Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della Regione Sardegna, in persona del suo Presidente della giunta, avverso gli articoli 3 e 4 della legge regionale 8 luglio 2002 n. 11, intitolata "Norme varie in materia di personale regionale e modifiche alla legge reg. 13 novembre 1998 n. 31", pubblicata nel Boll. Uff. n. 21 del 19 luglio 2002. La determinazione di proposizione del ricorso e' stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 6 settembre 2002 (si depositera' estratto del relativo verbale). Codesta Corte ha piu' volte (da ultimo nelle sentenze n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002) insegnato che contrastano con gli articoli 3 comma primo e 97 commi primo e terzo Cost. le disposizioni legislative le quali - mediante riserve di posti od altrimenti - in concreto escludano o gravemente limitino l'effettivita' della regola del concorso "aperto" ad esterni per l'accesso agli impieghi nelle amministrazioni pubbliche. Le procedure concorsuali, quando non distorte e non marginalizzate, rispondono anzitutto a due valori costituzionali: da un lato, esse assicurano la parita' di trattamento e l'eguaglianza tra piu' soggetti aspiranti ad un provvedimento lato sensu concessorio; e d'altro lato, esse perseguono "il canone dell'efficienza dell'amministrazione" (cosi' la sentenza n. 194 del 2002) e piu' in generale imparzialita' e buon andamento. Le procedure concorsuali per l'accesso agli impieghi parrebbero species dell'ampio genus delle gare per la "scelta dei contraenti" con amministrazioni pubbliche (in prospettiva potrebbe aversi, all'interno del genus predetto, una ancor maggiore osmosi di regole e principi); per di piu', esse contribuiscono a realizzare l'obiettivo della imparzialita' dei pubblici uffici indicato dall'art. 97, comma primo, Cost. L'art. 3 della legge in esame prevede l'immissione nei "ruoli organici": dei soggetti addetti a lavori socialmente utili operanti alla data del 23 luglio 2002 presso l'amministrazione e gli enti regionali (comma 1); di dipendenti assunti a termine od a tempo determinato ed in servizio alla anzidetta data (comma 2). Questi inquadramenti dovrebbero avvenire "nei limiti dei posti che risulteranno vacanti a conclusione delle selezioni interne previste dall'art. 2", ossia su quel 50% dei posti vacanti per il quale dovrebbero bandirsi concorsi non riservati. Con il che - tra l'altro - si assicurerebbe ai beneficiari della "progressione verticale" mediante "selezioni interne", anche l'ulteriore vantaggio di un blocco dei concorsi (e quindi di non avere in anni futuri l'effettiva concorrenza di elementi giovani provenienti da concorsi "aperti"). Una riduzione del numero degli addetti ai lavori socialmente utili potrebbe costituire un obiettivo da considerare. Tale riduzione non puo' pero' essere perseguita, oltre che in modo casuale (ne beneficiano coloro che si trovano ad operare per la regione), a scapito dell'effettivita' dei menzionati paramenti costituzionali; del resto, il legislatore statale con norma (art. 12, comma 4, del d.lgs. 1 dicembre 1997 n. 468) recepita dallo stesso legislatore sardo (art. 1, comma 1, e della legge reg. 1 agosto 2000 n. 16) ha tracciato un limite quantitativo (quota del 30%) della riserva di posti a favore degli addetti ai lavori in questione, e quindi anche il limite massimo di comprimibilita' - in via eccezionale - dei valori costituzionali dianzi evidenziati. Anche la stabilizzazione di parte dei dipendenti non a tempo indeterminato potrebbe, forse, essere considerata un obiettivo da tenere in considerazione (quantunque assunzioni temporanee potrebbero essere state giustificate da specifiche esigenze - ad esempio, attuazione di progetti obiettivo - parimenti temporanee). Tuttavia, se non si vogliono eludere fino a vanificare i parametri costituzionali menzionati, non possono legittimarsi pratiche "non-virtuose" (ed anche sovente espressamente vietate dall'ordinamento) e non possono esonerarsi i dipendenti temporanei dall'onere di competere con "esterni" in normali procedure concorsuali. Le proroghe disposte dall'art. 2, comma 2, della legge reg. 1 agosto 2000 n. 16, dall'art. 1, comma 1, delle legge reg. 13 agosto 2001 n. 13 ed - ora - dall'art. 3, comma 4, della legge in esame non possono essere ritenute produttive di "affidamenti" suscettibili di consolidarsi malgrado opposte indicazioni costituzionali. D'altro canto, l'art. 3, comma 2, neppure distingue tra dipendenti, a seconda delle "qualifiche per le quali erano state indette le selezioni o effettuato l'accertamento dell'idoneita'". L'art. 4 ha introdotto modifiche all'art. 77 della legge reg. 13 novembre 1998 n. 31, articolo intitolato "prima costituzione della dirigenza". Il comma 2 di detto articolo ha "attribuito" - ope legis anche se in sede di prima applicazione della legge reg. teste' citata - "la qualifica di dirigente" a dipendenti in possesso (oltre che di anzianita' e "fasce" ivi indicate) del diploma di laurea. Il comma 2-bis inserito dall'art. 4 della legge in esame ha aperto anche a dipendenti non laureati l'accesso senza concorso alla dirigenza. Questo comma 2-bis e' non univoco laddove recita "hanno comunque titolo all'attribuzione della qualifica "anziche'" e' attribuita la qualifica"; ed e' inoltre contraddetto dal comma 7 dell'art. 77 citato, comma rimasto invariato. Inoltre (e forse congiuntamente) la gia' troppo elevata quota (75%) dei posti "rimasti" vacanti nella dotazione organizza della dirigenza riservata (la quota) al concorso interno e' stata dall'art. 4 in esame ulteriormente elevata (al 90%) mediante modifiche ai commi 5 e 9. Infine, l'art. 4 ha ritenuto di abrogare il comma 10 dell'art. 77 citato, ove, - ancorche' in coda alle procedure di "attribuzione" ope legis della qualifica di dirigente ed al concorso interno - era prevista l'indizione di concorsi pubblici per l'accesso alla dirigenza. L'insieme delle tre disposizioni contenute lettere b), d) ed e) dell'art. 4 contrasta con i parametri costituzionali menzionati (ed anche, trattando di dirigenza, con l'art. 51 comma primo Cost.), integrati da norme fondamentali di riforma tra le quali, l'art. 1, comma 3, (come modificato nel 1998), e l'art. 28, comma 1, del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 (sostituito da ultimo dall'art. 3, comma 5, della legge 15 luglio 2002 n. 145), l'art. 51 della legge 8 giugno 1990 n. 142 (come modificato nel 1997). L'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo deve avvenire mediante concorso o procedura selettiva di pari serieta'; concorso o procedura alla quale possono essere in ogni caso ammessi soltanto soggetti "muniti di laurea". Inoltre la riserva di posti ai concorsi interni non puo' assorbire la quasi totalita' delle vacanze: la dirigenza non puo' divenire, per il cumulo di attribuzioni ope legis e di concorsi interni, una ulteriore prosecuzione della "progressione verticale". I concorsi o procedure equipollenti per l'accesso alla dirigenza non sono promozioni; essi sono procedure per l'assunzione (anche agli effetti dell'art. 68, comma 4, del citato d.lgs. n. 29 del 1992, come sostituito nel 1998). I principi affermati da codesta Corte in tema di accesso agli impieghi devono a fortiori valere per l'accesso alla dirigenza. In conclusione, le disposizioni considerate nel presente ricorso sono affette da illegittimita' costituzionale, sia per contrasto con i parametri costituzionali evocati e relative norme interposte sia per inosservanza dei limiti posti dall'art. 3 della legge cost. 26 febbraio 1948 n. 3 alle competenze legislative della Regione Sardegna. Le censure mosse all'art. 3 della legge in esame devono intendersi estese al comma 5 di detto articolo, conseguenzialmente ed anche con riguardo all'art. 81 Cost. ed al patto di stabilita' interna: la previsione di spesa "a regime" merita una verifica.