Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di
  Trento,   in   persona  del  Presidente  della  Giunta  provinciale
  pro-tempore  Lorenzo  Dellai,  autorizzato  con deliberazione della
  Giunta   provinciale   n. 216   del   4   febbraio  2000  (all. 1),
  rappresentata  e  difesa - come da procura speciale dell'8 febbraio
  2000 (rep. n. 24161) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale
  rogante   della   Provincia   stessa  (all.  2)  -  dagli  avvocati
  Giandomenico  Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio
  eletto  in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri,
  5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
  dichiarazione  che  non  spetta allo Stato di esigere contribuzioni
  della  provincia  autonoma di Trento a favore dell'ARAN a titolo di
  partecipazione alle spese di gestione della stessa, in relazione al
  comparto   sanita';  di  autorizzare  il  Ministero  del  tesoro  a
  trattenere  l'importo preteso sulle somme spettanti alla ricorrente
  Provincia a qualsiasi titolo; e per il conseguente annullamento:
        dell'art. 2 del decreto del Ministro per la Funzione pubblica
  18   ottobre   1999  concernente  modalita'  di  trasferimento  dei
  contributi  a  favore  dell'ARAN  per il comparto Sanita', ai sensi
  dell'art. 50,   comma   8,  del  d.lgs.  3  febbraio  1993,  n. 29,
  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale serie senerale, n. 296 di data
  18  dicembre  1999,  nella  parte  in cui esso dispone quanto sopra
  lamentato,  per  violazione dell'autonomia finanziaria provinciale,
  come  disciplinata dal titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972. n. 670,
  modificato  dalla  legge  30  novembre  1989,  n. 386, e come anche
  definita, nel particolare campo sanitario:
        dall'art.  8,  n. 1), dall'art. 9, n. 10), e dall'art. 16 del
  d.P.R.  31  agosto  1972,  n. 670,  che  conferiscono  la  potesta'
  legislativa  ed amministrativa alla ricorrente provincia in materia
  di  ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del  personale e in
  materia di igiene e sanita'.
        dalle  norme  di  attuazione della statuto di cui all'art. 2,
  secondo  e  terzo  comma  del  d.P.R.  28  marzo 1975, n. 474 (come
  sostituito  dall'art. 1  del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, le quali
  attribuiscono   alle  province  autonome  potesta'  legislative  ed
  amministrative  attinenti  al  funzionamento  e alla gestione delle
  istituzioni   e   degli  enti  sanitari  nonche'  la  competenza  a
  disciplinare lo stato giuridico ed economico del personale di detti
  istituzioni ed enti sanitari;
        dall'art.  50,  comma 16, della legge 3 febbraio 1993, n. 29,
  che  riconosce  la  specifica  autonomia  delle  province autonome,
  ammettendo  la  possibilita'  per  le  stesse  di  avvalersi per la
  contrattazione  collettiva  di  loro competenza di agenzie tecniche
  istituite con legge provinciale.

                           Fatto e diritto

    La  presente controversia riguarda il decreto del Ministro per la
  funzione  pubblica 18 ottobre 1999. Come dice la sua intitolazione,
  esso  e'  rivolto  a disciplinare le modalita' di trasferimento dei
  contributi  delle  regioni  a  favore  dell'ARAN  per  il  comparto
  Sanita',  ai  sensi  dell'art. 50,  comma  8, del d.lgs. 3 febbraio
  1993, n. 29.
    Tale    onere    contributivo   trova   il   proprio   fondamento
  costituzionale  e  la  propria ovvia ragione nella circostanza che,
  nell'attuale   sistema   di  contrattazione  proprio  del  pubblico
  impiego,  e' per l'appunto l'ARAN a rappresentare la parte pubblica
  ed in particolare le stesse regioni nella contrattazione sindacale.
  E'  naturale  percio'  che  le  regioni  partecipino  alle spese di
  gestione  dell'Agenzia,  come  e'  naturale che le risorse per tale
  partecipazione   finanziaria   siano   tratte  dai  Fondi  sanitari
  regionali,  trattandosi appunto di spese relative alla gestione del
  personale sanitario.
    Tali   ragioni  e  tale  fondamento  costituzionale  non  trovano
  riscontro alcuno in relazione alla ricorrente provincia autonoma di
  Trento.  Da  una  parte, infatti, essa gode in relazione al proprio
  personale  (ivi compreso il personale sanitario) di una particolare
  autonomia,  che  si manifesta tra l'altro in un separato sistema di
  contrattazione.  D'altra  parte, anche al finanziamento del sistema
  sanitario la provincia provvede nell'ambito della propria autonomia
  finanziaria, senza partecipare al Fondo sanitario nazionale.
    L'autonomo  sistema  di  contrattazione provinciale e' d'altronde
  riconosciuto  dalla  stessa legge statale fondamentale sul pubblico
  impiego.  Infatti,  secondo  l'art. 50,  comma  16,  della  legge 3
  febbraio  1993, n. 29, "le regioni a statuto speciale e le province
  autonome  possono  avvalersi,  per  la contrattazione collettiva di
  loro  competenza, di agenzie tecniche istituite con legge regionale
  o  provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN". In altri termini,
  la  legge  attribuisce  alle  regioni  speciali  ed  alle provincie
  autonome  la  facolta'  di  scegliere  se  avvalersi dell'ARAN o se
  istituire  invece  una  propria  struttura,  corrispondente in sede
  locale per compiti alla stessa ARAN.
    La  ricorrente Provincia si e' avvalsa di tale facolta', e con la
  legge  provinciale  3 aprile 1997, n. 7 (Revisione dell'ordinamento
  del  personale della provincia autonoma di Trento), ha disciplinato
  tra  l'altro la contrattazione collettiva provinciale, affidando il
  compito  di rappresentare l'amministrazione provinciale all'Agenzia
  provinciale  per  la  rapresentanza  negoziale, istituita con legge
  provinciale  3  settembre 1993, n. 23. E tale disciplina si applica
  anche  al  personale  del  servizio  sanitario, in virtu' di quanto
  disposto  dall'art. 21 della legge provinciale 23 febbraio 1998, n.
  3.
    In  tale  situazione,  risulta  evidente  l'assenza  di qualunque
  fondamento  costituzionale alla pretesa statale, e l'illegittimita'
  ed arbitrarieta' sotto questo profilo dell'impugnato decreto.
    L'assenza  di fondamento della pretesa statale si evince in primo
  luogo  dallo  stesso  art.  50  della legge 3 febbraio 1993, n. 29,
  cioe'  proprio  dalla  disposizione  su  cui si fonda il decreto 18
  ottobre  1999,  qui impugnato. Se e' vero infatti che il comma 8 di
  tale  articolo  prevede  alla  lett.  a)  che  l'ARAN abbia risorse
  "derivanti   da   contributi   posti   a   carico   delle   singole
  amministrazioni  dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per
  dipendente  in  servizio",  e'  anche  evidente  che  tale onere di
  contribuzione e' correlato all'uso della struttura da parte di tali
  amministrazioni, e alla utilita' che esse ne traggono.
    Ma  e' evidente che la facolta' concessa alle regioni speciali ed
  alle   province   autonome   di   non   avvalersi   dell'ARAN,  ove
  effettivamente utilizzata, comporta necessariamente l'esonero delle
  stesse da un onere contributivo, per il quale mancherebbe qualunque
  ragione giustificatrice.
    E'  chiaro  dunque  che,  in relazione alla provincia autonoma di
  Trento,   l'art. 50   della  legge  3  febbraio  1993,  n. 29,  non
  costituisce titolo giustificativo della pretesa statale.
    Essendo priva di un titolo giustificativo, la pretesa sancita dal
  decreto  ministeriale 18 ottobre 1999 viola l'autonomia finanziaria
  della  provincia,  cosi' come disposta e protetta dallo Statuto. Si
  noti  che la pretesa statale non ha una causa agricolo medio (della
  coltura  piu'  redditizia  tra  quelle  che  coprono una superficie
  superiore  al 5 per cento di quella coltivata della regione agraria
  in  cui ricade l'area da espropriare) per determinati coefficienti,
  distinti a seconda della "popolosita'" del territorio comunale.
    Un   tale   sistema  di  calcolo  dell'indennita'  di  esproprio,
  tuttavia, suscito' fin dal principio forti dubbi, in particolare in
  relazione  alla  condizione  dei proprietari dei fondi edificabili,
  che vedevano completamente svilito il valore dei loro beni.
    Tali dubbi hanno trovato conferma nella sentenza di codesta Corte
  costituzionale  n. 5  del  1980,  con  la  quale  si  e' dichiarata
  l'illegittimita' del sistema di calcolo indennitario previsto dalla
  legge  n. 865/1971, in quanto il criterio del valore agricolo medio
  dei  terreni  portava  "per  i  terreni  destinati  ad insediamenti
  edilizi  che  non  hanno  alcuna relazione con le colture praticate
  nella  zona, alla liquidazione di indennizzi sperequati rispetto al
  valore dell'area da espropriare".
    In  buona  sostanza,  dunque,  il  sistema unitario di indennizzo
  delineato  dal  legislatore  statale  non  ha  retto di fronte alla
  constatazione della inadeguatezza di un unico criterio indennitario
  a  far  fronte  a  situazioni fortemente eterogenee tra loro, quali
  indubbiamente  sono quelle dei fondi edificabili e quelle dei fondi
  agricoli.
    In  occasione  di  tale  sentenza,  la  Corte  ha  avuto  modo di
  effettuare  una  precisazione che, pur sembrando del tutto ovvia in
  relazione al contesto sistematico della legge n. 865/1971, pare non
  essere  stata  esattamente  percepita  dall'ordinanza di remissione
  (ne', come si dira', dalla consulenza tecnica di ufficio effettuata
  nel corso del giudizio, dalla quale il giudice a quo e' poi rimasto
  condizionato).
    Non  puo'  tuttavia  non  essere  qui  rilevato,  per completezza
  difensiva,  che  tale  potere  sostitutivo  appare  alla ricorrente
  provincia  illegittimo  ed  arbitrario  anche di per se', cioe', in
  altre  parole,  anche  se  fosse  previsto  per  una  situazione di
  effettiva  doverosita' di una partecipazione provinciale alla spesa
  di  gestione.  Esso  infatti  si  traduce  in  null'altro che in un
  unilaterale  potere  ministeriale  di  riduzione  dei trasferimenti
  dovuti  alla provincia autonoma di Trento ai sensi dello Statuto di
  autonomia, e dunque in una ulteriore diretta lesione dell'autonomia
  finanziaria.
    Un  potere  statale  di  dare  unilaterale  esecutorieta'  ad una
  propria   pretesa   di  partecipazione  economica  della  provincia
  all'esercizio   di   una   funzione  statale  non  ha  alcuna  base
  costituzionale   o  statutaria,  e  sarebbe  illegittimo  anche  se
  disposto  da  atto  avente  natura  e  forza di legge. E' del tutto
  arbitrario  in  quanto addirittura autoattribuito dal Ministro a se
  stesso  (il  Ministro  del  tesoro  partecipa  al decreto in quanto
  Ministro  concertato)  o  comunque  ad  altro  Ministro con decreto
  ministeriale.
    Ne' evidentemente il compito assegnato al Ministro di definire il
  "sistema   di   trasferimenti"   per  le  contribuzioni  dovute  da
  amministrazioni  non  statali, puo' essere inteso come conferimento
  del  potere  di  prevedere un sistema di trattenuta diretta: quanto
  meno,    non    in    relazione    alla    autonomia    finanziaria
  costituzionalmente garantita della ricorrente provincia.
    L'impugnato  decreto  risulta pertanto illegittimo e lesivo delle
  competenze  provinciali  anche  sotto  questo  ulteriore, specifico
  profilo.