LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di: Fabbri Bruno, nato a Torino il 22 novembre 1938. Vista l'istanza depositata il 31 marzo 2003 con la quale Fabbri Bruno ha chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato trovandosi nelle condizioni di cui all'art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 ed ha nominato quale difensore l'avv. Davide Mosso del foro di Torino presso il quale ha eletto dornicilio; Visti i documenti prodotti; Letta la memoria redatta dal predetto difensore, con la quale e' stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 91, primo comma, lett. a) del citato d.P.R. n. 115 del 2002, con riferimento agli articoli 3 e 24 commi secondo e terzo della Costituzione; Premesso che il Fabbri e' stato imputato di una serie di violazioni della legge n. 516 n. 1982 e che, con sentenza in data 28 maggio 2001, il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, ha assolto il prevenuto da alcune di dette violazioni non essendo piu' previste dalla legge come reato, e lo ha, invece, ritenuto colpevole dei reati di cui agli articoli 8 legge n. 4 del 1929, 110 c.p. e 4 lett. d) legge n. 516/1982, contestatigli per avere emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti di diverse societa', negli anni 1995 e 1996; Premesso altresi' che, con sentenza del 10 marzo 2003, questa Corte ha confermato l'affermazione di penale responsabilita' del prevenuto, limitandosi a ridurre la pena a lui inflitta dal primo giudice; O s s e r v a Con il d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e' stato predisposto un testo unico di tutte le norme legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia che ha disciplinato in modo unitario tutta la complessa normativa concernente tale settore. L'art. 91, primo comma, lettera a) del citato d.P.R. prevede, tra le cause di esclusione dall'ammissione al gratuito patrocinio, la qualifica di «indagato, imputato ovvero condannato per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto». La norma in esame appare in contrasto con l'art. 24 commi secondo e terzo della Costituzione. Quest'ultima disposizione, infatti, impone al legislatore di assicurare, con la previsione di «appositi istituti», ai «non abbienti» «i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione» e, dunque, l'unico requisito, tra quelli richiesti per usufruire di detti «mezzi», e' quello di trovarsi in una particolare situazione di precarieta' economica. La norma legislativa sopra richiamata, invece, esclude la possibilita' di usufruire del patrocinio a spese dello State per tutti coloro che, pur risultando «non abbienti», ed essendo, quindi, nelle condizioni indicate nel precetto costituzionale, rivestono una particolare qualifica giuridica, vale a dire sono indagati, imputati o condannati per una determinata tipologia di reati fiscali. Si deve rilevare che la causa di esclusione dal patrocinio tipizzata nell'art. 91, primo comma, lettera a) del citato d.P.R. era gia' prevista (seppure solo limitatamente alla categoria degli imputati) nell'art. 1, comma 9, della legge 30 luglio 1990 n. 217. Nella vigenza di quest'ultima normativa la Corte costituzionale aveva ritenuto costituzionalmente ammissibili cause di esclusione dal patrocinio a spese dello Stato non fondate sulla mancanza del requisito della indigenza, ritenendo che a coloro, nei cui confronti dette cause fossero state operative, poteva comunque essere applicata la disciplina del «gratuito patrocinio» contenuta nel regio decreto 30 dicembre 1923 n. 3282, disciplina ritenuta «una prima, se pur minimale, ma costituzionalmente sufficiente, realizzazione del precetto che assicura ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione» (Sentenza 9 - 16 giugno 1994, n. 243). L'art. 23, legge 29 marzo 2001 n. 134 ha abrogato espressamente il regio decreto sopra richiamato e tale abrogazione e' stata ribadita dall'art. 298 del d.P.R. n. 115/2002. Ne discende che ai soggetti non abbienti, che si trovano nelle condizioni previste dall'art. 91, primo comma, lettera a) di tale d.P.R., viene a mancare non soltanto la tutela predisposta dalla nuova normativa in materia di patrocinio a spese dello Stato, che si applica a tutti gli altri non abbienti, ma anche quella pur minima salvaguardia del proprio inviolabile diritto di difesa che era assicurata dall'abrogato regio decreto. Il precetto costituzionale sancito nell'art. 24 della Costituzione appare, dunque, violato. La disposizione normativa in esame puo' ritenersi censurabile anche con riguardo all'art. 3 della Costituzione. Invero, se puo' essere ragionevole, in un'ottica di politica legislativa, che coloro che sono chiamati a rispondere di reati che procurano un danno patrimoniale allo Stato, non possono pretendere di godere di agevolazioni patrimoniali da parte di quest'ultimo, non e' altrettanto ragionevole che il severo trattarnento applicato a tali soggetti non sia stato previsto anche in ordine ad altri indagati, imputati o condannati per reati che, analogamente a quelli indicati nella norma censurata, consentono di accumulare ricchezze che sono sottratte al prelievo fiscale. La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di Fabbri Bruno e', dunque, rilevante e non manifestamente infondata.