TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1201/2001 proposto da Sipsa Ecologica S.r.l. in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dagli avv. Mariano Delogu ed Ovidio Marras ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Cagliari, via Sonnino n. 37; Contro: la Regione autonoma della Sardegna in persona del Presidente rappresentata e difesa dagli avv. Graziano Campus e Gian Piero Contu ed elettivamente domiciliata presso il proprio ufficio legale in Cagliari, viale Trento n. 69, ed il direttore generale e direttore del Servizio gestione rifiuti e bonifica dei siti inquinati dell'assessorato regionale alla difesa dell'ambiente; l'ufficio circondariale marittimo di Golfo Aranci in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Cagliari, via Dante n. 63, e' per legge domiciliato; E nei confronti di Trenitalia S.p.A. in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio; Per l'annullamento: 1) della determinazione n. 1423/IV in data 15 giugno 2001 del direttore del Servizio gestione rifiuti e bonifica dei Siti inquinati dell'assessorato regionale alla difesa dell'ambiente; 2) dell'atto dell'ufficio circondariale marittimo di Golfo Aranci n. 3885 in data 28 maggio 2001, e della presupposta nota di Trenitalia S.p.A. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione autonoma della Sardegna in persona del Presidente e dell'Avvocatura distrettuale dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore per la pubblica udienza dell'8 maggio 2002 il consigliere Manfredo Atzeni; Uditi l'avv. Ovidio Marras per la societa' ricorrente, l'avv. Gian Piero Conta per la Regione Sarda e l'Avvocato dello Stato Anna Maria Bonomo per l'ufficio circondariale marittimo di Golfo Aranci; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Con ricorso a questo tribunale, notificato l'11-12 settembre 2001 e depositato il successivo 28/settembre, Sipsa Ecologica S.p.A. in persona del legale rappresentante in persona del legale rappresentante impugna: 1) la determinazione n. 1423/IV in data 15 giugno 2001 con la quale il direttore del Servizio gestione rifiuti e bonifica dei siti inquinati dell'assessorato regionale alla difesa dell'ambiente ha vincolato l'autorizzazione regionale n. 151 in data 16 febbraio 1999 (rilasciata alla predetta societa' per la gestione di rifiuti sanitari pericolosi nel suo stabilimento di Torregrande nel comune di Oristano) al rispetto dell'art. 6, comma diciannovesimo della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6; 2) l'atto dell'ufficio circondariale marittimo di Golfo Aranci n. 3885 in data 28 maggio 2001 con il quale, ai sensi della predetta disposizione, sono stati sospesi l'efficacia e l'attuazione di provvedimenti autorizzatori gia' rilasciati, e la presupposta nota di Trenitalia S.p.A. Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi: 1) I provvedimenti impugnati non sono stati preceduti da comunicazione dell'inizio del procedimento e non sono motivati. 2) L'art. 6, comma diciannovesimo della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, e' disapplicabile per violazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sui rifiuti d'imballaggio e sugli imballaggi; in subordine, la stessa risulta contraria alle norme di riforma economica e sociale di cui al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. La ricorrente chiede quindi l'annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti impugnati. Con ordinanza n. 424 in data 10 ottobre 2002 e' stata respinta l'istanza cautelare; il provvedimento e' stato riformato dal Consiglio di Stato, sezione quarta, con ordinanza n. 540 in data 5 febbraio 2002. Si e' costituita in giudizio la Regione autonoma della Sardegna in persona del Presidente chiedendo, con atto di costituzione depositato il 9 ottobre 2001, il rigetto del ricorso. Anche l'Avvocatura dello Stato si e' costituita in giudizio chiedendo, con memoria depositata il 24 aprile 2002, che il ricorso venga dichiarato inammissibile per la parte riguardante atti dell'amministrazione Statale. In data 26 aprile 2002 la ricorrente ha depositato memoria. Alla pubblica udienza i procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni. D i r i t t o La ricorrente e' titolare di un impianto di termodistruzione, specializzato nella gestione di rifiuti sanitari pericolosi, localizzato nel territorio della Regione Sarda. Con il provvedimento impugnato il direttore del Servizio gestione rifiuti inquinanti dell'assessorato regionale alla difesa dell'ambiente ha vincolato l'autorizzazione regionale n. 151 in data 16 febbraio 1999, rilasciata alla ricorrente per l'esercizio del suddetto impianto, al rispetto dell'art. 6, comma diciannovesimo, della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, il quale vieta il trasporto, lo stoccaggio, il conferimento, il trattamento e lo smaltimento nel territorio della Sardegna di rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale fatti salvi (art. 19-bis) i rifiuti destinati ad essere utilizzati esclusivamente come materie prime nei processi produttivi degli impianti industriali ubicati in Sardegna, gia' operanti alla data d'entrata in vigore della legge, non finalizzati al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti. L'impugnazione e' estesa ai conseguenti atti, con i quali e' stato interdetto il trasporto dei suddetti rifiuti. In tal modo, l'attivita' dello stabilimento in questione e' stata limitata alla distruzione di rifiuti prodotti in Sardegna. La ricorrente; che da tale limitazione subisce un evidente compressione della propria liberta' imprenditoriale, impugna i provvedimenti, indicati in epigrafe, che hanno dato applicazione alla sopra riassunta disposizione legislativa. Deduce in primo luogo l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento. La censura e' infondata. Il collegio condivide l'orientamento (espresso dal Consiglio di Stato, sezione quinta, 22 maggio 2001, n. 2823) secondo il quale la comunicazione dell'avvio del procedimento e' obbligatoria anche nelle ipotesi in cui l'amministrazione non faccia uso di poteri discrezionali, a condizione, peraltro, che la partecipazione del privato possa apportare un'utilita' all'azione dell'amministrazione medesima. Nel caso di specie, non vi ha dubbio sul fatto che il richiamato art. 6, diciannovesimo comma, della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, escluda la possibilita' di conferire e smaltire in Sardegna rifiuti d'altre regioni. In realta', il problema che condiziona l'esercizio, da parte, dell'amministrazione, dei poteri di cui ora si discute e' dato, come si vedra' meglio piu' avanti, dalla conformita' con i principi costituzionali della norma che le ha attribuito i poteri medesimi. La soluzione del problema, pertanto, presuppone l'esercizio di potesta' delle quali l'amministrazione non dispone. Di conseguenza, la ricorrente non avrebbe potuto portare alcun contributo all'azione dell'amministrazione, la cui scelta e' indiscutibilmente obbligata, salve le contestazioni, in sede giurisdizionale, aventi specificamente ad oggetto la normativa cui l'amministrazione ha dato attuazione nella fattispecie. La ricorrente sostiene peraltro che la normativa regionale deve essere disapplicata, in quanto configgente con la normativa comunitaria (direttive 91/156/CEE e, 91/689/CEE e 94/62/CEE). La tesi non puo' essere condivisa. Invero, nemmeno la ricorrente individua nella sopradescritta normativa comunitaria una disposizione cosi' specifica da impedire al legislatore nazionale, o regionale, di limitare, in taluni casi, la liberta' di trasporto dei rifiuti. La ricorrente individua, invece, un contrasto fra la disposizione regionale in commento ed il d.P.R. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha dato attuazione alle suddette direttive nell'ordinamento nazionale. La norma regionale, quindi, non e' ritenuta in contrasto con disposizione comunitaria, ma con la norma nazionale che ha dato attuazione al principio dettato dal legislatore sopranazionale. In tal caso, la norma regionale non e' assoggettata al regime di disapplicabilita' proprio dei casi di contrasto fra norma nazionale e norma comunitaria, ma e' assoggettata al regime, di diritto interno, proprio dei casi di contrasto fra norme regionali e norme statali. La questione, pertanto, non puo' essere affrontata in termini di disapplicazione, ma di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, per la verifica della sua conformita' con i principi che regolano i rapporti fra legislazione nazionale e legislazione regionale. Occorre poi precisare come l'interesse della ricorrente sia limitato alla declaratoria dell'incostituzionalita' della norma nella sola parte in cui vieta, nel territorio della Sardegna, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti pericolosi provenienti da altre regioni, mentre non ha interesse a sollevare questioni in ordine al divieto di trasporto di rifiuti ordinari. La censura sarebbe comunque, in tali termini, manifestamente infondata, in quanto il divieto di trasporto in Sardegna di rifiuti ordinari provenienti da altre regioni costituisce applicazione del principio d'autosufficienza di cui si discutera' in prosieguo. La questione, appena riassunta, relativa al divieto di trasporto di rifiuti pericolosi, sollevata in ricorso deducendo violazione degli artt. 3 e 4 dello Statuto sardo, nonche' dell'art. 120 della Costituzione, e, sotto diverso profilo, dell'art. 3 dello stesso Statuto, e' palesemente rilevante per la definizione della presente controversia, in quanto la sua risoluzione dipende interamente (salvo il profilo gia' affrontato, e dichiarato infondato) dalla medesima. Essa, inoltre, non e' manifestamente infondata. A sostegno di tale affermazione basti osservare che la Corte costituzionale con sentenza n. 281 in data 14 luglio 2000 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, primo comma, della legge regionale del Piemonte 13 aprile 1995, n. 59, la quale stabiliva il divieto di smaltire, nel territorio di quella Regione, rifiuti di qualsiasi tipologia provenienti da altre regioni. La Corte ha, infatti ritenuto tale disposizione normativa in contrasto con l'art. 117 della Costituzione per violazione dei principi fondamentali stabiliti, in attuazione della normativa comunitaria, dagli artt. 5, 11, 18 e 26 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, i quali prescrivono che lo smaltimento dei rifiuti, realizzato attraverso un sistema integrato, deve avvenire in uno degli impianti appropriati piu' vicini, nonche' con l'art. 3 della Costituzione, per lo sfavorevole trattamento imposto alle imprese di quella Regione. Con successiva decisione n. 335 in data 19 ottobre 2001 la Corte ha, poi, dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 29 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 giugno 1996, n. 22, e 16, comma quarto, della legge della medesima regione 28 novembre 1988, n. 65, limitatamente al divieto di smaltimento nelle discariche regionali dei rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, adducendo argomentazioni analoghe a quelle esposte nella precedente pronuncia. Le decisioni in questione sono chiaramente indicative dell'orientamento del Giudice delle leggi. Potrebbe essere obiettato che nei confronti della Regione Sarda, Regione ad autonomia differenziata, non possono essere fatti valere principi elaborati in relazione all'autonomia legislativa di regioni a statuto ordinario, ma l'osservazione non e' fondata. Invero, la materia di cui ora si discute non e' riconducibile ad alcuna di quelle, elencate all'art. 3 dello statuto, nelle quali la regione dispone di competenza legislativa primaria, potendo essere, peraltro solo in parte, ricompresa nella materia dell'igiene e sanita' pubblica di cui all'art. 4, lett. i), del medesimo statuto. Atteso che la Regione dispone, in tali ambiti, di competenza legislativa concorrente, essa e' assoggettata anche al rispetto dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. Considerata l'importanza che la Corte attribuisce al principio della circolazione dei rifiuti pericolosi, lo stesso e' applicabile anche nei confronti della Regione Sarda. Il collegio deve quindi rimettere gli atti alla Corte costituzionale, perche' verifichi la conformita' dell'art. 6, diciannovesimo comma, della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, ai principi stabiliti dagli artt. 5, 11, 18 e 26 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in relazione ai limiti imposti al legislatore regionale dal combinato disposto degli artt. 3 e 4 dello statuto sardo. Peraltro, il collegio deve anche osservare come la problematica rivesta; in relazione alla Regione Sarda, connotazioni alquanto differenti da quelle che assume in relazione alle regioni dell'Italia continentale. Invero, il Giudice delle leggi individua, quale base del sistema, il principio dell'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, stabilito dall'art. 5, quinto comma, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, precisando che lo stesso decreto legislativo vieta lo smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle in cui questi sono prodotti. La Corte afferma che tale principio non e' applicabile in relazione ai rifiuti pericolosi, riguardo ai quali e' prevalente il criterio della necessaria individuazione d'impianti appropriati e specializzati per la loro eliminazione, che non consente di predeterminare un ambito territoriale di smaltimento ottimale. Secondo la Corte, pertanto, il criterio dell'autosufficienza deve essere contemperato, per quanto riguarda i rifiuti pericolosi, con quello della specializzazione. Di conseguenza, secondo la Corte, per i rifiuti pericolosi non puo' essere attuato il divieto di smaltimento in ambito extraregionale. Osserva il collegio che la situazione geografica della Sardegna presenta delle peculiarita' rispetto a quelle del Piemonte e del Friuli-Venezia Giulia, in quanto, essendo la Sardegna un'isola, e' ben difficile che il suo territorio possa costituire il piu' appropriato luogo per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, provenienti da altre regioni. In realta', e' difficile vedere un'economicita' complessiva del ciclo produttivo nel quale i rifiuti in questione debbano attraversare il mare per essere smaltiti correttamente. In questo caso, e' consentito il dubbio se la collocazione dell'impianto sull'isola non trovi la propria giustificazione esclusivamente nelle difficolta' economiche di quel territorio, e quindi alimenti il commercio dei rifiuti fra territori prosperi e territori economicamente svantaggiati che si e' voluto prevenire, stabilendo il principio dell'autosufficienza. Tali circostanze potrebbero legittimare la Regione Sarda a dotarsi di una disciplina diversa da quella vigente nelle regioni dell'Italia continentale. Peraltro, la discussione su tale problematica e' preclusa al collegio, al quale spetta solo la delibazione della non manifesta infondatezza della questione. I richiamati precedenti della Corte costituzionale impongono di ravvisare l'esistenza del predetto presupposto per la rimessione della causa al giudice delle leggi. Nel rimettere la questione alla Corte costituzionale, il collegio offre, in conclusione, anche gli elementi sopra riassunti alla sua riflessione. Deve, pertanto, essere dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, diciannovesimo comma, della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, in relazione agli artt. 3 e 4 dello Statuto sardo, per violazione dei principi stabiliti dal legislatore nazionale con gli artt. 5, 11, 18 e 26 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Il collegio individua, inoltre, d'ufficio un altro parametro della costituzionalita' della norma nell'art. 41 della Costituzione in quanto, qualora si ritenga l'insussistenza delle condizioni che legittimerebbero la Regione Sarda ad adottare una legislazione differente da quelle delle altre regioni, la compressione del diritto d'iniziativa economica della ricorrente, e delle altre imprese del settore, resterebbe priva di giustificazione. Il collegio, in conclusione, dichiara rilevante per la definizione della presente controversia e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 6, diciannovesimo comma, della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6, in relazione agli artt. 3 e 4 dello Statuto sardo, per violazione dei principi stabiliti dal legislatore nazionale con gli artt. 5, 11, 18 e 26 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ed all'art. 41 della Costituzione. Sospende, di conseguenza, il giudizio, e rimette gli atti alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87.