IL TRIBUNALE Visti gli atti del procedimento penale iscritto a nome di Minescu Nicolae, cittadino rumeno, per il delitto ex art. 635 c.p.; Attesa l'eccezione di nullita' del decreto di citazione a giudizio formulata dal difensore ai sensi dell'art. 552, comma 2, c.p.p. Premesso che all'odierna udienza la difesa ha eccepito la nullita' del decreto di citazione a giudizio osservando che ne' il decreto, ne' l'avviso di conclusione delle indagini preliminari sono stati tradotti in lingua rumena o altra lingua compresa dal Minescu; Che, a sostegno di tale eccezione, la difesa ha invocato tanto la disposizione dettata dall'art. 6, comma 3, lettera a) della legge n. 418/1955 n. 848 (ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952) quanto quella dettata dall'art. 111, comma 3 Cost. (come novellato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2); O s s e r v a La legge non annovera tra le cause di nullita' la mancata traduzione degli atti del procedimento penale in una lingua compresa dall'imputato, onde, in applicazione del principio di tassativita' delle nullita', l'eccezione dovrebbe essere rigettata. Inoltre entrambe le disposizioni di legge richiamate presuppongono che l'interessato non comprenda la lingua usata per la redazione dell'atto, ma (per quanto attiene al processo penale italiano) non e' previsto alcun obbligo di accertamento preventivo della conoscenza o della non conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero. Entrambi i rilievi costituiscono motivo per ritenere rilevanti e non manifestamente infondate due questioni di legittimita' costituzionale strettamente connesse, entrambe aventi ad oggetto l'art. 109, comma 1 c.p.p.; ed entrambe per sospetto contrasto con l'art. 111, comma 3 Cost. La prima questione investe la norma nella parte in cui non prevede che siano nulli gli atti del procedimento penale compiuti in lingua italiana ove l'imputato straniero non la comprenda. La seconda la investe nella parte in cui non prevede che, a tale scopo, fin dal primo atto del procedimento, lo straniero sia interpellato circa la conoscenza o meno della lingua italiana.