Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato; Nei confronti della Regione Lazio in persona del suo presidente della giunta, avverso gli artt. 6 e 31 della legge regionale 27 febbraio 2004, n. 2 intitolata «Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2004», pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 7 del 10 marzo 2004. La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 29 aprile 2004 (si depositera' estratto del relativo verbale). L'art. 6 sopra menzionato e' composto da tre commi. Il comma 1 e' conforme a quanto affermato da codesta Corte nella ordinanza 10 aprile 2003, n. 120. Il comma 3 reca una precisazione condivisibile. Il comma 2 invece e' incompleto, o quanto meno ingenera incertezza, perche' riconosce «il diritto di rimborso» senza espressamente rammentare limiti temporali. Comunque, l'art. 6 appare, in via preliminare, costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 117 comma secondo, lettera E e 119, Cost., e con gli insegnamenti dati da codesta Corte nei paragrafi 5 e 6 della sentenza 26 gennaio 2004, n. 37, nel paragrafo 3.1 della sentenza 15 ottobre 2003, n. 311, nel par. 2 della sentenza 26 settembre 2003, n. 297 e nel par. 2.1 della sentenza 26 settembre 2003, n. 296. L'art. 31 concerne le «strutture di diretta collaborazione» con il Consiglio regionale (sulle quali l'art. 37 della legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6), ed in particolare i «servizi di supporto» (espressione dall'incerto significato) a dette strutture. Il comma 2 dell'art. 31 dispone che i servizi dei quali si tratta devono essere affidati («affida») alla S.p.a Lazio Service, la cui costituzione sarebbe stata «promossa» attraverso la S.p.a. Sviluppo Lazio in applicazione dell'art. 12 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10. Sulle vicende relative alla costituzione della s.p.a Lazio Service ed anche alla composizione del suo azionariato (dovrebbe essere una «societa' mista») la Regione vorra' fornire alla Corte ogni doverosa precisazione; per il momento puo' solo dirsi che la societa' e' stata costituita ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 per creare opportunita' ai lavoratori gia' impegnati in lavori socialmente utili. L'art. 31 citato al comma 3 stabilisce che la S.p.a. Lazio Service «garantisce ... un numero di unita' di personale pari a quello dei collaboratori esterni alla pubblica amministrazione» indicato in un regolamento (che la Regione vorra' cortesemente unire al suo atto di costituzione) del Consiglio regionale, ed in tal modo - se ben si e' compreso - avrebbe quantificato - pero' in modo non esplicito - la dotazione di personale dipendente dalla societa'; ed al comma 4, con norma per la «prima applicazione», prevede l'assunzione a tempo indeterminato degli anzidetti «collaboratori esterni» e riconosce una «priorita» a quelli di essi con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (il che lascia supporre che vi siano altri collaboratori con contratti di varie tipologie). Il comma 5 dell'art. 31 parrebbe consequenziale ai precedenti commi: esso sopprime nel comma 4, lettera c), dell'art. 37 dianzi citato, il numero 3 che devolveva al regolamento cui si e' accennato il compito di disciplinare il numero massimo del personale da scegliersi anche tra «esterni all'amministrazione regionale assunti con contratti a tempo determinato» di diritto privato. Il comma 7 dell'art. 31, pervero non del tutto univoco, recita «il personale di cui al comma 4 deve essere assunto con qualifica e trattamento pari a quello posseduto presso la Regione Lazio». Non precisato e' se alla S.p.a Lazio Service si applichino anche i commi 2 e 3 del citato art. 12. In relazione all'art. 31 in esame si pone la questione se - e del caso - entro quali limiti attivita' di una amministrazione pubblica non rivolte «all'esterno» ossia alla generalita' dei cittadini od a categorie di soggetti (ad esempio, gli imprenditori), possano essere raffigurate come «servizi» e possano, cosi' raffigurate - essere esternalizzate, senza contraddire l'art. 3, comma primo, l'art. 51, comma primo e l'art. 97, commi primo e terzo Cost., nonche' gli insegnamenti di codesta Corte (quali quelli contenuti nella sentenza n. 274 del 2003). In effetti, l'art. 31 in esame contrasta con i parametri costituzionali menzionati (ed anche con l'art. 3 comma 53 della legge finanziaria 24 dicembre 2003, n. 350 e quindi con i parametri costituzionali che detto comma sorreggono). Con detto articolo, in pratica, si consentono assunzioni di personale da adibirsi a compiti «interni», senza la garanzia costituzionale del concorso pubblico; garanzia posta a presidio sia della eguaglianza tra i cittadini sia del buon andamento delle amministrazioni pubbliche. Il cosiddetto «outsaurcing» non puo' divenire un modo di eludere l'anzidetta garanzia, specie se si considera l'eventualita' di una futura legge la quale immetta il personale di che trattasi nei ranghi della Regione (argomento questo del quale codesta Corte si e' gia' occupata). Ne' in contrario puo' addursi che una parte di detto personale proviene dai lavori socialmente utili. L'art. 10 citato pone dei limiti - «attivita' uguali, analoghe o connesse a quelle gia' oggetto dei progetti in questione» e che siano «in continuita' con i progetti medesimi» - che devono essere rispettati. Le societa' miste previste da detto articolo - ammesso che la S.p.a Lazio Service rientri nella categoria - non possono divenire strumenti «tutto fare», societa' commerciali libere di svolgere qualsiasi attivita' (oltretutto beneficiando di qualche privilegio).