IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Letta l'istanza di archiviazione presentata dal P.M. in relazione
al  procedimento  a  carico  di Asseliti Eligio e Asseliti Salvatore,
indagati ex art. 110 e 629 c.p;
    Letta l'istanza di sollecitazione alla remissione degli atti alla
Corte costituzionale perche' dichiari l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 268, terzo comma del c.p.p. in relazione all'art. 77/1 e 76
della Costituzione sotto il profilo dell'eccesso di delega;
    Letti gli atti;
    Letti gli artt. 127 c.p.p. e 24 e 76 della Costituzione;
    Rilevato  nel  corso  di  indagini  volte alla individuazione dei
resposabili  di  attivita'  di  estorsione,  venivano  eseguite delle
intercettazioni  di  conversazioni  fra presenti, che consentivano di
acquisire  elementi  decisi  sia in ordine alla sussistenza del reato
sia in ordine alla individuazione dei responsabili.
    Dette intercettazioni non venivano effettuate presso gli impianti
in  possesso  della  Procura  della Repubblica (per la impossibilita'
tecnica  di  farlo)  ma  senza  che  vi  fosse il decreto motivato di
autorizzazione  all'utilizzo  di  impianti esterni da parte del p.m.,
cosi'  come  espressamente  richiesto  dall'art. 268, terzo comma del
c.p.p.  Sicche' il p.m., prendendo atto dell'indirizzo espresso dalla
Corte   di  cassazione  con  lac.d.  sentenza  Policastro,  ritenendo
l'inutilizzabilita'  di dette intercettazioni, e data l'essenzialita'
delle  stesse  nell'ambito  dell'indagine  e  nella  composizione del
quadro probatorio, richiedeva l'archiviazione del procedimento.
    In  via preliminare va osservato che la soluzione della questione
di  costituzionalita'  sollevata  appare  decisiva  per  la decisione
richiesta  a  questo  giudice,  posto  che,  potendosi  utilizzare le
interceltazioni,  il  quadro  indiziario  di  colpevolezza diverrebbe
consistente  al  punto da giustificare l'esercizio dell'azione penale
(basta a tal fine leggere il testo delle intercettazioni).
    In  punto  di  non  manifesta  infondattezza della questione vale
sottolineare   quanto   segue.   In  relazione  all'esecuzione  delle
operazioni  di  intercettazione,  la  giurisprudenza  si  e' occupata
ripetutamente  della  questione  legata  alla  identificazione  degli
impianti  a  mezzo  dei  quali  possono  e debbono essere compiute le
intercettazioni.
    La  questione  si  e'  posta in particolar modo in relazione alle
intercettazioni  tra  presenti,  ed  alla motivazione del decreto del
pubblico  ministero  con  il  quale  si  dispone  il compimento delle
operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla
polizia   giudiziaria,   quando  gli  impianti  della  procura  della
Repubblica  siano  insufficienti  o  inidonei ed esistano eccezionali
ragioni  di urgenza. La costante piu' che dominante giurisprudenza di
legittimita'  aveva  ritenuto  che  il principio in base al quale, di
regola,  le operazioni di intercettazione devono essere svolte presso
la   Procura   della   Repubblica   fosse   applicabile   solo   alle
intercettazioni telefoniche.
    Al   contrario   per  le  intercettazioni  di  conversazioni  tra
presenti,  invece,  doveva  ritenersi consentita, senza necessita' di
specifica  motivazione, l'utilizzazione di impianti in dotazione alla
polizia   giudiziaria,   in   quanto   le  operazioni  di  ascolto  e
registrazione  di tali conversazioni sarebbero tecnicamente possibili
soltanto   con   apparecchi  vicini  a  quelli  di  captazione  delle
conversazioni,  e  quindi  non  potrebbero  essere effettuate con gli
impianti  installati  nella  procura  della  Repubblica:  in  tema di
intercettazioni,  il  principio  in  base  al  quale,  di  regola, le
operazioni  devono  essere  svolte presso la procura della Repubblica
(principio  al  quale si puo' derogare solo in casi particolari e con
provvedimento  sorretto  da adeguata motivazione) e' applicabile solo
alle   intercettazioni   telefoniche;   per  le  intercettazioni  tra
presenti,  viceversa,  deve  ritenersi  ordinaria la utilizzazione di
impianti   in   dotazione   alla   polizia   giudiziaria.  Invero  le
intercettazioni   ambientali   sono  condizionate  dalle  particolari
tecnologie,  idonee  a  captare  il  flusso delle comunicazioni e non
possono,  in genere, essere effettuate nei posti di ascolto esistenti
presso  le  procure (Cass. pen., sez. V, 24 settembre 1998, n. 10076;
In   tema  di  intercettazione  di  conversazioni  tra  presenti,  e'
legittima l'autorizzazione all'utilizzo di impianti in dotazione alla
polizia  giudiziaria,  stanti gli insormontabili ostacoli tecnici che
impediscono  un  utile  impiego  degli  impianti installati presso la
procura   della   Repubblica,   il   cui   normale  uso  e'  previsto
dall'art. 268  comma 3 c.p.p., con disposizione palesemente concepita
per  le intercettazioni telefoniche e non adattabile alle particolari
esigenze di quelle ambientali (Cass. pen., sez. VI, 16 dicembre 1997,
n. 5156).
    Piu' recentemente, pero', la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite
ha  affermato,  da un canto, la necessita' del provvedimento motivato
del  pubblico  ministero  sulla  insufficienza  o  inidoneita'  degli
impianti installati presso la Procura della Repubblica anche nei casi
di  intercettazioni  tra presenti e, dall'altro, la necessita' di una
previa  valutazione  dell'urgenza anche nel caso di inidoneita' degli
impianti,  oltre  che  in  quello  di  insufficienza (Cass. sez. un.,
31 ottobre 2001, Policastro).
    Secondo  questo  orientamento  giurispridenziale consacrato dalle
SSUU  anche  in  relazione alle intercettazioni cosiddette ambientali
e', dunque, necessario il decreto motivato del pubblico ministero che
autorizzi l'uso di impianti esterni a quelli in dotazione agli uffici
giudiziari,  e  cio' sulla base della lettura sistematica dell'intera
normativa  dettata  sulle  intercettazioni telefoniche, "in quanto il
comma   2  dell'art. 266  cod.  proc.  pen. esplicitamente  parla  di
comunicazioni  tra  presenti,  assimilandole  ai fini considerati, in
tutto  e  per  tutto,  a  quelle  telefoniche  e  alle altre forme di
telecomunicazione;  sicche'  non  vi  e'  alcuna  valida  ragione  di
ritenere  che  il  successivo  art. 268  cd.  proc. pen., dettando le
regole per l'esecuzione delle operazioni, senza statuizioni di sorta,
abbia  escluso  dalla rigorosa disciplina imposta le comunicazioni di
un  certo  tipo,  aprendo  un  vulnus  del tutto ingiustificato nella
tutela del diritto garantito dall'art. 15 della Costituzione".
    La  chiara  formulazione  letterale  della  norma  non  consente,
secondo l'interpretazione delle SSUU, distinzioni di sorta fra le due
tipologie  di intercettazione (telefoniche e ambientali) e cio' anche
perche'  alla  luce  delle  moderne  evoluzioni  della tecnologia che
rendono  possibile  il  compimento delle intercettazioni ambientali a
distanza  (si  pensi  all'ipotesi,  frequente,  di  captazione  delle
conversazioni  con  un  sistema  il cui funzionamento e' tecnicamente
equiparabile  a quello di un telefono cellulare, le cui conversazioni
possono  essere ricevute anche a migliaia di chilometri di distanza),
non  vi sarebbe piu' nemmeno quella giustificazione pratica che aveva
ispirato la precedente giurisprudenza di legittimita'.
    Peraltro,   nell'ambito   del   piu'   recente  e  piu'  rigoroso
orientamento della giurisprudenza di legittimita', devono annoverarsi
due  importanti  affermazioni,  contenute in quelle decisioni, che ne
realizzano una sorta di temperamento.
    Da  un  lato,  infatti,  si  e'  ritenuta  la possibilita' per il
pubblico   ministero   di   dar   conto   delle   ragioni   per   cui
l'intercettazione  non sia stata eseguita con gli impianti installati
in    procura    in    un   provvedimento   integrativo,   successivo
all'effettuazione  delle  operazioni,  ma anteriore all'utilizzazione
dei  risultati  delle intercettazioni, in modo da consentire comunque
il  controllo  da  parte del giudice (cosi Cass. sez. IV, 17 novembre
1999,   Arizi).   Dall'altro,  le  sezioni  unite  della  Cassazione,
richiamata  la  legittimita'  della  motivazione  per relationem (nei
termini  riconosciuti  con  la  sentenza  delle stesse sezioni unite,
21 giugno   2000,  Primavera,  sopra  menzionata),  ne  hanno  esteso
l'ammissibilita'   anche  ai  fini  dell'assolvimento  da  parte  del
pubblico    ministero    dell'obbligo    di   motivazione   stabilito
dall'art. 268  comma  3  cod.  proc.  pen.,  ritenendolo  soddisfatto
quando,  dalla  lettura  del  provvedimento  del  pubblico ministero,
integrato  dall'esame  degli atti nonche' dalla sequenza temporale di
essi,  si  possa  dedurre l'iter cognitivo e valutativo seguito dallo
stesso   pubblico   ministero   nel   disporre,  in  via  derogativa,
l'esecuzione  delle  operazioni  di intercettazione mediante impianti
esterni   alla  procura  (cosi'  Cass.  sez.  un.,  31 ottobre  2001,
Policastro ed altri).
    Senonche'  la  delega  legislativa  rilasciata  dal Parlamento al
Governo  per  l'emanazione  del  codice  di  procedura  penale, ed in
particolare  la  direttiva 41 in tema di intercettazioni prescriveva,
alla  lett. d), che il Legislatore delegato individuasse gli impianti
presso  cui  le  intercettazioni  potevano essere effettuate solo con
riferimento   a   quelle  telefoniche;  sicche'  in  nessun  caso  il
legislatore  delegato  avrebbe  potuto prevedere modalita' specifiche
per  le  intercettazioni di conversazioni non telefoniche (e, quindi,
anche  quelle tra presenti), sanzionando per la violazione di esse la
inutilizzabilita' dei risultati. Cio' facendo si e' posto fuori dalla
previsione  della  delega,  viziando  la disposizione in esame, cosi'
come  vivente  nell'interpretazione della Suprema Corte, illeggittima
per violazione della delega legislativa.