IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Con ricorso depositato il 3 novembre 2000, Vito Tozzi chiedeva che, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 3 comma 2 della legge n. 414 del 30 dicembre 1991 in riferimento agli artt. 3, 4 comma 1, 35 comma 1 e 38 comma 2 Cost., nella parte in cui afferma la incompatibilita' della pensione di anzianita' con l'iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attivita' di lavoro dipendente o associato, fosse dichiarata la illegittimita' del rifiuto, opposto dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, di corrispondergli la pensione di anzianita' se non subordinatamente alla cancellazione dal registro dei Revisori Contabili e fosse, invece, accertato e dichiarato il suo diritto alla ridetta pensione, con condanna della convenuta alla relativa corresponsione, solo subordinatamente alla cancellazione dall'albo dei Ragioneri. Chiedeva, altresi', la condanna della convenuta al risarcimento dei danni conseguenti all'opposto diniego. Esponeva che, presentata domanda di pensione di anzianita' il 3 gennaio 2000 e ricevuta comunicazione che il trattamento, giacche' sussistevano i requisiti di contribuzione e di eta', avrebbe avuto decorrenza - ove fosse intervenuta la cancellazione dall'albo dei Ragionieri un mese prima - dal 1 febbraio 2001, con lettera in data 5 giugno 2000 aveva interrogato il consiglio di amministrazione della Cassa circa la possibilita' di mantenere l'iscrizione nel registro dei revisori contabili: con nota in data 28 luglio 2000 gli era stata comunicata la risposta negativa con la motivazione che, essendo l'attivita' di revisore contabile una attivita' di lavoro autonomo per il cui esercizio e' necessaria l'iscrizione in un apposito elenco assimilabile ad un albo professionale, trovava applicazione la previsione di cui all'art. 3 comma 2 legge n. 414/1991 e all'art. 50 del regolamento della Cassa. Osservava come la non manifesta infondatezza della questione dovesse essere ritenuta sulla base della sentenza n. 73/1992 con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima l'analoga disposizione contenuta nell'art. 3 comma 2 della legge 20 settembre 1980, n. 576 sulla previdenza forense. Resisteva la Cassa convenuta che si costituiva con memoria depositata il 5 ottobre 2001. Eccepiva l'incompetenza per territorio del giudice adito, competente essendo, ex art. 444 terzo comma c.p.c., il Tribunale di Roma, ove l'ente ha la propria (unica) sede. Sosteneva la inammissibilita' della sollevata questione per fictio litis oltre che per irrilevanza e, comunque, la sua manifesta infondatezza. Contestava il fondamento della pretesa risarcitoria. La causa era discussa e decisa all'udienza del 5 febbraio 2002. Tanto premesso, il giudicante osserva: l'eccezione di incompetenza per territorio non ha pregio: l'art. 444 primo comma c.p.c. considera la residenza dell'attore ai fini della individuazione del giudice competente per tutte le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie di cui all'art. 442 c.p.c., salvo riservare (col secondo comma) al giudice del luogo ove ha sede l'ufficio del porto di iscrizione della nave le controversie in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali degli addetti alla navigazione o alla pesca marittima e (col terzo comma) al giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'ente, le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi; la presente controversia, nella quale si discute del diritto di Vito Tozzi ad accedere alla pensione di anzianita', e' all'evidenza inclusa nella previsione del primo comma ne', per diversamente ritenere, giova la richiamata, da parte convenuta, sentenza della suprema Corte n. 5552/1993 nella quale si legge che l'art. 444 comma terzo c.p.c. deve applicarsi a tutte le controversie aventi ad oggetto obblighi contributivi gravanti non solo sui datori di lavoro e sui titolari di un rapporto di parasubordinazione, ma anche su tutti i soggetti tenuti al pagamento dei contributi previdenziali o assistenziale e, dunque, anche sui lavoratori autonomi; la difesa della Cassa osserva, sostenendo la inammissibilita' della sollevata questione di costituzionalita', che non v'e' stato un provvedimento di rigetto della domanda di pensione, essendosi l'ente limitato, come risulta dalla corrispondenza in atti, a precisare, al ricorrente che ne aveva fatto richiesta, i limiti e le condizioni, secondo la vigente disciplina normativa, per il conseguimento della pensione di anzianita', talche' la lite introdotta per sentir accertare il preteso diritto sarebbe meramente astratta, solo finalizzata a sollevare l'incidente e, dunque, con un petitum inammissibilmente coincidente con la proposizione della questione stessa; osserva, ancora, che l'art. 50 del regolamento di attuazione dello statuto della Cassa, espressione dell'autonomia normativa dell'ente previdenziale privato, stabilisce la stessa incompatibilita' dalla legge sancita', cosicche' la questione di incostituzionalita' della norma denunciata - non avendo il Tozzi domandato la declaratoria di illegittimita' derivata della norma statutaria ed essendo precluso, ex art. 414 c.p.c, un successivo ampliamento del thema decidendum - difetterebbe di rilevanza in causa; entrambi i rilievi non meritano condivisione; non il primo, atteso il petitum del presente giudizio, in termini di pronuncia di accertamento/condanna, e la diretta dipendenza dell'esito della lite dalla sorte della norma censurata; il pacifico orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale il petitum del giudizio nel corso del quale viene sollevata una questione di costituzionalita' non puo' risolversi nella proposizione della questione stessa, deve intendersi, come emerge dalla stessa pronuncia n. 127/1998 della Corte Cost. richiamata dalla difesa della Cassa, nel senso che la decisione della questione deve condizionare ma non esaurire l'oggetto del giudizio; in quella occasione, invero, la questione era stata sollevata nell'ambito di un procedimento possessorio ove la turbativa dedotta era identificata dal diniego della autorizzazione amministrativa (ad impiantare un frutteto) la cui richiesta era imposta dalla norma censurata: il travolgimento di questa non avrebbe lasciato spazio per ulteriori provvedimenti in quel giudizio, nulla frapponendosi a che il privato esercitasse la facolta'; non altrettanto e' a dirsi nella specie: che' l'accertamento del diritto e la condanna alla corrispondente prestazione passa attraverso, e non anche si identifica, nel travolgimento della norma denunciata; non il secondo, che' l'assunto, esplicitato all'udienza del 17 ottobre 2001, secondo cui la illegittimita' della norma regolamentare della Cassa deriverebbe dall'accoglimento della censura di incostituzionalita' della norma di legge, identifica, in realta', un argomento a sostegno della tesi, una mera difesa (non allegandosi fatti nuovi ampliativi del thema) che, come tale, non incontra le preclusioni poste dall'art. 414 c.p.c.; nel merito, il prospettato dubbio di costituzionalita' non appare manifestamente privo consistenza; l'art. 3, comma secondo, della legge 30 dicembre 1991 n. 414 stabilito - ed il disposto non e' coinvolto dalla censura - che la corresponsione della pensione di anzianita' (dei ragionieri e periti commerciali e' subordinata alla cancellazione dall'albo professionale, afferma, altresi', che la stessa "e' incompatibile con l'iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attivita' di lavoro dipendente o associato ; la norma impugnata consente, dunque, al titolare di pensione di anzianita' di svolgere una attivita' di lavoro autonomo per la quale non sia richiesta l'iscrizione ad un albo o elenco di lavoratori autonomi; data questa possibilita', appare irrazionale vietare altre attivita' solo perche' richiedono l'iscrizione ad un albo o ad un elenco (cosi' come, d'altro lato, neppure si comprende perche' l'attivita' come sopra consentita debba essere vietata se dedotta nell'ambito di contratto di lavoro subordinato o associato); oltre che col principio di razionalita' di cui all'art. 3 Cost., la norma denunciata appare altresi' contrastare col principio del diritto al lavoro di cui all'art. 4 primo comma, Cost. nella misura in cui pone al pensionato, in difetto di equiparazione della pensione di anzianita' alla pensione di vecchiaia una volta raggiunto il limite anagrafico per questa previsto, una limitazione alle possibilita' di lavoro per tutto il resto della vita;