IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, legge 11
marzo 1953, n. 87.
    Vista  la propria ordinanza di convalida dell'arresto operato nei
confronti di Abdelkrim Redouane, in atti generalizzato.

                            O s s e r v a

    In  forza  del  combinato  disposto  degli artt. 558 c.p.p. e 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  25 luglio 1998 n. 286 (testo unico delle
norme  sull'immigrazione  e la condizione guiridica degli stranieri),
come  modificato dalla legge 30 Luglio 2002 n. 189, dopo la convalida
dell'arresto  dell'imputato,  effettuato in relazione al reato di cui
all'art. 14,  comma  5-ter t.u. cit, si dovrebbe procedere a giudizio
direttissimo. Si ritiene tuttavia che la novella alle norme del testo
unico  presenti dei profili di incostituzionalita' che impediscono la
stessa  instaurazione  del  rito  direttissimo,  e  che  pertanto  la
questione relativa debba essere sollevata gia' in questa sede.
    Infatti,   secondo   quanto   disposto  dal  legislatore,  appare
ineluttabile  una  pronuncia non di merito nei confronti dell'odierno
imputato.  Cio' emerge coordinando varie norme della novella, secondo
l'iter logico che si passa ad illustrare. Questo giudice monocratico,
con separata ordinanza, ha rigettato la richiesta di misura cautelare
in  carcere,  avanzata  dal  pubblico  ministero  insieme a quella di
convalida  dell'arresto,  che  e'  stata  invece  accolta. Dunque, lo
straniero  potra' - o, per meglio dire, dovra', dati i ristrettissimi
margini  di  discrezionalita'  dell'autorita' amministrativa - essere
espulso,  in  quanto  dall'art. 13 terzo comma del testo unico, cosi'
come novellato, risulta evidente che solo l'applicazione della misura
cautelare  indicata  costituisce  impedimento assoluto all'espulsione
disposta  dal  questore;  in  caso  di  mancata applicazione di essa,
invece,  opera  il  regime  del  nulla  osta  del giudice. Orbene, il
giudice  ha  uno  spazio di discrezionalita' minimo nel rilasciare il
nulla  osta:  "puo' negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze
processuali    valutate    in    relazione   all'accertamento   della
responsabilita'  di  eventuali  concorrenti  nel  reato o imputati di
procedimenti  connessi,  e  all'interesse  della persona offesa" (1),
oppure  se si tratta dei reati previsti dall'art. 407, secondo comma,
lettera a) c.p.p.. Nell'assoluta maggioranza dei casi, e comunque per
il  reato per il quale si procede, in cui sembra difficile ipotizzare
forme  di  concorso  il  cui accertamento richieda la deposizione del
coimputato,  ne'  e'  individuabile  una persona offesa, l'attuazione
dell'espulsione  - che quale provvedimento amministrativo costituisce
lo  stesso  presupposto  del  reato  -  non  puo' essere impedita dal
giudice ed e' dunque certa. In caso di espulsione il giudice, "se non
e'  ancora  stato  emesso il provvedimento che dispone il giudizio" -
come  avviene  nel caso di giudizio direttissimo monocratico, che non
conosce  tale provvedimento, ben diversa essendo la forma e la natura
del  decreto  di  presentazione  dell'arrestato da parte del pubblico
ministero   di   cui  all'art.  558  c.p.p.  -  "acquisita  la  prova
dell'avvenuta  espulsione  (...)  pronuncia  sentenza  di non luogo a
procedere) (2).
    Art.  13  terzo  comma, richiamato dal comma tre-bis in relazione
all'arresto in flagranza.
    Art. 13 tre-quarter.
    Emerge  quindi l'obbligatorieta', nella maggior parte dei casi di
reati commessi da immigrati espulsi e comunque - e' bene ripeterlo ai
fini  della  rilevanza  dell'eccezione  di costituzionalita' - per il
reato   contestato  all'odierno  imputato,  della  pronuncia  di  una
sentenza   di   improcedibilita'   dell'azione   penale  nei  giudizi
direttissimi   monocratici   a  carico  di  tali  soggetti.  Infatti,
interviene  a  rendere  obbligatoria la pronuncia la mera circostanza
estrinseca  dell'esecuzione  dell'espulsione  prima della conclusione
del giudizio, condizione che si realizza automaticamente, ad esempio,
a  seguito di richiesta di termini a difesa. Lo straniero viene cosi'
privato del diritto di accedere ad un giusto processo quanto ai fatti
contestati,   con  chiara  violazione  dell'art. 111  Cost.,  nonche'
dell'art. 24  Cost.  quanto  al  diritto  di  difesa, ed ancora degli
artt. 5  e  6  della  convenzione  per  la  salvaguardia  dei diritti
dell'uomo  e  delle liberta' fondamentali, ratificata dall'Italia con
legge  4  agosto  1955  n. 848  - che pacificamente ha rango di norma
costituzionale in forza dell'art. 10 secondo comma cost., che prevede
che  la  condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge
in  conformita' delle norme e dei trattati internazionali -, articoli
che  prevedono  il  diritto  per  ogni  persona privata della propria
liberta'  con un arresto a presentare ricorso davanti ad un tribunale
affinche'  decida  sulla  legittimita'  della  propria detenzione, ed
ancora  il  diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialinente,
pubblicamente  ed  in  un  tempo ragionevole da parte di un tribunale
indipendente  ed imparziale costituito per legge quanto al fondamento
di  ogni  accusa penale. Nel meccanismo creato dalla novella, invece,
la  richiesta  di  un  termine  a  difesa,  che realizza un altra dei
diritti  sanciti dall'art. 6 della convenzione, quello dell'arrestato
di "disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare
la  sua  difesa",  previsto dalla lettera a) del terzo comma, finisce
con l'impedire una decisione di merito, con evidente contrasto con il
diritto a provare la propria innocenza.
    Ulteriore   violazione   costituzionale   ravvisabile   m  questa
disciplina  attiene a quanto previsto dall'art. 13 Cost. Si configura
infatti  un  caso  di  restrizione della liberta' personale, cioe' un
arresto   obbligatorio,   che   non  trova  il  suo  naturale  sbocco
nell'esercizio   dell'azione   penale   e   nel   conseguente  vaglio
giurisdizionale sul merito dell'accusa, vaglio cui si sostituisce una
pronuncia   di   non   luogo  a  procedere  conseguente  all'avvenuta
esecuzione  dell'espulsione che consegue al rilascio, come s'e' visto
quasi  sempre  obbligatorio  ed  automatico,  del nulla osta da parte
dell'autorita'  giudiziaria.  Il  giudice  finisce cosi' con l'essere
espropriato dell'esercizio della giurisdizione e diviene soggetto non
alla  legge,  bensi'  ad  una  decisione amministrativa del questore,
dalla  quale deriva il contenuto necessitato della sua pronuncia, con
violazione anche dell'art. 101, secondo comma, Cost.
    Della  rilevanza  di  questi  dubbi  in questo giudizio s'e' gia'
detto,  ma  e'  bene  ulteriormente  sottolineare  che, essendo stato
convalidato   l'arresto,   si   dovrebbe  procedere  ad  un  giudizio
direttissimo   decisamente   anomalo,   che  presenta  i  profili  di
incostituzionalita'  poco  sopra  argomentati. Conseguentemente, come
prima   accennato,   l'incidente   di   costituzionalita'  dev'essere
sollevato  gia' in questa fase, in cui non si e' ancora instaurato il
giudizio direttissimo, con la sospensione di questo.