ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, settimo
comma,  della  legge  della  Regione  Umbria  2 settembre 1974, n. 53
(Prime  norme  di  politica  urbanistica) come modificata dalla legge
della  Regione  Umbria  21  ottobre  1997,  n. 31  (Disciplina  della
pianificazione  urbanistica  comunale  e norme di modificazione delle
leggi  regionali  2  settembre 1974, n. 53, 18 aprile 1989, n. 26, 17
aprile  1991,  n. 6  e  10 aprile 1995, n. 28), per la parte relativa
alla  esclusione  dei  fabbricati  destinati ad abitazione oggetto di
condono  edilizio,  promosso  con Ordinanza emessa l'11 novembre 1998
dal   Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Umbria  sul  ricorso
proposto  da  Miecchi  Stefania  contro  il comune di Terni ed altra,
iscritta  al  n. 377  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 27,  prima serie speciale,
dell'anno 1999;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 maggio 2000 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, nel corso
di  un  giudizio  diretto  ad  ottenere l'annullamento del diniego di
rilascio  di  una concessione edilizia per la realizzazione di lavori
di  ristrutturazione  di  un  immobile,  ha  sollevato, con Ordinanza
emessa  l'11  novembre  1998  (r.o.  n. 377  del  1999), questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, settimo comma, della legge
della Regione Umbria 2 settembre 1974, n. 53 (Prime norme di politica
urbanistica),  come  sostituito  dall'art. 34,  comma  1, della legge
regionale  21  ottobre  1997,  n. 31 (Disciplina della pianificazione
urbanistica comunale e norme di modificazione delle leggi regionali 2
settembre  1974, n. 53, 18 aprile 1989, n. 26, 17 aprile 1991, n. 6 e
10 aprile 1995, n. 28).
    La  norma  in  questione  disciplina gli interventi edilizi nelle
zone agricole e piu' precisamente gli interventi su fabbricati ad uso
di abitazione preesistenti all'entrata in vigore della legge; da tali
interventi sono esclusi i fabbricati oggetto di condono edilizio; per
questi  ultimi,  secondo  l'interpretazione recepita dal comune e non
contestata dalla ricorrente, non sarebbe consentito alcun intervento.
    Ad  avviso  del  collegio  rimettente,  la  disposizione in esame
istituirebbe  un  regime  differenziato per i fabbricati abitativi in
zone  agricole,  a  seconda  che  si  tratti di fabbricati realizzati
legittimamente sin dall'origine, oppure di fabbricati originariamente
abusivi e poi condonati.
    Per questi ultimi non sarebbe ammesso alcun intervento, neppure -
stando  alla  lettera  della  legge  -  di  manutenzione  ordinaria e
straordinaria, tanto meno di ristrutturazione o di ampliamento.
    Per   i   primi   sarebbero   consentiti  interventi,  oltre  che
manutentivi   e   conservativi,   anche   di  ristrutturazione  e  di
ampliamento, sia pure entro limiti ristretti.
    Ad  avviso del giudice a quo, il divieto di opere di manutenzione
o di conservazione, comportando un irreparabile e progressivo degrado
del fabbricato, arrecherebbe un irrimediabile pregiudizio al privato.
    Tale  duplicita'  di  regime  tra  le due categorie di fabbricati
(condonati  e  non  condonati)  potrebbe - secondo il giudice a quo -
essere   considerata   come   una   forma   surrettizia  di  sanzione
dell'originario   abuso,  esprimente,  quindi,  nient'altro  che  una
volonta' punitiva.
    Nell'ordinanza  si  censura la irrazionalita' della normativa nel
confronto   con  la  legislazione  statale  in  materia  di  condono,
ispirata,  quest'ultima,  al  principio  secondo  cui,  verificati  i
presupposti  del condono ed assolti gli oneri inerenti, il fabbricato
si intende regolarizzato a tutti gli effetti.
    Si   denuncia   pertanto   la   violazione   dell'art. 117  della
Costituzione,  per  contrasto  della  normativa  regionale con quella
statale.
    Nell'ordinanza    si    invocano,    altresi',   l'art. 3   della
Costituzione, per la irragionevole discriminazione tra proprietari di
fabbricati  condonati  e  quelli di fabbricati non condonati, nonche'
gli  artt. 41  e  42  della Costituzione, in quanto l'interdizione di
ogni  intervento  manutentivo  e  conservativo ovvero migliorativo ed
ampliativo  (nei  ristretti  e  sorvegliati  limiti  in  cui  cio' e'
concesso  per  i  restanti fabbricati in zona agricola) comprimerebbe
irragionevolmente  l'esercizio tanto dell'iniziativa economica quanto
della proprieta' privata.
    Un  divieto  cosi'  rigoroso  sottrarrebbe  in  modo permanente e
definitivo  la possibilita' per il privato di utilizzare e godere del
bene per il quale si accerti la necessita' di opere di manutenzione.
    2. - In  via  subordinata,  qualora  si ritenesse ammissibile una
discriminazione  tra il fabbricato condonato e quello originariamente
legittimo,  il  giudice  a quo pone la questione di costituzionalita'
dell'art. 8,  settimo  comma,  della  legge  della  Regione  Umbria 2
settembre  1974,  n. 53,  come modificato dall'art 34, comma 1, della
legge  regionale  21  ottobre 1997, n. 31, nella parte in cui esclude
l'ammissibilita' degli interventi di cui all'art. 31, lettere a), b),
c)  e d), della legge 5 agosto 1978, n. 457 sugli immobili oggetto di
condono edilizio.
    Sottolinea,  infatti,  il  giudice  rimettente  come la soluzione
concretamente    adottata    dal    legislatore   regionale   risulti
eccessivamente  restrittiva,  in particolare, in relazione al divieto
di procedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al restauro
ed  al  risanamento  conservativo  ed  alla  stessa  ristrutturazione
edilizia  strettamente  intesa; a tutti quegli interventi, cioe', che
si  risolvono in una semplice conservazione dell'esistente, ovvero in
migliorie estetiche e funzionali, senza incremento di volumetria, ne'
modifica di destinazione d'uso.

                       Considerato in diritto

    1. - La questione di legittimita' costituzionale sollevata in via
incidentale  concerne  l'art.  8,  settimo  comma,  della legge della
Regione  Umbria  2  settembre  1974,  n. 53  (Prime norme di politica
urbanistica)  come modificato dall'art 34, comma 1, della legge della
Regione   Umbria   21   ottobre   1997,   n. 31   (Disciplina   della
pianificazione  urbanistica  comunale  e norme di modificazione delle
leggi  regionali  2  settembre 1974, n. 53, 18 aprile 1989, n. 26, 17
aprile  1991,  n. 6  e  10 aprile 1995, n. 28), per la parte relativa
alla  esclusione  dei  fabbricati  destinati ad abitazione oggetto di
condono edilizio.
    Viene  denunciata la violazione degli artt. 3, 41, 42 e 117 della
Costituzione  sotto  i  profili:  di  una irragionevole duplicita' di
regime   tra   fabbricati   originariamente  legittimi  e  fabbricati
condonati,  che potrebbe essere considerata come forma surrettizia di
sanzione;   di  una  irrazionalita'  della  normativa  rispetto  alla
legislazione    statale;    di   una   compromissione   irragionevole
dell'esercizio   della   iniziativa   economica,  in  relazione  alla
proprieta'   privata;  ed,  in  via  subordinata,  di  una  eccessiva
restrittivita'  della  soluzione  adottata dal legislatore regionale,
nella  parte  in  cui  sarebbero  esclusi  gli interventi ex art. 31,
lettere a), b), c), e d), della legge n. 457 del 1978.
    2. - La questione e' fondata nei sensi e nei limiti come appresso
specificati.
    L'art. 8  della  legge  della  Regione  Umbria  2 settembre 1974,
n. 53,  nel testo sostituito dall'art. 34, comma 1, della legge della
Regione  Umbria  21  ottobre  1997,  n. 31, contiene una disciplina a
tutela   del   territorio   agricolo,   dettando,  tra  l'altro,  una
regolamentazione  (destinata  a prevalere sugli strumenti urbanistici
generali vigenti con indici piu' ampi) delle costruzioni, che collega
obbligatoriamente  (anche con un asservimento ai terreni interessati)
la  realizzazione  ad  esigenze  abitative  e produttive dell'impresa
agricola.
    L'art. 8   al   comma   7  disciplina,  inoltre,  gli  interventi
ammissibili,  nell'ambito  del  territorio  agricolo, nei "fabbricati
destinati  ad  abitazione,  gia' esistenti al momento dell'entrata in
vigore  della  presente  legge"  - (si noti, la disposizione e' stata
introdotta  con  la legge 21 ottobre 1997, n. 31, cioe' dopo la legge
statale  28 febbraio 1985, n. 47 contenente il condono e la sanatoria
delle  opere  edilizie  abusive)  -  prevedendo  la ammissibilita' di
interventi  di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria,
di  restauro  e  di  risanamento  conservativo,  di  ristrutturazione
edilizia  (secondo la definizione contenuta nell'art. 31, lettere a),
b),  c) e d), della legge 5 agosto 1978, n. 457), nonche' ampliamenti
per   un   incremento  massimo  di  mc  300,  purche'  il  fabbricato
ristrutturato,  comprensivo dell'ampliamento, non risulti superiore a
mc 1.400.
    Lo  stesso  settimo  comma  esclude dalla previsione i fabbricati
costituenti  beni  culturali  sparsi  sul  territorio (come castelli,
torri,  ville,  abbazie, casolari tipici), per i quali gli interventi
sono  limitati al consolidamento e restauro (art. 6 della legge della
Regione  Umbria  2  settembre  1974, n. 53), nonche' i fabbricati che
siano  stati  oggetto di condono edilizio con rilascio di concessione
in  sanatoria.  Tale  esclusione  per  gli immobili condonati (la cui
legittimita'  rispetto alle previsioni urbanistiche deriva solo dalla
sanatoria-condono)   viene,   in  modo  plausibile,  interpretata  ed
applicata nel giudizio a quo, come esclusione impeditiva di tutti gli
interventi previsti come ammissibili per gli altri edifici esistenti.
    La esclusione, attese le finalita' della disciplina di tutela del
territorio   con  destinazione  urbanistica  a  fini  agricoli,  deve
ritenersi non manifestamente irragionevole e conforme al regime della
proprieta' privata, soggetta ai limiti di utilizzazione urbanistica e
ai   vincoli   culturali   in   ragione   della  qualita'  dei  beni,
esclusivamente  per  quanto  riguarda  gli  ampliamenti  e  tutti gli
interventi  che  comportino  modifiche  della  sagoma  o  aumenti  di
volumetria o di superficie o simili.

    3. - Al  contrario,  secondo  la  giurisprudenza  di questa Corte
(sentenza  n. 529 del 1995), la privazione della possibilita' (in via
assoluta  e  generale,  senza  alcuna  valutazione  di compatibilita'
concreta, circa il modo e l'entita' degli interventi, con le esigenze
di  tutela ambientale e - si puo' aggiungere - anche urbazistica) per
il titolare del diritto di proprieta' su ai un immobile, di procedere
ad interventi di manutenzione, aventi quale unica finalita' la tutela
della  integrita'  della  costruzione  e  la  conservazione della sua
funzionalita',   senza   alterare   l'aspetto   esteriore  (sagoma  e
volumetria)  dell'edificio,  rappresenta  certamente  una  lesione al
contenuto minimo della proprieta'. Infatti l'anzidetto divieto incide
addirittura  sulla essenza stessa e sulle possibilita' di mantenere e
conservare  il  bene (costruzione) oggetto del diritto, producendo un
inevitabile  deterioramento  di  esso,  con  conseguente riduzione in
cattivo  stato  e un progressivo abbandono e perimento (strutturale e
funzionale) del medesimo.
    Deve,  pertanto,  escludersi  la legittimita' di una disposizione
che  comporti  per  il  proprietario, ancorche' non espropriato della
titolarita',  uno  svuotamento del contenuto del suo diritto nel modo
piu'  irrimediabile  e  definitivo,  e  cioe'  con graduale degrado e
perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilita'
e  distruzione  dell'edificio, in rapporto alla destinazione inerente
alla  sua  natura  (conforme  a licenze, concessioni e autorizzazioni
ancorche' in sanatoria)
    Si  tratta  in  ogni  caso  di edifici legittimamente esistenti e
ovviamente  regolarmente  assentiti  (fin  dall'origine  o con valido
condono  in sanatoria non oggetto di successivi interventi repressivi
o  di annullamento) dal punto di vista urbanistico o sotto il profilo
di  speciali vincoli (assistiti da specifiche autorizzazioni e pareri
ove richiesti: sentenza n. 529 del 1995).
    Deve  essere  sottolineato che i suddetti interventi, ammissibili
rispetto  agli  edifici  esistenti,  soggiacciono  al  rispetto delle
caratteristiche  tipologiche  e costruttive della edilizia rurale dei
relativi  territori  (art. 8,  comma  10,  della  legge della Regione
Umbria  n. 53  del  1974,  nel  testo  introdotto  con la legge della
Regione  Umbria  n. 31  del  1997)  nonche'  alle regole generali che
consentono   la  possibilita'  di  impedire  le  anzidette  opere  di
manutenzione  quando il modo o l'entita' degli, interventi siano tali
da  alterare  l'equilibrio e la conservazione del territorio agricolo
anche  per  l'aumento  degli  utilizzatori (sentenza n. 529 del 1995,
citata).
    Infine esiste un principio nell'ambito della legislazione statale
in ordine ad un regime meno rigoroso degli interventi di manutenzione
e similari, rispetto alle altre opere edilizie, che alterino, invece,
le  caratteristiche  visibili  all'esterno  o  comunque  la  sagoma o
l'altezza o la superficie o la volumetria dell'edificio (arg. da d.l.
27  giugno 1985, n. 312, convertito, con modifiche, in legge 8 agosto
1985, n. 431; sentenza n. 529 citata).
    4. - Pertanto    deve    essere    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 8, settimo comma, della legge della Regione
Umbria  2  settembre  1974,  n. 53, come modificato dalla legge della
Regione  Umbria  21 ottobre 1997, n. 31, nella parte in cui esclude i
fabbricati  oggetto  di  condono  edilizio  dalla  ammissibilita'  di
interventi  di manutenzione ordinaria e straordinaria o di interventi
di  manutenzione  ordinaria e straordinaria o di ristrutturazione che
non  comportino  aumento di volumetria o di superficie o modifiche di
sagoma o delle destinazioni d'uso.