IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 9735/1995 R.G. proposto da Bonifaci Lucia, rappresentata e difesa dall'avv. Flavio Maria Polito, ed elettivamente domiciliata in Roma, via Pasubio n. 2; Contro Ministero della pubblica istruzione e Conservatorio "Niccolo' Piccinni" di Bari, in persona dei loro rappresentanti legali pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano per legge; Per ottenere l'accertamento del diritto a competenze economiche ai sensi degli artt. 13 e 15 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 e la condanna dell'Amministrazione statale a corrisponderle, con maggiorazioni di legge per interessi e rivalutazione monetaria; Visto il ricorso con gli atti e documenti allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti e gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza dell'8 aprile 2002, con designazione del Consigliere dott. Antonio Vinciguerra relatore della causa, i procuratori delle parti comparsi come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Il ricorso e' volto alla ripetizione dell'indennita' dovuta alle lavoratrici madri e ai genitori prevista per i periodi legali di astensione dal lavoro dall'art. 15 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, con norma ora trasfusa nell'art. 22 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', approvato con d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151. La ricorrente era stata collocata in congedo per astensione obbligatoria dal lavoro nel periodo di puerperio, ai sensi dell'art. 4, lett. c, della legge n. 1204/1971 (ora congedo di maternita' ex art. 16, lett. c, del d.lgs. n. 151/2001), e successivamente aveva fruito di astensione facoltativa ai sensi dell'art. 7 della legge n. 1204/1971 (ora congedo parentale ex art. 32 del d.lgs. n. 151/2001). Il collocamento in congedo ha fatto seguito immediato al conferimento dell'incarico di supplenza annuale presso il Conservatorio di Bari, senza che l'interessata avesse potuto assumere servizio effettivo. La difesa erariale si e' costituita in giudizio con memoria di forma a chiedere il rigetto dell'impugnativa. La causa e' passata in decisione all'udienza dell'8 aprile 2002. D i r i t t o L'art. 4 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 disciplinava l'astensione obbligatoria delle lavoratrici madri per gravidanza e puerperio, rispettivamente nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto. L'art. 7 contemplava la facolta' dei genitori di astenersi dal lavoro durante i primi otto anni di vita del bambino, per un periodo complessivamente non superiore a dieci o undici mesi, secondo diverse modalita'. L'art. 15 dettava la disciplina delle indennita' economiche (rispettivamente pari all'80% e al 30% della retribuzione) spettanti alla lavoratrice o al lavoratore per i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa. La normativa e' stata trasfusa e ampliata nel testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', approvato con d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, ivi regolamentata come congedo di maternita' (o di paternita', in ipotesi sostitutive) e congedo parentale dagli artt. 16 e seguenti. La fattispecie in esame si colloca nella disciplina legislativa sopra delineata. La prof. Bonifaci aveva ottenuto il conferimento di un incarico annuale di supplenza presso il Conservatorio di Bari, per l'anno scolastico 1990/1991, a decorrere dal 20 dicembre 1990. Avendo partorito il 16 novembre precedente, la medesima all'atto del conferimento dell'incarico versava nella situazione contemplata dall'allora vigente art. 4, lett. c., della legge n. 1204/1971, per essere collocata in astensione obbligatoria per puerperio. Terminato il periodo obbligatorio, la prof. Bonifaci ha chiesto e fruito di ulteriore periodo di astensione facoltativa ai sensi dell'art. 7 legge citata. La prof. Bonifaci, dunque, non ha assunto mai servizio effettivo nell'incarico di supplenza conferitole, pur avendo ottenuto e accettato la relativa nomina. L'ultimo comma dell'art. 7 del decreto-legge 26 novembre 1981 n. 677, convertito in legge con l'art. 1 della legge 26 gennaio 1982, n. 11 e recante disposizioni per il contenimento della spesa dei bilanci statale e regionali, stabilisce che la nomina del personale docente scolastico "incaricato e supplente, il quale in base a vigenti norme di legge non possa assumere servizio, ha effetto ai soli fini giuridici, e non a quelli economici, nei limiti di durata della nomina stessa". Gli effetti della predetta norma sono stati intesi come limitati all'anno scolastico 1981/1982 da alcune decisioni del giudice amministrativo (Tribunale amministrativo regionale Lazio, III, 11 dicembre 1989 n. 2193; Cons.St., VI, 8 gennaio 1991 n. 4). La maggior parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato, peraltro, in una lettura dell'art. 7 che muove dal dato letterale, riferisce al solo primo comma - relativo alla moratoria della istituzione di nuove scuole secondarie e artistiche statali - carattere di transitorieta' limitato all'anno scolastico in corso all'entrata in vigore del provvedimento legislativo, mentre riconosce carattere permanente alle altre disposizioni, compresa quella dell'ultimo comma. In quest'ottica la valenza degli incarichi scolastici e delle supplenze ai soli effetti giuridici, nei casi in cui il servizio non venga assunto per ottemperanza a disposizioni di legge, si estende anche agli anni scolastici successivi al 1981/1982, stante il carattere permanente e di attualita' dell'ultimo comma del citato art. 7 (Cons.St., VI, 16 aprile 1984 n. 210; id., 2 aprile 1997 n. 515). Questo Collegio ritiene che la lettura della norma come da ultimo descritta risponda sia al testo letterale che ad una logica di limitazione di spesa, escludendo in permanenza i docenti incaricati e supplenti, titolari dell'atto di nomina ma che non hanno potuto prendere servizio per effetto di interdizioni legali, dai benefici altrimenti percepibili e ai quali, comunque, sono ammessi i docenti titolari di cattedra anche prima dell'assunzione effettiva del servizio. Tuttavia il Collegio ritiene che tale logica non corrisponda a criteri di ragionevolezza, ne' di uguaglianza tra lavoratori a parita' di posizione e di equa retribuzione. Si ravvisa, anzitutto, il contrasto con il principio di uguaglianza giuridica, di cui all'art. 3 della Costituzione. La descritta norma, infatti, non rinviene analogie in settori di impiego diversi dalla scuola. Nel regime di costituzione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni vigente all'epoca dei fatti rappresentati in contenzioso e, ancor piu', nell'attuale regime di assunzioni contrattuali, come nel lavoro di diritto privato, la piena produzione degli effetti tanto ai fini giuridici che alle finalita' economiche scaturisce dal perfezionamento del rapporto stesso mediante l'accettazione del lavoratore; salvo quegli effetti economici, come la retribuzione in senso stretto, necessariamente connessi all'adempimento delle prestazioni di lavoro. La norma in discussione non giustifica l'esclusione di incaricati e supplenti nelle docenze scolastiche dalla specifica indennita' correlata a situazioni di congedo per maternita', invece spettante alla generalita' dei lavoratori pubblici e privati (art. 2110 cod.civ.), rimandando all'effettiva assunzione del servizio la produzione dei soli effetti economici del rapporto d'impiego costituito a seguito dell'accettazione da parte del docente incaricato. Si ravvisa, ancora, contrasto della norma con il principio di equa retribuzione del lavoratore, sufficiente in ogni caso ad assicurare a lui e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, come sancisce l'art. 36, primo comma ultima parte, della Costituzione. Principio che inerisce alla generalita' del trattamento economico del lavoratore, non solo alla parte strettamente retributiva, legandolo al rispetto del cosiddetto "limite vitale" inteso nell'ampio significato di margine al di sotto del quale viene meno la garanzia di condizioni sociali dignitose non soltanto per il lavoratore, ma per l'intero suo nucleo familiare. Elevando, cosi', a bene protetto dall'ordinamento fondamentale della Repubblica "fondata sul lavoro" la dignita' dell'individuo e dell'organismo familiare, in relazione allo status di lavoratore. Il contrasto tra il principio dell'art. 36 e la norma in esame appare incomprensibile dalla sola considerazione che il legislatore riconosce per effetto dell'accettazione del lavoratore la costituzione del rapporto di lavoro, con la piena produzione degli effetti giuridici, ma ne esclude interamente la produzione degli effetti economici prima dell'assunzione del servizio, benche' questa non sia nella disponibilita', dell'interessato proprio perche' in regime di interdizione obbligatoria. La normativa che regola l'indennita' di maternita' o puerperio e' istituzionalmente volta a garantire il sostentamento del lavoratore e della sua famiglia nell'immediato periodo pre parto, a tutela della salute della madre e del nascituro, e inviene giustificazione logico-giuridica nell'esistenza del rapporto di lavoro precostituito. Alla stregua dei suddetti principi costituzionali, di cui agli artt. 3 e 36, non appare legittimo sul presupposto dell'ineffettivita' nell'assunzione del servizio a causa dell'obbligo legale di astensione dal lavoro escludere il godimento dell'indennita' di maternita' o puerperio, al pari degli emolumenti strettamente retributivi, i quali invece non hanno carattere indennitario ma costituiscono il corrispettivo delle prestazioni svolte. Infine si ravvisa contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione riguardo ai principi, ad esso sottostanti, di ragionevolezza (buon andamento) e imparzialita' nell'organizzazione dei pubblici uffici e servizi. Non appare ragionevole ne, giustificabile in base a tali principi che un docente supplente o incaricato il quale non abbia assunto servizio perche' si trovava al momento della nomina nelle condizioni per l'interdizione obbligatoria per maternita' venga escluso dai benefici economici connessi al suo stato, invece riconoscibili al docente in analoghe condizioni che abbia preso servizio per un solo giorno o, addirittura, si sia limitato alla sola presa di servizio formale, nonche' al docente titolare di cattedra anche prima dell'incardinazione effettiva nelle funzioni. L'art. 7, ultimo comma, del D.L. n. 677/1981 non e' stato disapplicato dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che ha ridisegnato la disciplina del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni alla stregua del nuovo regime contrattuale e continua, comunque, a produrre effetti per le situazioni in contenzioso, come la presente. Per queste ragioni il tribunale rileva la necessita' di una pronuncia del giudice costituzionale in relazione agli sviluppi della causa e secondo le perplessita' sollevate. Di conseguenza, va disposta la trasmissione degli atti processuali alla Corte costituzionale e il giudizio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87.