IL TRIBUNALE Sull'istanza avanzata nel corso dell'udienza del 3 dicembre 2001 dalle difese di tutti gli imputati di ripetizione dell'esame dei testimoni a seguito della rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del collegio e sulla eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 511, comma secondo, in relazione agli articoli 3 e 111 della Costituzione, sollevata dal pubblico ministero; O s s e r v a Svolgimento del processo. - A seguito di decreto che dispone il giudizio del g.u.p. presso il Tribunale di Trani, venivano tratti a giudizio davanti a questa sezione del Tribunale di Trani gli imputati Quercia Alessio, Matera Francesco, Torchetti Donato, Choonka Romatolla, Di Filippo Giacomo, Volpe Pasquale e Maisto Pietro chiamati a rispondere dei reati di associazione per delinquere e dei reati fine di falsita' documentali di cui agli articoli 459 e 453 codice penale, tutti commessi fino all'anno 1996. Dopo l'apertura del dibattimento, si dava luogo ad una complessa ed articolata fase istruttoria mediante l'audizione di numerosi testimoni che impegnavano molteplici udienze e determinavano la prosecuzione del giudizio per piu' anni. Dichiarata chiusa l'istruzione dibattimentale e indicati gli atti utilizzabili, nel corso della discussione orale interveniva la dichiarazione di astensione da parte di uno dei magistrati componenti il collegio davanti al quale erano state raccolte le prove. Il Presidente del Tribunale, con provvedimento dell'11 ottobre 2001, riconosceva la fondatezza della ragione di astensione menzionata ed autorizzava il componente del collegio richiedente ad astenersi senza indicare espressamente quali atti del processo mantenessero efficacia. L'odierno collegio, diversamente composto, procedeva alla rinnovazione del dibattimento e le difese richiedevano la ripetizione dell'esame di tutti i testi, di accusa e di difesa ai sensi dell'art. 525, comma II, c.p.p. A questo punto il pubblico ministero sollevava eccezione di illegittimita' costituzionale, rilevando il contrasto fra gli articoli 511, comma secondo, c.p.p., cosi' come interpretato dalla Corte di cassazione a sezioni unite (sent. 15 gennaio 1999 n. 1, Iannasso) e gli articoli 3 e 111 della Costituzione. Segnalava il pubblico ministero che la ripetizione di un esame dibattimentale svoltosi nel pieno rispetto del principio del contraddittorio davanti ad un giudice terzo, prolungando immotivatamente il giudizio, contrasterebbe insanabilmente con il principio della ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111 Cost. Inoltre, la ipotesi di rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento della composizione dell'organo giudicante e darebbe luogo ad una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla disciplina di casi similari, di cui agli articoli 33-nonies c.p.p., come introdotto dal decreto legislativo n. 51/1998, e 190-bis c.p.p., come novellato dalla legge n. 63 del 2001. Le difese chiedevano dichiararsi la manifesta infondatezza della questione, non ravvisando alcuna violazione di principi costituzionali. 1. - Della non manifesta infondatezza. Rileva il collegio che effettivamente sussiste una disparita' di trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, fra il principio di cui gli artt. 511, comma secondo, 525 e 526 c.p.p., concernente la necessita' di ripetere, anche a richiesta di una sola delle parti, l'esame di coloro che abbiano gia' reso deposizioni testimoniali in dibattimento, sebbene davanti ad un diverso collegio, rispetto alla diversa regolamentazione stabilita dall'art. 190-bis, come novellato dall'art. 3 della legge n. 63 del 2001, per i procedimenti relativi ai delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, nonche' a quelli di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies c.p. se l'esame richiesto riguarda un testimone minore degli anni sedici. La siffatta disparita' di trattamento appare ingiustificata ed irragionevole anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, recentemente sancito dall'art. 111 della Costituzione. La sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite n. 1 del 15 gennaio 1999, ha applicato alla fattispecie della rinnovazione del dibattimento per mutamento della persona fisica del giudice i principi espressi dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 17 del 3 febbraio 1994 e n. 99 del 3 aprile 1996. E' proprio l'art. 511, comma secondo, c.p.p., che viene considerato dalla Cassazione a sezioni unite, il parametro per l'utilizzabilita', ai sensi dell'art. 526 c.p.p., dei verbali di dichiarazioni precedentemente rese, davanti ad un diverso giudicante, da testimoni o da imputati in procedimenti connessi, purche' sia garantito, a richiesta di parte e senza alcun vaglio del giudice, il diritto alla automatica ripetizione della prova. La citata sentenza Iannasso ha interpretato i principi di cui agli artt. 525, 526 e 511, comma II, c.p.p. nel senso che: se nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice anche solo una delle parti faccia richiesta di un nuovo esame del dichiarante gia' sentito e' indispensabile dare nuovo ascolto al teste e, di contro, la eventuale mera lettura, d'ufficio, delle relative dichiarazioni violerebbe le norme degli artt. 511 e 514 c.p.p., determinandone l'inutilizzabilita'; se, al contrario, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice puo' disporre d'ufficio la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti ed inserite legittimamente nel fascicolo per il dibattimento, dichiarazioni che sono trattate alla stessa stregua di quelle rese nell'incidente probatorio. Il principio secondo il quale, in assenza di richiesta di nuova audizione dei testimoni gia' sentiti davanti ad un diverso collegio/giudice, e' consentito darsi lettura, d'ufficio, alle precedenti dichiarazioni rese non confligge affatto con alcun dettame costituzionale. La precedente audizione dei dichiaranti, infatti, e' avvenuta davanti ad un giudice terzo ed imparziale, nel rispetto dei principi della oralita' e del contraddittorio, cosi' come espresso dall'art. 111 della Costituzione. Ebbene, la interpretazione degli articoli 525, 526 e 511, comma secondo, c.p.p. esposta, sebbene in linea con il sistema vigente anteriormente alla legge 1 marzo 2001 n. 63, di modifica dell'articolo 190-bis del codice di procedura penale, allo stato, appare minata da una irragionevole disparita' di trattamento. Infatti, nell'identica ipotesi di dichiaranti che abbiano gia' reso deposizioni in dibattimento, davanti ad un giudice terzo, nel rispetto del principio del contraddittorio, il legislatore, attualmente, disciplina in maniera differente il diritto delle parti alla ripetizione dell'esame, ingiustificatamente limitandolo solo nei processi di criminalita' organizzata di stampo mafioso (ossia quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis) ed in quelli previsti dall'art. 190 commi I bis c.p.p. L'art. 3 della legge 1 marzo 2001 n. 63 ha modificato la precedente formulazione dell'art. 190-bis c.p.p., stabilendo che "nei procedimenti per taluno dei delitti indicati dall'art. 51, comma 3-bis, quando e' richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'art. 210 e queste hanno gia' reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'art. 238 c.p.p., l'esame e' ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze"1'. I principi che ispiravano la vecchia formulazione dell'art. 190-bis stabilivano una sorta di eccezione alla regola del diritto alla prova per determinati processi in tema di criminalita' organizzata nei quali risultava indispensabile preservare la fonte di prova da una sorta di "usura del teste" conseguente alla necessita' di ripetere nei vari dibattimenti l'esame del dichiarante. A seguito della riforma dell'art. 111. Cost., con l'affermazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova, l'art. 190-bis c.p.p., novellato, assume una portata diversa nel senso che lo stesso, da un canto, limita il diritto alla ripetizione della prova orale in tutti i casi in cui essa sia stata gia' espletata nel rispetto del principio del contraddittorio delle parti interessate (in tal senso il richiamo alle dichiarazioni rese "in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate") e, dall'altro canto, comprime il potere discrezionale del giudice in ordine all'ammissione dell'esame. Sicche', alla luce della riforma dell'art. 111 Costituzione, la novella dell'articolo 190-bis c.p.p., con la limitazione del potere discrezionale del giudice in ordine all'ammissione dell'esame e con la piu' ampia applicazione del principio di non dispersione dei mezzi di prova, efficacemente contempera il diritto della parte alla formazione della prova davanti al giudice chiamato a decidere con l'esigenza di tutela del valore costituzionale della ragionevole durata del processo (ormai cardine del sistema del giusto processo) e del principio della conservazione dei mezzi di prova gia' raccolti in contraddittorio, ripetutamente richiamato dalla Corte costituzionale.2' Non vi e', dunque, piu' alcuna ragionevole spiegazione della disparita' di disciplina tra i procedimenti in tema di criminalita' organizzata di stampo mafioso e gli altri nei quali ricorra la necessita' della rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento della composizione dell'organo giudicante. Appare, pertanto, indubbio che il legislatore, nel dettare la modifica all'art. 190-bis c.p.p. non abbia tenuto in conto la ipotesi della rinnovazione del dibattimento per mutamento della persona fisica del giudicante ed il relativo regime delle letture. Ciononostante, osserva questo collegio che il regime disciplinato dal menzionato articolo concerne una fattispecie del tutto assimilabile a quella che si viene a creare a seguito della rinnovazione del dibattimento per le ragioni indicate. Infatti in entrambi i casi, i testimoni o gli imputati in procedimenti connessi hanno gia' reso dichiarazioni in dibattimento in contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni verranno utilizzate. Nonostante la identita' della situazione di fondo, la disparita' di trattamento fra i procedimenti per criminalita' organizzata, da un lato, e, dall'altro, tutti gli altri nelle ipotesi di mutamento del collegio per diversa composizione dello stesso risiede nel fatto che, nel primo caso, la possibilita' di farsi luogo nuovamente all'esame del dichiarante e' sottoposta a tutte le limitazioni indicate dall'art. 190-bis c.p.p. mentre, nelle ipotesi di rinnovazione del dibattimento, la decisione in ordine alla ripetizione dell'esame e' rimessa all'arbitrio della parte. Eppure, come si e' detto, nei due casi il presupposto di fatto e' identico: la previa assunzione di una prova davanti ad un giudice terzo nel contraddittorio delle parti. Risulta evidente, dunque, la violazione dell'art. 3 della Costituzione, cosi' come interpretato, costantemente, dalla stessa Corte costituzionale secondo la quale esso va inteso nel senso che la legge deve trattare in modo eguale situazioni uguali ed in modo diverso situazioni diverse, sempre che in contrario non ricorrano logiche e razionali giustificazioni, stante il limite della ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare una disparita' di trattamento fra i cittadini.3' Ne' puo' invocarsi il criterio della ragionevolezza per il fatto che la disciplina di cui all'art. 190-bis sia dettata per i soli procedimenti di criminalita' organizzata poiche' proprio per i delitti di criminalita' organizzata di stampo mafioso, che con maggiore incisivita' intaccano la liberta' dei relativi imputati, non si giustifica quella compressione del diritto alla prova di cui all'art. 190-bis c.p.p. rispetto al regime ordinario. ---- 1' Le modifiche introdotte dalla legge n. 63 del 2001 sono indicate in grassetto. 2' Cfr. Corte cost. 3 giugno 1992 n. 255 in Foro it. 1992 parte I, 2012; Corte cost. 24 febbraio 1995 n. 60 in Foro it. 1995 parte I, 2651. 3' Cfr. in tal senso la sentenza n. 217 del 1972 della Corte cost.; la sent. n. 62 del 1972 e la sent. 200 del 1972. Non appare, dunque, ragionevole al Tribunale che in caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della persona fisica del giudice il diritto alla ripetizione della prova non sia assoggettato alle stesse limitazioni di cui all'art. 190-bis c.p.p. Peraltro, alla luce del principio della ragionevole durata del processo stabilito dall'art. 111 della Costituzione, si impone una lettura degli artt. 525, 526 e 511, comma secondo, c.p.p. che contingenti l'arbitrio delle parti alla ripetizione delle prove. L'unica interpretazione orientata al rispetto dei principi imposti dagli artt. 3 e 111 della Costituzione, dunque, in tema di diritto delle parti alla ripetizione della prova gia' assunta davanti ad un collegio diverso, a seguito della rinnovazione del dibattimento, e' quella di estendere a tale ipotesi la disciplina di cui al vigente art. 190-bis c.p.p. La ripetizione indiscriminata della prova orale, gia' assunta davanti ad un giudice terzo nel rispetto del pieno contraddittorio, quando non rispecchi alcuna reale esigenza di salvaguardia dei diritti delle parti alla partecipazione e alla formazione della prova si risolve in una ingiustificata dilatazione dei tempi del dibattimento e, quindi, in una sostanziale violazione del principio di ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111 Costituzione. Del resto lo stesso principio di immutabilita' del giudice, comunque fatto salvo dalla disciplina della limitata ripetizione dell'esame prevista dall'art. 190-bis c.p.p., va coordinato e contemperato con i nuovi principi espressi dal legislatore costituzionale. 2. - Della rilevanza. Preliminarmente va segnalato che, nel caso di specie, il Presidente del Tribunale, nell'accogliere la dichiarazione di astensione, nulla ha disposto sulla conservazione di efficacia degli atti e che questo collegio ha dovuto "rinnovare" il dibattimento. Pertanto, stante la richiesta di nuovo esame dei numerosissimi testi gia' sentiti dal collegio nella precedente composizione, che comporterebbe la presumibile scadenza dei termini di prescrizione dei reati, risulta di tutta evidenza la rilevanza della questione proposta ai fini della decisione del giudizio a quo.