IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE.
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella camera di consiglio
  del  14  gennaio  2000  sul ricorso proposto dalla Gesteco S.p.a. e
  dalla   Prefir   S.p.a.,   in   persona   dei   rispettivi   legali
  rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli avv. Bruno
  Barel  e  Giuseppe  Sbisa',  con  domicilio eletto nello studio del
  secondo  in Trieste, via S. Francesco 11, come da mandato a margine
  del ricorso;
    Contro  la  provincia  di  Udine,  in  persona  del presidente in
  carica,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Francesco Pecile, con
  domicilio  eletto presso la segreteria del Tribunale amministrativo
  regionale,  come da mandato a margine dell'atto di costituzione; la
  regione  Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente in carica
  della  giunta  regionale,  rappresentata  e difesa dall'avv. Renato
  Fusco,  con  domicilio eletto presso l'ufficio legislativo e legale
  regionale  in  Trieste,  via Milano n. 1, come da mandato a margine
  dell'atto  di costituzione; per l'annullamento - previa sospensione
  dell'esecuzione  - del decreto dell'assessore delegato all'ambiente
  e al territorio della provincia di Udine prot. n. 28429/1996 del 15
  novembre  1996,  nella  parte  in cui ha vietato alle ricorrenti di
  smaltire  nelle  discariche  da esse gestite rifiuti prodotti al di
  fuori  dell'ambito territoriale della regione Friuli-Venezia Giulia
  e  della  presupposta  circolare  n. 7  dell'8  luglio  1996  della
  presidenza della giunta regionale;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
    Vista  l'ordinanza  della  Corte  costituzionale  n. 442  del  1o
  dicembre 1999;
    Udito  il  relatore,  consigliere  Enzo  Di  Sciascio  ed  uditi,
  altresi', i procuratori delle parti costituite;
    Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

                              F a t t o

    Ricorda  il  collegio  che  le  societa' ricorrenti gestiscono da
  tempo,  in forza  di  regolari autorizzazioni provinciali, la prima
  una  discarica per rifiuti solidi urbani e speciali assimilabili in
  comune  di  Mortegliano  ed  entrambe  una  discarica  per  rifiuti
  speciali  non  tossici e non nocivi in comune di Premariacco, e che
  le  autorizzazioni  in  questione  sono  state  ottenute nel vigore
  dell'art. 15,  comma  6,  della  legge  regionale 7 settembre 1987,
  n. 30,  nel  testo  introdotto  dall'art. 16,  comma 4, della legge
  regionale  28  novembre 1988, n. 65, che recita: "Fino a quando non
  saranno attuati i piani, di cui all'art. 6 e non saranno entrati in
  esercizio  gli  impianti  dagli  stessi  previsti,  potranno  venir
  autorizzati dalla regione, dalle province e dai comuni, nell'ambito
  della   rispettiva   competenza,   solamente   la  realizzazione  e
  l'esercizio  di  quelle  nuove  discariche, che siano al servizio o
  supporto  di  impianti  tecnologici esistenti o in progetto, ovvero
  per  le  quali  sia  stata  dimostrata la sussistenza effettiva del
  fabbisogno  di  spazi  di  deposito  in relazione alla quantita' di
  rifiuti  prodotti,  rapportata agli ambiti territoriali serviti, di
  pertinenza esclusivamente regionale".
    Tale  disposizione  non  trovava  peraltro  riscontro  negli atti
  autorizzativi,  ne'  ne  derivavano  conseguenze per le ricorrenti,
  fino  a  che non veniva richiamata nel piano per lo smaltimento dei
  rifiuti  della  provincia  di  Udine, al fine di vietare, per mezzo
  degli   impianti  situati  in  ambito  provinciale,  che  venissero
  smaltiti  i  rifiuti di provenienza extraprovinciale, se non previa
  autorizzazione da rilasciarsi di volta in volta.
    Alla Gesteco S.p.a. e' stato quindi notificato un atto, in cui si
  contestava  che  l'importazione  di  rifiuti  provenienti  da fuori
  regione  era in contrasto con la norma succitata e, di seguito, una
  diffida a smaltire tale genere di rifiuti.
    Il piano provinciale veniva peraltro annullato d'ufficio in parte
  qua,  in  una  con  i provvedimenti consequenziali indirizzati alla
  Gesteco S.p.a., dalla provincia stessa in via di autotutela.
    Era  infatti  accaduto che sul ricorso proposto da altre societa'
  era  stata  accolta  l'istanza  di  sospensione da questo Tribunale
  amministrativo  regionale  che successivamente avrebbe annullato la
  norma  di piano con sentenza n. 47 del 20 febbraio 1995 constatando
  fra l'altro che "non e' dato nemmeno rinvenire ... una norma che in
  qualche maniera possa legittimare la prescrizione qui avversata".
    Peraltro, a circa due anni di distanza, con gli atti, che formano
  oggetto  del  presente  gravame,  il  divieto a smaltire rifiuti di
  provenienza  non  regionale  e'  stato  ribadito  con decreto dalla
  provincia.
    Con  tale provvedimento si e' apposto, quale elemento integrativo
  delle  autorizzazioni rilasciate alle ricorrenti e ad altre imprese
  la  limitazione  allo  smaltimento  di rifiuti prodotti nell'ambito
  territoriale della regione Friuli-Venezia Giulia.
    Esso  e'  stato  assunto  in  base  alla circolare interpretativa
  regionale,   che   e'  anche  oggetto  di  gravame,  sull'ulteriore
  presupposto della sopravvenienza dell'art. 29 della legge regionale
  14  giugno  1996,  n. 22, che recita: "Ad interpretazione autentica
  dell'art.  15,  comma  6,  della  legge  regionale n. 30/1987, come
  sostituito dall'art. 16, comma 4, della legge regionale n. 65/1988,
  nel  testo  vigente  prima  dell'entrata  in  vigore della presente
  legge,  si  intende  per "quantita' di rifiuti prodotti, rapportata
  agli  ambiti  territoriali  serviti  di  pertinenza  esclusivamente
  regionale  la  quantita'  di  rifiuti di provenienza esclusivamente
  regionale,  per  i quali e' stata dimostrata l'effettiva necessita'
  di ulteriori spazi di deposito".
    Le  autorizzazioni  rilasciate  alle ricorrenti dovevano pertanto
  intendersi integrate con la limitazione appena descritta, in quanto
  rilasciate in vigenza della disposizione di legge, oggi modificata,
  autenticamente interpretata dalla norma sopravvenuta.
    Le  societa' ricorrenti hanno proposto il presente gravame contro
  la  circolare  regionale e contro, per la parte che le concerne, il
  decreto  provinciale  in epigrafe, del quale ultimo hanno richiesto
  altresi'  la  sospensione  in  via  cautelare,  deducendo una serie
  articolata  di motivi di violazione di legge e di eccesso di potere
  sotto  vari  profili  e  proponendo  inoltre,  in  via subordinata,
  diverse  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 15,
  comma  6, della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30, cosi' come
  sostituito dall'art. 16, comma 4, della legge regionale 28 novembre
  1988,  n. 65,  ed  autenticamente  interpretato  dall'art. 29 della
  legge  regionale  14 giugno 1996, n. 22, per violazione degli artt.
  3,  5,  41,  116 e 120 della Costituzione e degli artt. 5 e 6 dello
  statuto regionale.
    Hanno variamente controdedotto le parti intimate.
    Con  ordinanza  n. 44  dell'8 febbraio 1997, resa nella camera di
  consiglio  del 13 dicembre 1996, questo tribunale amministrativo ha
  ritenuto  di  dover  sollevare,  per  la  definizione della domanda
  cautelare,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 16,
  comma 4, della legge regionale 28 novembre 1988, n. 65, sostitutivo
  del  testo dell'art. 15, comma 6, della legge regionale 7 settembre
  1987,  n. 30,  cosi'  come autenticamente interpretato dall'art. 29
  della legge regionale 14 giugno 1996, n. 22, che nel loro combinato
  disposto  vietano,  nella  sostanza,  di  stoccare e trattare nelle
  discariche  site  nel  territorio regionale, rifiuti provenienti da
  altre  regioni,  con  la conseguenza che ne sono state in tal senso
  modificate,   con   il   decreto   oggetto  di  gravame,  anche  le
  autorizzazioni,  rilasciate  alle  ricorrenti  dalla  provincia  di
  Udine, con l'introduzione del predetto divieto.
    Di  conseguenza il giudizio cautelare e' stato sospeso e gli atti
  relativi sono stati rimessi alla Corte costituzionale.
    Con  ordinanza  n. 432, resa nella stessa camera di consiglio, il
  decreto  assessorile  in  questione,  ritenuto  produttivo di danno
  grave   ed   irreparabile   per   la   sua   incidenza   e'   stato
  provvisoriamente  sospeso,  fino  alla  restituzione  degli atti da
  parte   del   giudice   delle  leggi,  restando  impregiudicata  la
  definizione  del giudizio cautelare, che verra' risolto dopo che, a
  sua volta, sara' definito l'incidente di costituzionalita'.
    La  rilevanza  della  questione e' stata ritenuta in quanto si e'
  ritenuto che non potessero essere attese, in base alla legislazione
  allora   vigente,   le   censure  proposte  dalle  ricorrenti,  che
  condividono   il   comune   assunto  secondo  cui  le  disposizioni
  regionali,  su  cui  si fondano gli atti impugnati, costituirebbero
  mere  norme  d'azione,  dirette  all'organo  preposto - nel caso la
  provincia  di  Udine  - volte soltanto a prescrivergli in qual modo
  debba  svolgere  l'attivita'  istruttoria,  ai fini di dimensionare
  l'area  di  una  discarica  autorizzanda  in  cui e' autorizzato lo
  smaltimento,  che  deve  essere corrispondente alle sole necessita'
  dell'ambito regionale, senza peraltro incidere sulle autorizzazioni
  gia' rilasciate, che non riportavano detta limitazione.
    Il  collegio,  con  la citata ordinanza ha invero ritenuto che le
  norme in questione devono essere classificate come di relazione, in
  quanto  destinate ad incidere su tutti i titolari di autorizzazioni
  provinciali  allo  smaltimento e quindi anche sui ricorrenti, per i
  quali  la  limitazione  in  parola  deve  ritenersi  richiamata fin
  dall'origine nei provvedimenti autorizzatori loro rilasciati.
    Si  e'  considerato  che  sono  infatti  in essi contenute sia la
  clausola  secondo  cui  "qualora  non  esplicitamente  previste, si
  intendono riportate ... tutte le prescrizioni imposte dalla vigente
  normativa sullo smaltimento dei rifiuti" fra cui all'epoca del loro
  assentimento, doveva intendersi compresa quella dell'art. 16, comma
  4,  della  legge  regionale  n. 65/1988 che, sostituendo l'art. 15,
  comma   6,   della   legge   regionale  n. 30/1987,  consentiva  di
  autorizzare la realizzazione o l'esercizio delle discariche, di cui
  sia  dimostrata la necessita' di spazi di smaltimento, in relazione
  al  fabbisogno  di  rifiuti,  prodotti  in ambito regionale, sia la
  riserva   per   l'ente  autorizzante,  di  aggiornare,  modificare,
  sospendere  o  [le  parole  corsivate risultano dalla correzione di
  errore  materiale disposta dallo stesso tribunale con ordinanza del
  7   luglio   2000]   revocare  in  ogni  momento  il  provvedimento
  autorizzatorio.
    E'  vero  che all'inizio, l'interpretazione di dette disposizioni
  condivisa  dalla  provincia  (ma  non  dalla  Regione)  e da questo
  Tribunale  amministrativo  regionale  non  le  ha  considerate come
  preclusive    dello   smaltimento   di   rifiuti   di   provenienza
  extraregionale.
    Con la sopravvenienza peraltro dell'art. 29 della legge regionale
  n. 22/1996,   che   le   interpreta   autenticamente,  con  effetto
  retroattivo,  il  quadro  normativo  si  modifica,  legittimando ad
  avviso  del collegio, la provincia ad introdurre, con l'atto di cui
  si  chiede  la sospensione, nelle autorizzazioni delle ricorrenti e
  delle  altre  imprese  destinatarie,  l'integrazione secondo cui e'
  consentito   lo  smaltimento  in  discarica  soltanto  dei  rifiuti
  prodotti in ambito regionale.
    Detto   atto   costituisce   infatti,  ad  avviso  del  collegio,
  esplicazione   di   poteri   gia'   previsti   ed  applicazione  di
  disposizioni  legislative  gia'  vigenti  o, se pur successive, con
  efficacia retroattiva.
    Non  si  e'  quindi  ritenuto  di  poter concordare sull'asserito
  carattere  di  mere norme di azione delle disposizioni medesime, in
  quanto  destinate  inevitabilmente ad incidere su soggetti estranei
  all'amministrazione,  cioe'  sulle imprese che, nella loro vigenza,
  chiedano l'autorizzazione a gestire una discarica, ne' e' possibile
  una  loro  interpretazione, diversa da quella fatta palese dal loro
  significato  letterale  cosi' come autenticamente interpretato, che
  le  dimostra dirette a vietare che siano smaltiti, nelle discariche
  site  nella regione Friuli-Venezia Giulia, rifiuti non prodotti nel
  territorio regionale.
    Si  e'  quindi  reputato  che  le  ricorrenti  in  tanto  possono
  pervenire  alla  chiesta  sospensione dell'atto impugnato in quanto
  ottengano  la  declaratoria,  da  parte  del  giudice  delle leggi,
  dell'illegittimita'  costituzionale delle norme citate, che ne sono
  l'indispensabile presupposto.
    Il  collegio  ha inoltre osservato che le norme, di cui si chiede
  la  declaratoria  di incostituzionalita', ovverosia l'art. 18 della
  legge  regionale  n. 65/1988,  e  il successivo art. 29 della legge
  regionale  n. 22/1996, che non puo' ritenersi innovativa, in quanto
  rende   retroattivamente   vincolante   una   delle  sue  possibili
  interpretazioni,  stabiliscono  il contestato comando, diretto, fra
  l'altro,  alle province, ad autorizzare soltanto, fino a quando non
  saranno  attuati  i  piani  provinciali  di smaltimento dei rifiuti
  urbani  e assimilabili e dei rifiuti speciali non tossici o nocivi,
  quali   quelli  trattati  nelle  discariche  delle  ricorrenti  "la
  realizzazione  o  l'esercizio di quelle nuove discariche ... per le
  quali  sia  dimostrata  la  sussistenza effettiva del fabbisogno di
  spazi  di  deposito in relazione alla quantita' di rifiuti prodotti
  rapportata   agli   ambiti   territoriali   serviti  di  pertinenza
  esclusivamente  regionale"  (art. 18 cit.) e precisa (art. 29 cit.)
  che detta ultima espressione si intende riferita alla "quantita' di
  rifiuti  di  provenienza  esclusivamente  regionale, per i quali e'
  stata  dimostrata  l'effettiva  necessita'  di  ulteriori  spazi di
  deposito".
    Il collegio ha osservato che dette disposizioni ormai abrogate ma
  vigenti  o  retroattivamente  applicabili  nel  momento in cui sono
  state  autorizzate  le discariche, gestite dalle ricorrenti possono
  applicarsi,  in  base  alla  lettera  del  citato  art.  18  a  due
  fattispecie distinte.
    Invero  la  disposta  limitazione  dello  smaltimento  ai rifiuti
  prodotti  in  ambito  regionale  puo'  venire in rilievo al momento
  dell'autorizzazione alla realizzazione di una discarica, al fine di
  accertare  se  ve  ne  sia  necessita'  ovvero  di  valutare  se le
  dimensioni,   previste   nel  relativo  progetto,  siano  adeguate,
  provvedendo pertanto eventualmente a negare l'autorizzazione stessa
  o  a  limitare  la  capacita'  dell'impianto,  oppure  in relazione
  all'esercizio  di  una  discarica  gia'  autorizzata,  al  fine  di
  accertare se i rifiuti smaltiti siano di provenienza regionale e di
  assumere misure al riguardo.
    Il  caso  che ne occupa, e' di questo secondo tipo: le discariche
  delle  ricorrenti  sono  state  infatti autorizzate e realizzate in
  base  al  dettato  dell'art.  18  della legge regionale n. 65/1988,
  cosi'   come   allora   interpretato   dalla  provincia  di  Udine;
  intervenuta   peraltro   la  successiva  norma  di  interpretazione
  autentica   si   sono  poste  le  impugnate  limitazioni  con  atti
  integrativi  delle rispettive autorizzazioni, che incidono soltanto
  sulla loro gestione.
    Si  e'  concluso che non possono pertanto ritenersi rilevanti, ai
  fini   della   decisione   sul   presente   gravame,  questioni  di
  legittimita'  costituzionale  delle  indicate norme regionali quali
  quelle  in  questa  sede  proposte,  nei limiti in cui le investono
  anche  nella  parte  nella quale pongono limiti alla autorizzazione
  della realizzazione di nuove discariche.
    Esse andranno esaminate pertanto nella sola parte in cui deducono
  l'incostituzionalita'  delle  disposizioni  predette  per aver esse
  posto  limitazioni  all'esercizio  degli impianti gia' esistenti ed
  autorizzati  in  ordine  alla  provenienza dei rifiuti trattati, in
  quanto  solo sotto questo aspetto hanno dato origine ad atti lesivi
  dell'interesse  delle ricorrenti e pertanto rilevanti ai fini della
  decisione della proposta istanza cautelare.
    Con  l'indicata  limitazione  ad  opinione  del  collegio,  detta
  rilevanza  non  puo'  venir  esclusa  per  nessuna  delle questioni
  proposte,  essendo  possibile  decidere se sussista o meno il fumus
  boni  iuris  visto  quanto  sopra  enunciato in ordine ai rimanenti
  motivi  di  gravame,  soltanto in base al riconoscimento della loro
  fondatezza  o  meno  da  parte  del giudice delle leggi, e quindi a
  seguito  della  permanenza  o della rimozione delle norme regionali
  della cui costituzionalita' si controverte.
    La  questione  e'  stata  ritenuta  altresi'  non  manifestamente
  infondata sotto i seguenti profili:

        1)  la  regione  Friuli-Venezia  Giulia,  stabilendo,  con le
  citate  disposizioni  normative,  che  lo  spazio disponibile nelle
  discariche,  situate  nel  suo  territorio, deve essere commisurato
  alle  necessita'  del  solo  ambito  regionale e che non puo' venir
  autorizzata  l'attivita'  di smaltimento dei rifiuti di provenienza
  non  regionale nelle discariche predette, viola l'art. 1 del d.P.R.
  10  settembre  1982,  n. 915, rendendo impossibile il perseguimento
  delle  finalita'  da  detta  norma  previste,  di  evitare  danni e
  pericoli  per  la  salute  nonche'  inquinamenti  di ogni tipo e di
  salvaguardare  l'ambiente e il paesaggio che costituiscono, in base
  alla  disposizione  predetta,  principi  generali della materia. Le
  norme    sospettate    di   incostituzionalita'   infatti   rendono
  indisponibile  il territorio della regione alle iniziative (catasto
  nazionale  dei  rifiuti  e  individuazione  del fabbisogno di nuovi
  impianti, programma nazionale che individui un sistema integrato di
  aree  di  stoccaggio e pretrattamento, di impianti di smaltimento e
  di  discariche  sul  territorio  nazionale  in modo da garantire la
  copertura  delle  esigenze programmate e fronteggiare le emergenze)
  che  lo  Stato,  a mezzo del Ministero dell'ambiente, a norma degli
  artt.  3  e  5  del d.l. 9 settembre 1988, n. 397, convertito nella
  legge 9 novembre 1986, n. 475, deve apprestare, per garantire anche
  a livello nazionale il conseguimento delle finalita' predette.
    Infatti viene ostacolato il funzionamento di una organizzazione a
  livello nazionale dello smaltimento che permetta anche alle regioni
  la  cui produzione di rifiuti ecceda le capacita' di smaltimento di
  collocarli in discariche controllate e non abusive in altra regione
  senza  pericoli per la salute pubblica, che si esprime attraverso i
  poteri  statali  di coordinamento interregionale, di cui agli artt.
  4,  lettera  h)  e  6,  lettera  b)  del  d.P.R.  n. 915/1982,  non
  condizionati dai meccanismi consensuali in dette norme previsti nel
  caso d'urgenza (v. art. 12, secondo comma, del d.P.R. n. 915/1982).
    Le  controverse  disposizioni  di  legge  regionale  violerebbero
  pertanto,  nella  materia dell'igiene e della sanita', a competenza
  ripartita  i  limiti  del  rispetto  dei  principi  della  materia,
  stabiliti  dalle leggi dello Stato e in particolare dall'art. 1 del
  d.P.R.   n. 915/1982,  il  raggiungimento  dei  cui  obbiettivi  e'
  garantito,  a livello ultraregionale, dalla normativa statale sopra
  indicata  violando  l'art.  5  dello  statuto e di conseguenza, per
  quanto qui rileva anche l'art. 6;

        2)  per  le  stesse  ragioni  appena indicate le disposizioni
  regionali  de quibus violano l'ulteriore limite, posto in ogni caso
  alla  legislazione  regionale,  del rispetto di interessi nazionali
  che  debbono  essere  perseguiti  unitariamente, dovendosi avvalere
  l'attivita'  di  smaltimento  dei  rifiuti,  per raggiungere le sue
  finalita'  non  solo di un servizio, organizzato su base regionale,
  ma anche di poteri e strutture, dirette da organi statali. Dato che
  non  corrispondono  fra  loro  l'ampiezza  del  territorio  di ogni
  regione,  il  numero dei siti in esso identificabili come idonei al
  trattamento dei rifiuti e la produzione degli stessi, che dipendono
  da  caratteristiche  rispettivamente fisiche e socio-economiche, ne
  deriva  il  recapito  di  rifiuti  in discariche, situate in ambito
  regionale  diverso  da  quello,  in  cui  sono  stati  prodotti che
  costituisce  in  determinati  casi  una  ineludibile necessita', la
  quale va essere soddisfatta in via d'emergenza, almeno quando siano
  in  pericolo  interessi  pubblici  irrinunciabili  e tale fenomeno,
  interessando  piu'  ambiti regionali, non e' governabile da nessuna
  regione  da  sola,  ma unicamente dallo Stato, in base ai poteri di
  indirizzo e coordinamento di cui all'art. 4, lettera a), del d.P.R.
  n. 915/1982, e alle disposizioni legislative indicate al precedente
  punto  1),  volte  a  garantire  una  organizzazione  in  grado  di
  affrontare  anche  problemi  di  carattere  sovraregionale,  che in
  particolare   derivano  dalla  non  coincidenza  tra  capacita'  di
  produzione e smaltimento dei rifiuti. Non possono percio' ritenersi
  costituzionalmente  legittime  le  norme regionali, quali quelle in
  discussione, che tendono a far coincidere l'ambito territoriale, in
  cui  i  rifiuti  sono prodotti con quello, in cui sono smaltiti, in
  quanto si pongono in contrasto con il complessivo funzionamento del
  sistema  di  smaltimento  su  tutto il territorio nazionale, che e'
  interesse  nazionale,  espresso  attraverso  le norme statali sopra
  menzionate,  da perseguirsi unitariamente a mezzo dei summenzionati
  poteri  statali  di indirizzo e coordinamento, volto a fronteggiare
  esigenze di smaltimento verificatesi in una regione che non possono
  essere  soddisfatte  nel  suo  territorio,  violando cosi' i limiti
  della  potesta'  legislativa  regionale,  posti  dall'art.  4 dello
  statuto  alla  potesta'  primaria  e  necessariamente  estesi  alle
  potesta' concorrente e integrativa, di cui agli artt. 5 e 6;

        3)  le  norme  regionali  in questione violano i limiti della
  potesta'   regionale,  esplicitamente  previsti  dall'art. 4  dello
  statuto,  ma  che  di necessita' si estendono agli artt. 5 e 6, del
  rispetto  della  Costituzione, in quanto discriminano, in contrasto
  con  l'art.  3  della Costituzione, gli imprenditori che esercitano
  l'attivita'  di  trattamento nell'ambito regionale, vietando a loro
  il  conferimento  nelle discariche dei rifiuti provenienti da fuori
  regione,  divieto  che non trova riscontro per gli altri produttori
  nazionali  a  cui  e'  anzi  consentito  trattare anche rifiuti del
  Friuli-Venezia Giulia, loro conferiti dai produttori, in modo che i
  primi sono posti in condizione di evidente inferiorita' nel mercato
  della  raccolta  dei  rifiuti,  imponendo una ridotta utilizzazione
  degli impianti e una conseguente maggior incidenza dei costi fissi,
  con  minore capacita' concorrenziale e perdita di quote di mercato.
  Tale   condizione   di   inferiorita',   incidendo   sulla   stessa
  sopravvivenza   delle  aziende,  condannate  presto  o  tardi  alla
  chiusura,  comporterebbe  la violazione altresi' dell'art. 41 della
  Costituzione, che, anche quando sia presente una legittima causa di
  utilita'  sociale,  potrebbe comprimere ma non estinguere del tutto
  le  capacita'  economiche  di  un'azienda. Sarebbe altresi' violato
  l'art.  120  della  Costituzione,  per l'illegittima imposizione di
  ostacoli  e  limitazioni,  da  parte  di  una  regione, alla libera
  circolazione di cose e all'esercizio della professione.

    Con  ordinanza n. 22 del 18 febbraio 1998 la Corte costituzionale
  adita  ha  disposto  la  restituzione degli atti a questo Tribunale
  amministrativo  regionale per una nuova delibazione della rilevanza
  della  proposta  questione  di  costituzionalita',  alla luce della
  sopravvenienza,  nelle  more del giudizio incidentale, del d.lgs. 5
  febbraio 1997, n. 22, cosi' come modificato ed integrato dal d.lgs.
  8  novembre  1997, n. 389, che hanno ridefinito la disciplina della
  materia  dello  smaltimento  dei  rifiuti  ed  innovato  il  quadro
  normativo,  su  cui  si  fonda  l'ordinanza di rimessione "anche in
  riferimento  all'individuazione  dei  principi  della  legislazione
  statale in materia".
    Con  ordinanza  resa  nella camera di consiglio del 20 marzo 1998
  questo tribunale constatata l'avvenuta restituzione degli atti e il
  conseguente   venir   meno   della   sospensione   provvisoria  del
  provvedimento  impugnato  gia' a suo tempo disposta riconosciuta la
  permanenza del danno grave ed irreparabile ha ritenuto che sussista
  tuttora  la  rilevanza,  per  i  motivi  che  verranno  esposti con
  successiva ordinanza della questione di legittimita' costituzionale
  proposta con la precedente ordinanza n. 44 dell'8 febbraio 1997, ed
  ha  stabilito rimanendo sospeso il giudizio cautelare, di rimettere
  nuovamente  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  e di sospendere
  ulteriormente,  l'impugnato  decreto  assessorile  nelle more della
  decisione  definitiva  e della successiva restituzione degli stessi
  da  parte  del  giudice  delle  leggi  cui  seguira'  la  decisione
  sull'istanza cautelare.
    Con  ordinanza  n. 108,  resa  nella  stessa camera di consiglio,
  questo tribunale amministrativo ha ritenuto la permanente rilevanza
  della proposta questione di costituzionalita', osservando:

        1) che   ogni   valutazione  in  argomento  va  condotta  con
  riferimento  al provvedimento, di cui si chiede l'annullamento e in
  via  incidentale,  la  sospensione  interinale,  con  l'istanza, in
  ordine alla decisione della quale la questione di costituzionalita'
  e'   stata   sollevata  verificando  se  la  mutazione  del  quadro
  normativo,  intervenuta  nelle  more  e  citata  nelle premesse, si
  rifletta  o  meno  sulla sussistenza del fumus boni juris in ordine
  alle  censure,  mosse  nel  giudizio a quo, nei confronti dell'atto
  impugnato,  per ottenere che ne siano sospesi gli effetti fino alla
  decisione di merito;
        2) che  a tale proposito, ad avviso del collegio, la modifica
  normativa  di cui si e' fatto cenno non si riflette sulla rilevanza
  della questione di costituzionalita' in argomento, in quanto con il
  decreto  assessorile  prot.  n. 28429/1996  del 15 novembre 1996 la
  provincia  di  Udine  ha  provveduto a integrare il contenuto delle
  autorizzazioni  gia'  rilasciate  alle  ricorrenti  come  di  altre
  imprese,  introducendovi la limitazione allo smaltimento di rifiuti
  prodotti  nell'ambito  territoriale  della  regione  Friuli-Venezia
  Giulia,  per  effetto della sopravvenienza dell'art. 29 della legge
  regionale  14  giugno  1996,  n. 22,  che interpreta autenticamente
  l'art.  15, comma 6, della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30,
  nel  testo  introdotto  con  l'art.  16  della  legge  regionale 28
  novembre  1988, n. 65, nel senso che gli spazi di deposito, oggetto
  di  autorizzazione,  vanno  rapportati alla quantita' di rifiuti da
  smaltire,  di provenienza esclusivamente regionale mentre i decreti
  legislativi,  menzionati  nell'ordinanza  della Corte che pur hanno
  abrogato   detta   normativa,  incideranno  soltanto  sulle  future
  autorizzazioni,  che  dovranno  conformarsi  al loro dettato almeno
  fino   a   quando   non   intervenga  una  normativa  regionale  di
  adeguamento;
        3) cosi'  non  e',  invece,  per le autorizzazioni rilasciate
  alle  ricorrenti  dove la limitazione introdotta in base alla norma
  regionale,  ora  abrogata,  di interpretazione autentica e a quella
  interpretata che piu' sopra si sono illustrate, continua a rimanere
  in  vigore  in  virtu'  dell'atto provinciale impugnato, emanato in
  base  alla  normativa previgente, la cui sospensione o annullamento
  e'  possibile  soltanto  in  esito all'eventuale accoglimento della
  questione  di costituzionalita', non incidendo sulla fattispecie il
  d.lgs.  n. 22/1997  e successive modificazioni che non ha efficacia
  retroattiva;
        4) di  conseguenza  sara'  necessario fare applicazione della
  pregressa   normativa  regionale,  piu'  sopra  descritta,  per  la
  decisione della proposta istanza cautelare, per cui la questione di
  costituzionalita' proposta continua ad essere rilevante;
        5) ad  avviso  del collegio, pur essendo del tutto assorbenti
  ed  esaustive  ai fini della rilevanza le considerazioni suesposte,
  deve  essere  altresi' rilevato che la legge delegata sopravvenuta,
  pur  ritenuta  non  applicabile alla fattispecie, non ha inciso sui
  termini  fondamentali  della  questione sottoposta al giudice delle
  leggi, in quanto:

          l'art.  5,  comma  5, del d.lgs. n. 22/1997, che secondo la
  difesa  dell'intervenuta  regione  avrebbe  stabilito  un divieto a
  smaltire  rifiuti  in  regioni  diverse da quelle in cui sono stati
  prodotti,   analogo   a  quello  stabilitc  dalle  leggi  regionali
  contestate  concerne  i  soli  rifiuti urbani, oggetto di privativa
  comunale  (art.  21) mentre nel giudizio a quo si controverte, come
  risulta dalle premesse in fatto dell'ordinanza n. 44/1997 di questo
  Tribunale  amministrativo  regionale,  dello smaltimento di rifiuti
  speciali, affidato ad imprenditori privati;
          il  terzo  comma del citato art. 5 riconferma la necessita'
  del  ricorso  ad  una  "rete integrata" di smaltimento dei rifiuti,
  onde  realizzare  fra  l'altro la possibilita' di smaltirli "in uno
  degli impianti appropriati piu' vicini" obbiettivi che non sembrano
  diversi  da  quelli previsti dagli artt. 3 e 5 del d.l. 9 settembre
  1988  e  ricordati  nella  citata ordinanza (individuare un sistema
  integrato  di  aree di stoccaggio e pretrattamento) da raggiungersi
  attraverso  il  catasto  nazionale  dei rifiuti che anche i decreti
  legislativi  n. 22/1997 e n. 389/1997 prevedono e di cui dispongono
  la  riorganizzazione  (art.  11)  e  la tenuta ad opera dello Stato
  (art. 18, secondo comma, lettera h);
          vengono  confermate  le  funzioni  statali  di  indirizzo e
  coordinamento  nella  materia  (art.  18, primo comma, lettera a) e
  quelle di intervento in via d'urgenza, sia pure limitate al caso di
  inerzia della regione (art. 13, comma 2).

    Non  pare  pertanto  al  collegio  che  vi  siano, in ordine alle
  questioni   sottoposte  significative  modificazioni  dei  principi
  fondamentali  della  legislazione statale nella materia per effetto
  delle indicate norme sopravvenute.
    Con ordinanza n. 442 del 1o dicembre 1999 la Corte costituzionale
  ha  disposto nuovamente la restituzione degli atti a questo giudice
  a  quo  in base alla considerazione che, essendo sopravvenuta nelle
  more  la  legge  regionale  9  novembre  1998, n. 13, il cui art. 6
  sostituisce   espressamente   l'art.   28   della  legge  regionale
  n. 22/1996, introducendo una nuova disciplina delle autorizzazioni,
  di  cui  trattasi  e  stabilendo  in  particolare  che i rifiuti di
  provenienza extra regionale, trattati da impianti localizzati nella
  regione,  non  concorrono  a trasformare il fabbisogno di spazio di
  deposito,  ne  viene  mutato  il  complessivo quadro legislativo di
  riferimento,   su   cui  si  fonda  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale,  imponendo  un  nuovo  esame  della  sua perdurante
  rilevanza.
    Con  ordinanza resa nella camera di consiglio del 14 gennaio 2000
  questo  tribunale,  constatata l'avvenuta restituzione degli atti e
  il  conseguente  venir  meno della disposta sospensione provvisoria
  del  provvedimento  impugnato, riconosciuta la permanenza del danno
  grave  ed irreparabile, ha stabilito, rimanendo sospeso il giudizio
  cautelare, di rimettere nuovamente gli atti alla Corte, sussistendo
  tuttora  la  rilevanza  della  proposta  questione  di legittimita'
  costituzionale,  per  i  motivi che verranno esposti con successiva
  ordinanza  ed  ha  deciso  di  sospendere ulteriormente l'impugnato
  decreto  assessorile  nelle more della decisione definitiva e della
  successiva  restituzione  degli  stessi  da parte del giudice delle
  leggi cui seguira' la decisione sull'istanza cautelare.
                            D i r i t t o
    Il  collegio non dubita che ogni valutazione circa il permanere o
  meno  della rilevanza della proposta questione di costituzionalita'
  debba  essere  condotta  con riferimento all'incidenza o meno dello
  ius  superveniens  sull'atto  di cui si chiede, nel caso di specie,
  l'annullamento  e, in via incidentale, la sospensione cautelare con
  l'istanza  in  ordine alla decisione della quale detta questione e'
  stata sollevata.
    Deve  essere,  in  altri  termini, verificato se la mutazione del
  quadro  normativo,  intervenuta nelle more e citata nelle premesse,
  si rifletta o meno sulla sussistenza del fumus boni iuris in ordine
  alle   censure  mosse,  nel  giudizio  a  quo,  nei  confronti  del
  provvedimento  impugnato,  per  ottenere  che  ne siano sospesi gli
  effetti fino alla decisione di merito.
    Nella  presente  vicenda  detta verifica non puo' che concludersi
  negativamente.
    Invero l'art. 6 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13, per
  quanto  qui  interessa, sostituisce l'art. 28 della legge regionale
  14  giugno  1996,  n. 22, disponendo che "fino all'approvazione del
  piano regionale di cui all'art. 6 della legge regionale n. 30/1987,
  come  sostituito dall'art. 6 della presente legge, la realizzazione
  e l'esercizio di discariche possono venire autorizzati qualora:

        (omissis);
        c)  sia  stata  dimostrata  la  sussistenza del fabbisogno di
  spazio  di  deposito  in  relazione  alla quantita' rapportata agli
  ambiti  territoriali  serviti,  di  rifiuti prodotti di provenienza
  regionale.
    Il   fabbisogno  di  cui  alla  lettera  c)  del  comma  1  viene
  soddisfatto  con  l'ampliamento  e/o  la trasformazione qualitativa
  delle  strutture in esercizio o autorizzate alla data di entrata in
  vigore della presente legge ovvero con nuovi interventi ...".

    La  norma  sopravvenuta pertanto ha come destinatari soltanto gli
  impianti,  che  necessitano  di autorizzazione alla realizzazione o
  all'esercizio,   disponendo  per  l'appunto  in  materia  di  nuove
  autorizzazioni.
    Queste  possono  essere  necessarie, oltre naturalmente che per i
  nuovi  interventi, anche per impianti gia' esistenti e autorizzati,
  ma  solo quando si renda necessario, a seguito alla possibilita' di
  stoccare   rifiuti  di  provenienza  soltanto  regionale,  il  loro
  ampliamento (p. es. in alternativa alla progettata realizzazione di
  una  nuova  discarica),  o  la  loro trasformazione qualitativa (in
  ordine  al tipo dei rifiuti trattati), che devono essere oggetto di
  appositi provvedimenti autorizzatori.
    La norma in questione non contempla affatto quei gestori, come le
  societa' ricorrenti, che sono gia' titolari di autorizzazioni e non
  intendono  modificare  le condizioni di esercizio dei loro impianti
  ne'  in  alcun  modo li lede, dal momento che essa non ha carattere
  retroattivo  e  non  incide  sui  provvedimenti  autorizzatori gia'
  rilasciati,  ma  solo su quelli che verranno richiesti dopo la data
  della sua entrata in vigore.
    Essi  continuano invece ad essere lesi dall'atto impugnato che ha
  modificato   le  loro  autorizzazioni  per  effetto  del  carattere
  retroattivo  del  successivo  art.  29 della citata legge regionale
  n. 22/1996,  allora ancora in vigore ed abrogato soltanto dall'art.
  8,  comma  2,  lettera  c)  della  legge  regionale  n. 13/1998  di
  adeguamento  della normativa regionale alle disposizioni del d.lgs.
  n. 22/1997 e del d.lgs. n. 389/1997.
    La  norma  in  questione  giova ricordarlo anche qui, recita: "ad
  interpretazione  autentica  dell'art.  15,  comma  6,  della  legge
  regionale  n. 30/1987, come sostituito dall'art. 16, comma 4, della
  legge regionale n. 65/1988, nel testo vigente prima dell'entrata in
  vigore  della  presente  legge, si intende per quantita' di rifiuti
  prodotti, rapportata agli ambiti territoriali serviti di pertinenza
  esclusivamente  regionale  la  quantita'  di rifiuti di provenienza
  esclusivamente   regionale   per   i   quali  e'  stata  dimostrata
  l'effettiva necessita' di ulteriori spazi di deposito".
    Le  autorizzazioni  rilasciate alle ricorrenti rispettivamente in
  data  7  aprile 1988, 16 luglio 1991 e 2 agosto 1991 ricadono sotto
  la  disciplina delle ricordate leggi regionali previgenti, che sono
  state  autenticamente interpretate dalla norma appena riportata, il
  che  ha  comportato, con il provvedimento impugnato del 15 novembre
  1996  l'impossibilita'  di  continuare  a  trattare, negli impianti
  relativi,  rifiuti di provenienza extra regionale, data la modifica
  con detto atto disposta nel contenuto delle autorizzazioni.
    L'art.  6  della  legge  regionale  n. 13/1998, che ha sostituito
  l'art.  28  della legge regionale n. 22/1996, oggetto del controllo
  sulla  rilevanza  e'  pertanto,  in ordine all'obbligo di trattare,
  negli  impianti  situati  in  regione,  esclusivamente  rifiuti  di
  provenienza  regionale,  una  disposizione  che  concerne  le  sole
  autorizzazioni,  rilasciate  dopo  la sua entrata in vigore sia per
  nuovi  impianti,  sia  per la modificazione o ampliamento di quelli
  esistenti.
    L'atto di cui si chiede la sospensione interinale in questa sede,
  e'   invece  stato  adottato  in  applicazione  della  preesistente
  normativa  regionale,  applicativa in dettaglio dei principi di cui
  all'abrogato d.P.R. n. 915/1982 e della rimanente normativa statale
  di  principio  citata  nella  prima  delle  ordinanze (n. 44 del 13
  dicembre  1996,  depositata  l'8  febbraio  1997 e pubblicata nella
  Gazzetta  Ufficiale  - prima serie speciale - n. 38 dell'anno 1997)
  di questo Tribunale amministrativo regionale
    Deve pertanto confermarsi la permanente rilevanza della questione
  di  costituzionalita',  proposta  con la menzionata ordinanza e non
  essendovi  materia  per rimettere in discussione la riscontrata non
  manifesta  infondatezza  sui motivi della quale espressamente ci si
  richiama  alla  appena  citata  ordinanza  n. 44/1997  la questione
  stessa va nuovamente rimessa alla Corte costituzionale negli stessi
  termini inizialmente esposti.