IL TRIBUNALE

    Nella  causa  in  primo  grado  iscritta  al ruolo generale degli
affari  civili  contenziosi  dell'anno  1998  al  n. 72, promossa con
ricorso  depositato  in  data  16  gennaio  1998 da Carlo Montecucco,
Lorenzo  Micari,  Vittorio  Ferrari,  Stefano  Bottari,  Ezio  Spada,
Giacomo  Bregoli,  Lorenzo Stabile, Vincenzo Mattei, Claudio Bersini,
Luigi  De  Bona,  Giuseppe  Pini,  Franco Scolari, Emilio Rumi, Mario
Ghidini,  Guido  Boninchi,  Carmelo  Forgione, Fabio Cavagnini, Marco
Cappa,  Domenico  Bertolotti,  Floriano  Bettinsoli, Roberto Magnini,
Antonio   Ferrari,   Oliviero  Soana,  Alberto  Gaffurini,  Ferruccio
Tanghetti,  Pierino  Berselli, Davide Annichini Tanzi, Mauro Sciatti,
Giuseppe   Zani,   Guerino  Tomasotti,  Giuseppe  Boniotti,  Giuseppe
Lavagnini, Francesco Giuseppe Tavelli, Renato Marzanni, Antonio Moia,
Pierangelo  Minini,  Amedeo  Ciulli,  Gaetano Nardi, Bruno Fortunato,
Giuseppe  Facchini,  Sandro  Grechi, Renato Marelli, Pietro Casanova,
Giuseppe  Gerosa, Marco Gorni, Andrea Chiappini, Giovanni Zanardelli,
Giuseppe  Zani,  Claudio  Ferrari,  Italo  Bolognini,  Mauro Cerlini,
Antonio  Rottini,  Luigi  Boniotti,  Renato Angeli, Salvatore Allone,
Antonio  Benini, Robertino Soretti, Fabio Riviera, Giuliano Andreoli,
Gianfranco  Zambrini,  Graziano Olivieri, Roberto Rossini, Giampietro
Lodetti,   Francesco  Piocioli,  Giuseppe  Sonomini,  Dario  Sonetti,
Giampiero  Pe',  Adriano  Bonardi,  Girolamo  Donati, Luigi Apostoli,
Edgardo Altani, Giuseppe Franchini, Angelo Riviera, Matteo Bonometti,
Giovanni Bonati, Giorgio Volpi, Paolo Antolini, Bruno Zambrini, Luigi
Boniotti,  Alessandro  Ferrari,  Franco  Bolgiani,  Massimo  Perotti,
Aurelio  Montanelli,  Gian Pietro Luterotti, Giorgio Chiarini, Enrico
Benzoni,  Walter  Olivieri, Alberto Bertolassi, Michele Mosconi, Aldo
Zola,  Mario  Sangaletti,  Pietro  Arturi,  Attilio  Ragnoli, Claudio
Zoppini, Giovannico Mattu e Stefano Bacaloni, rappresentati e difesi,
giusta  delega  a  margine  del  ricorso  introduttivo dagli avvocati
Giuseppe  Porqueddu  e Antonella Rebuffoni, procuratori domiciliatari
con  studio  in  Brescia,  via  Vittorio  Emanuele  II  n. 42,  parte
ricorrente.
    Contro Istituto nazionale della previdenza sociale - I.N.P.S., in
persona del legale rappresentante in carica, con sede in Roma, in via
Giro   il   Grande  n. 21,  rappresentato  e  difeso,  giusta  delega
dall'avvocato  Cicerone,  procuratore  domiciliatario,  con studio in
Brescia, parte resistente.

                              F a t t o

   e   d i r i t t o      Con  ricorso  al  giudice  del  lavoro  del
Tribunale  di  Brescia  i  sunnominati  ricorrenti,  dipendenti  o ex
dipendenti  dell'azienda  servizi  municipalizzati  di  Brescia,  con
mansioni   di   autista,  hanno  convenuto  in  giudizio  l'I.N.P.S.,
esponendo quanto segue.
    I  ricorrenti  sono  -  o  sono stati - tutti dipendenti di ruolo
dell'Azienda   dei   servizi   nunicipalizzati  di  Brescia,  sezione
trasporto,   tutti   appartenenti   alla   categoria  del  "personale
viaggiante" e per la maggior parte tuttora in servizio ed in qualita'
di  "autisti". Soltanto alcuni di loro - in genere dopo aver svolto a
suo  tempo  mansioni di autista o di verificatore e simili - svolgono
oggi mansioni di "operaio". Alcuni di loro hanno lasciato il servizio
e  sono  stati  gia'  collocati  a  riposo; altri sono in procinto di
esserlo.
    Fanno   dunque   parte  -  o  hanno  fatto  parte  del  personale
appartenente  al  "comparto  trasporti" (autoferrotranvieri e addetti
alla navigazione interna).
    La  loro  assunzione e' anteriore al 1 gennaio 1996; sono stati o
verranno collocati a riposo dopo il 31 dicembre 1995.
    Molti  decenni  or sono, in favore e nell'interesse di coloro che
gia'  si trovavano iscritti alla Cassa nazionale per le assicurazioni
sociali,   divenuta   poi   I.N.P.S.  (art. 14,  regio  decreto-legge
21 aprile  1919,  n. 603,  art. 1, regio decreto-legge 27 marzo 1933,
n. 371,  regio  decreto-legge  4 ottobre  1935,  n.1827), erano stati
creati  dei  "Fondi  speciali", dove venivano accumulati i contributi
previdenziali  versati  (art. 215 del testo unico approvato con regio
decreto 9 maggio 1912, n. 1447, art. 8, legge 14 luglio 1912, n. 835,
contenente "disposizioni per l'equo trattamento del personale addetto
ai   pubblici   servizi  di  trasporto,  artt. 6  e  7  decreto-legge
luogotenenziale  25 marzo 1919, n. 467, ma gia' in epoca anteriore la
materia era regolata dalla legge 30 giugno 1906, n. 272).
    Tali  Fondi  poi  erano  stati soppressi e tutti i contributi ivi
esistenti  erano  stati  trasferiti  d'ufficio  in  un apposito Fondo
speciale, denominato Fondo per la previdenza del personale addetto ai
pubblici  servizi  di  trasporto, affidato, per la gestione separata,
alla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, ora I.N.P.S.
    Quanto  sopra  avveniva  in  forza  del  combinato disposto degli
artt. 1  e  8  del  regio  decreto-legge  19 ottobre  1923,  n. 2311,
intitolato  "norme  per l'equo trattamento del personale addetto alle
ferrovie,   tranvie   e  lineee  di  navigazione  interna  esercitate
dall'industria privata, da province e comuni", convertito nella legge
17 aprile  1925,  n. 473,  e  successive modifiche ed integrazioni (i
ricorrenti  richiamavano  altresi',  come  rilevanti nella specie, le
seguenti  fonti: regio decreto 29 febbraio 1920 n. 245; regio decreto
30 settembre  1920  n. 1538;  regio  decreto  8  gennaio 1931 n. 148;
D.L.C.P.S. 16 settembre 1947 n. 1083; legge 28 gennaio 1952, n. 4435;
legge  28 luglio  1961  n. 830;  legge  30 aprile  1969 n. 153; legge
29 ottobre  1971 n. 889; decreto-legge 22 dicembre 1981 n. 291, conv.
in  legge  26 febbraio  1982 n. 54; legge 12 luglio 1988 n 270; legge
9 marzo  1989  n. 88;  legge  29 dicembre 1990 n. 407; legge 8 agosto
1991  n. 274;  decreto  legislativo  30 dicembre  1992  n. 503; legge
23 dicembre 1994 n. 724; decreto-legge 25 novembre 1995 n. 501, conv.
in  legge  8 agosto 1995 n. 335; legge 28 dicembre 1995 n. 549; legge
5 gennaio  1996 n. 11; sino all'attuale d.lgs. 29 giugno 1996 n. 414,
emanato  in attuazione della delega contenuta nell'art. 1, commi 70 e
71, della legge 28 dicembre 1995 n. 549).
    In  virtu'  di  tali norme, gli interessati erano soggetti ad una
ritenuta  che,  nel  suo  complesso,  e'  sempre  stata ed e' tuttora
maggiore  di  vari  punti  percentuali, rispetto a quella normalmente
subita dagli altri lavoratori di altre categorie e comparti.
    Oggi  tale  ritenuta  e'  maggiore anche rispetto a quella subita
dagli  altri  lavoratori  della medesima categoria e comparto, se non
iscritti   al   "Fondo   speciale   a  gestione  separata"  ex  regio
decreto-legge 19 ottobre 1923 n. 2311, di cui sopra e' cenno.
    I  ricorrenti  sono  stati  soggetti  a tali maggiori oneri senza
contestazione  alcuna,  essendo  tale  pregiudizio  bilanciato  dalla
previsione  normativa  di  un  trattamento pensionistico integrativo,
assicurato  dal  Fondo  stesso,  al  quale avevano diritto secondo le
norme   contenute   nel   regolamento  approvato  con  regio  decreto
30 settembre 1920 n.  1538.
    Sennonche'  di  recente e' entrato in vigore il d. lgs. 29 giugno
1996 n. 414, il quale, con il primo comma dell'art. 1, ha disposto la
soppressione,  con  decorrenza  10 gennaio 1996, dell'anzidetto Fondo
per  la  previdenza  del  personale  addetto  ai  pubblici servizi di
trasporto,  di  tal  che'  nessun  vantaggio  o beneficio potra' piu'
essere tratto in ragione del maggior peso contributivo sostenuto.
    Ed  inoltre,  ai sensi dell'art. 1 sopra citato, secondo e quinto
comma,  e  del  successivo  art. 2, gli iscritti al "soppresso" Fondo
speciale  di  cui  trattasi,  rimasti  ancora in servizio, pur avendo
perso gran parte, se non anche tutti i benefici che avevano maturato,
e  che  stavano  per  conseguire,  sia  presso  il  "soppresso" Fondo
speciale   sia   -   eventualmente  ed  in  precedenza  -  presso  la
"Assicurazione  generale  obbligatoria" (d'ora innanzi, per brevita':
a.g.o.),    gestita    istituzionalmente    dall'I.N.P.S.,    restano
cionondimeno soggetti alle maggiori ritenute di cui sopra, che dunque
continueranno a subire per tutta la loro vita lavorativa.
    La  posizione  dei  ricorrenti  si viene cosi' a differenziare da
quella,  analoga,  di  altri  loro  colleghi  del  medesimo "comparto
trasporti",  per  l'evidente  pregiudizio  da  essi,  e da essi solo,
sofferto:  infatti  quelli  collocati  a riposo prima del 31 dicembre
1995  continuano  a  godere  di  tutti  quei vantaggi e benefici oggi
negati  ai  ricorrenti;  quelli  dipendenti delle regioni, province e
comuni  (art. 1,  secondo  commna,  d.lgs.  n. 414/1996) sono tuttora
soggetti  alle  disposizioni  di cui all'art. 4, comma secondo, della
legge  8 marzo  1991  n. 274  (iscrizione  alla  ex  C.P.D.E.L.: oggi
I.N.P.D.A.P.);  mentre  per  la generalita' dei lavoratori dipendenti
iscritti,  al  pari  dei  ricorrenti,  all'a.g.o., all'inesistenza di
alcun  beneficio  aggiuntivo  corrisponde  l'inesistenza di qualsiasi
aggravio  di  ritenute,  ne'  dirette ne' indirette; in particolare i
colleghi  di lavoro assunti dopo il 10 gennaio 1996, pur beneficiando
del  medesimo  trattamento  previdenziale  che compete ai Ricorrenti,
tuttavia  sono soggetti solo alle ordinarie ritenute subite da coloro
che sono iscritti all'a.g.o.
    Lo   squilibrio   -   particolarmente   grave  per  i  lavoratori
pensionandi  a  breve,  i quali, pur avendo versato per anni e anni i
contributi maggiorati, percepiranno il medesimo trattamento spettante
a  chi  nessuna  ulteriore trattenuta ha mai subito - verra' superato
solo  allorche'  anche la normale aliquota gravante sulla generalita'
degli  altri  iscritti  alla  a.g.o.  raggiungera'  il  medesimo piu'
elevato livello subito dai ricorrenti.
    La  situazione appare ancora piu' iniqua ove si consideri: che in
passato  era stato richiesto a coloro che all'epoca erano iscritti al
fondo  ed  in  servizio, di versare a piu' riprese ingenti contributi
supplementari,   funzionali   al   ripiano   di   alcune   situazioni
deficitarie;  che  il  13  dicembre  1994  c'era  stata  un  intesa -
confermata   da   un  referendum  nazionale  ma  non  introdotta  nel
successivo contratto - che prevedeva il riconoscimento di un'aliquota
aggiuntiva  del 25% nel calcolo del futuro trattamento pensionistico,
o  in  alternativa, nel caso di pensionamento di anzianita' (e non di
vecchiaia),  il  riconoscimento  di  un  anno aggiuntivo ogni quattro
effettivi,  a  carico  del  fondo;  che  alla  soppressione del fondo
speciale,  creato  a  suo  tempo  per  assicurare  alla categoria cui
appartengono  i  ricorrenti,  un  "equo trattamento"; fa riscontro la
pressoche' contemporanea introduzione di strumenti normativi volti di
incoraggiare la formazione di altri fondi pensionistici, integrativi,
complementari,  supplementari, facoltativi, chiusi e aperti, soggetti
ad  autorizzazione o a mera comunicazione, iscritti in albi normali o
speciali,   amministrati  da  componenti  dotati  di  onorabilita'  e
professionalita'  (cfr.  d. lgs. n. 124/1993 ed ora decreto Ministero
lavoro 14 gennaio 1997, n. 211).
    Infine,  l'art. 2,  terzo comma, del d.lgs. n. 414/1996 impone ai
datori  di lavoro, in via transitoria e per la durata di cinque anni,
in  attesa dei decreti legislativi di cui all'art. 2, comma 22, della
legge   8 agosto   1995   n. 335  (termine  che,  si  noti  bene,  e'
incondizionatamente   ed  illimitatamente  prorogabile  con  semplici
decreti  interministeriali),  l'obbligo  di versare i due terzi della
differenza   tra   l'aliquota  contributiva  gravante  sugli  odierni
ricorrenti  e  l'aliquota  gravante  sulla generalita' dei lavoratori
dipendenti,  a  titolo  di  contributo  straordinario da destinarsi a
ripiano del deficit patrimoniale accertato o da accertarsi "tempo per
tempo"  nella  situazione  del  defunto ma in qualche modo superstite
fondo di previdenza di cui trattasi.
    Dunque,  per  i  lavoratori  ed i pensionati che si trovino nella
condizione  dei  ricorrenti  (assunzione anteriore al 1 gennaio 1996;
collocamento  a  riposo  dopo  il  31 novembre  1995 e solo per essi,
l'aliquota  maggiorata  e'  destinata  a  rimanere  invariata,  ed in
assenza  di qualsivoglia contropartita pensionistica; e tale evidente
ingiustizia  cessera'  (se  cessera)  solo  nel momento in cui - dies
incertus  an,  incertus  quando - anche l'aliquota degli altri verra'
progressivamente elevata sino a raggiungere la loro.
    Tanto  premesso  in  fatto,  i  ricorrenti  hanno  rassegnato nei
confronti dell'I.N.P.S. le seguenti conclusioni:
        "Voglia  il pretore (oggi giudice) di Brescia, ogni contraria
istanza,   eccezione   e   deduzione  rejetta";  previa,  occorrendo,
sospensione  del presente giudizio e rimessione degli atti alla Corte
costituzionale  per  la  decisione  delle  questioni  incidentali  di
legittimita'  costituzionale  ritenute rilevanti e non manifestamente
infondate,  relativamente  all'art. 1,  commi  70  e  71  della legge
28 dicembre  1995  n. 549  ed  al  decreto legislativo 29 giugno 1996
n. 414, con riferimento agli artt. 3, 76 e 87 della Costituzione, per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
          in  principalita',  della  disposta  soppressione del Fondo
speciale;
          in  via  subordinata, delle norme che - malgrado l'avvenuta
ed,  in denegata ipotesi, legittima soppressione del Fondo speciale -
tuttavia impongono, a coloro che in precedenza erano iscritti ad esso
e che sono individuati ed individuabili esclusivamente da questa loro
caratteristica,  peraltro  non  piu'  attuale,  di versare senza piu'
alcuna  ragione  o  scopo,  somme maggiori rispetto a tutti gli altri
lavoratori   ai  quali  sono  sotto  ogni  altro  profilo  totalmente
equiparati;
        conseguentemente    dichiararsi   la   diretta   e   continua
applicabilita'   della   preesistente   normativa   regolatrice   del
sopravvissuto "Fondo speciale", illegittimamente soppresso;
        per  l'effetto, dichiararsi che i ricorrenti in servizio sono
stati,  sono  e  saranno  tenuti a corrispondere i contributi da essi
dovuti   secondo   il   previgente  sistema  e  che  sul  trattamento
pensionistico  a  carico  dell'I.N.P.S.  spettante ai ricorrenti, che
sono  gia'  stati  collocati in quiescenza o che lo saranno nel corso
del presente giudizio, debbono essere riconosciuti tutti i benefici e
le maggiorazioni che competevano loro, secondo il previgente sistema,
come sopra ripristinato a tutti gli effetti;
        in  via  di  estremo  subordine, dichiararsi e disporsi che a
tutti  coloro  che  hanno  subito  le  trattenute  e  contribuito  ad
effettuare  gli accantonamenti di cui trattasi, vengano restituite le
somme  da  ciascuno  di essi versate, con gli interessi da calcolarsi
sulle  stesse, previamente ed opportunamente rivalutate; pronunziando
corrispondente condanna a carico dell'I.N.P.S. percettore;
        in  tutti  i casi, con vittoria di spese, diritti, onorari ed
accessori come per legge.
    A  sostegno  della domanda principale e di quella subordinata, il
cui  accoglimento  postula  la declaratoria di incostituzionalita' di
talune   norme   vigenti   che   disciplinano   la   loro   posizione
contributivo-previdenziale,  i  ricorrenti  cosi'  hanno  precisato i
termini  del  lamentato  contrasto  di dette disposizioni rispetto ai
parametri   costituzionali  invocati  (violazione  del  principio  di
uguaglianza  per  disparita'  di  trattamento, art. 3, violazione del
diritto  alle  prestazioni  previdenziali,  art. 38, violazione della
disciplina di delega legislativa, art. 76).
            Violazione delle regole in materia di delega
    Le  lesioni  dei  diritti  lamentate  dai ricorrenti derivano dal
d.lgs.  29 giugno 1996, n. 414, in forza del quale dal 1 gennaio 1996
e'  stato  soppresso il fondo per la previdenza del personale addetto
ai   pubblici   servizi  di  trasporto,  cui  i  ricorrenti  medesimi
aderivano.
    Quanto  sopra  costituisce l'effetto dell'art. 1, comma 70, della
legge  28 dicembre 1995, n. 549; tale norma espressamente attribuisce
al  Governo  l'eccezionale  e  ben  delimitato potere di procedere al
riordino  del  trattamento  pensionistico  del  personale  addetto ai
pubblici servizi di trasporto.
    Il  relativo  potere  e'  pero'  circoscritte e condizionato come
segue:
        1)  la  delega  andava,  anzitutto, esercitata entro sei mesi
dalla  data  di  entrata  in vigore della legge: cioe', al piu' tardi
entro 1 luglio 1996;
        2) le nuove norme dovevano poi essere coerenti con i principi
informatori  della legge 8 agosto 1995, n. 335, ed in particolare con
quanto disposto dall'art. 2, commi 22 e 23;
        3)  infine  dovevano  tener  conto anche dei seguenti criteri
direttivi:
            a)  soppressione, con decorrenza dal 10 gennaio 1996, del
fondo  per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di
trasporto ed iscrizione alla a.g.o. dei lavoratori di cui all'art. 4,
primo  comma,  della  legge 29 ottobre 1971, n. 889, in servizio alla
data  del  31 dicembre  1995,  ovvero  assunti  successivamente,  con
esclusione  dei  dipendenti  dei comuni, province e regioni esercenti
direttamente "in economia", il pubblico servizio di trasporto;
            b)   validita'   dell'iscrizione  -  da  effettuarsi  con
evidenza contabile separata nell'ambito del fondo pensioni lavoratori
dipendenti   -   ai  fini  delle  prestazioni  previste  dalle  norme
disciplinanti il predetto fondo;
            c)  necessita'  di determinare l'aliquota contributiva di
finanziamento  in misura che, con riferimento a quella in essere alla
data  di  soppressione del predetto fondo, rispondesse ad esigenze di
solidarieta' connesse alla salvaguardia, nell'ambito della categoria,
delle flessibilita' e peculiarita' dell'attivita' lavorativa;
            d)  obbligo  di prevedere il criterio del pro-rata per la
determinazione della quota di pensione corrispondente alle anzianita'
assicurative  acquisite  anteriormente  alla data di soppressione del
fondo.
    Siffatte disposizioni non sarebbero state rispettate.
                       A) Profilo cronologico
    Anzitutto  sarebbe  stato  violato  il termine di validita' della
delega,  poiche'  non  e'  certo  sufficiente  apporre una data ad un
provvedimento delegato per renderlo rispettoso dei termini altrimenti
troppo  agevolmente  eludibili,  ma  occorre anche che esso sia stato
pubblicato nei modi stabiliti.
    Inoltre occorre che esso sia altresi' a quella data concretamente
e  non  retroattivamente  operante:  le legge delega, infatti, non ha
attribuito  al  Governo  legiferante,  alcuna  facolta'  di  emettere
provvedimenti retroattivi.
    In  secondo  luogo  non  sarebbe  condivisibile  -  di talche' il
problema  meriterebbe di essere riproposto all'attenzione dei supremi
giudici  costituzionali  -  la  soluzione  derivante da certi lontani
orientamenti  (per  tutte,  Corte  cost.  1960 n. 34; id. 1962 n. 91;
etc.,  da notare che nella prima decisione si esaminava un'ipotesi di
delega  che  scadeva  il 26 aprile 1957 e la norma delegata era stata
pubblicata  il  17  settembre successivo) secondo cui i ritardi nella
pubblicazione   nella  Gazzetta  Ufficiale  sarebbero  condizione  di
efficacia  ma non di legittimita', la quale non sarebbe conculcata da
eventi  o ritardi imputabili ad organi amministrativi: questi ultimi,
invero,  pero' e per l'appunto, fanno parte dell'apparato governativo
(che  e'  poi  il  legislatore delegato), la cui azione - illegittima
proprio   perche'  ritardata  -  viene  invece  qui  direttamente  ed
espressamente  censurata: in siffatta evenienza si realizza, infatti,
un'ipotesi  di  grave  illegittimita'  e  di violazione del principio
costituzionale    sancito   dall'art. 97,   che   impone   all'azione
amministrativa  il  rispetto  del principio del buon andamento, ed un
evidente  superamento  dei  limiti  temporali  assegnati  al  Governo
legiferante  dal  Parlamento,  unico  detentore  dei relativi poteri:
limiti  temporali  che  riguardano  non  soltanto  l'emanazione di un
provvedimento normativo, ma anche la sua effettivita' cogente.
                  B) Eccesso di delega in relazione
                  alla diversa disciplina prevista
         per i lavoratori dipendenti dagli enti territoriali
    Le  nuove  norme  dovevano rispettare, tra i principi informatori
della  legge  8 agosto  1995, n. 335, in particolare quello delineato
con i commi 22 e 23 dell'art. 2, volto all'armonizzazione dei sistemi
(con  prevalenza  del  sistema  contributivo),  sia pure nel rispetto
delle singole peculiarita', flessibilita', etc.: l'esclusione operata
in  favore  dei "regionali, provinciali e comunali" addetti a servizi
di  pubblico  trasporto  in economia, in precedenza sempre esclusi da
generale  sistema  dei dipendenti "normali" (cosi' ancora nella legge
29 ottobre 1971 n. 889), contrasta evidentemente con tale finalita' e
non trova alcuna ragionevole spiegazione.
                  C) Eccesso di delega in relazione
                  alla previsione della permanenza
                dell'obbligo contributivo nonostante
                     la soppressione del fondo.
    La  "legge delega", inoltre, esigeva la soppressione, sostanziale
e  definitiva,  con  decorrenza  dal 1 gennaio 1996, del fondo per la
previdenza  del  personale addetto ai pubblici servizi di trasporto e
l'iscrizione  alla  a.g.o.  dei  lavoratori  di cui all'art. 4, primo
comma, della legge 29 ottobre 1971, n. 889, in servizio alla data del
31 novembre  1995,  ovvero  assunti  successivamente:  per contro, la
soppressione  sarebbe  stata  disposta  solo  dal  lato attivo (cioe'
quanto  alle  relative  prestazioni)  sopravvivendo, invece, dal lato
passivo  (come  gia'  piu'  sopra  esposto),  e  solo  in danno della
posizione  previdenziale  di  coloro  - ed esclusivamente di coloro -
che, come i ricorrenti, fossero iscritti al fondo, in servizio presso
enti   ed  organismi  operanti  nel  medesimo  settore  dei  pubblici
trasporti (ma non di comuni, province e regioni) da data anteriore al
10 gennaio   1996  e  pensionati  o  pensionandi  successivamente  al
31 dicembre 1995.
             D) Eccesso di delega per contrasto rispetto
            al principio, espresso nella legge di delega,
                  di mantenimento delle situazioni
                      favorevoli gia' maturate.
    Secondo   la   "legge   delega"  n. 549/1995,  la  necessita'  di
contraddistinguere  la  posizione  degli  ex  iscritti al sopprimendo
"fondo",  attraverso  il  mantenimento  di  una  "evidenza  contabile
separata"  nell'ambito  dell'a.g.o.  (c.d. "fondo pensioni lavoratori
dipendenti", gestito dall'I.N.P.S.) avrebbe dovuto avere, quale unico
significato  ed  obiettivo,  quello di garantire ai nuovi arrivati in
questo   generale   fondo   pensioni,  il  godimento  delle  medesime
prestazioni  godute  da coloro che vi erano gia' iscritti o che vi si
iscrivessero  in  futuro, e sulla base delle medesime norme e regole,
ma  senza che il nuovo assetto implicasse la perdita o l'attenuazione
di preesistenti situazioni o prospettive o aspettative.
    Cosi'  non e' stato, invece perche' i vecchi iscritti all'a.g.o.,
poi transitati nel soppresso "fondo speciale" e rispediti d'autorita'
alla  precedente  iscrizione,  debbono effettuare una scelta, gia' di
per  se'  non  facile  e  da  effettuarsi  entro brevissimi perentori
termini,  con  la prospettiva certa di dover comunque perdere qualche
non   indifferente   vantaggio,  gia'  legittimamente  accumulato  ed
onerosamente pagato.
                 E) Eccesso di delega per violazione
              del principio di solidarieta' reciproca,
           irrazionalita' della distinzione tra lavoratori
         ratione temporis per la diversa data di assunzione.
    La   delega   aveva   imposto   alcuni   precisi   limiti   nella
determinazione   dell'aliquota   contributiva  di  finanziamento.  In
particolare tale aliquota doveva tener presente quella in vigore alla
data  di  soppressione  del  predetto  fondo. Allo stesso tempo pero'
doveva anche rispondere ad esigenze di solidarieta' reciproca. Infine
-  nell'ambito  della  categoria  -  doveva  tutelare le peculiarita'
dell'attivita'  lavorativa  e  le  sue  imprescindibili  esigenze  di
flessibilita'.  Sul  punto "solidarieta'" i ricorrenti sostengono che
questo  principio,  garantito  sotto il profilo politico, economico e
sociale  dall'art. 2  della  Costituzione,  sarebbe stato attuato dal
legislatore  delegato in senso "unidirezionale": infatti, benche' nel
suo  stesso  concetto  sia  implicito principio della reciprocita' ed
anzi  del  criterio  del  maggior  bisogno,  nel  decreto delegato in
oggetto   si   sarebbe   realizzato  l'esatto  opposto,  prevedendosi
inammissibilmente una divisione tra i lavoratori tra chi paga di piu'
e  chi  paga  di  meno,  a  fronte  di  un  trattamento pensionistico
pressoche' identico.
    Inoltre,  a  detta dei ricorrenti, non si spiegherebbe affatto la
distinzione   tra   gli   stessi  appartenenti  al  medesimo  settore
lavorativo,   tra  loro  differenziati  solo  da  un  dato  temporale
incongruo,   illogico,   del  tutto  arbitrario  siccome  per  niente
significativo:  la  data  di assunzione, anteriore o posteriore al 31
dicembre 1995.
                 F) Eccesso di delega per violazione
              del criterio del pro-rata; ingiustificata
             compressione del trattamento di anzianita'.
    L'art. 3,  terzo  comma,  del  d.lgs. n. 414/1996 prevede che, in
caso di liquidazione delle prestazioni di cui al primo comma (esclusa
l'ipotesi   del   pensionamento   di  vecchiaia,  secondo  i  criteri
dell'a.g.o),    i   periodi   maturati   in   quest'ultima   gestione
anteriormente  al  10 gennaio 1996 non sono considerati utili ai fini
della  maturazione  del  diritto al trattamento pensionistico. Questo
diritto  verra'  riconosciuto  solo  se e quando si verificheranno le
condizioni  di  cui  al  successivo  quarto comma dello stesso art. 3
(raggiungimento  dell'eta'  per la pensione di vecchiaia). Ed invero,
il  quarto  comma  stabilisce  che  nei  casi  di  liquidazione delle
prestazioni  di  cui  al  terzo  comma (che, a parte alcune marginali
ipotesi,  riguarda  le pensioni di anzianita) i periodi di anzianita'
contributiva   maturati   nell'assicurazione   generale  obbligatoria
anteriormente  al  1  gennaio 1996 non sono considerati utili ai fini
della   maturazione   del  diritto  al  trattamento  pensionistico  e
l'importo  della  pensione  e'  determinato  dalla  quota di pensione
corrispondente  all'importo  relativo  alle  anzianita'  contributive
acquisite  nel  fondo di previdenza del personale addetto ai pubblici
servizi  di  trasporto anteriormente al 1 gennaio 1996, calcolato con
riferimento  alla  data  di  decorrenza  della  pensione  secondo  la
normativa  vigente  presso  il  soppresso fondo (che resta a tal fine
confermata  in  via  transitoria). Tale quota di pensione sarebbe poi
destinata  ad  essere  sommata  alla quota di pensione corrispondente
all'importo  del  trattamento  pensionistico relativo alle anzianita'
contributive acquisite presso il fondo pensioni lavoratori dipendenti
a decorrere dal 1 gennaio 1996, che dovrebbe essere calcolato secondo
le  norme  dell'assicurazione  generale obbligatoria per i lavoratori
dipendenti.
    In tali casi, tuttavia, i periodi di contribuzione, esistenti nel
fondo pensione lavoratori dipendenti anteriormente al 1 gennaio 1996,
nell'attualita' non danno luogo ad alcun trattamento pensionistico.
    Soltanto  al  compimento dell'eta' prevista per la corresponsione
del  trattamento  di  vecchiaia  secondo le norme in vigore tempo per
tempo  nel  Fondo  a.g.o.  anzidetto, i sopravvissuti avranno diritto
alla  riliquidazione  del  trattamento  pensionistico, da effettuarsi
sulla  base  della  retribuzione utilizzata per la liquidazione della
quota di pensione di cui al comma 2, lettera b), rivalutata secondo i
coefficienti di cui all'art. 3, comma quinto, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 503.
    Uniche  alternative  a  tale  ipotesi  sono rappresentate o dalla
rinunzia  ai  vantaggi  accumulati  presso il fondo, prolungando (chi
sara'   in  condizioni  di  farlo)  il  periodo  di  lavoro  sino  al
raggiungimento   della   pensione   di   vecchiaia,   ovvero   dalla.
possibilita' di chiedere ed ottenere un notevolmente riscatto oneroso
dei  precedenti periodi assicurati presso l'a.g.o., seguendo regole e
modalita'   particolarmente   sfavorevoli,   anche   in   termini  di
rateazione.  Risultato di cio' e' che colui il quale (come taluno tra
i  ricorrenti), abbia chiesto, anteriormente alle modifiche normative
in  esame,  di  riscattare oltre dieci anni di lavoro, avrebbe dovuto
versare circa lire settanta milioni, in poco piu' di cinque anni; non
avendo  potuto ottemperarvi, perde con esse, e definitivamente, tutti
i  benefici  acquisiti  presso  il  Fondo  speciale  ora "soppresso",
secondo  quanto  disposto  dall'art. 5, secondo comma, ultimo inciso,
della legge 7 febbraio 1979 n. 29.
    Ne'  costituisce  ragionevole  alternativa quella prospettata dal
decimo  comma  dell'art. 3,  che implica la totale rinunzia a tutti i
periodi  maturati, "precedentemente e successivamente", e per i quali
e'  gia' stato versato il corrispondente onere contributivo presso il
fondo  "soppresso":  tale  alternativa,  infatti,  da  un  lato  crea
evidenti  sperequazioni  tra  chi  e' stato solo per pochissimo tempo
iscritto  al  fondo,  rispetto a chi invece ne ha sostenuto per lungo
periodo  i  gravosi  oneri e, d'altro lato, utilizzando il meccanismo
delle    ricongiunzioni   precedentemente   richieste   e   poi   non
tempestivamente  accettate  ed  eseguite,  produce  evidenti  effetti
distorsivi,   a   tutto   danno   dei   lavoratori,  e  con  ingiusto
depauperamento di significativa parte della quota contributiva a loro
imputabile.  Si verifica cosi', per molti di loro, che dapprima vi e'
il   pagamento   di   maggiori   oneri   contributivi,   in   ragione
dell'iscrizione  al  "fondo",  e  di  poi,  a  seguito  dell'avvenuta
presentazione,  a  suo  tempo, di richieste di ricongiunzione cui non
appare  possibile  oggi  dare  corso,  per  il loro costo eccessivo e
concentrato  nel  tempo, ha luogo un meccanismo di implicita rinuncia
al  fondo,  con  conseguente  assimilazione  del relativo trattamento
pensionistico  a  quello  spettante  a coloro che sono stati sempre e
soltanto iscritti all'a.g.o., senza alcun contributo aggiuntivo.
    Tale   conclusione  determina  cosi'  l'evidente  violazione  del
vincolo,  posto dalla legge delega (art. 1, comma 10, lett. "C" della
ricordata  legge  n. 549/1995), al rispetto del criterio del pro-rata
per  la  determinazione  della  quota di pensione corrispondente alle
anzianita'   assicurative   acquisite   anteriormente  alla  data  di
soppressione del Fondo.
    La  legge  delega  appare,  inoltre,  violata  anche  in  ragione
dell'introduzione,  nel decreto delegato, di un "tetto" massimo (cfr.
art. 3,  quinto  comma, del d.lgs n. 414/1996 in esame), senza che vi
fosse  al  riguardo  un  esplicito  e specifico nella riscontro nella
legge delega.
           Violazione del principio di uguaglianza (art.3)
         e del diritto a prestazioni previdenziale (art. 38)
    La  nuova  normativa,  introdotta  dalla  legge  28 dicembre 1995
n. 549  e  dal  d.lgs.  29 giugno 1996, n. 414, darebbe origine ad un
grave  vizio  di disparita' di trattamento (gia' sopra a piu' riprese
delineato)  anzitutto  del tutto ingiustificato appare il trattamento
differenziato  riservato  in favore di alcune categorie di lavoratori
del settore, la cui unica differenza rispetto agli odierni ricorrenti
consiste nell'accidentale appartenenza dei primi a servizi gestiti da
enti  pubblici  territoriali  (comuni,  province  e regioni): l'unico
tratto  differenziatore  e'  costituito  dalla  natura  del datore di
lavoro,  identico essendo il servizio svolto; posto che la diversita'
del datore di lavoro e' elemento neutro ed in conferente con riguardo
alla disciplina del rapporto giuridico-previdenziale, incomprensibile
ne risulta la differenziazione adottata dal legislatore delegato.
    Altrettanto   priva   di   razionale  giustificazione  appare  la
distinzione  di  disciplina previdenziale in connessione alla data di
assunzione,  se  non  accompagnata dal rigoroso rispetto del criterio
del pro-rata: in tale prospettiva appare incomprensibile il deteriore
trattamento  riservato  al  lavoratore  assunto  il  29 dicembre 1995
rispetto a colui il quale sia stato invece assunto il 2 gennaio 1996.
L'unico  criterio  praticabile,  senza  violazione  del  principio di
uguaglianza,  sarebbe  stata  nella  distinzione  tra coloro che gia'
erano  iscritti al fondo e coloro che non vi sono mai stati iscritti,
con conservazione, per i primi, di tutti gli oneri, ma anche di tutti
i  vantaggi,  gia'  acquisiti  o  in  via  di  progressiva ed onerosa
acquisizione.
    I  suddetti  profili  -  di contrasto della legislazione delegata
sopra richiamata rispetto alla disciplina costituzionale appaiono non
manifestamente  infondati,  plausibili  apparendo i rilievi mossi dai
ricorrenti e piu' sopra richiamati.
    La rilevanza delle questioni introdotte appare indiscutibile, non
potendosi  dubitare  del  diritto  di ogni singolo lavoratore a veder
salvaguardata,  anche  durante  il  periodo  di  lavoro  e  prima del
conseguimento   del   diritto   a   pensione,  la  propria  posizione
previdenziale.
    Ne'  in  contrario  il fatto che ad essere onerato del versamento
contributivo  e'  il  datore  di  lavoro  e  non  il lavoratore: tale
considerazione,  infatti, rileva nella sola prospettiva della domanda
di  ripetizione,  in  relazione  alla  quale,  legittimato essendo il
solvens  e  non  altri,  difetterebbe senz'altro alcun interesse; non
cosi',  per  contro,  con  riguardo  all'azione di "manutenzione" del
trattamento  pregresso, previa declaratoria di incostituzionalita' in
parte   qua   della  disciplina  che  lo  ha  soppresso,  vuoi  nella
prospettiva piu' radicale del mantenimento di detto trattamento nella
sua  integrita', come contemplato nella legislazione previdente, vuoi
in  quella,  piu'  circoscritta,  del  mantenimento  del  trattamento
secondo  il  principio  del  pro-rata,  che,  tra  l'altro, era stato
testualmente previsto nella legge di delega.
    La considerazione che precede vale a maggior ragione per coloro i
quali  si  siano  gia'  visti  liquidare  una  pensione con i criteri
censurati,  nonostante il previo versamento di ingenti somme e titolo
di  contributo  aggiuntivo; con riguardo ad essi l'interesse e' nella
prospettiva  della  richiesta  di  riliquidazione della pensione, che
deve ritenersi implicita nella formulazione della domanda nei termini
sopra testualmente riportati.
    Non  differente  considerazione  merita la posizione di chi abbia
optato   per  la  ricongiunzione  senza  poi  darvi  attuazione,  per
l'ingente  importo  del  relativo onere, dovendosi considerare che la
richiesta  venne effettuata sotto il vigore di una disciplina che, in
virtu'  della vigenza del fondo, avrebbe garantito rendimenti elevati
un'aliquota  di  rendimento  pari al 2,50% contro il 2% massimo della
gestione  O.B.G.),  venuti  meno, retroattivamente, per effetto della
disciplina  sopravvenuta,  oggi  oggetto  di  contestazione,  il  che
giustifica,  anche  tenuto  conto  del  fatto  che  in allora non era
operante   l'istituto   della   totalizzazione,   il   diritto   alla
riconsiderazione della posizione contributiva, in tale prospettiva, a
prescindere  dalla ricongiunzione, che deve costituire una facolta' a
favore del soggetto, ma non un ingiustificate onere a suo carico.
    Il  fatto  che  l'art. 17  della  legge  finanziaria  1995 (legge
23 dicembre   1994  n. 724)  abbia  portato  al  2%  le  aliquote  di
rendimento   nell'assicurazione  generale  obbligatoria  non  esclude
interesse  all'azione  dei  ricorrenti,  posto  che  tale  estensione
riguarda  soltanto  i  regimi pensionistici sostitutivi, esclusivi ed
esenerativi, laddove la normativa oggetto di censura ha invece esteso
tale  riduzione  anche a coloro che a suo tempo avevano costituito ed
alimentato  il  "soppresso"  fondo  speciale, che non aveva carattere
sostitutivo od esclusivo, essendo alimentato da contributi aggiuntivi
rispetto a quelli ordinari, gia' corrisposti.
    La   legge   7   dicembre   1999,  n. 472,  all'art. 9  (portante
allineamento  delle  aliquote  contributive  per  i  dipendenti delle
aziende  esercenti  pubblici  servizi  di trasporto), ha testualmente
disposto quanto segue:
        1)   Per   l'anno  1999,  in  attesa  della  definizione  del
complessivo   assetto  dei  contributi  previdenziali  a  carico  dei
dipendenti  dalle  aziende esercenti pubblici servizi di trasporto di
cui  al  decreto  legislativo 29 giugno 1996, n. 414, con decreto del
Ministro  del  lavoro  e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
le  aliquote  contributive  a  carico  dei  predetti  dipendenti sono
ridotte  mediante  allineamento  a  quelle  medie dei discendenti del
settore industriale.
        2) L'importo   delle  complessive  minori  entrate  derivanti
dall'applicazione  del  comma 1 e' corrisposto all'INPS dal Ministero
dei  trasporti  e  della  navigazione  mediante  un  piano di rientro
commisurato ad un limite di impegno quindicennale di lire 10 miliardi
a  decorrere  dall'anno  2000,  che  costituisce il limite massimo di
spesa per l'attuazione del medesimo comma 1.
        3) All'onere  derivante dal presente articolo, pari a lire 10
miliardi  annue a decorrere dall'anno 2000, si provvede, per gli anni
2000 e 2001, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i
medesimi  anni  dello  stanziamento  iscritto,  ai  fini del bilancio
triennale  1999-2001, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di
parte  corrente  "Fondo  speciale"  dello  stato  di  previsione  del
Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica
per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento
relativo  al Ministero dei trasporti e della navigazione. Il Ministro
del   tesoro,  del  bilancio  e  della  programmazione  economica  e'
autorizzato   ad   apportare,   con  propri  decreti,  le  occorrenti
variazioni di bilancio.
        4)  Al  fine di sostenere il processo di liberalizzazione dei
servizi  di  pubblico trasporto, i contributi erariali a favore delle
regioni  e  degli  enti locali titolari di contratti di servizio sono
incrementati  di  un  ammontare parametrato al maggiore onere ad essi
derivante  dall'attuazione  dell'art.  19  del decreto legislativo 19
novembre   1997,   n. 422,   assicurando   comunque   la  neutralita'
finanziaria  per il bilancio dello Stato. Le procedure e le modalita'
per l'attuazione, del presente comma sono determinate con decreto del
Ministro  dell'interno,  di  concerto  con i Ministri del tesoro, dei
bilancio  e  della  programmazione  economica,  delle  finanze  e dei
trasporti e della navigazione, sentita la Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
        5)  All'onere  derivante  dal comma 4, valutato in lire 1.100
miliardi  in  ragione  d'anno  a  decorrere  dal  1999, e comunque da
rideterminare  ogni  anno  in  base  all'onere  effettivo  di  cui ai
medesimo  comma  4,  si  provvede  mediante  utilizzo  di quota delle
maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'art. 19 del decreto
legislativo 19 novembre 1997, n. 422.
    La  disciplina  sopravvenuta,  teste'  richiamata, se ha evidenti
riflessi  sull'ammontare dell'onere contributivo complessivo a carico
del datore di lavoro, non incide in alcun modo sulla situazione fatta
valere in giudizio dai ricorrenti con la domanda principale, la quale
unica  giustifica  la  rilevanza delle questioni di costituzionalita'
sopra   riportate   (non   essendo   i   lavoratori,  in  quanto  non
qualificabili come "solventes", legittimati all'azione di ripetizione
e  non  avendo  rilevanza  alcuna,  in  tale  prospettiva,  il  danno
economico  sofferto,  in  sede  di  contrattazione  collettiva, nella
determinazione dell'ammontare della retribuzione); quindi, essa nulla
aggiunge  e  nulla toglie alle considerazioni prima richiamate quanto
ad  interesse  ad agire e, quindi, quanto a rilevanza della questione
di costituzionalita' sollevata ai fini della decisione.
    Pertanto,  stante  la  rilevanza  e la non manifesta infondatezza
della  questione  di  costituzionalita' sollevata dai ricorrenti, nei
termini  sopra indicati, il presente giudizio - ai sensi dell'art. 23
legge  11  marzo  1953  n. 87 - deve essere sospeso, con trasmissione
degli   atti  alla  Corte  costituzionale,  notifica  della  presente
ordinanza  al  Presidente  del Consiglio dei ministri e comunicazione
della medesima ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.