  alla  Regione  spetta
l'attivita' di «indirizzo e controllo  delle  attivita'  di  gestione
delle imposte», mentre una  commissione  paritetica  svolge  numerose
attivita' di  controllo  e  coordinamento  dei  servizi  dell'Agenzia
fiscale. Il che dimostrerebbe, non solo l'astratta  legittimita',  ma
anche la concreta praticabilita' delle  soluzioni  individuate  dalla
legge regionale in tema di controllo delle entrate affidato all'ASE e
di delega o trasferimento di funzioni da parte dello Stato. 
    Con riferimento all'impugnativa  dell'art.  12,  comma  1,  della
legge reg. Sardegna n. 25 del  2016,  la  Regione  autonoma  Sardegna
rileva che l'istituzione del CIRE, con funzioni meramente consultive,
rientrerebbe nell'ambito dell'«ordinamento degli uffici e degli  enti
amministrativi della Regione», di cui all'art. 3,  comma  1,  lettera
a), dello statuto di autonomia. 
    Con riferimento all'impugnativa dell'art. 1, comma 5, della legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016, la Regione autonoma Sardegna  evidenzia
che «[l]'interposizione dell'ASE [...]  rappresenta  un  mero  modulo
organizzativo interno  al  "sistema  regionale",  rispetto  al  quale
rimane del tutto estraneo  l'ambito  di  attribuzioni,  competenze  e
funzioni  statali».  Inoltre,  sottolinea  che  la   disciplina   del
riversamento diretto nelle casse regionali del gettito delle  entrate
erariali non rientra nella competenza esclusiva dello  Stato,  ma  e'
oggetto di una «co-decisione»  assunta  da  entrambi  i  soggetti  in
termini paritetici. 
    Quanto al profilo del  prospettato  intento  di  aggiramento  del
sistema di tesoreria unica, la Regione autonoma Sardegna osserva  che
affermare l'illegittimita' di ogni  disposizione  che  istituisce  un
nuovo soggetto pubblico, in quanto integrante  un  tentativo  elusivo
nel  senso  prospettato  dal  ricorrente,   significherebbe   sancire
l'impossibilita',  per  il  legislatore  regionale,  di   intervenire
sull'organizzazione degli enti e degli uffici regionali. 
    Infine, quanto all'impugnativa dell'art. 3, comma 3, della  legge
reg. Sardegna n. 25 del 2016, la Regione autonoma Sardegna  riconduce
anche  tale  previsione  normativa  alla  competenza   in   tema   di
«ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione»,
di cui all'art. 3, comma 1, lettera a), dello statuto di autonomia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in  epigrafe,  l'Avvocatura  generale
dello Stato propone questioni di legittimita' costituzionale  in  via
principale di alcune disposizioni contenute nella legge della Regione
autonoma Sardegna  28  ottobre  2016,  n.  25,  recante  «Istituzione
dell'Agenzia sarda delle entrate (ASE)». 
    1.1.- Secondo il ricorrente, in primo luogo, l'art. 1,  comma  4,
lettera d), della citata  legge  regionale,  nell'includere,  tra  le
competenze attribuite all'ASE, anche il «controllo delle  entrate  da
tributi devoluti, compartecipati e  regionali  derivati»,  violerebbe
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  della  Costituzione,  che
riserva  alla  legislazione  esclusiva  dello   Stato   il   «sistema
tributario e contabile dello Stato», e si porrebbe in contrasto anche
con l'art. 9 della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna), che  riconosce  alla  Regione  la
competenza a procedere all'accertamento ed alla riscossione dei  soli
tributi propri. 
    1.2.-  Per   gli   stessi   motivi   sarebbe   costituzionalmente
illegittimo anche l'art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n.  25
del 2016, laddove prevede che la Regione «promuove  tutte  le  azioni
necessarie per riconoscere in capo alla Regione, e per il  successivo
esercizio da parte  dell'ASE,  la  piena  titolarita'  nella  materia
dell'accertamento  e  della  riscossione  dei  tributi   derivati   e
compartecipati al gettito dei tributi erariali  prodotti  o  comunque
generati nel territorio regionale di cui all'articolo 8 dello Statuto
speciale  per  la  Sardegna,  anche  attraverso   la   richiesta   di
trasferimento o la delega di funzioni statali riferite  alle  agenzie
fiscali dello Stato». La disposizione della legge regionale, infatti,
auspicherebbe il raggiungimento di un risultato normativo di per  se'
contrastante con l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,  che
riserva allo Stato la competenza  legislativa  in  tema  di  «sistema
tributario». 
    1.3.- L'Avvocatura generale dello Stato impugna, inoltre,  l'art.
12, comma 1 - letto unitamente al gia' citato art. 3, comma 1 - della
legge reg. Sardegna n. 25 del 2016,  ancora  per  contrasto  con  gli
artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e  9  dello  statuto  di
autonomia, nella parte in cui prevede l'istituzione del  Comitato  di
indirizzo regionale sulle entrate (d'ora in poi CIRE). 
    In questo caso, a porsi in contrasto con  i  parametri  ricordati
sarebbe l'attribuzione al CIRE delle  competenze  relative  anche  al
servizio  di  riscossione  «dei  tributi   locali   attualmente   non
riscossi»,  trattandosi  di  tributi  comunque  statali,  in   quanto
istituiti con legge dello Stato (indipendentemente  dal  destinatario
del gettito). 
    La disposizione, inoltre, violerebbe l'art. 119,  secondo  comma,
Cost. 
    1.4.- Secondo il ricorrente, l'art. 1, comma 5, della legge  reg.
Sardegna n. 25 del 2016, nella parte in cui  prevede  che  la  Giunta
regionale individua «le modalita' e i  tempi  di  riversamento  nelle
casse regionali» delle  entrate  spettanti  alla  Sardegna  ai  sensi
dell'art. 8 dello statuto di  autonomia,  sarebbe  costituzionalmente
illegittimo, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva  statale
il «sistema tributario e  contabile  dello  Stato».  La  disposizione
sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 2 del decreto legislativo  9
giugno 2016, n.  114  (Norme  di  attuazione  dell'articolo  8  dello
Statuto speciale  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  -  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali
regionali), il quale disciplina le «[m]odalita' di attribuzione delle
quote delle entrate erariali spettanti alla regione». 
    In  particolare,  sostiene  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,
quest'ultima  disposizione  -  la  quale  prevede  che  i  tempi,  le
procedure e le modalita' volti a garantire  il  riversamento  diretto
nelle casse regionali delle entrate spettanti alla  Regione  autonoma
Sardegna sono stabiliti con decreto ministeriale,  adottato  d'intesa
con la Regione - non potrebbe essere derogata da una legge regionale,
trattandosi di norma di  attuazione  dell'art.  8  dello  statuto  di
autonomia. 
    La difesa statale ritiene, inoltre, che la disposizione impugnata
- nella parte in cui stabilisce che le entrate spettanti alla Regione
ai  sensi  dell'art.  8  dello  statuto  di   autonomia   affluiscano
direttamente all'ASE - produrrebbe «l'effetto di portare le  suddette
entrate al di fuori della tesoreria unica  statale»,  regolata  dalla
legge 29 ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del sistema  di  tesoreria
unica per enti ed organismi  pubblici),  la  cui  disciplina  sarebbe
espressione di principi  fondamentali  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, come tali  presidiati  dall'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    Il ricorrente prospetta anche un contrasto con l'art.  97,  primo
comma, Cost. 
    1.5.- Infine, l'art. 3, comma 3, della legge reg. Sardegna n.  25
del 2016, nella parte in cui prevede che  l'ASE  operi  «un  raccordo
continuo  con  la  struttura  statale»,   per   verificare   l'esatta
determinazione  di  quanto  spetta   alla   Regione   a   titolo   di
compartecipazione alle quote erariali, violerebbe gli artt. 81, terzo
comma, e 117, secondo comma, lettera g), Cost. 
    La norma regionale determinerebbe,  infatti,  «un  incremento  di
attivita'  amministrativa  sull'apparato   statale»,   invadendo   la
competenza  legislativa   statale   in   tema   di   «ordinamento   e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali», imponendo altresi' allo Stato,  per  tale  via,  maggiori
oneri «senza copertura finanziaria». 
    2.- Eccepisce in via preliminare la Regione autonoma Sardegna che
il ricorso sarebbe inammissibile perche', dal timbro apposto in calce
alla relazione di notificazione, l'atto risulta notificato,  a  mezzo
posta, non dall'avvocato dello Stato incaricato  dell'affare,  bensi'
da soggetto munito della qualifica di procuratore dello Stato. 
    Secondo la Regione, in particolare, i procuratori dello Stato non
sarebbero legittimati ad esercitare il patrocinio innanzi alle  corti
superiori. 
    Ne conseguirebbe la «inesistenza» della  notificazione  dell'atto
introduttivo del giudizio, trattandosi di notificazione effettuata da
«persona  priva  dei  poteri  di  rappresentanza   giudiziale»,   con
conseguente impossibilita' di applicare  l'istituto  della  sanatoria
per  raggiungimento   dello   scopo.   Viene   citata,   a   sostegno
dell'argomentazione, una pronuncia del Consiglio  di  Stato  (sezione
quinta giurisdizionale, sentenza 22 marzo 2012,  n.  1631),  peraltro
relativa all'inesistenza della notifica del  ricorso  effettuata  per
via postale da parte di un avvocato  del  libero  foro  non  iscritto
all'albo degli avvocati cassazionisti. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    In primo luogo, l'art. 55 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile),  che  consente
all'Avvocatura generale dello Stato di eseguire la  notificazione  ai
sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facolta'  di  notificazioni
di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per  gli  avvocati  e
procuratori  legali)  -  ossia  direttamente  a  mezzo  del  servizio
postale,  senza  l'intermediazione  dell'agente  notificatore  -   e'
pacificamente  applicabile   anche   ai   giudizi   di   legittimita'
costituzionale (sentenza n. 310 del 2011). 
    In secondo luogo, non puo' essere condivisa la tesi della Regione
autonoma Sardegna, che vorrebbe applicare al caso  ora  in  esame  il
principio desumibile dalla decisione del  Consiglio  di  Stato  sopra
richiamata. 
    Tale pronuncia, infatti, si e' uniformata  all'indirizzo  secondo
cui la notifica del ricorso deve essere  effettuata  da  un  avvocato
iscritto all'albo  degli  avvocati  cassazionisti,  con  riferimento,
appunto, alle  notificazioni  effettuate  dai  singoli  avvocati  del
libero  foro.  Questa  regola,  tuttavia,   non   si   estende   alle
notificazioni effettuate dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  in
quanto i procuratori dello Stato - a differenza di quanto  mostra  di
ritenere la Regione resistente -  sono  legittimati,  al  pari  degli
avvocati dello  Stato,  ad  esercitare  il  patrocinio  innanzi  alle
magistrature superiori. Infatti,  il  tenore  testuale  dell'art.  1,
secondo  comma,  del  regio  decreto  30  ottobre   1933,   n.   1611
(Approvazione del testo unico delle leggi e  delle  norme  giuridiche
sulla  rappresentanza  e   difesa   in   giudizio   dello   Stato   e
sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) e  dell'art.  8,  terzo
comma, della legge 3 aprile 1979, n. 103 (Modifiche  dell'ordinamento
dell'Avvocatura dello Stato) chiarisce come nessuna  limitazione  sia
prevista per i procuratori dello Stato, i  quali,  pertanto,  possono
esercitare, allo stesso modo degli avvocati dello Stato, le  funzioni
anche innanzi alle magistrature superiori (cio' e'  confermato  dalla
stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza
11 febbraio 2013, n. 769). 
    Si aggiunga che l'art. 55 della legge n. 69  del  2009  autorizza
l'Avvocatura generale dello Stato, intesa quale ufficio, ad impiegare
la modalita' di notificazione di cui alla legge n.  53  del  1994.  E
questo significa che anche un procuratore  dello  Stato,  incardinato
nell'ufficio, e' autorizzato a dare impulso  processuale  al  ricorso
mediante la notificazione di quest'ultimo. 
    3.- Passando al merito delle singole censure, non sono fondate le
questioni di legittimita' costituzionale sollevate sull'art. 1, comma
4, lettera d), della legge reg. Sardegna n. 25 del 2016. 
    La disposizione include, tra le competenze attribuite all'ASE, il
«controllo delle entrate» regionali, non solo di quelle derivanti  da
tributi propri regionali, ma anche di quelle provenienti  da  tributi
devoluti, compartecipati e regionali derivati. 
    Non vi e' dubbio che, alla luce della costante giurisprudenza  di
questa Corte, i  tributi  regionali  e  locali  derivati,  in  quanto
istituiti e regolati dalla legge dello Stato, conservano  inalterata,
nonostante la destinazione del gettito a  un  ente  territoriale,  la
loro natura di tributi erariali (cosi' come pacifica e',  ovviamente,
tale natura in relazione ai tributi  compartecipati).  La  disciplina
dell'accertamento  e  della  riscossione  di  tali  tributi   rientra
pertanto nella competenza legislativa esclusiva statale (ex plurimis,
sentenze n. 280 del 2016, n. 67 del 2015, n. 121 e n. 97 del 2013)  e
l'esercizio  della  potesta'  legislativa  regionale  in  materia  e'
ammesso  nei  soli  limiti  consentiti  dalla  stessa  legge  statale
(sentenza n. 85 del 2017). 
    Tuttavia, come osserva la difesa della Regione autonoma Sardegna,
la disposizione impugnata non attribuisce  affatto  alla  Regione  il
compito di procedere all'accertamento e alla riscossione  di  tributi
diversi da quelli propri. L'attivita' di «controllo delle entrate» di
cui ragiona l'art. 1, comma 4, lettera d), della legge reg.  Sardegna
n. 25 del 2016 - comprese le entrate derivanti da  tributi  devoluti,
compartecipati e  regionali  derivati  -  e'  infatti  attivita'  ben
distinta da quelle di accertamento e riscossione  dei  tributi  e  si
colloca in un momento temporalmente successivo ad esse,  in  funzione
di  verifica  della  correttezza  della  quantificazione  dei  flussi
finanziari spettanti alla Regione. 
    Questa distinzione, del resto, emerge anche da altre proposizioni
normative contenute nella stessa legge  regionale  impugnata.  Cosi',
all'art. 1, comma 4, lettera a), si attribuisce all'ASE  la  gestione
accentrata delle attivita' di  «controllo  e  riscossione»  dei  soli
tributi regionali propri e, all'art.  2,  e'  riservata  alla  stessa
Agenzia l'attivita' di «gestione diretta» unicamente con  riferimento
a questi ultimi. 
    Ancora, l'art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna  n.  25  del
2016, peraltro a sua volta impugnato dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, descrive la «piena titolarita' nella materia dell'accertamento
e della riscossione dei tributi derivati e compartecipati»  non  gia'
quale   contenuto   normativo    da    tale    articolo    introdotto
nell'ordinamento regionale, bensi' come risultato finale  (eventuale)
di  una  serie  di  iniziative  future,  che   la   Regione   intende
"promuovere" «nel rispetto della normativa statale e regionale». 
    In definitiva, la disposizione impugnata si  limita  a  prevedere
una forma di verifica (interna all'amministrazione  regionale)  circa
l'esatta quantificazione dell'ammontare  delle  compartecipazioni  ai
tributi erariali spettante alla Regione. Tale attivita' di  controllo
sulla corretta esecuzione degli obblighi statali derivanti dal regime
di compartecipazione in nessun modo lede  le  competenze  legislative
statali in materia di sistema tributario. 
    4.-  Non  sono  fondate  neppure  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate in relazione  all'art.  3,  comma  1,  della
legge reg. Sardegna n. 25 del 2016. 
    Questa  disposizione,  come  si  e'  accennato,  prevede  che  la
Regione, «nel rispetto della normativa statale e regionale, promuove»
tutte le iniziative necessarie per riconoscere in capo a se'  stessa,
e per il successivo esercizio da parte dell'ASE, la piena titolarita'
nella materia  dell'accertamento  e  della  riscossione  dei  tributi
derivati e compartecipati al gettito  dei  tributi  erariali,  «anche
attraverso la richiesta di trasferimento  o  la  delega  di  funzioni
statali riferite alle agenzie fiscali dello Stato». 
    Sostiene l'Avvocatura  generale  dello  Stato  che  il  risultato
perseguito dalla disposizione  regionale  sarebbe  in  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost., il  quale  riserva  allo
Stato la potesta' legislativa in materia di «sistema tributario». 
    Ribatte la Regione resistente che la norma regionale rivestirebbe
una natura meramente programmatica, priva di  carattere  lesivo.  Non
disconoscendo  la  piena  titolarita'  statale  della  competenza  in
materia  di  accertamento  e  riscossione  dei  tributi  derivati   e
compartecipati, essa si limiterebbe a impegnare la  Regione  autonoma
Sardegna a chiedere allo Stato, nel rispetto della normativa vigente,
il trasferimento o  la  delega  di  funzioni  statali  riferite  alle
Agenzie fiscali dello Stato.  E  richiama,  in  proposito,  l'esempio
dell'art. 1, comma 515, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2014)»,  che  avrebbe  definito  gli
ambiti per il trasferimento o la delega  anche  di  quelle  funzioni,
attraverso un'intesa da completare con apposite norme di  attuazione,
a favore della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  e  delle  Province
autonome di Trento e Bolzano. 
    Invero, il contenuto normativo della disposizione impugnata,  che
pure esiste (e percio' non e' fondata l'eccezione  d'inammissibilita'
preliminare, per carenza d'interesse, proposta dalla Regione), non si
esprime in una disciplina sostanziale immediatamente applicabile,  in
ipotesi lesiva del corretto riparto delle competenze, o che autorizza
l'adozione  di   atti   amministrativi   regionali   che   realizzino
l'obiettivo   auspicato   (la   piena   titolarita'   nella   materia
dell'accertamento  e  della  riscossione  dei  tributi   derivati   e
compartecipati). La norma, invece,  ha  il  contenuto  precettivo  di
impegnare l'Amministrazione  regionale  a  promuovere,  nel  rispetto
della  normativa  vigente,  tutte  le  azioni  necessarie  in   vista
dell'ottenimento dell'obiettivo ricordato. 
    Si tratta percio' di  una  norma  che  il  legislatore  regionale
indirizza alla stessa Regione. In quanto  tale,  la  disposizione  e'
adottata  nell'ambito  delle  attribuzioni   regionali   e   non   e'
suscettibile   di    esprimere    contenuti    lesivi    dell'assetto
costituzionale delle competenze  in  materia  tributaria  (sulla  non
fondatezza di  questioni  relative  a  norme  regionali  a  contenuto
precettivo programmatico, sentenze n. 256 del 2012, n. 94 del 2011  e
n. 308 del 2009). 
    5.- Non fondate sono  ugualmente  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate in relazione all'art.  12,  comma  1,  della
legge reg. Sardegna n. 25 del 2016, per contrasto con gli artt.  117,
secondo comma, lettera e), Cost., e 9  dello  statuto  di  autonomia,
nella parte in cui prevede l'istituzione del CIRE. 
    Tra i parametri costituzionali richiamati dal  ricorrente  figura
altresi' l'art. 119, secondo  comma,  Cost.,  tuttavia  senza  alcuna
argomentazione che illustri le ragioni del contrasto prospettato:  in
base alla  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  relativa
questione e' percio' inammissibile (ex plurimis, tra le piu' recenti,
sentenze n. 192, n. 169, n. 154, n. 62 e n. 50 del 2017). 
    Quanto  alle  censure  scrutinabili  nel   merito,   l'Avvocatura
generale dello Stato lamenta, in particolare, che la  competenza  del
neo-istituito CIRE sia estesa al servizio di riscossione dei «tributi
locali attualmente non riscossi»,  alla  luce  della  considerazione,
sicuramente esatta, che  i  tributi  locali  sono  anch'essi  tributi
statali, in quanto istituiti con legge statale, indipendentemente dal
destinatario del gettito (per tutte, sentenza n. 121 del 2013). 
    In realta', in nessuna previsione della legge reg. Sardegna n. 25
del 2016, e  neppure  in  quella  ora  in  esame,  si  prefigura  una
competenza  della  Regione,  e  per  essa  del  CIRE,  in   tema   di
accertamento e riscossione di tributi locali. 
    Infatti, anche nell'ipotesi  (auspicata  dall'art.  3,  comma  1,
della legge regionale) che in materia tributaria  fosse  disposto  un
trasferimento di funzioni a favore della Regione  autonoma  Sardegna,
queste ultime riguarderebbero solo l'accertamento  e  la  riscossione
dei  tributi  derivati  e  compartecipati  al  gettito  dei   tributi
erariali, senza alcuna conseguenza su attivita' relative  ai  tributi
locali. 
    Per questa ragione, la resistente ha eccepito  l'inammissibilita'
della censura, allegando che il ricorso «avrebbe cercato  di  colpire
un bersaglio inesistente». 
    Invero, l'eccezione non e' fondata, giacche' il  ricorso  statale
non  gia'  ha  errato  nell'individuare  la  disposizione  sospettata
d'illegittimita'  costituzionale,  ma  ha   attribuito   alla   norma
censurata un contenuto lesivo che non presenta. 
    Essa, in primo luogo, subordina la stessa  istituzione  del  CIRE
alla previa acquisizione, da  parte  dell'ASE,  delle  competenze  in
materia di accertamento e  riscossione  di  cui  al  citato  art.  3.
L'incidentale  riferimento  alla   «attivazione   del   servizio   di
riscossione [...]  dei  tributi  locali  attualmente  non  riscossi»,
anch'esso  subordinato  al  raggiungimento  del  risultato  auspicato
dall'art. 3, comma 1, appare un mero auspicio, collegato non gia'  ad
una  disposizione  della  legge  regionale  impugnata  che  una  tale
attivazione preveda, ma ad una  riforma  ordinamentale  eventualmente
disposta dalla normativa statale. Ne' potrebbe  essere  diversamente,
atteso che  la  Regione  autonoma  Sardegna,  allo  stato,  non  puo'
rivendicare, in materia, alcuna competenza. 
    Per  la  non  fondatezza  della  questione,  piuttosto,   risulta
decisiva un'altra circostanza: le  funzioni  che,  secondo  la  norma
impugnata, saranno da riconoscere al CIRE non attengono in  radice  a
poteri di indirizzo amministrativo o di gestione  attiva  in  materia
tributaria. Tali funzioni,  invece,  si  risolvono  in  attivita'  di
natura  meramente  consultiva  in  favore  del   direttore   generale
dell'ASE, in relazione: a)  alle  fasi  deliberative  e  modificative
relative allo statuto e agli atti regolamentari ad esso conseguenti e
collegati;  b)  alla  redazione  dei  piani   aziendali   annuali   o
pluriennali,   dei   bilanci   e   delle   scelte   strategiche;   c)
genericamente, alle iniziative inerenti al tema delle entrate. 
    Dall'esercizio di tali funzioni non puo'  evidentemente  derivare
alcuna lesione dei parametri costituzionali e statutari allegati  dal
ricorrente. 
    6.- Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  in
riferimento all'art. 1, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 25  del
2016 sono fondate. Va invece dichiarata inammissibile la censura  che
il  ricorrente  solleva,  senza  alcuna  motivazione,  per   asserita
violazione dell'art. 97, primo comma, Cost. 
    Il comma 5 dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 25  del  2016
dispone, nel suo primo  periodo,  che  presso  l'ASE  affluiscono  le
entrate spettanti alla Regione autonoma Sardegna ai sensi dell'art. 8
dello Statuto speciale e delle relative norme  di  attuazione,  anche
quali quote delle compartecipazioni al gettito  erariale  corrisposte
mediante riversamento diretto. La norma aggiunge che tale  disciplina
dell'afflusso delle  entrate  presso  l'ASE  deve  rispettare  quanto
previsto dall'art. 2 del d.lgs. n. 114 del 2016, cioe' dalla norma di
attuazione dell'art. 8 dello statuto speciale. 
    L'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 1 stabilisce che la Giunta
regionale, con propria deliberazione, individua modalita' e tempi  di
riversamento  delle  entrate  in  parola   nelle   casse   regionali,
disciplinando anche i relativi flussi informativi. 
    L'Avvocatura generale dello Stato allega che la prima  parte  del
comma 5, laddove prevede che le entrate  spettanti  alla  Regione  ai
sensi dell'art. 8 dello statuto affluiscono presso l'ASE, produrrebbe
l'effetto di portare tali entrate al di fuori della  tesoreria  unica
statale, istituita con legge n. 720 del 1984,  in  contrasto  con  le
previsioni di cui alla tabella A annessa alla legge da ultimo citata,
che  ricomprende  la  Regione  autonoma   Sardegna   tra   gli   enti
assoggettati al regime in parola. 
    Poiche'  tale  legge   conterrebbe   principi   fondamentali   di
coordinamento della finanza pubblica, la norma  regionale  violerebbe
anche l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Le censure del ricorrente colgono nel segno. 
    Per la parte qui rilevante, la disciplina legislativa statale  in
tema di tesoreria unica prevede che le entrate di spettanza regionale
provenienti,  direttamente  o  indirettamente,  dallo  Stato,   siano
versate presso conti speciali infruttiferi, intestati alle Regioni  e
gestiti dalla Banca d'Italia. 
    La  previsione  dell'afflusso  diretto  all'ASE   delle   entrate
spettanti alla Regione autonoma Sardegna, ai sensi dell'art. 8  dello
statuto di autonomia, e'  percio'  in  frontale  contrasto  con  tale
disciplina. 
    Ne' e'  rilevante,  come  eccepisce  la  Regione  resistente,  la
circostanza che, allo stato, il sistema della tesoreria unica risulti
operativo solo in virtu' della sospensione  -prevista  dall'art.  35,
comma 8, del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1  (Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo  delle  infrastrutture  e  la
competitivita'), convertito, con modificazioni,  in  legge  24  marzo
2012, n. 27, come modificato dall'articolo 1, comma 395, della  legge
23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2015)» - fino al 31 dicembre 2017, del diverso  regime  di  tesoreria
cosiddetta "mista" (introdotto dal decreto legislativo 7 agosto 1997,
n. 279, recante «Individuazione delle unita' previsionali di base del
bilancio dello Stato, riordino  del  sistema  di  tesoreria  unica  e
ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato»). 
    Per questo motivo, secondo la Regione autonoma Sardegna, lo Stato
ricorrente avrebbe dovuto allegare  e  dimostrare  che  l'istituzione
dell'ASE  sarebbe  incompatibile  anche  con   l'ordinario   (benche'
sospeso) sistema a tesoreria mista. 
    Anche  a  prescindere  dalla  circostanza  per  cui,  al  momento
dell'entrata in vigore della legge regionale impugnata,  era  vigente
il sistema di tesoreria unica e non quello  di  tesoreria  mista,  il
confronto  con  questa  specifica  seconda  disciplina  non   risulta
comunque necessario, poiche' essa non  modifica  la  regolamentazione
della gestione delle liquidita' spettanti alle Regioni  che  derivino
direttamente o indirettamente dal bilancio  dello  Stato.  Anche  nel
sistema a tesoreria  cosiddetta  "mista",  infatti,  tali  liquidita'
devono  essere  versate  nelle  contabilita'  speciali   infruttifere
intestate alle Regioni presso le  sezioni  di  tesoreria  provinciale
dello Stato, su conti tenuti dalla Banca d'Italia  (solo  le  entrate
proprie delle Regioni, tributarie ed  extratributarie  -  e  soltanto
quelle - sono escluse dal riversamento nella tesoreria erariale,  per
affluire direttamente sui  conti  dei  singoli  tesorieri  regionali,
tenuti da istituti bancari diversi dalla Banca d'Italia). 
    Si deve  quindi  ribadire,  secondo  la  costante  giurisprudenza
costituzionale, che la disciplina legislativa in  tema  di  tesoreria
unica,  strumento  essenziale  per  assicurare  il  contenimento  del
fabbisogno  finanziario  dello  Stato  ordinamento,   appartiene   ai
principi  fondamentali  di  coordinamento  della   finanza   pubblica
(sentenza n. 256 del 2013), da applicarsi sia alle Regioni a  statuto
ordinario sia a quelle a statuto speciale, esistendo tra esse,  sotto
questo profilo, «una piena equiparazione» (sentenza n. 311 del 2012). 
    La   disposizione   impugnata   e'   percio'   costituzionalmente
illegittima, in primo luogo,  per  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    Inoltre, la stessa disposizione - pur dichiarando  di  rispettare
le modalita' di  attribuzione  delle  quote  delle  entrate  erariali
spettanti alla Regione, quali disciplinate dalle norme di  attuazione
dello statuto speciale di autonomia ed in particolare dall'art. 2 del
d.lgs. n. 114 del 2016 - disegna un assetto normativo che tradisce le
finalita' di quest'ultimo articolo. 
    L'art. 2, appena citato, si limita a prevedere che,  con  decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con  la
Regione autonoma  Sardegna,  siano  individuati  tempi,  procedure  e
modalita' volti a  garantire  il  riversamento  diretto  nelle  casse
regionali del gettito spettante alla Regione. 
    Cio' significa che, secondo tale art. 2, le somme spettanti  alla
Regione  autonoma  Sardegna  non  dovranno  piu'  essere  previamente
incamerate dalla Ragioneria generale dello  Stato,  prima  di  essere
destinate  alle  casse   regionali   (ovvero   ai   ricordati   conti
infruttiferi). 
    Dunque, nella logica della norma di  attuazione  statutaria,  non
sono in alcun modo incise le modalita' di tenuta dei conti regionali,
nel perdurante rispetto della disciplina prevista dalla legge statale
sulla tesoreria unica. 
    La  disposizione  regionale  impugnata,  invece,  prevedendo   la
diretta affluenza all'ASE (e non alle casse regionali, ossia ai conti
infruttiferi  presso  la  tesoreria)  delle  entrate   di   spettanza
regionale, introduce un passaggio intermedio  che  contrasta  con  la
previsione del riversamento diretto di tali risorse dallo Stato  alle
casse regionali disposto dalla norma di attuazione statutaria. In tal
modo, quest'ultima, lungi dall'essere rispettata,  come  testualmente
proclamato dalla disposizione censurata, risulta invece disattesa. 
    Ne' vale obiettare - come fa la Regione resistente  -  che  l'ASE
potra' essere, a  sua  volta,  assoggettata,  con  atto  statale,  al
sistema di tesoreria unica. 
    In primo luogo, infatti,  una  tale  determinazione  non  risulta
intervenuta e, in ogni caso, il Governo, generalmente,  assoggetta  a
tesoreria unica gli enti che  ricevono  trasferimenti  a  carico  del
bilancio dello Stato, mentre gli  oneri  derivanti  dall'applicazione
della legge regionale istitutiva dell'ASE sono  ovviamente  a  carico
del bilancio regionale  (come  si  desume  dall'art.  15  legge  reg.
Sardegna n. 25 del 2016). 
    In secondo luogo, e conclusivamente, per costante  giurisprudenza
di questa Corte, il giudizio di legittimita' costituzionale  promosso
in via principale e' condizionato solo alla pubblicazione della legge
che si presume illegittima. E' la mera  pubblicazione  di  una  legge
regionale potenzialmente lesiva della ripartizione  di  competenze  a
giustificarne l'impugnativa davanti a  questa  Corte,  a  prescindere
dagli effetti che  essa  abbia  o  non  abbia  prodotto  (ex  multis,
sentenze n. 262 del 2016 e n. 118 del  2015):  dunque,  e  a  maggior
ragione, il  giudizio  in  via  principale  non  e'  condizionato  da
successive,  eventuali  e  discrezionali  determinazioni  del  potere
esecutivo  che  su  tali  effetti  possano  incidere,  nel  senso  di
escluderli o limitarli. 
    La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  del  primo
periodo del comma 5 dell'art. 1 della legge regionale n. 25 del  2016
non puo' che coinvolgere anche l'ultimo periodo del  medesimo  comma,
al primo indissolubilmente legato. 
    Invero, anche accedendo alla lettura  che  di  tale  disposizione
offre la Regione resistente - nel senso che la norma  si  limiterebbe
ad assegnare alla Giunta regionale il potere di regolare  i  rapporti
tra l'ASE e l'amministrazione regionale, e dunque le  modalita'  e  i
tempi di riversamento nelle  casse  regionali,  successivamente  alla
liquidazione, da parte dello Stato, delle quote di  compartecipazione
regionale ai tributi erariali -  tale  comma  presuppone  appunto  il
preventivo afflusso diretto di tali somme all'ASE, in contrasto, come
si e' detto, con il  sistema  di  tesoreria  unica,  con  conseguente
violazione, altresi', dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    7.- L'art. 9, comma 3, lettera a), della legge reg.  Sardegna  n.
25 del 2016, non impugnato con il  ricorso  statale,  cosi'  dispone:
«[l]'ASE: a) riversa nelle casse regionali le entrate di  competenza,
con le modalita' e i tempi stabiliti con deliberazione  della  Giunta
regionale adottata su proposta dell'Assessore competente  in  materia
di entrate». 
    Si tratta, evidentemente, della  disciplina  dell'esecuzione,  da
parte dell'ASE, di quanto la Giunta regionale sarebbe  autorizzata  a
deliberare in forza dell'art. 1, comma 5, della legge  reg.  Sardegna
n. 25 del 2016. 
    Pertanto,  alla  luce  del  rapporto  di  stretta  ed   esclusiva
dipendenza funzionale che lega  le  due  proposizioni  normative  (da
ultimo, sentenza n. 36 del 2017), ai sensi dell'art. 27  della  legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della  Corte  costituzionale),  la   dichiarazione   d'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 5, della legge reg. Sardegna n.  25
del  2016  comporta,  in  via  conseguenziale,   l'estensione   della
dichiarazione anche all'art. 9, comma 3, lettera a),  della  medesima
legge. 
    8.-   Residuano,   infine,   le   questioni    di    legittimita'
costituzionale proposte avverso l'art. 3, comma 3, della  legge  reg.
Sardegna n. 25 del 2016 - per violazione degli artt. 81, terzo comma,
e 117, secondo comma, lettera g), Cost. - nella parte in cui  prevede
che l'ASE operi «un raccordo continuo con la struttura statale», allo
scopo di verificare l'esattezza dei dati e  dei  calcoli  (anche)  da
questa effettuati, in vista di garantire l'esatta  determinazione  di
quanto spettante a titolo di compartecipazione regionale  alle  quote
erariali. 
    8.1.- Inammissibile, in primo  luogo,  e'  la  questione  che  il
ricorrente  solleva  sulla  disposizione   citata,   per   violazione
dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    Sostiene in proposito l'Avvocatura generale dello Stato che  essa
provocherebbe un incremento di attivita' amministrativa sull'apparato
statale e quindi maggiori  oneri,  senza  copertura  finanziaria,  in
lesione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    La censura e' presentata in modo apodittico. Il ricorso, infatti,
non espone le ragioni per  le  quali  il  raccordo  dell'ASE  con  la
struttura  finanziaria  statale   provocherebbe,   come   conseguenza
dell'incremento di attivita' amministrativa  a  carico  dell'apparato
statale, maggiori oneri  finanziari:  mentre  avrebbe  dovuto  essere
quantomeno  dimostrata  l'impossibilita'  di   svolgere   l'attivita'
amministrativa di raccordo con le risorse umane e  materiali  gia'  a
disposizione. 
    Essendo del tutto mancante una «specifica e congrua  indicazione»
(sentenza n. 32 del 2017) delle ragioni per le quali sussisterebbe il
contrasto con il parametro evocato, la censura non  raggiunge  quella
soglia minima di chiarezza cui  la  giurisprudenza  di  questa  Corte
subordina l'ammissibilita' delle impugnative proposte nei giudizi  di
legittimita' costituzionale in via principale (ex multis, sentenze n.
105 e n. 50 del 2017). 
    8.2.-  Sostiene  inoltre  il  ricorrente  che   l'incremento   di
attivita' amministrativa  indotto  dalla  disposizione  impugnata  si
porrebbe in contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  g),
Cost., che riserva alla legislazione esclusiva statale l'«ordinamento
e l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli  enti  pubblici
nazionali». La norma regionale,  priva  di  competenza  al  riguardo,
infatti,  imporrebbe  necessariamente,  in  capo  all'amministrazione
statale, una diversa  ed  ulteriore  regolamentazione  della  propria
organizzazione. 
    La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' chiarito che, fermo  restando  il  principio
per  cui  le  Regioni  non  possono  porre  a  carico  di  organi   o
amministrazioni dello Stato compiti e attribuzioni ulteriori rispetto
a quelli individuati con legge statale, deve nondimeno essere esclusa
«la configurabilita' di un vulnus delle competenze statali  nel  caso
di semplice acquisizione di informazioni,  trattandosi  di  strumento
con il quale si esplica, ad un livello minimo, la leale  cooperazione
tra Stato e Regioni, in vista  dell'esigenza  di  garantire  il  piu'
efficiente  esercizio  delle  attribuzioni  tanto   statali,   quanto
regionali (sentenza n. 327 del 2003, con richiamo  alla  sentenza  n.
412 del 1994)» (sentenza n. 104 del 2010). 
    Nella stessa direzione, la sentenza n. 10 del 2008  ha  affermato
che «l'acquisizione, l'elaborazione e lo scambio di informazioni  non
determinano,   di   regola,   alcuna   lesione    di    attribuzioni,
rispettivamente statali o regionali, ma  rappresentano,  in  realta',
strumenti con i quali si esplica, ad  un  livello  minimo,  la  leale
cooperazione tra Stato e Regioni (sentenza n. 42 del 2006)». 
    Tali conclusioni sono ulteriormente confermate dal fatto  che  la
stessa legislazione statale si orienta nel  senso  del  rafforzamento
dello scambio di informazioni, in materie omogenee a  quelle  oggetto
della legge reg. Sardegna n. 25  del  2016:  l'art.  70  del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.  42),  infatti,  dispone
che «[g]li organi statali  e  le  regioni  sono  tenuti  a  fornirsi,
reciprocamente e a richiesta, ogni  notizia  utile  allo  svolgimento
delle proprie funzioni nella materia  di  cui  al  presente  decreto,
nonche'  a  concordare  le  modalita'  di  utilizzazione  comune  dei
rispettivi sistemi informativi e le altre forme di collaborazione». 
    Questa Corte non puo', inoltre, esimersi dall'osservare che,  nei
rapporti   tra   Stato   e   Regione   autonoma   Sardegna,   proprio
l'impossibilita', per  la  Regione,  di  giovarsi  della  precisa  (e
preventiva) conoscenza delle risorse  finanziarie  disponibili,  allo
scopo di redigere puntualmente il bilancio regionale, e'  stata  alla
base della cosiddetta "vertenza entrate". 
    Del resto, la stessa delibera che autorizza la  proposizione  del
ricorso statale  qui  deciso  riconosce  la  sussistenza  di  «giuste
istanze informative» in capo alla Regione. 
    Giova, infine, ribadire quanto di  recente  affermato  da  questa
Corte, proprio in materia di relazioni finanziarie tra lo Stato e  le
autonomie speciali: «[e'] utile ricordare come il sistema  tributario
regionale sia caratterizzato, quasi per intero, dall'eteronomia della
struttura    dei    tributi    (propri     derivati,     addizionali,
compartecipazioni  al   gettito   di   quelli   erariali)   e   dalla
centralizzazione dei meccanismi di riscossione e riparto tra gli enti
territoriali, soluzioni  giustificate  dall'interrelazione  con  piu'
parametri costituzionali di primaria importanza, tra i quali spiccano
il coordinamento della finanza pubblica ed il  rispetto  dei  vincoli
comunitari ex art. 117, primo comma, Cost., e come  tale  "supremazia
normativa" sia giustificata  sul  piano  funzionale  da  inderogabili
istanze unitarie che permeano la Costituzione. Tuttavia, aggiungere a
questa  fondamentale  prerogativa  del  legislatore   statale   anche
l'esonero  per  lo  Stato  dall'obbligo  di  rendere  ostensibili   e
confrontabili i  dati  necessari  per  una  corretta  attuazione  del
precetto costituzionale, inerente  alla  salvaguardia  delle  risorse
spettanti  all'autonomia  speciale,   costituisce   un'ingiustificata
compressione dell'autonomia stessa» (sentenza n. 188 del 2016).