ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  ammissibilita'  di  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera del Senato della
Repubblica  del  23 giugno  1999  relativa  alla insindacabilita' del
comportamento  del sen. Donato Manfroi promosso dalla Corte d'Appello
di  Venezia  sez. 2 penale con ricorso depositato il 7 maggio 2002 ed
iscritto al n. 220 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con  ricorso  del 26 aprile 2002, depositato nella
cancelleria  della  Corte  il  7 maggio  2002, la Corte di appello di
Venezia  -  nel  corso del procedimento penale promosso nei confronti
del  senatore  Donato  Manfroi,  condannato  in  primo  grado perche'
ritenuto  responsabile  del  reato di cui all'art. 340 cod. pen., per
avere,  in qualita' di sindaco del comune di Cencenighe Agordino, nei
giorni  1-2 marzo  1996,  interrotto  i  servizi  comunali, chiudendo
d'autorita'  l'accesso  al  pubblico al palazzo in cui hanno sede gli
uffici  e  ordinando  al  personale dipendente di non rispondere alle
telefonate  e  di staccare l'apparato fax - ha sollevato conflitto di
attribuzioni  tra  poteri  dello Stato nei confronti del Senato della
Repubblica,  in relazione alla deliberazione adottata dalla Assemblea
il  23 giugno 1999 (doc. IV-quater, n. 42), con la quale non e' stata
approvata  la  proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita'
parlamentari  di  dichiarare  che  il  fatto per il quale e' in corso
l'indicato  procedimento  penale non concerne opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e non ricade,
pertanto,   nell'ipotesi  di  cui  all'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione;
        che, a parere della autorita' ricorrente, la condotta oggetto
della imputazione esulerebbe totalmente dall'esercizio delle funzioni
parlamentari  - cosi' come peraltro evidenziato nella Relazione della
Giunta,  la  cui  proposta e' stata disattesa dalla Assemblea - posto
che, pur manifestandosi la natura politica di "un gesto di protesta",
tale  condotta  era  stata posta in essere dal senatore Manfroi nella
sua  qualita' di sindaco del comune di Cencenighe Agordino e non gia'
nell'esercizio  del mandato parlamentare, rispetto al quale difettava
qualsiasi   collegamento,   con  correlativa  inapplicabilita'  della
garanzia prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,   pertanto,  non  reputandosi  conforme  all'ordinamento
costituzionale  la deliberazione assunta al riguardo dal Senato della
Repubblica,  la  Corte  di  appello  di  Venezia solleva conflitto di
attribuzione  in ordine "al corretto uso del potere di decidere sulla
sussistenza  dei  presupposti  di  applicabilita' dell'art. 68, primo
comma,   della   Costituzione",   come   esercitato  dal  Senato  con
l'anzidetta   delibera,   della   quale   viene   pertanto  richiesto
l'annullamento.
    Considerato    che,    in   questa   fase,   occorre   deliberare
esclusivamente  se  il  ricorso  sia  ammissibile,  valutando,  senza
contraddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivo ed
oggettivo  di  un  conflitto  di attribuzioni tra poteri dello Stato,
impregiudicata    ogni   definitiva   decisione   anche   in   ordine
all'ammissibilita'  (art. 37,  terzo  e  quarto  comma,  della  legge
11 marzo 1953, n. 87);
        che,  quanto  al requisito soggettivo, la Corte di appello di
Venezia  e'  legittimata  a sollevare conflitto, essendo competente a
dichiarare   definitivamente,   per  il  procedimento  del  quale  e'
investita,   la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  ragione
dell'esercizio  delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di
indipendenza costituzionalmente garantita;
        che, parimenti, il Senato della Repubblica, che ha deliberato
nel senso della insindacabilita' della condotta posta in essere da un
proprio membro, e' legittimato ad essere parte del conflitto, essendo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per  quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto,
la  Corte  ricorrente  denuncia  la  lesione  della  propria sfera di
attribuzioni, garantita da norme costituzionali, in conseguenza della
deliberazione  -  ritenuta illegittima - con la quale il Senato della
Repubblica   ha   qualificato  come  insindacabile  la  condotta  del
parlamentare,  cui  si  riferisce  il  giudizio,  in  quanto compresa
nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  (art. 68, primo comma,
della Costituzione);
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.