IL TRIBUNALE A seguito della discussione dei difensori; Visto l'art. 23 legge n. 87/53; Emette la seguente ordinanza; Il compianto dott. Ettore Ascanio Graziosi, dopo aver goduto di versamenti contributivi presso l'I.N.P.S. dal 1 gennaio 1963 al 31 gennaio 1969, si iscriveva alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei dottori commercialisti a far data dal 1 gennaio 1970, e sino al suo decesso avvenuto in data 27 giugno 2000. In data 22 febbraio 1994 la Cassa inviava al dott. Graziosi il conteggio per la ricongiunzione dei cinque anni di anzianita' contributiva presso l'I.N.P.S. e il successivo 19 aprile 1994 egli aderiva alla ipotesi di ricongiunzione, versando la somma dovuta, secondo un piano di ammortamento di 60 rate mensili; tale somma era pari a L. 44.802.000, risultante dalla riserva matematica calcolata in L. 49.181.000, cui veniva detratto l'ammontare dei contributi e degli interessi provenienti dall'I.N.P.S. e quantificati in L. 4.379.000. A seguito del decesso dell'assicurato, la sua erede Vanda Graziosi (sorella) inviava in data 2 febbraio 2001 alla Cassa una richiesta di restituzione dei contributi versati dal de cuius, e relativi agli anni di iscrizione alla Cassa, compreso l'onere versato a titolo di ricongiunzione, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 21/1986. In data 26 aprile 2001 la Cassa rispondeva comunicando alla sig.ra Graziosi l'impossibilita' di dare corso alla sua richiesta, in quanto l'art. 8 della legge n. 45/1990 escludeva ed esclude l'applicabilita' dell'invocato art. 21 per tutti i soggetti che si fossero avvalsi appunto della facolta' di ricongiunzione. Nel pretendere la restituzione di tutte le somme versate quali contributi e quale riserva matematica a seguito della ricongiunzione chiesta ed ottenuta dal dott. Graziosi nel 1994, la ricorrente formulava in via principale una domanda di condanna della Cassa a tale restituzione, oltre che al rimborso dei veri e propri contributi, formulando in subordine eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della citata legge n. 45/1990, nella parte in cui esclude, per coloro che si siano avvalsi della facolta' di ricongiunzione, il diritto al rimborso dei contributi versati, allorche' essi cessino dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti per il diritto a pensione, rimborso che l'art. 21 citato, al comma 2, riconosce anche agli eredi dell'iscritto, ove sia deceduto senza aver appunto maturato tale diritto. La pretesa attorea formulata in via principale e' chiaramente inaccoglibile, poiche' l'art. 8 della legge n. 45/1990 costituisce un limite insormontabile all'applicazione dell'invocato art. 21 della legge n. 21/1986. Non risulta invece manifestamente infondata, a parere di questo giudice, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, che recita testualmente: "Nei confronti dei soggetti che si avvalgono delle facolta' previste dalla presente legge, non si applicano le norme di cui all'art. 21 della legge ... n. 21/1986". In sostanza tale articolo disattiva la previsione dell'art. 21, valida in linea generale per tutti gli iscritti alla Cassa, che cosi' recita: "Coloro che cessano dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturati i requisiti per il diritto a pensione, hanno diritto, su richiesta, al rimborso dei contributi versati a norma dell'art. 10, maggiorati degli interessi legali dal 10 gennaio successivo alla data dei relativi versamenti, nonche' di una somma pari ad un quinto del contributo soggettivo annuo convenzionale fissato dall'art. 27, moltiplicato per gli anni di iscrizione alla Cassa anteriori a quello di entrata in vigore della presente legge, maggiorata degli interessi legali a far tempo da quest'ultima data. Il rimborso di cui al precedente comma spetta anche agli eredi dell'iscritto che non abbia maturato il diritto a pensione, sempreche' non abbiano diritto alla pensione indiretta ...". In realta' la previsione che i contributi debbano essere restituiti all'assicurato nell'ipotesi in cui non vengano raggiunti i requisiti per il diritto a pensione contrasta con la logica finanziaria sottesa ad un qualunque contratto di tipo aleatorio, cosi' come sarebbe assurdo prevedere il rimborso di premi assicurativi nell'ipotesi in cui l'evento dannoso non si sia verificato (artt. 1448, 1469, 1472 c.c.); tuttavia nessuno contesta la legittimita' dell'art. 21, e anche il giudice in proposito ritiene di non poter esprimere una corretta valutazione della norma, non conoscendo i parametri finanziari in base ai quali tale rimborso e' stato ritenuto compatibile con (si spera) un corretto esercizio economico delle entrate della Cassa. E' viceversa indiscutibile il fatto che, nell'ipotesi in cui un iscritto alla Cassa si avvalga della facolta' di ricongiunzione, questi perda la possibilita' di ripetere i contributi versati alla Cassa stessa, a differenza di quanto e' invece previsto per coloro che non hanno chiesto alcuna ricongiunzione; e tale previsione non sembra certo del tutto razionale: si pensi al caso paradossale di un iscritto che, ritenendo utile ricongiungere anche solo pochi mesi di contribuzione presso, l'I.N.P.S., si veda inibita la ripetizione di anni e anni di contributi versati direttamente alla Cassa, che viceversa sarebbero stati integralmente rimborsabili sol che non fosse stata effettuata tale improvvida, limitatissima ricongiunzione. D'altro canto sembra al giudice che la ricongiunzione non modifichi l'equilibrio finanziario della prestazione gravante sulla Cassa, poiche' quest'ultima, in fase di attuazione, non si limita a chiedere e ottenere i contributi versati a suo tempo presso l'I.N.P.S., ma integra abbondantemente tale somma, calcolando una riserva matematica corrispondente alla rendita che verra' erogata quale pensione: e infatti, nel caso di specie, il quinquennio di contributi presso l'I.N.P.S., pari al valore nominale di L. 4.379.000 (comprensivi di interessi), e' stato significativamente integrato con la somma di L. 44.802.000, che il dott. Graziosi ha dovuto versare, pur nell'ambito di un piano di ammortamento in 60 rate mensili, quale riserva matematica corrispondente all'eventuale futuro incremento pensionistico. Ritiene dunque il giudice di dover prospettare alla Corte la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge n. 45/1990, nella parte in cui esclude l'applicabilita' dell'art. 21 della legge n. 21/1986, e cioe' che l'assicurato, ed eventualmente, per esso, il suo erede, possa avvalersi della facolta' di chiedere il rimborso dei contributi a suo tempo versati dall'iscritto, allorche' - come nel caso di specie - sia stata a suo tempo chiesta la ricongiunzione dei contributi precedentemente versati ad una diversa forma obbligatoria di previdenza; e questo in violazione dell'art. 3 della Costituzione, poiche' vengono immotivatamente trattati in maniera diversa casi uguali. Per avvalorare tale ultima affermazione, ritiene opportuno il giudice osservare che in realta' la rimborsabilita' dei contributi trasferiti dall'I.N.P.S. alla Cassa dovrebbe, per correttezza finanziaria, essere negata, poiche' questi contributi, a sommesso avviso del giudice, dovrebbero tornare all'I.N.P.S., in quanto i medesimi, a suo tempo, hanno avuto anche una precisa funzione assicurativa, come ben sa chi si occupa di erogazioni di pensioni di inabilita' o assegni di invalidita'; non ha invece senso, a parere del giudice, almeno fino a quando si considera valido, costituzionale e finanziariamente corretto l'art. 21, negare il rimborso dei contributi versati direttamente alla Cassa, in funzione di un evento (una domanda di ricongiunzione) che non incide minimamente sulla loro entita' e destinazione; cosi' come e' ragionevole prevedere, nella medesima ottica, il rimborso all'iscritto o al suo erede della riserva matematica versata alla Cassa in fase di ricongiunzione, somma che indubbiamente viene a costituire una sorta di arricchimento senza causa, nel momento in cui si ammetta la possibilita' del rimborso per tutti gli altri iscritti, se e' consentita l'espressione, "non ricongiungenti".