ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 289 del codice
di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 25 febbraio
1999  dal  giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Reggio  Calabria  nei procedimenti penali a carico di C.D. ed altri e
di  C.G.,  iscritte  ai  nn. 381  e 385 del registro ordinanze 1999 e
pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 27 e 28,
prima serie speciale, dell'anno 1999;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che con due ordinanze di eguale tenore il giudice per le
indagini  preliminari  del Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 289  del  codice di procedura
penale,  nella  parte  in  cui  impone  al  giudice  per  le indagini
preliminari  di  procedere  all'interrogatorio dell'indagato prima di
decidere  sulla  richiesta  del  pubblico  ministero  di  sospensione
dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio;
        che  il  rimettente  premette di essere stato investito della
richiesta   del  pubblico  ministero  di  applicazione  della  misura
interdittiva  della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio
nei confronti di alcuni pubblici ufficiali sottoposti ad indagini per
il reato di cui all'art. 323 cod. pen., e che, a norma dell'art. 289,
comma  2, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 2 della legge 16
luglio  1997,  n. 234,  il  giudice prima di decidere sulla richiesta
deve procedere all'interrogatorio dell'indagato;
        che  ad  avviso  del giudice a quo tale disciplina si pone in
contrasto  con  i  sopra  menzionati  parametri  costituzionali e, in
particolare:
          con   l'art.   3   Cost.,  in  quanto,  essendo  il  previo
interrogatorio   previsto   solo   in  relazione  alla  misura  della
sospensione  dall'esercizio  di un pubblico ufficio o servizio, e non
per  le  altre  misure interdittive (sospensione dall'esercizio della
potesta'  dei genitori e divieto temporaneo di esercitare determinate
attivita'  professionali  o imprenditoriali) e, piu' in generale, per
le  misure  coercitive,  si determina una irragionevole disparita' di
trattamento    tra   situazioni   analoghe,   ed   inoltre   perche',
consentendosi all'indagato di conoscere in anticipo le determinazioni
del  pubblico  ministero,  viene introdotta una irragionevole parita'
tra  accusa e difesa nella fase che attiene all'esercizio dell'azione
cautelare,  con conseguente lesione degli interessi della prevenzione
speciale  e  della  salvaguardia  della  collettivita',  affidati nel
sistema all'iniziativa cautelare del pubblico ministero;
          con  gli  artt. 3 e 24 Cost., in quanto l'anticipazione del
contraddittorio  prima dell'emissione della misura solo nei confronti
di  determinati  soggetti  viola  il  principio  di  eguaglianza e il
diritto di difesa nei confronti di tutti gli altri indagati passibili
di  una  misura  cautelare  personale  e, paradossalmente, proprio in
danno   dei   destinatari  di  misure  che  incidono  sulla  liberta'
personale;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  con  due distinti atti di intervento ha
chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata  infondata, rilevando in
particolare,  con riferimento all'ordinanza r.o. n. 381 del 1999, che
la  diversita'  dello  status  del  privato  cittadino e del pubblico
ufficiale   e   l'interesse  pubblico  sul  quale  e'  potenzialmente
destinata   ad   incidere   l'interdizione   del  pubblico  ufficiale
giustificano la disciplina differenziata;
        che  nell'atto  di  intervento  relativo  all'ordinanza  r.o.
n. 385   del   1999  l'Avvocatura  ha  inoltre  sottolineato  che  la
denunciata disparita' di trattamento potrebbe assumere rilevanza solo
in  una  situazione processuale nella quale non risultino applicabili
le  maggiori  garanzie  previste  dall'art. 289,  comma 2, cod. proc.
pen. in tema di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio.
    Considerato che le due ordinanze di rimessione sollevano identica
questione,  per  cui  deve  essere  disposta la riunione dei relativi
giudizi di costituzionalita';
        che   il   rimettente,   constatato   che   il   "privilegio"
dell'interrogatorio  prima  dell'emissione  della  misura  cautelare,
previsto  dall'art. 289,  comma  2,  cod. proc. pen., come modificato
dalla legge n. 234 del 1997, e' riconosciuto solo in relazione ad una
specifica  misura  interdittiva - la sospensione dall'esercizio di un
pubblico  ufficio  o  servizio  - e solo in favore di una determinata
categoria  di  soggetti - i pubblici ufficiali e gli incaricati di un
pubblico   servizio  -,  rileva  che  tale  disciplina  differenziata
determina   una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  ed  una
conseguente  violazione  del  diritto di difesa in danno dei soggetti
nei  cui  confronti  l'emissione di misure cautelari non e' preceduta
dall'interrogatorio,  ma  in sostanza lamenta che la nuova disciplina
abbia   introdotto   un   irragionevole  momento  di  contraddittorio
preventivo tra il giudice e la persona sottoposta alle indagini, "non
armonizzabile" con l'intero sistema delle misure cautelari;
        che  la  disciplina sottoposta a censura, in quanto amplia la
sfera delle garanzie dei soggetti in favore dei quali e' destinata ad
operare,  con  particolare  riferimento  al diritto di difesa, non si
pone in contrasto con gli invocati parametri costituzionali;
        che   -   come   si  ricava  anche  dalla  giurisprudenza  di
legittimita',  secondo  cui, in relazione alla misura interdittiva in
esame,  l'obbligo del previo interrogatorio opera per qualsiasi reato
per   cui   si   proceda  nei  confronti  del  pubblico  ufficiale  o
dell'incaricato di un pubblico servizio - la ratio della disposizione
censurata  sembra  essere  rinvenibile  nell'esigenza  di  verificare
anticipatamente  che  la  misura della sospensione dall'ufficio o dal
servizio  non  rechi,  senza  effettiva  necessita', pregiudizio alla
continuita' della pubblica funzione o del servizio pubblico;
        che  la disciplina volta ad attuare tale esigenza rientra nel
novero delle scelte discrezionali del legislatore, non sindacabili in
sede  di  scrutinio di legittimita' costituzionale, ove esercitate in
modo non irragionevole;
        che,   nei   termini   in  cui  e'  posta,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  va  pertanto  dichiarata manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.