ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione  Abruzzo  7  marzo  2017,  n.  16  (Rendiconto  generale  per
l'esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio  e
nota illustrativa preliminare) e,  in  particolare,  degli  artt.  1,
commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12, promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 19-22 maggio 2017,  depositato
in cancelleria il 29 maggio 2017 e iscritto al  n.  41  del  registro
ricorsi 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  9  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Stefania  Valeri  per  la
Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato
l'intera legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16  (Rendiconto
generale per l'esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale  del
patrimonio e nota illustrativa preliminare), nonche', specificamente,
gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della medesima legge, per
violazione degli artt. 81, quarto comma, e 117,  terzo  comma,  della
Costituzione, anche in riferimento all'art. 29, comma 1, del  decreto
legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali  e  norme  di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle regioni,
in attuazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 25  giugno  1999,
n. 208) ed all'art. 39, comma 1, della legge Regione Abruzzo 25 marzo
2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo). 
    1.1.- Espone il Presidente del Consiglio dei ministri che con  la
legge  reg.  n.  16  del  2017  la  Regione  Abruzzo  ha  emanato  le
disposizioni in tema di Rendiconto  generale  per  l'esercizio  2013,
conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota  illustrativa
preliminare. Secondo  il  ricorrente,  con  le  norme  denunciate  in
epigrafe,  la  Regione  Abruzzo  avrebbe   ecceduto   dalla   propria
competenza per i seguenti motivi. 
    1.2.- L'art. 1, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n.  16  del
2017 violerebbe gli artt. 81,  quarto  comma,  e  117,  terzo  comma,
Cost., anche in riferimento all'art. 29, comma 1, del  d.lgs.  n.  76
del 2000 e all'art. 39, comma 1, della legge reg. Abruzzo  n.  3  del
2002. 
    Premette il ricorrente che l'art. 1 della legge regionale  n.  16
del 2017 prevede, al primo comma, che  «il  rendiconto  generale  per
l'esercizio finanziario 2013 e' approvato  con  le  risultanze  negli
articoli che seguono» e, al secondo comma,  che  «sono  approvate  le
previsioni definitive  di  competenza  come  indicate  nel  conto  di
bilancio allegato alla presente legge». In base  al  successivo  art.
19, comma 1, la legge regionale n. 16 del 2017 e' entrata  in  vigore
il 21 marzo 2017, giorno successivo a quello della sua  pubblicazione
nel BURAT (Bollettino Ufficiale della  Regione  Abruzzo  in  versione
telematica). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  obietta  che  la  legge
regionale n. 16 del 2017 sarebbe  stata  quindi  approvata  in  forma
legislativa oltre i termini imposti  dall'art.  39,  comma  1,  della
legge reg. Abruzzo n. 3 del 2002. Tale  norma  prevede,  infatti,  al
primo comma, che «Il rendiconto generale e' predisposto dalla Giunta,
ed e' approvato dal Consiglio entro il 30 giugno e comprende il conto
del bilancio  e  il  conto  generale  del  patrimonio  e  dimostra  i
risultati della gestione». 
    Si  tratterebbe,  secondo  il  ricorrente,   di   una   tassativa
previsione temporale, coerente  con  quanto  dispone[va]  l'art.  29,
comma 1, del decreto legislativo n. 76 del 2000 il quale prevede  che
«il  rendiconto  generale  della  regione  e'  approvato  con   legge
regionale entro il 30 giugno dell'anno successivo  all'esercizio  cui
questo si riferisce». Al riguardo, la difesa dello Stato precisa  che
il predetto comma trovava applicazione  alla  fattispecie  in  esame,
poiche' e' stato abrogato dalla lettera c) del comma 1, dell'art. 77,
del decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e  2  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42),
aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aa), del  decreto  legislativo
10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni  integrative  e  correttive  del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante  disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.  42),  ma  a
decorrere dal 1° gennaio 2015. 
    1.3.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri gli  artt.
8, 9, 10, 11 e 12 della legge Regione Abruzzo n. 16 del 2017  violano
gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), e terzo
comma, Cost. 
    1.3.1.-  Premette  il  ricorrente  che,  con   la   delibera   n.
39/2016/PARI, la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo  per
l'Abruzzo, ha parificato il  rendiconto  generale  riferito  all'anno
2013 della Regione Abruzzo con talune eccezioni, tra cui  i  capitoli
concernenti le economie vincolate riprogrammate per finalita' diverse
da  quelle  inizialmente  previste  e  la  mancata   neutralizzazione
dell'anticipazione di liquidita' ricevuta ai sensi  dell'art.  3  del
decreto-legge n. 35 del 2013. Inoltre, su tali argomenti, la predetta
Corte ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale  nei
confronti degli artt. 7, commi 1, 2 e 3, della  legge  della  Regione
Abruzzo n. 2 del  2013,  recante  «Disposizioni  finanziarie  per  la
redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 -  2015  della
Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)», degli  artt.  1,
4, 11 e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo n. 3 del  2013
(Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013  -  Bilancio
pluriennale 2013/2015) e  dell'art.  16  della  legge  della  Regione
Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20  (Modifiche  alla  legge  regionale  10
gennaio 2013, n. 2 recante «Disposizioni finanziarie per la redazione
del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013  -  2015  della  Regione
Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale  2013)»,  modifiche  alla  legge
regionale 10 gennaio 2013, n. 3 recante «Bilancio di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2013  -  bilancio  pluriennale  2013-2015»  e
ulteriori disposizioni normative).  Conseguentemente  ha  sospeso  il
giudizio per le  voci  non  parificate,  interessate  dalle  suddette
disposizioni. La Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.  89  del
2017, depositata il 27 aprile 2017,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale delle predette norme censurate.  Questa  decisione  ha
rilevato una violazione del principio di equilibrio del bilancio  con
riferimento ad economie vincolate riprogrammate per obiettivi diversi
da quelli inizialmente previsti, finanziate da avanzo  non  accertato
in  via  definitiva  con  l'approvazione  del   rendiconto   relativo
all'esercizio precedente. Tale «riprogrammazione» ha  determinato  un
incremento indebito della spesa, attraverso l'iscrizione  illegittima
dell'avanzo di amministrazione ed in assenza di un autentico  vincolo
di destinazione. 
    Evidenzia il ricorrente che, per quello che rileva in particolare
in questa sede, la Corte  non  ha  accolto  le  difese  svolte  dalla
Regione Abruzzo, tra le quali l'argomento secondo cui la sopravvenuta
legge regionale n. 16 del 2017, impugnata con  il  presente  ricorso,
avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l'accertamento
di un congruo avanzo di amministrazione (punto 4. del Considerato  in
diritto):  ha  affermato  difatti  la  Corte  costituzionale  che  la
predetta  legge  regionale  «produce  norme  e  meccanismi  contabili
elusivi  dei  medesimi  precetti  in  questa  sede  invocati».   Tale
risultato di amministrazione, infatti, secondo la  citata  decisione,
non  risulta  affidabile  in  quanto   «ritenuto   parziale   e   non
attendibile» dalla Corte dei conti, sezione  regionale  di  controllo
per l'Abruzzo, la quale non ha parificato ingenti poste  dei  residui
attivi e passivi, rilevando considerevoli criticita'  sia  in  merito
alla loro sussistenza  ed  al  loro  mantenimento  in  bilancio,  sia
riguardo alle ricadute dell'operazione di riaccertamento dei  residui
compiuta dalla Regione, in termini di certezza  delle  risultanze  di
bilancio. Detto avanzo infatti, prosegue la sentenza n. 89 del  2017,
viene ottenuto attraverso una operazione contabile non  corretta,  in
quanto,   indipendentemente   dalla   procedura   di   riaccertamento
straordinario dei residui prevista dal decreto legislativo n. 118 del
2011 (che non e' qui in  discussione),  sussiste  comunque  l'obbligo
indefettibile   per   ciascun   ente   territoriale   di   effettuare
annualmente,  ed  in  ogni  caso  prima  della  predisposizione   del
rendiconto, l'esatta ricognizione dei residui attivi  e  passivi.  La
ricognizione annuale dei  residui  attivi  e  passivi  e'  operazione
propedeutica  a  qualsiasi  rendiconto,   in   quanto   consente   di
individuare formalmente: crediti  di  dubbia  e  difficile  esazione;
crediti  inesigibili  ed   insussistenti   (per   l'avvenuta   legale
estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito); debiti
prescritti; somme da portare in economia e, in ogni  caso,  tutte  le
componenti degli esercizi decorsi che influiscono  sul  risultato  di
amministrazione. E' evidente che senza una verifica di tal genere non
si puo' procedere all'approvazione  del  rendiconto,  ancorche'  tale
procedura sia rafforzata, come nel caso delle Regioni,  dall'adozione
di un atto legislativo. In definitiva, la legge sopravvenuta, oltre a
non avere un legame diretto con  le  norme  impugnate,  non  assicura
chiarezza e stabilita' ai conti regionali, peggiorando la  situazione
dell'ente territoriale, anche per l'assenza di punti  di  riferimento
sicuri  quali  la  continuita'  con  le  risultanze  degli   esercizi
pregressi e l'esatta contabilizzazione dei crediti e dei debiti  allo
stato esistenti (punto 6.4. del Considerato in diritto della sentenza
n. 89 del 2017). 
    Osserva ulteriormente il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
che nella citata sentenza n. 89 del 2017 (punto 8 del Considerato  in
diritto) si trova affermato che «la regolarizzazione della tenuta dei
conti non consiste nel mero rispetto della sequenza  temporale  degli
adempimenti  legislativi  ed  amministrativi  afferenti  al  bilancio
preventivo e consuntivo. Il nucleo della  sana  gestione  finanziaria
consiste,  al  contrario,   nella   corretta   determinazione   della
situazione economico-finanziaria da cui prende  le  mosse  e  a  cui,
successivamente,   approda    la    gestione    finanziaria».    Tale
determinazione, prosegue la pronuncia richiamata dalla  difesa  dello
Stato, «e' strettamente correlata al principio di  continuita'  degli
esercizi  finanziari,  per  effetto  del  quale  ogni  determinazione
infedele del risultato di  amministrazione  si  riverbera  a  cascata
sugli  esercizi  successivi.  Ne  risulta  cosi'  coinvolto  in  modo
durevole l'equilibrio del bilancio: quest'ultimo,  considerato  nella
sua prospettiva dinamica, la quale "consiste nella  continua  ricerca
di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse  disponibili  e
spese necessarie per  il  perseguimento  delle  finalita'  pubbliche"
(sentenza n. 266 del 2013; in senso conforme,  sentenza  n.  250  del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata
da perturbanti potenzialita' di indeterminazione». Sono  «Proprio  la
costanza  e  la  continuita'  di  tale  ricerca»  che  «ne   spiegano
l'operativita' nell'arco di piu' esercizi finanziari;  al  contrario,
prendere le  mosse  da  infedeli  rappresentazioni  delle  risultanze
economiche  e  patrimoniali   provoca   un   effetto   "domino"   nei
sopravvenienti   esercizi,   pregiudicando   irrimediabilmente   ogni
operazione di  risanamento  come  quella  rivendicata  dalla  Regione
Abruzzo attraverso  le  norme  censurate  e  la  legge  sopravvenuta»
(sentenza n. 89 del 2017). «In questa prospettiva sia le disposizioni
di legge denunciate dalla magistratura rimettente, sia la  richiamata
legge  reg.  Abruzzo  n.  16  del  2017  pregiudicano   ulteriormente
l'equilibrio finanziario della  Regione  Abruzzo,  gia'  storicamente
inciso  dalle  pregresse  gestioni  e  dalle  disposizioni  di  legge
regionale che ne erano alla base». 
    Inoltre, prosegue  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
sempre nella medesima sentenza n. 89 (punto 8.1. del  Considerato  in
diritto) si pone in luce che «[...] le  norme  censurate  ripetono  e
aggravano fenomeni distorsivi della finanza regionale gia' oggetto di
sindacato negativo da parte di questa Corte (infedelta' del risultato
d'amministrazione e mancato accertamento dei residui; sforamento  dei
limiti di  spesa  attraverso  l'iscrizione  di  fittizie  partite  di
entrata quali l'avanzo di amministrazione presunto: sentenze  n.  192
del 2012 e n. 250  del  2013),  mentre  la  sopravvenuta  legge  reg.
Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a non tenere in alcun conto la parifica
parziale  della  Corte  dei  conti   effettuata   con   delibera   n.
39/2016/PARI, finisce per  alterare  in  modo  ancor  piu'  grave  le
disfunzioni accertate per gli anni precedenti». Infine, si rileva che
«l'operazione di risanamento dei conti auspicata  dalla  Regione  non
puo' che passare dall'adeguamento  ai  principi  espressi  da  questa
Corte. Cio' soprattutto attraverso  un  corretto  riaccertamento  dei
residui attivi  e  passivi  che  possa  consentire  una  credibile  e
congruente   determinazione    del    risultato    d'amministrazione,
eventualmente usufruendo - ove risulti un deficit  non  riassorbibile
in un  solo  anno  -  delle  opportunita'  di  copertura  dilazionata
consentite dalla  legislazione  statale  agli  enti  territoriali  in
particolare situazione di disagio  (in  ordine  a  tali  disposizioni
legislative, sentenze n. 6 del 2017 e n. 107 del 2016).  E'  evidente
che, senza tali verifiche,  ogni  procedimento  volto  ad  assicurare
chiarezza e stabilita' ai  conti  regionali  ed  a  recuperare  fondi
vincolati, incamerati e non spesi negli esercizi precedenti,  rischia
di fallire, se non di peggiorare la situazione dell'ente territoriale
per l'assenza di punti di riferimento sicuri, in ordine alle  risorse
disponibili ed allo stato dei programmi  e  degli  interventi  a  suo
tempo intrapresi» (punto 8.2. del Considerato in diritto). 
    1.3.2.- Tanto premesso, espone il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, che la legge reg. n. 16 del 2017, all'art. 8,  determina  i
residui attivi a chiusura dell'esercizio 2013; all'art. 9 determina i
residui passivi a chiusura dell'esercizio 2013; all'art. 10 il  saldo
finanziario positivo al 31 dicembre 2013; all'art. 11, approvando  la
tabella «Residui perenti ed economie vincolate 2013»,  riconosce  gli
importi delle «economie  riprogrammate»,  oggetto  di  rilievo  della
Corte dei Conti, e, all'art. 12, rileva un  disavanzo  effettivo  che
include l'importo dell'anticipazione di liquidita', sebbene  non  sia
rappresentato nel conto finanziario. 
    Gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 citati contrasterebbero, quindi,  con
l'intero art. 81 Cost. e, in particolare,  con  il  quarto  comma  4,
nonche' con l'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  in  materia  di
sistema contabile dello  Stato,  nonche'  con  le  fonti  interposte,
rappresentate dai principi di coordinamento  della  finanza  pubblica
emanati dal legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili
limitazioni ai  saldi  dei  bilanci  regionali  (sono  richiamate  le
sentenze n. 115 del 2012 e n. 70 del 2012) e con  l'art.  117,  terzo
comma,  Cost.,   in   riferimento   ai   principi   fondamentali   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Secondo il ricorrente  tutte  le  richiamate  disposizioni  della
legge   regionale   n.   16    del    2017    dovrebbero    ritenersi
costituzionalmente   illegittime    proprio    sulla    base    delle
considerazioni svolte nel secondo motivo di ricorso.  Si  tratterebbe
di un provvedimento normativo che  nel  suo  complesso  e  nella  sua
interezza pregiudicherebbe  «ulteriormente  l'equilibrio  finanziario
della Regione Abruzzo», e finirebbe anche «per alterare in modo ancor
piu' grave le disfunzioni accertate  per  gli  anni  precedenti»,  in
violazione dei richiamati parametri costituzionali di cui agli  artt.
81, in particolare il quarto comma, 117, secondo comma, lettera e), e
terzo.   L'illegittimita'   costituzionale   del   Rendiconto    2013
deriverebbe,  quindi,  dalla  sua  non   conformita'   ai   «principi
fondamentali» sopra illustrati anche in materia di armonizzazione dei
bilanci pubblici, applicabile alla fattispecie ratione temporis. 
    1.4.- Conclude quindi il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
chiedendo che la legge regionale  Abruzzo  n.  16  del  2017,  e,  in
particolare gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12, indicata  in
epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Abruzzo,  in  persona
del suo Presidente pro tempore. 
    2.1.- La  Regione  Abruzzo  rammenta  che  l'odierna  impugnativa
giunge  all'indomani  del  giudizio  riguardante  la   questione   di
legittimita' costituzionale promossa dalla Corte dei  conti,  sezione
regionale di controllo per l'Abruzzo, con  ordinanza  n.  13  del  26
febbraio 2016 (iscritta  al  n.  97  del  registro  ordinanze  2016),
conclusa con la sentenza n. 89 del 2017. 
    Alla base delle  questioni  sollevate  nell'odierna  circostanza,
secondo la Regione resistente, l'Avvocatura dello Stato rileva la non
attendibilita'  del  risultato  di  amministrazione  compiuto   dalla
Regione Abruzzo in ordine al riaccertamento dei residui e richiama le
considerazioni rese da codesta  Corte  nella  citata  sentenza  circa
l'inesattezza  dell'operazione  contabile   compiuta   dagli   uffici
regionali. 
    A tal proposito, la Regione Abruzzo ritiene necessaria  una  piu'
dettagliata ed esaustiva illustrazione delle  disposizioni  contenute
nella legge reg. n. 16 del 2017 e del percorso seguito  dagli  uffici
regionali  per   il   riaccertamento   contabile,   con   contestuale
accantonamento, allo scopo  di  chiarire  come  le  risultanze  dello
stesso sarebbero rispondenti alle richieste  avanzate  innanzi  tutto
dalla Corte dei conti, e che le doglianze lamentate  nel  ricorso  da
parte avversa sarebbero del tutto infondate. 
    2.2.-  Relativamente  alla   tempistica   di   approvazione   del
rendiconto generale per l'anno 2013, censurato con il primo motivo di
ricorso, la Regione Abruzzo evidenzia che il termine  del  30  giugno
non potrebbe essere inteso in maniera perentoria, tale da  precludere
in maniera categorica la possibilita' di adozione  di  un  successivo
provvedimento in merito e non  potrebbe,  quindi,  comportare  alcuna
decadenza  rispetto  all'approvazione   del   rendiconto   regionale;
piuttosto, essa sarebbe sintomatica di una programmazione  del  ciclo
di bilancio non perfettamente allineata: circostanza  gia'  censurata
dalla  Corte  dei  conti  con  espresso  riguardo  alla  vicenda   in
discussione ed alla quale la legge  regionale  in  oggetto  intendeva
porre parziale rimedio. 
    In nessun caso, peraltro, secondo la Regione resistente, potrebbe
ritenersi preclusa un'approvazione tardiva dei documenti contabili di
rendicontazione, visto che, sia l'art. 39 della legge reg. n.  3  del
2002 concernente l'ordinamento contabile regionale, sia la  normativa
statale applicabile alla fattispecie in esame (l'art. 29  del  d.lgs.
n. 76 del 2000), non attribuiscono ad altri soggetti la competenza in
materia di approvazione dei rendiconti in caso  di  mancato  rispetto
del termine de quo. 
    Resterebbe,  pertanto,  ineludibile  prerogativa  del   Consiglio
regionale, pure se in un momento successivo al predetto  termine,  la
competenza inerente l'approvazione  della  legge  di  rendiconto,  su
iniziativa della Giunta regionale. 
    Del resto, secondo la Regione Abruzzo la mancata approvazione del
rendiconto generale verrebbe a creare  un  vulnus  ancor  piu'  grave
nell'ordinamento contabile, anche  in  termini  di  coordinamento  di
finanza pubblica, impedendo cosi' il perseguimento degli obiettivi di
convergenza e di stabilita' derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
all'Unione Europea. 
    Nell'ipotesi  in  cui  la  legge  regionale  in   esame   venisse
dichiarata incostituzionale per il solo motivo riguardante il mancato
rispetto della data del 30 giugno dell'anno successivo, si  creerebbe
una insostenibile situazione  giuridica  che,  impedendo  in  termini
assoluti   di   sanare,   anche   a   posteriori,   l'attivita'    di
rendicontazione, produrrebbe una  paralisi  senza  via  d'uscita  per
l'amministrazione  regionale   con   le   intuibili   e   inevitabili
ripercussioni sulla finanza pubblica. 
    Evidenzia  ulteriormente  che  precedenti  leggi   regionali   di
approvazione del rendiconto,  ancorche'  emanate  oltre  il  medesimo
termine, non sono state impugnate dal Governo. 
    2.3.- Relativamente al secondo motivo di gravame, ritiene che  al
provvedimento impugnato dovrebbe essere data una differente lettura. 
    Richiamati  i  vari  passaggi  della  vicenda  amministrativa   e
giudiziaria sottesa  all'adozione  della  legge  regionale  medesima,
rammenta  che  in  seguito  all'approvazione  del  disegno  di  legge
afferente  il  Rendiconto  generale   della   Regione   Abruzzo   per
l'esercizio 2013, la sezione regionale di controllo della  Corte  dei
conti ne ha dichiarato la regolarita' con l'esclusione: 
    «-  del  saldo  finanziario  positivo,  di   cui   al   prospetto
dell'articolo  10  della  proposta  di  legge  di  approvazione   del
rendiconto stesso, pari a euro  1.184.286.519,66  limitatamente  alle
voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli  e  per  gli  importi
riportati negli allegati A, B, C e D: 
    - della  tabella  dei  "residui  perenti  ed  economie  vincolate
esercizio 2013", di cui all'articolo 11 della proposta  di  legge  di
approvazione  del  rendiconto  stesso,   concernente   le   somme   a
destinazione vincolata da reiscrivere negli esercizi successivi,  per
un totale di euro l.722.487.991,46. 
    - dei  capitoli  di  cui  all'allegato  E,  concernente  economie
vincolate riprogrammate per finalita' diverse da quelle  inizialmente
previste   per   un   importo   di   euro   61.899.400,13.   (rectius
61.889.400,13) omissis, secondo le modalita' di cui  all'articolo  7,
commi l, 2 e 3, della L.R. 10 gennaio 2013, n. 2 ..omissis..; 
    -  del  capitolo  21300  ..omissis..  osservato  nell'ambito  del
procedimento  di  controllo  delle  scritture   contabili   su   base
campionaria; 
    - del disavanzo finanziario al termine dell'esercizio pari a euro
- 538.201.471,80, ritenuto parziale e non attendibile, in assenza del
riconteggio  delle  poste  di  cui  sopra  e   della   considerazione
dell'anticipazione di liquidita' ai sensi  del  d.l.  8  aprile  2016
(recante "Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali  e  il
territorio", convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, L. 6 giugno 2013, n. 64)». 
    A  conclusione  del  giudizio  di  parifica  la  stessa   sezione
regionale di  controllo  per  l'Abruzzo  della  Corte  dei  conti  ha
stabilito di promuovere la questione di  legittimita'  costituzionale
in  ordine  alle  sopra  indicate  disposizioni  regionali   riferite
all'esercizio 2013 (art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione
Abruzzo n. 2 del 2013; artt. 1, 4, 11 e  15,  comma  3,  della  legge
della Regione Abruzzo n. 3 del 2013; ed art.  16  della  legge  della
Regione Abruzzo n. 20 del 2013. 
    Le questioni di legittimita' costituzionale sono state decise con
la  sentenza  n.  89  del  27  aprile  2017,  nella  quale  la  Corte
costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita'  delle  richiamate
previsioni, riguardanti le economie riprogrammate (punti da n. 1 a n.
5 del  dispositivo)  e  la  contabilizzazione  dell'anticipazione  di
liquidita'  di  cui  al  d.l.  n.  35  del  2013  (punto  n.  6   del
dispositivo). 
    La Regione Abruzzo rammenta inoltre che in piu' di  un  passaggio
la citata sentenza accenna all'attivita' di correzione dei  conti  da
parte dell'amministrazione regionale, postulando espressamente, prima
delle conclusioni che, «[...] in base  al  principio  dell'equilibrio
dinamico, la Regione Abruzzo e' chiamata, pertanto,  a  rideterminare
il bilancio dell'esercizio 2013 in modo da accertare il risultato  di
amministrazione secondo canoni costituzionalmente corretti». 
    2.4.- Osserva quindi la Regione  Abruzzo  che,  avendo  la  Corte
condiviso le osservazioni in tal  senso  formulate  dalla  Corte  dei
conti,  si  dovrebbe  ritenere  che  i  termini   dell'attivita'   di
adeguamento richiesta  siano  quelli  indicati  nel  punto  1.2.  del
Ritenuto in fatto della sentenza, laddove, nel riportare le richieste
del  giudice  contabile  che  aveva   attivato   quel   giudizio   di
costituzionalita', si precisa che «[...] Le disposizioni  finanziarie
e di  bilancio  censurate,  peraltro,  inciderebbero  sulla  gestione
annuale, determinando un ampliamento non consentito  della  capacita'
di spesa,  pari  all'importo  dell'avanzo  presunto  illegittimamente
utilizzato per finalita'  di  copertura;  inoltre  le  variazioni  di
bilancio, operate con il richiamato art. 16 della legge reg.  Abruzzo
n. 20 del 2013,  avrebbero  generato  un  impatto  sostanziale  sugli
equilibri, sul risultato d'amministrazione e, conseguentemente, anche
sull'equilibrio dei bilanci futuri. Difatti, se  si  applicassero  le
citate disposizioni, il  disavanzo  d'amministrazione  dell'esercizio
2013 rimarrebbe fissato in  euro  538.201.471,80,  come  esposto  nel
progetto di legge di approvazione del rendiconto. Diversamente, se le
stesse venissero dichiarate costituzionalmente illegittime, le  spese
legate  alla  riprogrammazione  di  economie   vincolate   e   quelle
finanziate con le anticipazioni  di  liquidita',  ottenute  ai  sensi
dell'art. 3 del d.l. n. 35 del 2013,  provocherebbero  un  incremento
del disavanzo d'amministrazione del relativo importo (rispettivamente
per euro 61.889.400, 15 ed euro 174.009.000,00)». 
    Evidenzia la Regione che l'ultimo periodo non riporta  il  totale
complessivo,  ma  indica  le  relative  modalita'  di  calcolo:  esse
consisterebbero nel sommare al risultato contenuto nella delibera  di
Giunta  regionale  n.  688/C  del  2015  (antecedente  all'avvio  del
giudizio  di  parifica)  i  due  importi  oggetto  del  giudizio   di
incostituzionalita',   operazione   a   fronte   della    quale    si
determinerebbe un  ammontare  finale  complessivo  del  disavanzo  di
amministrazione pari a 774.099.871,95 (538.201.471,80 + 61.889.400,15
+ 174.009.000,00 = 774.099.871,95). 
    Ne consegue che, prosegue la  resistente,  secondo  le  richieste
della Corte dei conti, il risultato di amministrazione doveva  essere
corretto indicando un valore pari a - 774.099.871,95. 
    Espone la Regione  Abruzzo  che  in  occasione  della  precedente
vertenza da un canto si era costituita  in  giudizio  ma,  dall'altro
canto, a seguito di ulteriori  riflessioni  portate  avanti  con  gli
uffici  finanziari  competenti,  aveva  ravvisato  l'opportunita'  di
adeguarsi alle indicazioni della Corte dei conti,  includendole,  con
adeguata modifica, nell'allora disegno di  legge  per  l'approvazione
del Rendiconto 2013. 
    In  particolare,  si  era  proceduto  a  rivedere  il   risultato
d'amministrazione 2013, inserendo le due poste  di  spesa  contestate
dalla  Corte  dei  conti  e  cioe'  quella  relativa  alle   economie
riprogrammate  (pari  a  euro  61.889.400,15)   e   quella   riferita
all'anticipazione di liquidita' (pari  a  euro  174.009.000,00),  con
peggioramento del risultato d'amministrazione 
    Sicche', con la legge regionale n. 16 del 2017, il  risultato  di
amministrazione  negativo  veniva  rappresentato  pari   a   euro   -
770.134.872,62. 
    Rammenta  che  il  risultato  di   amministrazione   si   compone
attraverso passaggi successivi: 
    a)  dapprima  si  determina  il  saldo  finale   della   gestione
(competenza  e  residui)  cosi'  come  risultante   dalle   scritture
contabili riepilogate nel conto del bilancio. 
    Il saldo attivo finale della gestione e' pari  ad  euro  1.184,28
milioni ed e' costituito dal fondo  di  cassa  c/o  il  tesoriere  al
31.12.2013 pari a euro 372,58 milioni, dai residui attivi pari a euro
2.189,50 milioni e dai residui passivi pari a euro 1.377,80 milioni. 
    Evidenzia in particolare la Regione che il saldo finanziario reca
un  risultato  in  diminuzione  rispetto  all'esercizio   finanziario
precedente, e costituisce l'esito delle procedure  di  riaccertamento
dei residui al 31.12.2013; 
    b) quindi, ai  fini  della  determinazione  dell'effettivo  saldo
finale, occorre  espungere  dall'importo  del  saldo  finanziario  le
seguenti voci: 
    i fondi a destinazione vincolata  eliminati  quali  "economie"  e
"residui  perenti  vincolati"  il  cui  ammontare,  anche  a  seguito
dell'adeguamento alle prescrizioni in sede di  parifica  della  Corte
dei conti, e' risultato pari  a  euro  1.780.412.392,28,  l'ulteriore
accantonamento    di    euro    174.009.000,00    pari    all'importo
dell'anticipazione di liquidita'. 
    c) a fronte delle operazioni in tal senso effettuate si giunge  a
determinare il risultato finale d'amministrazione che,  relativamente
all'esercizio  2013,  e'   negativo   per   l'importo   di   euro   -
770.134.872,62. 
    Tale risultato e'  riportato  negli  artt.  10,  11  e  12  della
medesima legge regionale n. 16 del 2017 e precisamente nella  sezione
IV - "Risultati generali". 
    Dalla lettura delle previsioni che precedono (l'art. 10 determina
il saldo finanziario al  31  dicembre  2013,  l'art.  11  approva  la
tabella delle economie  vincolate  e  l'art.  12  approva  il  quadro
riassuntivo della gestione finanziaria con un disavanzo effettivo  di
euro - 770.134.872,62) sarebbe pertanto possibile concludere  che  il
disavanzo effettivo approvato con la legge regionale n. 16  del  2017
era pari a - 770.134.872,62 euro, sicche' la  differenza  rispetto  a
quanto richiesto dalla sezione regionale di controllo della Corte dei
conti, desumibile dalla modalita' di calcolo indicata nel  punto  1.2
del Ritenuto in fatto della sentenza n. 89 del 2017, sarebbe  pari  a
euro 3.964.999,33. Tale  valore  corrisponderebbe  all'importo  delle
economie vincolate rideterminatesi al termine dell'esercizio 2013 con
riferimento alle somme re-iscritte relative alla riprogrammazione. In
termini piu' semplicistici,  a  fine  annualita'  2013,  rispetto  ai
61.889.400,15  di  euro  reiscritti,  solo  57  milioni  sono   stati
impegnati e, quindi la somma residua,  pari  appunto  a  3.964.999,33
euro, era gia' ricompresa all'interno della  tabella  delle  economie
vincolate pari ad euro l.722.487.991,46, contenuta nella delibera  di
Giunta regionale n. 688/C/2015 di approvazione del rendiconto oggetto
di giudizio di parifica  della  sezione  regionale  della  Corte  dei
conti. Pertanto, l'importo di 3.964.999,33 euro, avendo gia' concorso
alla quantificazione delle economie vincolate, non era stato preso in
considerazione  nel  calcolo  effettuato  e  riportato  nella   legge
regionale n. 16 del 2017, in quanto le pertinenti  somme  erano  gia'
state ricomprese nella determinazione del risultato d'amministrazione
e, dunque, l'aggiunta dell'intero  importo  di  61  milioni  di  euro
all'aumento del disavanzo  avrebbe  comportato  una  duplicazione  di
economie vincolate per 3,9 milioni di euro. 
    In conclusione,  per  le  ragioni  sopra  riportate,  secondo  la
Regione Abruzzo le economie vincolate sono state incrementate  di  un
importo pari alla  differenza  tra  la  somma  re-iscritta  e  quella
impegnata,   ovvero    3.964.999,33    euro,    ed    il    risultato
d'amministrazione dell'anno 2013 e' stato rideterminato,  cosi'  come
richiesto dalla  sezione  regionale  della  Corte  dei  conti,  in  -
770.134.872,62 (disavanzo). 
    2.5.- Ripercorsi nei termini che precedono i passaggi  principali
della procedura contabile seguita dagli uffici  regionali  competenti
per il riaccertamento delle somme  di  cui  al  Rendiconto  2013,  la
Regione Abruzzo richiama le considerazioni in fatto della sentenza n.
89 del 2017, ed alla fine del punto 2.2 del Ritenuto in  fatto,  dove
viene riportata per due volte  la  stessa  affermazione:  «Nel  corso
dell'udienza pubblica, la difesa della Regione Abruzzo ha  illustrato
la sopravvenuta legge regionale  7  marzo  2017,  n.  16  (Rendiconto
generale per l'esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale  del
patrimonio e nota illustrativa preliminare), che avrebbe approvato il
rendiconto 2013, il quale presenterebbe un  congruo  avanzo.  in  tal
modo sarebbe non solo dimostrata l'opera  di  risanamento  dei  conti
regionali, ma sarebbero  anche  superate  le  censure  della  sezione
rimettente in ordine alla copertura delle partite di spesa  impugnate
e delle spese correlate alla anticipazione di liquidita'». 
    Sul  punto,  evidenzia  la   regione   che   la   ratio   sottesa
all'iniziativa  normativa  regionale   era   effettivamente   rivolta
all'approvazione del Rendiconto relativo all'annualita' 2013 al  fine
di superare le censure sollevate dal  giudice  remittente  in  ordine
alla copertura  delle  partite  di  spesa  impugnate  e  delle  spese
correlate alla anticipazione di liquidita'. 
    Obietta che tale finalita', tuttavia, diversamente da  quanto  si
legge nel citato passaggio della  sentenza  in  parola,  non  sarebbe
stata affatto perseguita  dal  legislatore  regionale  attraverso  un
rendiconto che presenta un «congruo avanzo», bensi' con un  risultato
che presenta un congruo  disavanzo,  siccome  aumentato  delle  poste
richieste proprio dalla sezione regionale della Corte dei conti (pari
a euro - 770.134.872,62) e quindi sarebbe del tutto coerente  con  le
istanze avanzate dal giudice contabile in sede di parifica. 
    2.5.1.- Parimenti, si prosegue, in altro passaggio della sentenza
(punto 7.2 delle considerazioni in  diritto)  si  legge  che  «Ne  e'
dimostrazione l'art. 13 della sopravvenuta legge reg. Abruzzo  n.  16
del 2017 laddove si  prevede  un  avanzo  di  amministrazione  per  l
'esercizio 2013 pari ad euro 1.184.286.519,66, mentre il risultato di
amministrazione accertato dalla Corte dei conti  presenta,  al  netto
delle partite  non  parificate,  un  saldo  negativo,  pari  ad  euro
538.201.471,80, "ritenuto parziale e non attendibile, in assenza  del
riconteggio [di poste attive  e  passive  non  accertabili]  e  della
considerazione dell'anticipazione di liquidita' ex d.l.  n.  35/2013"
(delibera della Corte dei conti, sezione controllo per  l'Abruzzo  n.
39/2016/PARI, lettera e del dispositivo).» Al riguardo  evidenzia  la
Regione Abruzzo che il valore riportato nel citato passaggio, pari  a
euro 1.184.286.519,66 verrebbe erroneamente considerato alla  stregua
di un  risultato  di  amministrazione,  mentre  il  relativo  importo
rappresenta un risultato  parziale  antecedente  alla  determinazione
delle economie vincolate (che e' pari a euro 1.780.412.392,28). 
    2.5.2.-  Ulteriormente,  osserva  che  nel   punto   1.2.   delle
considerazioni in diritto contenute nella medesima sentenza la  Corte
fa ancora  riferimento  all'udienza  di  discussione  del  precedente
giudizio: «Nel corso dell'udienza la difesa  regionale  ha  sostenuto
che non  vi  sarebbe  un  disavanzo  di  amministrazione  precedente,
poiche' i residui attivi e passivi  da  sommare  alle  risultanze  di
cassa finirebbero per dare al risultato di amministrazione  un  segno
positivo: e' stata cosi' richiamata la legge regionale 7 marzo  2017,
n. 16 (Rendiconto generale per l 'esercizio 2013. Conto  finanziario,
conto generale del patrimonio e nota  illustrativa  preliminare)  che
avrebbe dimostrato l'esistenza di un avanzo per l'esercizio 2013». 
    2.5.3.-  Obietta  la  Regione  Abruzzo   che   tale   ordine   di
argomentazioni, che replica quanto gia'  affermato  nel  Ritenuto  in
fatto, muoverebbe dall'erroneo presupposto  che  la  legge  regionale
sopravvenuta  dimostrerebbe  «[...]  l'esistenza  di  un  avanzo  per
l'esercizio 2013», mentre il Rendiconto approvato con la  legge  reg.
n. 16  del  2017,  adeguandosi  ai  rilievi  della  Corte  dei  conti
presentava un congruo disavanzo aumentato delle poste richieste dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti pari  a  euro  -
770.134.872,62 del tutto coerente con le istanze formulate in sede di
parifica. 
    2.5.4.- Con riferimento al quanto affermato nel punto  6.4  delle
considerazioni in diritto della citata sentenza si afferma  che  «Non
puo' essere, infine, preso in considerazione l'argomento,  svolto  in
sede di discussione orale dalla  difesa  regionale,  secondo  cui  la
sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del  2017  avrebbe  risolto  il
problema della copertura  attraverso  l'accertamento  di  un  congruo
avanzo di amministrazione». 
    Al riguardo, secondo la Regione Abruzzo dovrebbe invece ribadirsi
quanto gia' evidenziato in ordine al fatto che il Rendiconto 2013,  a
differenza di quanto si legge nella citata sentenza n. 89  del  2017,
non  chiudeva  con  un  avanzo  di  amministrazione,  bensi'  con  un
disavanzo di  770  milioni  di  euro,  quindi  maggiore  rispetto  al
disavanzo di 538 milioni di euro,  antecedente  alla  parifica  della
Corte dei conti. Pertanto, attraverso la legge  n.  16  del  2017  la
Regione Abruzzo avrebbe approvato il rendiconto 2013 in adesione alle
indicazioni ed alle richieste del giudice  contabile,  inserendo  nel
disavanzo   sia   le   maggiori   spese   da   riprogrammazione   sia
l'anticipazione di liquidita'. 
    2.5.5.- In merito a quanto sostenuto dalla Corte  nel  punto  6.4
del Considerato in diritto della sentenza n. 89 del 2017, laddove  si
afferma che: «Detto avanzo viene  ottenuto  attraverso  un'operazione
contabile non corretta, per i motivi in precedenza gia'  evidenziati,
in considerazione del fatto che vengono inserite partite  attive  per
ben 2.189.508.684,93 di euro in assenza delle  necessarie  operazioni
di accertamento, come e' stato contestato dalla Corte  dei  conti  in
sede di parifica del medesimo rendiconto 2013.», la  Regione  Abruzzo
intende chiarire che il valore riportato pari a  2.189.508.684,93  di
euro di residui attivi sarebbe rintracciabile nel prospetto contenuto
nell'articolo 10 della medesima legge regionale  n.  16  del  2017  e
costituisce l'importo dei residui attivi da conservare  che  concorre
alla determinazione del saldo del conto del bilancio. 
    Sebbene la menzionata sentenza n. 89  osservi  che  detto  valore
risulterebbe iscritto «[...] in assenza delle  necessarie  operazioni
di accertamento» e che  tale  circostanza  sarebbe  stata  contestata
anche dalla  Corte  dei  conti  in  sede  di  parifica  del  medesimo
rendiconto 2013, la Regione Abruzzo obietta che,  ad  un  esame  piu'
analitico delle risultanze del giudizio di parifica della  Corte  dei
Conti,  sarebbe  possibile  rilevare  che  la  sezione  regionale  di
controllo, con  riferimento  al  Rendiconto  generale  della  Regione
Abruzzo per  l'esercizio  2013,  abbia  espressamente  escluso  dalla
regolarita' contabile  il  saldo  finanziario  positivo,  di  cui  al
prospetto contenuto nell'articolo  10  della  proposta  di  legge  di
approvazione del rendiconto  stesso,  pari  a  euro  1.184.286.519,66
limitatamente alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli  e
per gli importi riportati negli allegati A, B, C e D. 
    Dalla lettura della  predetta  ordinanza,  dunque,  non  tutti  i
residui attivi e passivi sarebbero stati ritenuti non  parificati  ma
esclusivamente  quelli  riportati  nelle   suddette   tabelle.   Piu'
precisamente, i riepiloghi delle partite attive  (residui  attivi)  e
delle partite passive (residui passivi) che non sono stati oggetto di
parifica concernerebbero solamente alcune tipologie di residui attivi
(e precisamente: residui ritenuti sussistenti dall'amministrazione ma
non formalmente riaccertati e mantenuti  con  riserva  in  quanto  da
sottoporre a ulteriori verifiche e  comunque  al  riaccertamento  dei
residui al 31 dicembre 2014; residui attivi di importo  non  motivato
all'esito del  contraddittorio;  residui  attivi  di  importo  ancora
incerto all'esito del contraddittorio) per circa 120 milioni di euro;
e residui passivi (ritenuti sussistenti dall'amministrazione  ma  non
formalmente  riaccertati  e  mantenuti  con  riserva  in  quanto   da
sottoporre a ulteriori verifiche e  comunque  al  riaccertamento  dei
residui al 31 dicembre 2014), per circa 138 milioni di euro. 
    La  Regione  Abruzzo  afferma  di   condividere   pienamente   le
riflessioni di questa Corte a proposito del fatto che, a  prescindere
dalla procedura di riaccertamento straordinario dei residui  prevista
dal d.lgs. n.  118  del  2011,  «[...]  sussiste  comunque  l'obbligo
indefettibile   per   ciascun   ente   territoriale   di   effettuare
annualmente,  ed  in  ogni  caso  prima  della  predisposizione   del
rendiconto, l'esatta  ricognizione  dei  residui  attivi  e  passivi»
(sentenza n. 89 del 2017). 
    Sul punto rappresenta tuttavia  che,  nella  fattispecie  che  ne
occupa, le poste ritenute non parificabili  dalla  sezione  regionale
della Corte dei conti risulterebbero pari a 120 milioni  di  euro  di
residui attivi ed a 138 milioni di euro di residui  passivi:  importi
indubbiamente significativi ma che  non  potrebbero  ritenersi  certo
abnormi rispetto al complesso di residui attivi e passivi. 
    Inoltre, la Regione evidenzia che dall'esame delle risultanze  si
evincerebbe che le poste dei residui  passivi  non  parificate  siano
maggiori di quelle attive.  Ne  conseguirebbe  che  una  eliminazione
delle stesse (tra l'altro subordinata ad una revisione) comporterebbe
un miglioramento del risultato d'amministrazione. 
    La resistente rappresenta inoltre che nel  corso  dell'anno  2016
l'esecutivo regionale e gli uffici finanziari della  Regione  Abruzzo
avrebbero effettuato le operazioni di riaccertamento  dei  residui  e
dall'analisi delle partite riaccertate e riferite alle tabelle A,  B,
C e D e che erano state contestate nel giudizio di parifica 2013. 
    2.5.6.- In merito poi a quanto affermato da  questa  Corte  nella
predetta sentenza n. 89 del  2017  (punto  7.2.  del  Considerato  in
diritto) dove si legge che «In  particolare,  risulta  insanabile  la
contraddizione tra l'esigenza di chiedere allo Stato  l'anticipazione
di  cassa  e  la  situazione  di  formale  e  rilevante   avanzo   di
amministrazione (ipotizzato nella  sopravvenuta  legge  regionale  in
euro  1.184.286.519,66),  nonche'  improbabile  una   cosi'   florida
situazione dopo un deficit della sanita' tanto  ampio  da  comportare
una quasi decennale procedura di rientro», obietta la Regione Abruzzo
che la situazione "florida" che  la  Corte  ritiene  improbabile  non
potrebbe ipotizzarsi nel caso di specie, stante l'accertato disavanzo
di oltre 770 milioni di euro. 
    2.5.7.- In merito a quanto rilevato nel punto 8  del  Considerato
in diritto della sentenza ora citata, dove si afferma che «La Regione
Abruzzo ha piu' volte  dedotto,  sia  nelle  memorie  che  oralmente,
l'esigenza di mettere  in  sicurezza  i  propri  conti  e  quella  di
riallineare temporalmente la fisiologica approvazione dei  rendiconti
degli esercizi decorsi. Con tali lodevoli  intenti  non  e'  tuttavia
coerente il percorso normativa seguito. Infatti, la  regolarizzazione
della tenuta dei conti non consiste nel mero rispetto della  sequenza
temporale degli adempimenti legislativi ed  amministrativi  afferenti
al bilancio preventivo e consuntivo. Il nucleo  della  sana  gestione
finanziaria consiste, al  contrario,  nella  corretta  determinazione
della situazione economico-finanziaria da cui prende  le  mosse  e  a
cui,  successivamente,  approda   la   gestione   finanziaria.   Tale
determinazione e' strettamente correlata al principio di  continuita'
degli esercizi finanziari, per effetto del quale ogni  determinazione
infedele del risultato di  amministrazione  si  riverbera  a  cascata
sugli  esercizi  successivi.  Ne  risulta  cosi'  coinvolto  in  modo
durevole l'equilibrio del bilancio: quest'ultimo,  considerato  nella
sua prospettiva dinamica, la quale «consiste nella  continua  ricerca
di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse  disponibili  e
spese necessarie per  il  perseguimento  delle  finalita'  pubbliche»
(sentenza n. 266 del 2013; in senso conforme,  sentenza  n.  250  del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata
da perturbanti potenzialita' di indeterminazione. Proprio la costanza
e la continuita' di tale ricerca ne  spiegano  l  'operativita'  nel!
'arco di piu' esercizi finanziari; al contrario, prendere le mosse da
infedeli rappresentazioni delle risultanze economiche e  patrimoniali
provoca   un   effetto   "domino"   nei   sopravvenienti    esercizi,
pregiudicando irrimediabilmente ogni operazione di  risanamento  come
quella  rivendicata  dalla  Regione  Abruzzo  attraverso   le   norme
censurate e la legge  sopravvenuta.  In  questa  prospettiva  sia  le
disposizioni di legge denunciate dalla magistratura  rimettente,  sia
la  richiamata  legge  reg.  Abruzzo  n.  16  del  2017  pregiudicano
ulteriormente l'equilibrio finanziario della  Regione  Abruzzo,  gia'
storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle disposizioni  di
legge regionale che ne erano alla base», la Regione Abruzzo  sostiene
che, sulla  scorta  delle  precisazioni  gia'  effettuate  in  merito
all'incremento  del  disavanzo  a  770  milioni  di  euro,  la  legge
regionale n. 16 del 2017 - al contrario  delle  leggi  approvate  nel
2013 e che avevano  hanno  pregiudicato  gli  equilibri  regionali  -
avrebbe messo in sicurezza i conti regionali rilevando  un  risultato
negativo del tutto allineato con quanto richiesto in sede di parifica
dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. 
    La Regione non  ritiene  quindi  condivisibile  quanto  affermato
dalla Corte nella sentenza n. 89 del 2017 (punto 8.1. del Considerato
in diritto), dove la Corte cosi' conclude: «[...] le norme  censurate
ripetono e aggravano fenomeni distorsivi della finanza regionale gia'
oggetto di sindacato negativo da parte di  questa  Corte  (infedelta'
del risultato d'amministrazione e mancato accertamento  dei  residui;
sforamento dei limiti di spesa attraverso  l'iscrizione  di  fittizie
partite  di  entrata  quali  l'avanzo  di  amministrazione  presunto:
sentenze n. 192 del 2012 e n. 250 del 2013), mentre  la  sopravvenuta
legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a non tenere in alcun  conto
la parifica parziale della Corte dei conti effettuata con delibera n.
3912016/PARI, finisce per  alterare  in  modo  ancor  piu'  grave  le
disfunzioni accertate per gli anni precedenti. E' evidente come tutto
cio'  conduca  ad  una  situazione  di  ulteriore  anomalia  anziche'
produrre la normalizzazione auspicata dalla Regione». In  particolare
la resistente  ritiene  di  aver  gia'  ampiamento  fornito  adeguate
argomentazioni  a  sostegno  dell'attivita'   di   adeguamento   alle
prescrizioni rese dal giudice contabile, avendo essa avviato nel 2013
e proseguito nel 2014 un processo di riaccertamento  con  contestuale
accantonamento. Aggiunge inoltre che, in ossequio anche  ai  principi
espressi da  codesta  Corte,  la  Regione  Abruzzo  avrebbe  altresi'
proceduto all'approvazione della delibera di  ripartizione  decennale
del maggior disavanzo. 
    2.6.- La Regione Abruzzo ritiene in definitiva che il  Rendiconto
2013 e le risultanze dello stesso, cosi' come contenute  nella  legge
regionale n. 16 del  2017,  rispondano  alle  richieste  del  giudice
contabile, e abbiano di fatto realizzato quell'attivita' di «corretto
riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa consentire  una
credibile    e    congruente     determinazione     del     risultato
d'amministrazione» auspicata anche da questa Corte nella sentenza  n.
89 del 2017. 
    2.7.- Conclude quindi  chiedendo  che  il  ricorso  sia  ritenuto
infondato  o  comunque  rigettato  nel  merito,  con  riferimento  ad
entrambi i motivi di gravame. 
    3.- Con memoria depositata per l'udienza pubblica  il  Presidente
del Consiglio dei ministri ha replicato  alle  difese  della  Regione
Abruzzo. 
    3.1.- In merito alla censura che evidenziava che la legge reg. n.
16 del 2017 e' stata approvata in forma legislativa oltre  i  termini
tassativi imposti dall'art. 39, comma l, della legge reg.  n.  3  del
2002, e dall'art. 29,  comma  l,  del  d.lgs.  n.  76  del  2000,  il
ricorrente non ritiene  condivisibile  la  tesi  della  difesa  della
Regione Abruzzo che vorrebbe attribuire al richiamato termine del  30
giugno natura ordinatoria, in quanto la natura perentoria del termine
deriverebbe dall'applicazione coerente  e  sistematica  dei  principi
generali in tema di pareggio e di equilibrio tendenziale di  bilancio
fissati  dall'art.  81,  quarto   comma,   Cost.,   con   particolare
riferimento alla prima delle due regole (una statica e una dinamica),
attraverso le quali tali principi si realizzano, la prima consistente
nella parificazione delle previsioni di  entrata  e  di  spesa  e  la
seconda nel continuo perseguimento di una  situazione  di  equilibrio
tra partite attive e passive che compongono il  bilancio,  attraverso
un'interazione delle loro dinamiche in modo tale  che  il  saldo  sia
tendenzialmente nullo (e' richiamata la sentenza  n.  250  del  2013,
punto 3.2. del Considerato in diritto). 
    Inoltre, secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  non
potrebbe assumere alcun rilievo il  fatto  che  le  precedenti  leggi
regionali di approvazione del  rendiconto,  anche  se  emanate  nello
stesso termine, non siano state impugnate dal Governo. 
    Tale circostanza, si prosegue, non potrebbe  far  sorgere  alcuna
legittima aspettativa di analogo trattamento, anche in considerazione
del ruolo svolto dallo Stato che e' direttamente  responsabile  delle
regole di convergenza e di stabilita' dei conti pubblici, provenienti
sia dall'ordinamento eurounitario sia da quello nazionale. 
    3.2.- In merito al secondo motivo di ricorso, il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  osserva  che  se  e'  indubitabile  che  il
controllo  effettuato  dalla  Corte  dei  conti  sia  finalizzato   a
stimolare l'adozione da parte delle  Amministrazioni  interessate  di
processi  di  autocorrezione  in  un'ottica  di  interazione   e   di
collaborazione al fine, in ogni caso, di salvaguardare l'efficienza e
l'efficacia dell'azione amministrativa e la sana gestione finanziaria
degli  stessi,  sarebbe  proprio  con  riferimento  alle  statuizioni
contenute nella sentenza della Corte n. 89 del 2017 che, in concreto,
le rideterminazioni del bilancio dell'esercizio  2013  non  sarebbero
state svolte correttamente. 
    Secondo il ricorrente, sebbene con un comportamento successivo la
Regione  Abruzzo  abbia  proceduto  a  rivedere   il   risultato   di
amministrazione 2013 (come  la  medesima  afferma  nella  memoria  di
costituzione), e ritenga di aver ripetuto l'attivita' di accertamento
registrando un miglioramento del processo di analisi dei residui,  la
ricognizione annuale dei residui attivi  e  passivi  -  da  ritenersi
un'operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente
di individuare formalmente tutte le componenti degli esercizi decorsi
che influiscono sul risultato di amministrazione  -  non  sembrerebbe
completata nella sua interezza, permanendo cosi' inalterati i rilievi
e le considerazioni contenute nella citata sentenza n. 89 del 2017. 
    Al riguardo il Presidente del Consiglio dei ministri osserva  che
permarrebbe l'esigenza di individuare le obbligazioni assunte, ma non
ancora adempiute al fine, appunto, di conservare nell'apposito  conto
dei residui, la provvista necessaria per  l'adempimento,  assicurando
in tal modo la copertura  dei  debiti  anche  negli  anni  finanziari
successivi a quello in cui l'obbligazione e' sorta, nella definizione
della realta' gestionale che deve trovare  veridica  rappresentazione
nel rendiconto. La regola del riaccertamento sarebbe  quindi  l'unica
in grado di garantire la tendenziale realizzazione del  principio  di
veridicita' del bilancio e del rendiconto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, commi 1 e 2, della legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16
(Rendiconto generale per l'esercizio 2013, conto  finanziario,  conto
generale  del  patrimonio  e  nota  illustrativa   preliminare),   in
riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117,  terzo  comma,  della
Costituzione, e in  relazione  all'art.  29,  comma  1,  del  decreto
legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali  e  norme  di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle regioni,
in attuazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 25  giugno  1999,
n. 208), e all'art. 39, comma 1, della legge Regione Abruzzo 25 marzo
2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo). 
    Il ricorrente ha altresi' impugnato, specificamente, gli artt. 1,
commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 di  tale  legge  in  riferimento  agli
artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma,  lettera  e),  e  terzo
comma, Cost., anche in  riferimento  ai  «principi  fondamentali»  in
materia di armonizzazione dei bilanci pubblici,  in  quanto,  per  le
ragioni gia' esposte nella sentenza della Corte costituzionale n.  89
del 2017, detta legge nel suo complesso e con le  disposizioni  sopra
richiamate pregiudicherebbe  ulteriormente  l'equilibrio  finanziario
della Regione Abruzzo e finirebbe anche per alterare  in  modo  ancor
piu' grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti. 
    1.1.- Con il primo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio
dei ministri ritiene che la tardiva approvazione del rendiconto  2013
da parte della Regione Abruzzo, avvenuta a distanza di  anni  con  la
legge impugnata, la renderebbe di per se' illegittima.  Tale  ritardo
integrerebbe la lesione degli artt. 81, quarto comma,  e  117,  terzo
comma, Cost., e delle norme interposte che fissano la scadenza al  30
giugno dell'anno successivo all'esercizio interessato. 
    Con il secondo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei
ministri impugna specificamente gli artt. 8, 9, 10,  11  e  12  della
legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, denunciando il loro contrasto  con
l'art. 81 Cost. e, in particolare, con il quarto comma dello  stesso,
nonche' con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.  in  materia
di sistema contabile dello Stato, con l'art. 117, terzo comma,  Cost.
(con riguardo ai principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica),  nonche'  con  le  «fonti  interposte,  rappresentate  dai
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica   emanati   dal
legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili limitazioni
ai saldi dei bilanci regionali (in  tal  senso,  in  particolare,  le
sentenze n. 70 del 2012 e n. 115 del 2012)». 
    Sebbene con riferimento alla seconda  questione  la  censura  sia
rivolta a specifici articoli, il ricorrente  sostiene  che  la  legge
reg. Abruzzo n. 16 del 2017 nel suo complesso e nella  sua  interezza
pregiudichi «ulteriormente  l'equilibrio  finanziario  della  Regione
Abruzzo» e finisca anche «per alterare in modo ancor  piu'  grave  le
disfunzioni accertate per gli anni  precedenti»,  in  violazione  dei
richiamati artt. 81, 117, secondo comma, lettera e), e  terzo  comma,
Cost.   L'illegittimita'   costituzionale   del    rendiconto    2013
deriverebbe,  quindi,  dalla  sua  non   conformita'   ai   «principi
fondamentali» sopra  illustrati  in  materia  di  armonizzazione  dei
bilanci pubblici, applicabili alla fattispecie ratione temporis. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri censura inoltre la legge
regionale impugnata per il fatto  che  «all'art.  11,  approvando  la
tabella Residui perenti ed economie  vincolate  2013,  riconosce  gli
importi delle economie riprogrammate, oggetto di rilievo della  Corte
dei Conti, e, all'art. 12, rileva un disavanzo effettivo che  include
l'importo  dell'anticipazione  di   liquidita',   sebbene   non   sia
rappresentato nel conto finanziario». 
    In sintesi, il ricorrente lamenta l'inattendibilita' dei conti, a
partire dalla  rappresentazione  del  risultato  di  amministrazione,
imputando  alla  Regione   l'ostinazione   nel   non   provvedere   a
ripristinare un corretto ciclo di bilancio, adottando un'effettiva  e
completa operazione di trasparenza sui conti regionali (innanzi tutto
mediante  un  corretto   riaccertamento   delle   partite   contabili
pregresse). 
    1.2.- Con riguardo alla tempistica di approvazione del rendiconto
generale per l'anno 2013, la Regione Abruzzo evidenzia che il termine
del 30 giugno non potrebbe essere inteso in maniera perentoria,  tale
da precludere categoricamente  la  possibilita'  di  adozione  di  un
successivo provvedimento in merito e non potrebbe, quindi, comportare
alcuna decadenza rispetto all'approvazione del rendiconto  regionale;
in nessun caso, comunque, potrebbe ritenersi preclusa un'approvazione
tardiva dei documenti contabili di  rendicontazione,  visto  che  ne'
l'art. 39 della  legge  reg.  Abruzzo  n.  3  del  2002,  concernente
l'ordinamento  contabile  regionale,   ne'   la   normativa   statale
applicabile alla  fattispecie  in  disamina  attribuiscono  ad  altri
soggetti la competenza in materia di approvazione dei  rendiconti  in
caso di mancato rispetto del termine de quo. 
    Secondo la Regione, nell'ipotesi in cui  la  legge  regionale  in
esame  venisse  dichiarata  incostituzionale  per  il   solo   motivo
riguardante il mancato rispetto della data del «30  giugno  dell'anno
successivo», si creerebbe un'insostenibile situazione giuridica  che,
impedendo  in  termini  assoluti  di  sanare,  anche  a   posteriori,
l'attivita' di rendicontazione, produrrebbe una  paralisi  senza  via
d'uscita per l'amministrazione regionale,  con  inevitabili  ricadute
anche  sulla  finanza  pubblica.  La  resistente  evidenzia  che   le
precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto,  ancorche'
emanate oltre il medesimo  termine,  non  sono  state  fatte  oggetto
d'impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ad avviso della resistente, con la legge reg. Abruzzo n.  16  del
2017 essa avrebbe approvato  il  rendiconto  2013  in  adesione  alle
indicazioni e alle richieste del  giudice  contabile,  inserendo  nel
disavanzo   sia   le   maggiori   spese   da   riprogrammazione   sia
l'anticipazione di liquidita'. 
    Secondo la Regione Abruzzo, non  potrebbe  che  ribadirsi  quanto
gia' evidenziato in  ordine  al  fatto  che  il  rendiconto  2013,  a
differenza di quanto si legge nella sentenza di questa  Corte  n.  89
del 2017, non chiuda con un avanzo di amministrazione, bensi' con  un
disavanzo di 770 milioni di euro, maggiore rispetto al  disavanzo  di
538 milioni di euro, antecedente alla parifica della Corte dei conti.
Da un esame piu' analitico delle risultanze del giudizio di  parifica
della Corte dei conti, sarebbe  possibile  ricavare  che  la  sezione
regionale di controllo, con riferimento al rendiconto generale  della
Regione Abruzzo per l'esercizio  2013,  abbia  espressamente  escluso
dalla regolarita' contabile il saldo finanziario positivo, di cui  al
prospetto  contenuto  nell'art.  10  della  proposta  di   legge   di
approvazione del rendiconto stesso,  pari  a  euro  1.184.286.519,66,
limitatamente alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli  e
per gli importi riportati negli  allegati  A,  B,  C  e  D.  Aggiunge
inoltre che, in ossequio  anche  ai  principi  espressi  dalla  Corte
costituzionale,  la  Regione  Abruzzo  avrebbe   altresi'   proceduto
all'approvazione della delibera di ripartizione decennale del maggior
disavanzo. 
    2.- La questione, proposta in riferimento agli artt.  81  e  117,
terzo comma, Cost. e in relazione alla legge reg. n. 3 del 2002 e  al
d.lgs. n. 76 del 2000 circa il superamento del termine di  legge  per
l'emanazione della legge  di  approvazione  del  rendiconto,  non  e'
fondata. 
    E' vero - come affermato dal  ricorrente  -  che  i  termini  per
l'approvazione  del  rendiconto  2013  della  Regione  Abruzzo   sono
ampiamente scaduti e che tale grave ritardo fa seguito a un'ulteriore
serie di  ritardi  inerenti  agli  esercizi  anteriori  al  2013.  Il
superamento  del  termine  di  legge,  tuttavia,   non   consuma   il
potere-dovere  dell'amministrazione  regionale  di  provvedere  a  un
adempimento  indefettibile  quale  l'approvazione   del   rendiconto.
Infatti,  il  principio  di  continuita'  degli  esercizi  finanziari
pubblici, che e' uno  dei  parametri  teleologicamente  collegati  al
principio dell'equilibrio pluriennale del bilancio di cui all'art. 81
Cost., esige che ogni rendiconto  sia  geneticamente  collegato  alle
risultanze dell'esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per
la determinazione delle proprie. Ne consegue che  siffatta  infondata
preclusione paralizzerebbe, ove fosse applicata, la corretta gestione
economico-finanziaria degli esercizi successivi. 
    Invero, il richiamato principio di continuita'  del  bilancio  e'
una  specificazione   del   principio   dell'equilibrio   tendenziale
contenuto  nell'art.  81  Cost.,  in  quanto  «collega  gli  esercizi
sopravvenienti  nel  tempo  in  modo  ordinato  e  concatenato»   (ex
plurimis, sentenza n. 181 del 2015),  consentendo  di  inquadrare  in
modo strutturale e pluriennale la stabilita' dei bilanci preventivi e
successivi. 
    Non  puo'  essere  tuttavia  condivisa  l'altra  eccezione  della
resistente, secondo cui sarebbe  "ineludibile"  la  competenza  della
Regione in qualsiasi  situazione  di  ritardo  poiche'  le  norme  in
materia non  «attribui[rebbero]  ad  altri  soggetti  [diversi  dalla
Regione] la competenza in materia  di  approvazione  della  legge  di
rendiconto». Al contrario, in presenza di reiterati e  gravi  ritardi
nell'espletamento   di   funzioni   primarie   da   parte   dell'ente
territoriale, l'ordinamento consente anche provvedimenti  sostitutivi
come, ad esempio, la predisposizione del rendiconto, sulla  base  del
potere contemplato dall'art. 120, secondo comma, Cost. 
    3.- Le questioni di legittimita' costituzionale proposte  con  il
secondo motivo di ricorso nei confronti degli artt. 1, commi 1  e  2;
8; 9; 10; 11 e 12 della  legge  reg.  Abruzzo  n.  16  del  2017,  in
riferimento agli artt. 81 e 117, secondo e terzo comma,  Cost.,  sono
invece fondate. 
    Tali disposizioni prevedono rispettivamente: l'approvazione delle
risultanze generali (art. 1); i residui emergenti  a  chiusura  della
gestione 2013 trasferiti a  quella  successiva  (artt.  8  e  9);  la
sommatoria algebrica - pari a euro 1.184.286.519,66 -  del  fondo  di
cassa  e  dei  residui  attivi  e  passivi  al  31   dicembre   2013,
normativamente  definita  come   «saldo   finanziario   positivo   al
31.12.2013» (art.  10);  la  tabella  «Residui  perenti  ed  economie
vincolate esercizio 2013» da reiscrivere  negli  esercizi  successivi
per  un  totale  di  euro  1.780.412.392,28  (art.  11);  il   quadro
riassuntivo della  gestione  finanziaria  dell'esercizio  finanziario
2013 «corredato della comunicazione di riepilogo delle riscossioni  e
dei pagamenti riportati nel conto giudiziale  relativo  all'esercizio
finanziario 2013, da  cui  rileva  un  disavanzo  effettivo  di  euro
770.134.872,62» (art. 12). 
    Dal loro collegamento - in particolare tra gli artt. 10, 11 e  12
- emerge un forte contrasto logico per la presenza contemporanea  di:
a) un "saldo positivo" risultante dalla sommatoria di fondo di cassa,
residui attivi e passivi. Nelle sue componenti  la  locuzione  "saldo
positivo" corrisponde specularmente  al  concetto  di  "risultato  di
amministrazione" come definito - senza soluzione di continuita' -  da
norme risalenti e da quelle  attualmente  vigenti  (come  di  seguito
analiticamente  indicate);  b)   residui   perenti   non   reiscritti
nell'esercizio interessato, malgrado la sua intervenuta conclusione e
a  oltre  tre  anni  dalla  sua  chiusura;  c)   un   "disavanzo   di
amministrazione" assolutamente scollegato dalla sommatoria  algebrica
- prevista dalla legge - di residui attivi, passivi e  del  fondo  di
cassa. 
    Tale evidente aporia,  unitamente  alla  dimensione  dei  residui
attivi e passivi, dei residui perenti  e  delle  cosiddette  economie
vincolate, rende le risultanze del bilancio consuntivo  in  contrasto
con l'art. 81 Cost. poiche' connotate da un insieme di dati  numerici
e  di  collegamenti  normativi  privi,   nel   loro   complesso,   di
attendibilita' e coerenza e insuscettibili di  essere  valutati  come
credibili, sufficientemente sicuri, non arbitrari o  irrazionali  (ex
plurimis, sentenze n. 106 e n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010,
n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966). 
    Nel loro complesso le risultanze degli  artt.  10,  11  e  12  si
manifestano oltretutto in modo ancipite, oscillando tra un  segno  di
senso positivo (avanzo) e uno negativo  (disavanzo),  peraltro  senza
alcuna congruenza matematica tra le  rappresentate  oscillazioni.  In
proposito  e'  stato  affermato  da  questa  Corte   che   l'«elevata
tecnicita' degli allegati di bilancio e  [...]  la  loro  sofisticata
articolazione deve essere  necessariamente  compensata  -  nel  testo
della legge di approvazione del  rendiconto  -  da  una  trasparente,
corretta,  univoca,  sintetica  e  inequivocabile   indicazione   del
risultato di amministrazione e delle relative  componenti  di  legge»
(sentenza n. 274 del 2017). Tali caratteri non si  riscontrano  nella
legge della Regione Abruzzo di approvazione del rendiconto 2013,  che
presenta una struttura normativamente e logicamente incongrua. 
    Sul punto e' necessaria un'ulteriore precisazione che si  collega
all'evoluzione della finanza pubblica anche in relazione alla riforma
introdotta  dalla  legge  costituzionale  20  aprile   2012,   n.   1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale), la quale ha rafforzato  i  parametri  costituzionali
attinenti  all'equilibrio  individuale  dei  conti  appartenenti   al
settore pubblico allargato e al controllo  dell'indebitamento  (artt.
81  e  97,  primo  comma,  Cost.).  Tale  evoluzione  -  che  si   e'
estrinsecata, in  particolare  per  gli  enti  territoriali,  in  una
complessa rete di norme attuative, tra le quali e' bene ricordare  la
"legge organica", il decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42), e successive modifiche  e  integrazioni,  nonche'  le  leggi  di
stabilita' e di bilancio succedutesi a  partire  da  tale  riforma  -
comporta che,  nelle  leggi  di  approvazione  del  rendiconto  delle
Regioni, gli elementi  basilari  inerenti  alla  dimostrazione  della
situazione  economico-finanziaria  siano  espressi  con  chiarezza  e
coerenza anche in rapporto alla fondamentale interdipendenza  con  il
principio di legittimazione democratica, indefettibile  raccordo  tra
la gestione delle risorse della collettivita' e il mandato elettorale
degli amministratori. 
    In  definitiva,  la  legge  di  approvazione  del  rendiconto   -
indipendentemente  dalla  compilazione  e  redazione  dei   complessi
allegati al bilancio previsti dal d.lgs.  n.  118  del  2011  -  deve
contenere, in coerenza con  le  risultanze  di  detti  allegati,  tre
elementi fondamentali: a) il risultato  di  amministrazione  espresso
secondo l'art. 42 del decreto in questione;  b)  il  risultato  della
gestione   annuale   inerente   al   rendiconto;    c)    lo    stato
dell'indebitamento e delle eventuali passivita'  dell'ente  applicate
agli esercizi futuri. 
    Infatti,   il   primo   risultato   chiarisce    la    situazione
economico-finanziaria al termine dell'esercizio in modo comparabile a
quella dell'anno precedente e a  quella  che  sara'  determinata  per
l'esercizio successivo. Il secondo enuclea - dal contesto complessivo
di cui al precedente punto a) - le risultanze della gestione  annuale
integralmente imputabile agli  amministratori  in  carica.  Il  terzo
fornisce il quadro pluriennale  dell'indebitamento,  consentendo  una
prospettiva di sindacato sia in relazione ai vincoli europei, sia  in
relazione all'equita'  intergenerazionale,  strumento  servente  alla
determinazione dei costi-benefici afferenti alle  generazioni  future
con riguardo alle politiche di investimento in concreto adottate. 
    Tali elementi, indipendentemente dalla tecnicita' degli  allegati
al bilancio, costituiscono appunto  la  necessaria  attuazione  degli
evocati precetti costituzionali di natura finanziaria. 
    Se le esposte considerazioni avvalorano in modo stringente la non
conformita' a Costituzione delle norme  impugnate,  non  puo'  essere
sottaciuto che  la  Regione  svolge  buona  parte  delle  sue  difese
mediante obiezioni verso la precedente sentenza n.  89  del  2017  di
questa Corte, sicche' la complessita' della vicenda e il  tono  delle
contestazioni necessitano di articolate risposte, attraverso le quali
sara' evidenziato  anche  il  patente  contrasto  delle  disposizioni
regionali con il secondo e il terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    3.1.- La  prima  obiezione  riguarda  una  serie  di  eccentriche
operazioni matematiche attraverso le quali la Regione Abruzzo  arriva
a  sostenere:  a)  che  il  risultato  di  amministrazione  accertato
nell'esercizio  2013  non  sarebbe  costituito  dall'avanzo  di  euro
1.184.286.519,66 esposto all'art. 10 della  legge  impugnata,  bensi'
dal disavanzo di euro - 770.134.872,62 esposto al successivo art. 12;
b) che detto risultato sarebbe «del tutto  coerente  con  le  istanze
avanzate dal giudice contabile in sede di parifica» e  che  il  saldo
attivo di euro 1.184.286.519,66 sarebbe stato da questa Corte (con la
sentenza n. 89 del 2017) e dal Presidente del Consiglio dei  ministri
«erroneamente  considerato  alla   stregua   di   un   risultato   di
amministrazione, mentre il  relativo  importo  rappresent[erebbe]  un
risultato parziale antecedente  alla  determinazione  delle  economie
vincolate (che e' pari a 1.780.412.392,28). Ne  consegue,  come  gia'
evidenziato, che il disavanzo finale (riportato  nell'art.  12  della
L.R. n. 16/17) e' pari a - 770.134.872,62», mentre l'importo di  euro
1.184.286.519,66,  esposto  all'art.   10   della   legge   impugnata
rappresenterebbe   un    risultato    parziale    antecedente    alla
determinazione  delle  economie  vincolate  (che  e'  pari   a   euro
1.780.412.392,28). 
    Nessuna di tali deduzioni puo' essere condivisa. 
    3.1.1.- Per quel che riguarda la pretesa "conformita' di  vedute"
con la Corte dei conti, occorre anzitutto ricordare che  oggetto  del
presente giudizio e' un autonomo ricorso del Presidente del Consiglio
dei ministri e che spetta a questa  Corte  valutare  la  legittimita'
delle operazioni di bilancio oggetto del ricorso. Del resto gli  atti
della magistratura contabile  possono  essere  tenuti  presenti  solo
nell'eventuale forma dell'accertamento compiuto sulle risultanze  del
progetto  di  rendiconto  presentato  dalla  Regione  (ex   plurimis,
sentenza n. 181 del 2015) e non certo ricavando arbitrariamente dalla
relazione allegata alla parifica frasi "decontestualizzate" o pretese
lacune. 
    E' vero invece - al contrario di quanto  ritenuto  dalla  Regione
Abruzzo - che la Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione
Abruzzo, sia prima che dopo la decisione di parifica  del  rendiconto
2013, ha contestato una serie di irregolarita'  e  di  violazioni  di
legge  sostanzialmente  analoghe  a  quelle   che   avevano   indotto
precedenti accoglimenti di ricorsi del Presidente del  Consiglio  dei
ministri  nei  confronti  di  bilanci  e  partite  finanziarie  della
medesima Regione (il riferimento deve intendersi:  alla  sentenza  n.
250 del 2013, con la quale questa Corte ha  ritenuto  illegittime  le
modalita' di contabilizzazione dei residui perenti; alla sentenza  n.
241 del 2013, con la quale  e'  stata  dichiarata  costituzionalmente
illegittima la copertura di spese mediante  la  «riprogrammazione  di
economie di bilancio»; alla sentenza n. 192 del 2012, con la quale e'
stato  censurato  l'utilizzo,  come  strumento  di  copertura,  della
riprogrammazione  di  economie  vincolate  in  difetto  della  previa
approvazione del rendiconto dell'anno precedente). 
    In  particolare  nella  delibera  della  Corte   dei   conti   n.
230/2016/FRG del 24 novembre 2016, successiva a quella inerente  alla
parziale parifica del rendiconto 2013, la magistratura  contabile  ha
accertato, tra l'altro, «il perseverare  dei  seguenti  comportamenti
contabili contra legem della  Regione  Abruzzo:  -  mancata  adozione
delle   misure   consequenziali   alla   parifica   del    rendiconto
dell'esercizio 2012, che risulta l'ultimo consuntivo  definitivamente
approvato; [...] -  mancata  definizione  dell'esatto  ammontare  dei
residui al 31.12.2014 e del riaccertamento straordinario degli stessi
all'1.1.2015; [...]; - mancata esatta definizione del saldo netto  da
finanziare e del disavanzo effettivo di gestione e,  di  conseguenza,
mancata adozione del Piano di  rientro  nei  termini  previsti  dalla
normativa (decreto legislativo n. 118/2011);  -  mancata  conseguente
iscrizione, nel bilancio di previsione 2016, del disavanzo  effettivo
di gestione, risultante  da  procedure  certe  e  definitive;[...]  -
violazione reiterata dei principi a salvaguardia degli  equilibri  di
bilancio e del principio di copertura delle spese». 
    Pur a fronte di una siffatta situazione, la Giunta regionale, con
delibera n. 756 del 22 novembre 2016, ha  riproposto  il  disegno  di
legge regionale relativo al rendiconto 2013  (poi  approvato  con  la
legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017), il quale recava immutate tutte le
voci del precedente disegno di  legge  relativo  al  rendiconto  2013
oggetto di giudizio di parifica, ad eccezione  dell'unica  correzione
recata alle economie vincolate, che passavano da  1,722  miliardi  di
euro a 1,780 miliardi di euro, e del peggioramento del preteso  saldo
negativo  (successivamente  confluito  nell'art.  12  precedentemente
richiamato),  che  passava  da  euro  -  538.201.471,80  a   euro   -
770.134.872,62. 
    Peraltro, nel parificare solo parzialmente il rendiconto generale
per l'esercizio 2012, la Corte dei conti, sezione di controllo per la
Regione Abruzzo, con delibera n. 116/2014/PARI, aveva  escluso  dalla
dichiarazione di regolarita' i residui attivi e  passivi  provenienti
dagli   esercizi   precedenti   (rispettivamente    pari    a    euro
2.458.083.450,07  e  a  euro  1.570.713.130,92),  nonche'  i  residui
perenti e le economie vincolate che allora riportavano un valore pari
a euro 1.688.149.343,03. Aveva conclusivamente invitato la Regione ad
adoperarsi per riallineare il ciclo  di  bilancio  a  una  tempistica
conforme a normativa e a utilizzare gli istituti dell'assestamento di
bilancio e del  riaccertamento  annuale  dei  residui,  oltre  che  a
procedere e concludere il riaccertamento dei residui attivi e passivi
avviato nel 2013, provvedendo, alla  luce  del  medesimo,  all'esatta
quantificazione  del  saldo  finanziario  positivo  e  del  disavanzo
effettivo di gestione. Cio' al fine di «iscrivere, nel primo bilancio
preventivo utile, il disavanzo effettivo di  gestione  risultante  da
procedure certe e definitive». 
    3.1.2.-  Quanto  alla  pretesa  correzione   del   risultato   di
amministrazione  di  cui  all'impugnato  art.  10  con  le   economie
vincolate, che sarebbe alla base delle apodittiche cifre  esposte  al
successivo art. 12, la singolare deduzione della parte convenuta urta
contro molteplici basilari principi della contabilita'  pubblica.  La
prima  regola  violata  e'  quella  che  determina  il  risultato  di
amministrazione attraverso il saldo  algebrico  tra  residui  attivi,
passivi e fondo di cassa: l'art. 42, comma 1, del d.lgs. n.  118  del
2011 ribadisce tale principio,  prescrivendo  che  «Il  risultato  di
amministrazione [...] e' accertato con l'approvazione del  rendiconto
della gestione dell'ultimo esercizio chiuso, ed e' pari al  fondo  di
cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui  passivi».
In senso analogo, l'art. 186 del decreto legislativo 18 agosto  2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti  locali),
prescrive per gli  enti  locali  che  «[i]l  risultato  contabile  di
amministrazione  e'  accertato  con  l'approvazione  del   rendiconto
dell'ultimo esercizio chiuso ed e' pari al fondo di  cassa  aumentato
dei residui attivi e diminuito dei residui passivi». 
    In tale contesto - anteriore alla riforma  contabile  entrata  in
vigore   successivamente   al   2013   -   le   cosiddette   economie
riprogrammabili  devono  trovare  allocazione  nei  residui   attivi,
limitatamente ai cespiti vincolati eventualmente ancora non riscossi,
e nei residui passivi, per le somme accertate in entrata e ancora non
utilizzate in relazione alle quali persiste uno specifico vincolo  di
legge. Tardivo e fuorviante appare il loro inserimento tra i  residui
perenti,  a  esercizio  gia'  concluso  e  in  assenza  di  una  loro
reiscrizione in bilancio (che sarebbe peraltro  consentita  solo  nel
caso di sussistenza di un vero e specifico vincolo di legge). 
    Ulteriore  aporia   delle   argomentazioni   regionali   riguarda
l'asserita facolta' di  esprimere  un  risultato  di  amministrazione
senza la previa indicazione analitica dei residui attivi  e  passivi,
dei relativi crediti e debiti, dei  loro  titolari  e  delle  ragioni
giuridiche dei rapporti creditori e debitori. 
    Analogo rilievo investe  la  pretesa  di  iscrivere  le  economie
vincolate senza la previa  dimostrazione  della  loro  inerenza  alla
disponibilita'  di  cespiti  effettivi  e  alla   persistenza   dello
specifico  vincolo  legislativo  alla  loro  utilizzazione.  Infatti,
l'impiego di partite di spesa confluite  in  economie  di  precedenti
esercizi «e' impossibile senza l'accertamento delle risorse  dedicate
e la sussistenza di impegni od obbligazioni  passive  afferenti  alla
specifica utilizzazione di tali risorse. [...] Dunque,  la  irrituale
"riprogrammazione"  [...]  viene  concretamene  a  collidere  con  il
principio di equilibrio del bilancio, incrementando indebitamente  la
spesa e, conseguentemente, i preesistenti squilibri» (sentenza n.  89
del 2017). Piu' in generale, in tema di  fondi  vincolati,  e'  stato
precisato che «[p]er  vincoli  formalmente  attribuiti  dall'ente  si
intendono quelli previsti dal principio applicato 9.2 [del d.lgs.  n.
118 del 2011], derivanti da "entrate straordinarie, non aventi natura
ricorrente, accertate e riscosse cui l'amministrazione ha formalmente
attribuito una specifica destinazione.  E'  possibile  attribuire  un
vincolo di destinazione alle entrate straordinarie non aventi  natura
ricorrente solo se l'ente non ha rinviato la copertura del  disavanzo
di amministrazione negli esercizi successivi [e]  ha  provveduto  nel
corso dell'esercizio alla copertura di  tutti  gli  eventuali  debiti
fuori  bilancio  [...]".  Infatti,  la  facolta'  di  imprimere   uno
specifico vincolo deriva  dalla  classificazione  normativa  (entrate
straordinarie  non  aventi  natura   ricorrente)   e   dall'ulteriore
requisito dell'assenza di  disavanzi  da  ripianare.  In  definitiva,
l'analitica classificazione delle  somme  vincolate  non  inficia  il
principio per cui,  quand'anche  non  direttamente  dipendente  dalla
legge, il vincolo deve trovare diretto presupposto nella  stessa.  E'
anche  evidente  come  proprio   la   stessa   perimetrazione   della
fattispecie  derogatoria  risponda  all'obiettivo  di  non   alterare
l'equilibrio del bilancio» (sentenza n. 279 del 2016). 
    Infine, le eccezioni della resistente urtano contro  il  costante
orientamento di questa  Corte  -  gia'  in  precedenza  richiamato  -
secondo cui  le  risultanze  dei  bilanci  devono  essere  credibili,
sufficientemente sicure, non arbitrarie  o  irrazionali.  Secondo  la
Regione  Abruzzo  sarebbero  credibili  e  veridiche  risultanze  che
comportano una dimensione di  partite  contabili  arretrate  (residui
attivi, passivi ed economie vincolate) pari a circa  il  cinquantasei
per cento dell'intero bilancio annuale. E  cio'  senza  l'indicazione
delle  ragioni  giuridiche  e  fattuali  in   grado   di   sorreggere
l'esattezza di tale quantificazione. La quantificazione delle partite
attive e passive che non abbiano un obiettivo  riscontro  finanziario
(come avviene al contrario per il fondo di  cassa)  non  puo'  essere
priva dell'analitica ricognizione dei relativi presupposti giuridici,
poiche'  la  loro  applicazione  al  bilancio  costituisce   elemento
indefettibile per determinarne e verificarne coperture ed equilibri. 
    3.2.- A ben vedere, le eccezioni della Regione Abruzzo si fondano
su un'ulteriore errata deduzione. 
    La resistente sottolinea che l'approvazione del rendiconto  2013,
quali che siano le relative  risultanze,  sarebbe  contemporaneamente
tappa indispensabile per smaltire l'arretrato inerente agli  esercizi
successivi   e   "monade    contabile",    del    tutto    svincolata
dall'articolazione dei successivi bilanci. 
    Se - per gli evidenti motivi richiamati -  non  e'  configurabile
una separazione della legge regionale di approvazione del  rendiconto
dai bilanci degli esercizi successivi, e' altresi' indiscutibile  che
l'operazione "messa in sicurezza dei conti", piu'  volte  enfatizzata
dalla resistente, non puo' prescindere  dall'esattezza  e  congruenza
dei dati contabili di partenza, caratteri assenti  nella  fattispecie
in esame. 
    Peraltro non e' neppure  condivisibile  l'assunto  implicito  del
ragionamento svolto dalla  Regione,  secondo  cui  l'arretrato  debba
essere   necessariamente   smaltito   "per    tappe",    scaglionando
temporalmente l'approvazione dei conti inevasi. 
    Come precedentemente sottolineato, il legislatore prevede termini
indefettibili  per   l'approvazione   dei   rendiconti   degli   enti
territoriali (attualmente, ai sensi dell'art. 18 del  d.lgs.  n.  118
del 2011, «Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,  comma
1, approvano: [...] b) il rendiconto o il bilancio di esercizio entro
il 30 aprile dell'anno successivo. Le regioni approvano il rendiconto
entro il 31 luglio dell'anno successivo, con preventiva  approvazione
da parte della giunta entro il 30 aprile, per consentire la  parifica
delle  sezioni  regionali  di  controllo  della  Corte  dei   conti»,
risultando modificato, al riguardo, il precedente art. 29,  comma  1,
del d.lgs. n. 76 del 2000 invocato dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri quale norma  interposta),  individuando  un  arco  temporale
intermedio tra l'esercizio  di  riferimento  e  quello  afferente  al
bilancio di previsione dei due esercizi successivi. 
    E' evidente come detto arco temporale  non  sia  determinato  dal
legislatore in modo arbitrario, bensi' bilanciando le esigenze di una
tempestiva accountability nei confronti degli elettori e degli  altri
portatori di interessi e  quelle  inerenti  alla  rideterminazione  o
costruzione  degli  equilibri  dei  bilanci  di  previsione  dei  due
esercizi successivi. Infatti, una volta accertata l'esistenza  di  un
disavanzo di amministrazione, devono essere immediatamente adottati i
provvedimenti di legge (art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011
per le Regioni; art. 188 del d.lgs n.  267  del  2000  per  gli  enti
locali) per il ripianamento dello stesso. 
    Tale operazione - indispensabile per garantire e  conservare  gli
equilibri di bilancio di breve e lungo  periodo  -  non  puo'  essere
realizzata prendendo a riferimento dati cosi' lontani nel tempo  (per
di piu' non credibili per le ragioni precedentemente espresse). 
    Ne consegue che ben potrebbe - anzi dovrebbe - la Regione Abruzzo
effettuare le operazioni necessarie per recuperare immediatamente, in
modo  costituzionalmente  corretto,  tutti  gli  adempimenti  scaduti
inerenti ai rendiconti successivi,  pur  nel  rispetto  dei  separati
riscontri secondo la partizione annuale. 
    3.3.- Il rispetto dei termini e degli adempimenti previsti  dalle
norme di coordinamento della finanza pubblica e di  armonizzazione  -
nel caso in esame le disposizioni interposte che fissano gli obblighi
di rendicontazione costituiscono, all'un tempo,  norme  afferenti  al
coordinamento della finanza pubblica, all'armonizzazione dei  bilanci
e ai precetti in termini di copertura della spesa e di equilibrio dei
bilanci di cui all'art. 81 Cost. (in tal senso sentenza  n.  184  del
2016) - comporta comunque l'attuazione  immediata  e  sequenziale  di
tutte le operazioni previste nel tempo dal legislatore nazionale  per
porre rimedio alle situazioni critiche degli enti territoriali. 
    In  termini  di  rilevanza  strutturale,  tali  misure  normative
possono essere cosi' sintetizzate: a) accertamento analitico di tutte
le tipologie di residui  preesistenti  anteriormente  all'entrata  in
vigore del nuovo ordinamento contabile (art. 3, comma 7,  del  d.lgs.
n. 118 del 2011). Con particolare riguardo alla Regione  Abruzzo,  in
tali  operazioni  e'  compreso  il  riaccertamento  delle  cosiddette
economie vincolate, finalizzato a  espungere  tutte  le  partite  non
caratterizzate  da  espresso  e  specifico  vincolo   normativo;   b)
confronto tra somme incamerate e utilizzate a titolo di anticipazioni
di liquidita', avente lo scopo  di  accertare  la  piena  e  corretta
utilizzazione di tali somme in termini di sola cassa.  Come  rilevato
dal Presidente del Consiglio dei ministri la  Regione  resistente  ha
omesso di conformarsi, su questo specifico punto,  alla  sentenza  di
questa Corte n. 89 del 2017; c) rateizzazione nel tempo dei disavanzi
accertati secondo le modalita' previste  dalle  disposizioni  vigenti
(artt. 3, comma 16, e 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 e art.
9, comma  5,  del  decreto-legge  19  giugno  2015,  n.  78,  recante
«Disposizioni  per  garantire  la  continuita'  dei  dispositivi   di
sicurezza e di  controllo  del  territorio.  Razionalizzazione  delle
spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme  in  materia  di
rifiuti e di emissioni industriali»). 
    I  richiamati  adempimenti  sono  organizzati   in   termini   di
propedeuticita' e sinergia nel senso che tutti mirano a riequilibrare
e  rendere  chiara  la  situazione  economico-finanziaria   dell'ente
territoriale  attraverso  un  ordine   sequenziale   teleologicamente
vincolato. Infatti, l'accertamento nelle forme di legge delle partite
attive e passive e' sicuramente propedeutico all'utilizzazione  delle
anticipazioni di liquidita', le quali - come  e'  noto  -  servono  a
fronteggiare   obbligazioni   passive   inutilmente    scadute.    Le
anticipazioni stesse servono a eliminare dal  bilancio  -  attraverso
puntuali pagamenti  -  i  residui  passivi  inerenti  a  obbligazioni
scadute  e  ad  altri  oneri  normativamente  imposti   e   risultano
propedeutiche alla revisione ordinaria e  straordinaria  dei  residui
stessi. La revisione straordinaria e' necessariamente preliminare  al
passaggio tra la vecchia e nuova contabilita' prescritto dall'art. 3,
comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011. Infine la revisione ordinaria  e
quella straordinaria sono necessarie  per  azionare  la  facolta'  di
rateizzare il ripianamento dei disavanzi accertati. 
    3.4.- In definitiva devono  essere  condivise  anche  le  censure
ribadite  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  nel  corso   della
discussione in udienza, secondo cui l'assenza  di  trasparenza  nella
rappresentazione della situazione economico-finanziaria della Regione
collide diametralmente con gli evocati parametri  costituzionali.  In
particolare va ribadito il principio secondo cui la  trasparenza  dei
conti  risulta  elemento  indefettibile  per  avvicinare   in   senso
democratico i cittadini all'attivita' dell'Amministrazione, in quanto
consente di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del
mandato  elettorale,  e  per  responsabilizzare  gli  amministratori,
essendo   necessariamente   servente   al   controllo   retrospettivo
dell'utilizzo dei fondi pubblici (sentenza n. 184 del 2016). 
    4.- In considerazione dell'inscindibile  connessione  finanziaria
con   le   disposizioni    costituzionalmente    illegittime,    tale
illegittimita'  deve  estendersi  in  via  consequenziale,  ai  sensi
dell'art.  27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),  alle
residue disposizioni della legge reg.  Abruzzo  n.  16  del  2017  di
approvazione  del  rendiconto  2013.  L'evidente  correlazione  delle
disposizioni residue con  le  norme  impugnate  comporta  infatti  un
rapporto di chiara consequenzialita'  con  la  decisione  assunta  in
ordine alle stesse (in senso conforme, ex plurimis, sentenza  n.  274
del 2017, sentenze n. 266 e n. 250 del 2013). Infatti,  l'assenza  di
un  risultato  univoco  di  amministrazione,   l'incongruita'   degli
elementi aggregati per il suo calcolo e l'inderogabile  principio  di
continuita'  tra  gli  esercizi  finanziari   -   che   richiede   il
collegamento  genetico  tra  i  bilanci  secondo  la  loro   sequenza
temporale - coinvolgono la legge di approvazione del rendiconto  2013
nella sua interezza, non essendo utilmente  scindibili  gli  elementi
che ne compongono la struttura. E' utile ribadire che «l'efficacia di
diritto sostanziale che  il  rendiconto  riveste  in  riferimento  ai
risultati dai quali scaturisce la gestione finanziaria  successiva  e
l'invalidita'  delle  partite  destinate,  attraverso  la  necessaria
aggregazione,   a   determinarne    le    risultanze,    pregiudicano
irrimediabilmente l'armonia  logica  e  matematica  che  caratterizza
funzionalmente  il  perseguimento   dell'equilibrio   del   bilancio»
(sentenza n. 274 del 2017) anche negli esercizi successivi.