IL TRIBUNALE All'udienza dibattimentale del 25 gennaio 2001 ha pronunciato la seguente ordinanza. In data 29 maggio 1999, il g.i.p. del Tribunale di Avellino, su richiesta del p.m. - sede, in data 25 maggio 1999, pronunciava decreto penale di condanna nei confronti di Colucci Giuseppe in relazione al reato di furto aggravato ex att. 624 e 625, comma 7 c.p. In data 19 giugno 1999 l'imputato proponeva opposizione con atto tempestivamente depositato nella cancelleria del g.i.p., il quale, successivamente, in data 4 marzo 2000, emetteva decreto di citazione a giudizio. Dopo alcuni rinvii per rimessione del processo al giudice togato (ud. 2 giugno 2000) e per assenza dei testi di lista (ud. 26 gennaio 2001), all'odierna udienza del 25 gennaio 2002, dopo la costituzione delle parti, il difensore ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 459 ss. c.p.p. in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione sotto il profilo della ritenuta lesione del diritto di difesa dell'imputato, derivante, in sostanza, dall'emissione del decreto penale di condanna in assenza di qualsiasi contraddittorio con la difesa, che, se sentita, avrebbe potuto contribuire ad orientare le determinazioni del giudicante. Ritiene questo giudice che le argomentazioni difensive siano condivisibili, giacche' e' innegabile che la fase processuale conseguente alla richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna si svolga, innanzi al g.i.p., nell'attuale assetto normativo, in assenza di ogni forma di contraddittorio e senza possibilita' alcuna, per la difesa, di interloquire sulla richiesta avanzata dall'accusa. Tale situazione processuale, se poteva conciliarsi con il sistema normativo anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale sul giusto processo, appare, invece, in evidente distonia con i principi di diritto da ultimo introdotti, che impongono una revisione degli orientamenti giurisprudenziali precedenti, stratificatisi in un contesto normativo e culturale ben diverso da quello attuale. In particolare, e' indubbio che tutte le recenti riforme legislative (giusto processo, difesa d'ufficio, patrocinio a spese dello Stato, indagini difensive ...) siano orientate nel senso di garantire l'effettivita' del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento penale, mirando ad assicurare il pieno contraddittorio e la posizione di parita' delle parti sin dalla fase delle indagini preliminari e non solo nella fase processuale vera e propria. Cio' si desume chiaramente dall'art. 111 della Costituzione, il quale, benche' parli espressamente soltanto di "processo", ha senz'altro inteso garantire i principi appena accennati in ogni fase del procedimento, come emerge dal contenuto del terzo comma del citato articolo che attiene anche alle indagini preliminari. In ogni caso, anche se si volesse dissentire da tale interpretazione, non c'e' dubbio che la richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna, integrando una delle possibili forme di esercizio dell'azione penale (cfr. art. 405 c.p.p.), determini il sorgere della fase processuale in senso proprio con assunzione, da parte dell'indagato, della qualita' di imputato. In tale fase processuale quelle garanzie di contraddittorio e parita' delle parti di cui e' menzione nel secondo comma del citato art. 111 della Costituzione, per il quale "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale", non sono affatto assicurate in quanto l'art. 459 c.p.p. consente al g.i.p. l'emissione del decreto penale di condanna sulla base della sola richiesta del p.m. e senza alcuna possibilita', da parte della difesa, di esporre le proprie ragioni. Eppure il g.i.p., in detta fase del procedimento per decreto, conserva pieni poteri, che non si limitano alla verifica della sussistenza dei presupposti formali per l'accesso al rito alternativo, ma si estendono anche al merito, salvo l'obbligo, in caso di accoglimento, di rispettare la pena richiesta dal p.m. In particolare, il decidente potra' prosciogliere avvalendosi del potere conferitogli dall'art. 129 c.p.p. laddove ravvisi una delle ipotesi ivi previste, ovvero restituire gli atti al p.m. laddove, ad esempio, ritenga integrata un'ipotesi di reato diversa da quella contestata o il reato risulti prescritto o amnistiato (Corte cost. n. 580/1990). Se cosi' e', appare evidente che la mancanza di contraddittorio, finisce con il menomare il diritto di difesa, in quanto la decisione del g.i.p. - che potrebbe anche comportare il proscioglimento dell'imputato - viene presa senza alcuna considerazione delle eventuali ragioni di quest'ultimo, impossibilitato ad esprimerle nella fase iniziale dell'attuale procedimento per decreto, nel quale non e' neppure prevista, per costante orientamento della giurisprudenza, la notifica all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Ne' varrebbe obiettare, a parere di chi scrive, che anche nel rito alternativo de quo e' previsto un contraddittorio, sia pure eventuale e differito giacche' conseguente all'esercizio del diritto di opposizione da parte dell'imputato. E', invero, innegabile che l'esercizio di tale diritto di opposizione mentre, da un lato, impedisce l'esecutivita' del decreto penale di condanna, dall'altro, e' destinato (senza alternativa) a dare ingresso al "giudizio" nelle sue varie forme giudizio immediato, giudizio abbreviato o patteggiamento -, secondo le scelte processuali manifestate dall'opponente. E' chiaro, invece, che laddove alla difesa venisse data la possibilita' di interloquire gia' dopo la richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna, la stessa potrebbe anche, astrattamente, ottenere un proscioglimento anticipato da parte del g.i.p., senza dover subire l'instaurazione del "giudizio". Ebbene, se e' vero che un contraddittorio pieno, alla presenza delle parti, convocate dal g.i.p. in un'apposita udienza dopo la richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna mal si concilierebbe con le peculiarita' del rito alternativo che ci occupa, inteso alla rapida definizione dei procedimenti concernenti reati "minori", e' anche vero che un contraddittorio meramente cartolare, realizzabile mediante la concessione di un breve termine per la presentazione di memorie da parte della difesa, potrebbe adeguatamente bilanciare i diversi interessi in gioco. Non occorre spendere molte parole in ordine alla rilevanza della questione nel presente procedimento, giacche' il relativo accoglimento comporterebbe la nullita' di ordine generale del decreto penale di condanna opposto, emesso inaudita altera parte e la conseguente regressione del procedimento