ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2,
della  legge  della  Regione  Campania  14 agosto  1997, n. 19 (Nuova
disciplina per la fissazione dei canoni di locazione degli alloggi di
edilizia   residenziale  pubblica)  promosso  con  ordinanza  del  18
giugno 2003  dal  Tribunale  di Ariano Irpino nel procedimento civile
vertente   tra   Banca   Popolare   dell'Irpinia   S.r.l.  e  Antonio
Giovanniello,  iscritta  al  n. 674  del  registro  ordinanze  2003 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 marzo 2004 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che,  con ordinanza del 18 giugno 2003, il Tribunale di
Ariano  Irpino  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 2,  della  legge  della  Regione Campania 14 agosto 1997, n. 19
(Nuova  disciplina  per  la  fissazione dei canoni di locazione degli
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica),  nella  parte  in cui
stabilisce che l'assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale
pubblica  deve  produrre,  su richiesta degli enti gestori, a fini di
accertamento  periodico  del  reddito,  «la documentazione necessaria
entro  il  30 giugno di ogni biennio successivo all'entrata in vigore
della  presente  legge»  e  che,  qualora la documentazione non venga
prodotta  entro tale data, si applica la misura massima del canone «a
decorrere dal giorno successivo e sino al mese seguente all'eventuale
tardiva produzione della documentazione»;
        che il giudice rimettente censura la predetta norma in quanto
essa  introdurrebbe  una «irragionevole disparita' di trattamento tra
soggetti  assegnatari  di  alloggi dell'edilizia economica e popolare
che,  a  parita'  di  reddito,  sono  obbligati a pagare sino al mese
seguente  all'eventuale  tardiva  produzione  della documentazione un
canone   mensile   pari  alla  misura  massima  del  canone  previsto
dall'art. 2  della  legge  citata  per non aver provveduto ad inviare
allo IACP la documentazione richiesta», riflettendo la previsione del
trattamento  sanzionatorio,  nel  caso  di inadempimento del predetto
obbligo   di   comunicazione,   il  «perseguimento  di  un  interesse
dell'amministrazione  -  che  in  luogo di accertare autonomamente il
reddito  onera  l'assegnatario a comunicarlo - sganciato da posizioni
di effettiva diversita' sostanziale»;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la norma censurata -
«notevolmente   penalizzante»   per   l'assegnatario   rispetto  alla
normativa statale (legge 8 agosto 1977, n. 513, artt. 22 e segg.), in
quanto  consentirebbe  l'aumento  del  canone anche in assenza di una
preventiva  diffida  -  violerebbe,  altresi',  il  diritto di difesa
dell'assegnatario, dal momento che a nulla varrebbe «la dimostrazione
in  giudizio,  previa  esibizione  delle dichiarazioni dei redditi di
riferimento,  che il reddito percepito mai avrebbe giustificato alcun
aumento del canone».
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Ariano  Irpino  dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 2, della legge della
Regione  Campania  14 agosto  1997,  n. 19  (Nuova  disciplina per la
fissazione   dei  canoni  di  locazione  degli  alloggi  di  edilizia
residenziale   pubblica),   nella   parte   in  cui,  stabilendo  che
l'assegnatario  di un alloggio di edilizia residenziale pubblica deve
produrre,  su  richiesta  degli  enti gestori, a fini di accertamento
periodico   del   reddito,  la  documentazione  necessaria  entro  il
30 giugno  di  ogni  biennio  e  che, qualora tale documentazione non
venga  prodotta  entro  tale  data,  si applica la misura massima del
canone,   porrebbe   in   essere   una  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra soggetti assegnatari di alloggi di edilizia economica
e  popolare  in  funzione  dell'avere o meno gli stessi, a parita' di
reddito,  provveduto  ad  inviare  all'ente gestore la documentazione
richiesta;
        che,  ad  avviso del giudice rimettente, la norma censurata -
che,   tra  l'altro,  risulterebbe  «notevolmente  penalizzante»  per
l'assegnatario  rispetto  alla normativa statale - lederebbe altresi'
il  diritto  di difesa dell'assegnatario, non avendo alcun rilievo la
dimostrazione  in  giudizio  che  il  reddito  percepito  non avrebbe
giustificato alcun aumento del canone;
        che  la  disposizione  censurata,  nella parte in cui obbliga
l'assegnatario  a  produrre  la  documentazione  necessaria, entro il
30 giugno   di   ogni   biennio,  va  considerata  nell'ambito  della
disciplina  sull'assegnazione  di  alloggi  di  edilizia residenziale
pubblica  volta  a  perseguire  la  finalita'  di  favorire l'accesso
all'abitazione,  a  canoni inferiori a quelli correnti sul mercato, a
categorie di cittadini meno abbienti;
        che,  pertanto, nel quadro di questa finalita', l'onere della
comunicazione   posto  a  carico  dell'assegnatario  va  valutato  in
corrispondenza   del   beneficio   dell'assegnazione   dell'alloggio,
cosicche'  non  irragionevolmente  la norma censurata stabilisce che,
nei   confronti   degli  assegnatari  che  non  abbiano  prodotto  la
documentazione  richiesta  entro  il termine previsto, si applica - a
parita'  di reddito - la misura massima del canone, tanto piu' che il
predetto onere di comunicazione e' disciplinato dalla legge regionale
in   modo   tale   da   non   renderne   ingiustificatamente  gravoso
l'adempimento,    risultando   anche   agevolato   il   perseguimento
dell'interesse    pubblico   all'accertamento   del   reddito   degli
assegnatari;
        che  e'  altresi'  da  escludere il vulnus dell'art. 24 della
Costituzione,   non   determinando  in  alcun  modo  la  disposizione
censurata effetti di natura processuale;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  primo  comma,  della  legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.