IL TRIBUNALE

    Nella causa civile promossa da Banca Commerciale Italiana S.p.a.,
  rappresentata  e  difesa  in  giudizio dall'avv. Alessandro Gracis,
  attrice;  contro Berton Erminio, rappresentato e difeso in giudizio
  dall'avv. Domenico Riposati, convenuto;
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza;  con atto notificato il
  23 novembre   1998  la  Banca  Commerciale  Italiana  conveniva  in
  giudizio  Erminio Berton, esponendo che con atto del 10 giugno 1992
  questi  aveva  prestato  fideiussione,  per  l'importo  massimo  di
  L. 900.000.000,   per   tutte   le   obbligazioni  derivanti  dalle
  operazioni  della  Bertonpneus  S.r.l.  con la banca; dichiarato il
  fallimento  della  societa'  garantita il 19 ottobre 1994, la banca
  era stata ammessa al passivo fallimentare per L. 421.430.284, poi -
  in   via   tardiva,   a   seguito   di  revocatoria  subita  -  per
  L. 45.000.000, somma versata al curatore il 5 maggio 1995.
    L'attrice  chiedeva  la  condanna  del  convenuto al pagamento di
  complessive   L. 614.309.705,  somma  comprensiva  degli  interessi
  legali  gia'  maturati,  capitalizzati  ai sensi dell'art. 2385 del
  codice civile, oltre agli ulteriori interessi dalla domanda.
    Si  costituiva  Erminio  Berton,  il quale eccepiva l'intervenuta
  prescrizione  del  credito  vantato dalla banca nei suoi confronti,
  per  il  decorso di piu' di dieci anni tra la sua prestazione della
  fieiussione,  in  data 1o giugno 1982, ed il primo atto interuttivo
  posto  in  essere  dall'istituto di credito nei suoi confronti, con
  lettera  del  21 luglio  1994,  che  chiedeva il rientro immediato;
  eccepiva    inoltre    l'illegittimita'    della   capitalizzazione
  trimestrale   degli  interessi  prevista  nel  contratto  di  conto
  corrente  intercorso  tra  la banca e la societa' per la quale egli
  aveva   prestato   fideiussione;  chiedeva  in  via  principale  la
  dichiarazione  di  prescrizione del credito della Banca Commerciale
  Italiana,  in  subordine  l'esclusione,  dalla somma da lui dovuta,
  dell'importo      corrispondente      all'avvenuta     applicazione
  dell'anatocismo in forza di clausola nulla.
    Svolte le udienze previste dagli artt. 180 e 183 c.p.c. e fissati
  i  termini  di  cui  all'art. 184 c.p.c., il giudice non ammetteva,
  ritenendole irrilevanti, le prove orali richieste da parte attrice;
  la   causa   passava   in  decisione  sulle  conclusioni  formulate
  rispettivamente in atto di citazione ed in comparsa di costituzione
  e risposta.
    Il   giudice   ritiene  infondata  l'eccezione  di  prescrizione,
  prioritariamente  svolta dalla difesa del convenuto. E' documentato
  che  la  fideiussione in favore della Banca Commerciale Italiana fu
  dal  Berton prestata il 1o giugno 1982 e rinnovata, con indicazione
  del  massimo  garantito, il 10 giugno 1992; afferma parte convenuta
  che,  il  dies  a  quo  per  la  decorrenza  della prescrizione era
  "fissato  contrattualmente dalla Banca al 31 dicembre di ogni anno"
  essendo  prevista nel contratto di conto corrente di corrispondenza
  intrattenuto  dalla  Bertonpneus  S.r.l.  la  chiusura  annuale dei
  rapporti di dare/avere.
    L'assunto  sembra  doversi interpretare nel senso che il decennio
  sarebbe   maturato,   ai  fini  della  prescrizione  invocata,  con
  decorrenza dal 31 dicembre 1982, ma tale tesi non e' condivisibile.
  Il  rapporto garantito da Erminio Berton era un'apertura di credito
  su  conto corrente bancario senza predeterminazione di durata e per
  il  diritto  della  banca nei confronti del fideiussore, che poteva
  essere  esercitato  solo alla scadenza dell'obbligazione garantita,
  la  prescrizione  non  poteva  decorrere  prima dell'estinzione del
  rapporto  garantito,  per  recesso della banca stessa (come avvenne
  21 luglio 1994), o del cliente, o per altra ragione.
    Non   solo   la   possibilita'   di  recesso  ad  nutum  prevista
  dall'art. 1833  del  codice  civile  ad  ogni  chiusura  contabile,
  invocata dal convenuto, e' dall'art. 1845 del codice civile esclusa
  per   la  banca  che  ha  concesso  apertura  di  credito  a  tempo
  indeteminato,  ma in ogni caso alle scadenze contabili, in mancanza
  di  risoluzione,  di recesso o di altre cause di chiusura, il conto
  rimane  aperto  e  funzionante,  sino alla chiusura finale che sola
  sostituisce al rapporto bancario un semplice rapporto di credito.
    A  cio'  si  aggiunge,  nel  caso  in  esame,  il  rilievo che la
  rinnovazione    della    fideiussione    nel    1992    costituisce
  riconoscimento,  da parte del Berton, della sopravvivenza della sua
  obbligazione  nei  confronti  della  Banca  Commerciale  Italiana e
  produce  l'effetto  interruttivo previsto dall'art. 2944 del codice
  civile.
    Si  deve  quindi esaminare l'eccezione di nullita' della clausola
  di  capitalizzazione  trimestrale degli interessi sollevata, in via
  subordinata,  dal  convenuto.  Che  tale capitalizzazione sia stata
  applicata  dalla  banca  attrice  nel  rapporto  con la Bertonpneus
  S.r.l.  e'  processualmente certo: non solo la clausola e' compresa
  tra  le  "condizioni  all'8  luglio  1992"  (doc.  3 del convenuto)
  comunicate  dalla  Banca  Commerciale  Italiana  alla  societa' con
  riferimento  al  numero  di  c.c. 1159219-01, in relazione al quale
  l'istituto  di  credito  espone un "saldo per capitali al 21 luglio
  1994  ed  interessi  al  30 giugno 1994" per L. 167.244.391 (doc. 4
  dell'attrice),  ma  l'attrice  stessa,  nella memoria depositata il
  29 luglio 1999, ha chiesto "prova per interpello e testi" sul fatto
  che  negli  estratti  conto  inviati alla Bertonpneus "vi era anche
  l'indicazione   dell'importo   comprensivo  della  capitalizzazione
  trimestrale  degli  interessi"  la  circostanza e' dunque sostenuta
  direttamente  dalla  parte,  con riferimento al periodo di apertura
  del conto.
    La  nullita'  della  clausola  di  anatocismo trimestrale per gli
  interessi  sui conti debitori, contenuta abitualmente nei contratti
  redatti  dalle  banche in conformita' alle norme bancarie uniformi,
  e'  stata  ritenuta dalla Corte di cassazione con le sentenze 2374,
  3096,  12507/1999, espressione di un orientamento nuovo rispetto al
  passato, ma affermatosi con esplicita continuita' e senza eccezioni
  nel  corso  del  1999,  e  con  argomentazioni,  che si condividono
  appieno,  fondate  sulla  contrarieta'  alla norma imperativa posta
  dall'art. 1283  del  codice  civile,  con  il  rilievo,  ampiamente
  motivato,  della  mancanza  di usi normativi (evidentemente diversi
  dagli  usi  convenionali  o imposti dalle banche ai clienti) - gia'
  riconosciuti come tali al momento in cui entro' in vigore il codice
  civile del 1942 - sulla cadenza trimestrale dei (soli) interessi in
  favore degli istituti di credito.
    Nelle  more  del giudizio e' peraltro entrato in vigore il d.lgs.
  342/1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 4 ottobre 1999, che
  all'art. 25,  dopo  aver  previsto (comma 2) che il CICR stabilira'
  modalita'  e  criteri  per  la  produzione  degli  interessi  sugli
  interessi maturati nelle operazioni bancarie, assicurando che nelle
  operazioni  in  conto  corrente  la  periodicita'  di conteggio sia
  uguale  per  interessi attivi e passivi, al comma 3 stabilisce: "le
  clausole  relative  alla  produzione  di  interessi sugli interessi
  maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data
  di  entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide
  ed efficaci sino a tale data".
    La  norma dell'art. 25 comma 3 d.lgs. 342/1999 trova applicazione
  in  questo  giudizio  ed e' rilevante per la decisione della causa,
  poiche'   la   somma   pretesa  dalla  Banca  Commerciale  Italiana
  comprende, come si e' gia' esposto, anche interessi trimestralmente
  capitalizzati  nel  corso  del  rapporto  garantito,  in  forza del
  contratto di conto corrente di corrispondenza.
    Ritiene    il   giudice   che   tale   norma   presenti   profili
  d'incostituzionalita'  con  riferimento  agli  artt. 3, 24, 41 e 97
  della Costituzione.
    Non  si  ritiene di poter interpretare la norma nel senso che con
  essa  il  legislatore delegato abbia inteso assicurare un'efficacia
  temporanea   alle  sole  clausole  gia'  stipulate  che  non  siano
  definibili   nulle,  anche  se  prevedono  una  base  temporale  di
  capitalizzazione diversa per interessi attivi e passivi (ad esempio
  anatocismo  annuale  per  il  cliente,  semestrale  -  e  come tale
  riconducibile  ad  usi  normativi  bancari  gia' vigenti nel 1942 e
  validi ai sensi dell'art. 1283 c.c. - per la banca): casi di questo
  tipo  sono  notoriamente  infrequenti,  tali da non giustificare un
  intervento   normativo   la   cui   ragione  e'  evidenziata  dalla
  coincidenza  temporale  con  le  prime  delle citate pronunce della
  Corte di cassazione sulla nullita'.
    Ne'  appare  sostenibile, sul piano logico, che si sia voluto far
  riferimento   alle   clausole   indicate   per   il   solo  periodo
  intercorrente  tra  il  momento  di  entrata  in vigore del decreto
  legislativo  e  quello  di  emanazione dei previsti regolamenti del
  CICR,  statuendo  con riferimento ad un arco temporale estremamente
  breve.
    Si  deve  ritenere dunque che la norma introduca una sanatoria di
  clausole  gia'  definite  nulle  dalla  giurisprudenza della Corte,
  attraverso una disciplina transitoria di carattere retroattivo. Che
  si   tratti  di  interpretazione  autentica  di  norma  vigente  il
  legislatore  delegato  non dice ed e', ad avviso di questo giudice,
  difficilmente  sostenibile,  poiche'  non  vi  e' nel decreto alcun
  riferimento  all'art. 1283 c.c. ed in particolare agli usi che soli
  possono  derogare al divieto posto in via generale dalla norma, ne'
  e' stata conferita dalla legge al Governo la delega ad interpretare
  autenticamente norme del codice civile.
    Ne  risulta,  con la violazione del principio di irretroattivita'
  della  legge, sancito dall'art. 11 delle preleggi, il contrasto con
  l'art. 3  della  Costituzione,  poiche'  da  un  lato  e' minato il
  principio  fondamentale della certezza del diritto (la stessa Corte
  costituzionale  ha ritenuto l'incostituzionalita' di norme di legge
  di  carattere  retroattivo,  anche  al  di  fuori del campo penale:
  sentenza  416/1999),  dall'altro  gli  istituti  di credito vengono
  favoriti  rispetto  ai clienti, con un'ingiustificata disparita' di
  trattamento in danno della parte contrattuale piu' debole.
    Appare  sostenibile  altresi'  il  contrasto  con l'art. 41 della
  Costituzione,  nella  violazione della libera iniziativa economica,
  poiche'  la  norma  in  questione interviene, limitando l'autonomia
  contrattuale,  a  tutela  della parte forte, in grado di imporre le
  clausole  che  si  vogliono  far  salve, con condizioni generali di
  contratto  da  tempo  ineludibili  per  chiunque voglia accedere al
  credito  bancario,  in  quanto applicate concordemente da tutti gli
  istituti bancari.
    I  clienti  delle  banche che hanno dovuto accettare l'anatocismo
  trimestrale  ed  i  garanti sono, inoltre, dal comma 3 dell'art. 25
  cit.  espropriati del diritto di far valere in giudizio, agendo per
  la  ripetizione  di quanto gia' pagato o resistendo alle pretese di
  pagamento,   i   diritti   nascenti   dalla  nullita'  di  clausole
  contrattuali,   sovrapponendosi   in  questo  modo  il  legislatore
  delegato  al  potere  di interpretazione dei contratti riservato al
  giudice: di qui la violazione dell'art. 24 della Costituzione.
    Un  ultimo profilo d'illegittimita' costituzionale si ravvisa con
  riferimento  all'art. 76 della Costituzione, per eccesso di delega:
  l'art. 1  comma  5 della legge comunitaria 128/1998, che stabilisce
  che il legislatore delegato deve rispettare i principi ed i criteri
  direttivi  gia' posti dall'art. 25 legge n. 481/1991, non comprende
  alcun  intervento sull'anatocismo, cui non fanno riferimento ne' le
  direttive comunitarie ne' il t.u. bancario emanato nel '93.
    La  norma  indicata  regola  la  fattispecie dedotta nel presente
  giudizio,  sicche'  la  questione di legittimita' appare rilevante,
  oltreche' non manifestamente infondata.