ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma
3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di  spese  di  giustizia  (Testo  A)»,  come
modificato dall'art.  1,  comma  598,  lettera  a),  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2014)», in combinato disposto con l'art. 12,  comma  2,  del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso dalla  Commissione
tributaria regionale della Campania nel procedimento vertente tra  R.
O. e il Ministero dell'economia e delle finanze, con ordinanza del 19
aprile 2016, iscritta  al  n.  227  del  registro  ordinanze  2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 2017  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    Ritenuto che la Commissione tributaria regionale della  Campania,
con ordinanza del 19 aprile 2016 (reg. ord.  n.  227  del  2016),  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,
comma 3-bis, del decreto del Presidente della  Repubblica  30  maggio
2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di  spese  di  giustizia  (Testo  A)»,  come
modificato dall'art.  1,  comma  598,  lettera  a),  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2014)», in combinato disposto con l'art. 12,  comma  2,  del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in riferimento  agli  artt.
3, 24, 113 e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione agli artt. 6, 13 e 18 della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848; 
    che  la  disposizione  censurata  stabilisce  che,  nei  processi
tributari, il valore della lite - al quale e'  commisurato  l'importo
del contributo unificato dovuto in base al precedente art.  13  -  e'
determinato, per ciascun atto impugnato anche in  appello,  ai  sensi
del comma 2 dell'art. 12 del d.lgs. n. 546  del  1992,  e  successive
modificazioni; 
    che, in punto di rilevanza, la Commissione tributaria  rimettente
ritiene  la  questione   di   legittimita'   sollevata   strettamente
funzionale  alla  decisione  della  causa,  in  cui  si  controverte,
appunto, della legittimita' della pretesa tributaria in  relazione  a
ciascun atto impugnato e, quindi, «per cosi' dire, atomistica  e  non
cumulativa  del  contributo  unificato»,  secondo   quanto   previsto
dall'art. 14, comma 3-bis, del d.P.R. n. 115  del  2002  (che  rinvia
all'art. 12, comma 2,  del  d.lgs.  n.  546  del  1992),  cosi'  come
modificato dall'art. 1, comma 598, della legge n. 147 del 2013; 
    che, in  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza,  secondo  la
rimettente, le disposizioni censurate lederebbero, innanzitutto,  gli
artt. 3 e 24 Cost., in quanto la necessita'  di  corrispondere  tanti
contributi unificati quanti sono gli atti impositivi, e non  gia'  un
solo contributo sulla somma dei valori, secondo quanto  previsto  dal
codice di procedura civile e, in particolare, dall'art. 10 cod. proc.
civ., costituirebbe un onere eccessivo, irrazionale  e  punitivo  per
chi intenda adire la giustizia tributaria, condizionandone il diritto
di accesso; 
    che sarebbero inoltre lesi l'art. 3 Cost., sotto il profilo della
disparita' di trattamento,  in  quanto  irragionevolmente  i  ricorsi
tributari sarebbero trattati diversamente dalle azioni  promosse  nel
processo civile ed in quello amministrativo in cui  il  valore  della
lite e' dato dalla somma del valore delle domande; l'art. 113  Cost.,
dal  momento  che  l'aggravio  economico  subito  dal  ricorrente  si
tradurrebbe in una minore possibilita' di reazione  avverso  atti  di
imposizione  tributaria  promananti  sempre  da  soggetti   pubblici,
nonche' l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6, 13
e 18 della CEDU - i quali sanciscono rispettivamente il diritto ad un
processo equo, ad un ricorso effettivo e il  divieto  di  restrizione
dei diritti non connessa allo scopo per cui e' stata prevista  -,  in
quanto  non  sarebbe  valorizzata  la  logica  della  concretezza   e
dell'effettivita' del diritto di difesa ad essi sottesa; 
    che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri  che
ha  concluso  per  l'inammissibilita'  o  la  non  fondatezza   della
questione sollevata; 
    Considerato  che  la  Commissione  tributaria   regionale   della
Campania dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di  spese  di  giustizia  (Testo  A)»,  come
modificato dall'art.  1,  comma  598,  lettera  a),  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2014)», in combinato disposto con l'art. 12,  comma  2,  del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in riferimento  agli  artt.
3, 24, 113 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  agli
artt. 6, 13 e 18 della CEDU; 
    che,  tuttavia,  pur  essendo  censurata  la  disposizione  nella
formulazione successiva alla legge n. 147 del 2013, il giudice a quo,
non ha  dato  conto  dell'applicabilita'  di  detta  disposizione  al
contributo in questione e, in particolare,  non  ha  indicato  -  ne'
risulta altrimenti evincibile dal corpo dell'ordinanza di  rimessione
- la data di iscrizione a ruolo del  ricorso  per  il  quale  sarebbe
stato parzialmente evaso il contributo; 
    che la Commissione rimettente  ha  dunque  omesso  di  descrivere
compiutamente la fattispecie concreta sottoposta al suo  giudizio  e,
conseguentemente, di fornire un'adeguata motivazione in  ordine  alla
rilevanza della questione; 
    che   le   menzionate   carenze,   con   specifico    riferimento
all'applicazione nel giudizio a quo  del  censurato  art.  14,  comma
3-bis, come modificato dalla legge n. 147  del  2013,  impediscono  a
questa Corte la necessaria verifica della rilevanza della  questione,
con conseguente  declaratoria  di  manifesta  inammissibilita'  della
stessa (ex plurimis, ordinanze n. 196 del 2016, n. 148 del  2015,  n.
176 del 2014). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale.