Da cio' la non  fondatezza  della  questione  sollevata,  in  via
subordinata, dal Tribunale di Milano. 
    8.2.-  Restano  da  esaminare   le   (identiche)   questioni   di
legittimita' costituzionale promosse, in  via  subordinata,  con  tre
ordinanze (reg. ord. n. 242, n. 243 e n. 244 del 2016), dal Tribunale
di Genova nei confronti dei commi 25 e 25-bis dell'art. 24  del  d.l.
n. 201 del 2011, «in collegamento» con l'art. 1, comma  483,  lettere
d) ed e), della legge n. 147 del 2013. 
    8.2.1.- Preliminarmente, l'INPS ha  eccepito  l'inammissibilita',
per difetto di rilevanza, di quelle sollevate con le ordinanze n. 242
e n. 244 del 2016, deducendo che le  censure  prospettate  concernono
esclusivamente la disciplina dei trattamenti pensionistici  superiori
a sei volte il trattamento minimo INPS, mentre  i  giudizi  a  quibus
sono stati promossi da pensionati con un trattamento compreso tra tre
e sei volte tale minimo. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Come  correttamente  rilevato  dall'INPS,  la  censura  in  esame
riguarda la disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti
pensionistici superiori a  sei  volte  il  trattamento  minimo  INPS,
mentre nei  giudizi  principali  nell'ambito  dei  quali  sono  state
emanate le ordinanze n. 242 e n. 244 del 2016 nessuno dei  pensionati
ricorrenti era titolare di un trattamento pensionistico  superiore  a
sei volte il trattamento minimo INPS.  Ne  consegue  che  l'eventuale
accoglimento della questione  sulla  disciplina  della  rivalutazione
automatica dei trattamenti pensionistici superiori  a  sei  volte  il
trattamento minimo INPS non avrebbe  alcuna  influenza  sui  suddetti
giudizi a quibus. Da  cio'  l'irrilevanza  della  questione  in  tali
giudizi. 
    8.2.2.- La questione e' invece rilevante  nel  giudizio  nel  cui
ambito e' stata emanata l'ordinanza n. 243 del 2016 - in cui uno  dei
due pensionati ricorrenti e' titolare di un trattamento pensionistico
superiore a sei volte il trattamento minimo INPS - e  deve,  percio',
essere scrutinata nel merito. 
    Essa non e' fondata. 
    Infatti, similmente a quanto si e' osservato (al punto 8.1.)  con
riguardo alla questione promossa in via subordinata dal Tribunale  di
Milano (reg. ord.  n.  124  del  2016),  e'  erroneo  il  presupposto
interpretativo  da  cui   muove   il   rimettente,   atteso   che   -
contrariamente a quanto da lui affermato -  la  normativa  denunciata
non prevede, per i trattamenti pensionistici superiori a sei volte il
minimo INPS, il  blocco  della  perequazione  «per  un  triennio»  ma
soltanto per il 2012 e 2013. Inoltre  l'affermazione  del  rimettente
secondo cui «il legislatore del 2015, [ha] ome[sso] di coordinare  le
diverse disposizioni», oltre che  meramente  assertiva  e  del  tutto
indimostrata, trascura di considerare che il d.l. n. 65 del 2015, nel
bilanciare l'interesse dei pensionati con le esigenze  della  finanza
pubblica, ha inevitabilmente avuto riguardo a  quanto  gia'  previsto
dall'art. 1, comma 483, lettera e), della legge n. 147 del 2013. 
    Infine, deve essere considerata  l'ulteriore  -  e  conclusiva  -
asserzione del rimettente, secondo cui «il sacrificio che deriverebbe
dall'applicazione  combinata  del  doppio   meccanismo   risulterebbe
sproporzionato  e,  di  conseguenza,  irragionevole»  in   quanto   i
trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo
INPS includono  pensioni  di  valore  ben  piu'  modesto  di  quelle,
superiori a otto volte il predetto minimo, che la sentenza n. 316 del
2010 ha ritenuto dotate  di  margini  di  resistenza  all'inflazione.
Affermare che le pensioni  superiori  a  otto  volte  il  trattamento
minimo  INPS   «presentano   margini   di   resistenza   all'erosione
determinata dal fenomeno inflattivo» non implica che  pensioni  anche
inferiori a detto importo non possano presentare  margini,  ancorche'
piu'  ridotti,  di  resistenza  all'inflazione.  Il  giudice  a   quo
trasforma, in tal modo, una delle ragioni per cui la sentenza n.  316
del 2010 ha ritenuto che la misura prevista dell'art.  1,  comma  19,
della  legge  n.  247  del  2007,  fosse  conforme   ai   canoni   di
ragionevolezza,  adeguatezza  e  proporzionalita'   dei   trattamenti
pensionistici,  in  una  condizione  indefettibile  di   legittimita'
costituzionale delle misure di blocco  della  perequazione  (vedi  il
punto 6.5.5.).