ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 17, terzo,
quarto   e   quinto   comma,   della  legge  13 aprile  1977,  n. 114
(Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche), promosso con ordinanza del 12 maggio 2003 dalla Commissione
tributaria provinciale di Torino sul ricorso proposto da Giani Simona
contro  l'Agenzia  delle  entrate  -  Ufficio  di Chieri, iscritta al
n. 782  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 40, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 maggio 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il 12 maggio 2003, la
Commissione   tributaria  provinciale  di  Torino  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 3,  24 e 53 Cost., questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 17,  terzo,  quarto  e  quinto comma, della
legge   13 aprile   1977,   n. 114   (Modificazioni  alla  disciplina
dell'imposta  sul  reddito delle persone fisiche), nella parte in cui
prevede,  in  caso  di  dichiarazione  congiunta  dei  redditi,  «che
l'avviso  di  accertamento  in  rettifica e la cartella dei pagamenti
dell'imposta  sul reddito delle persone fisiche notificati in capo al
marito  siano  efficaci  nei  confronti  della moglie», ancorche' sia
intervenuta  «sentenza  di  separazione  legale o di scioglimento del
matrimonio»,  e  che,  anche in siffatta ipotesi, vi sia solidarieta'
fra coniugi nell'obbligazione tributaria per il pagamento di imposte,
soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del
marito;
        che  oggetto  del  giudizio  a  quo e' la legittimita' di una
cartella  di  pagamento,  notificata  ad una contribuente e da questa
tempestivamente  impugnata,  contenente  l'iscrizione  a ruolo di una
somma  di danaro a titolo di IRPEF e contributo per il SSN per l'anno
di imposta 1995;
        che  la  cartella  impugnata fa seguito ad un accertamento in
rettifica effettuato nei confronti dell'ex marito della ricorrente;
        che in epoca anteriore alla notificazione del suddetto avviso
di  accertamento  era  intervenuta la cessazione degli effetti civili
del matrimonio contratto dai coniugi de quibus;
        che la Commissione tributaria provinciale di Torino considera
rilevanti,  ai  fini della decisione, i commi terzo, quarto e quinto,
dell'art.  17 della legge n. 114 del 1977, i quali prevedono, in caso
di  dichiarazione  congiunta  dei redditi, che la notificazione della
cartella di pagamento e degli accertamenti sia eseguita nei confronti
del  solo  marito e che i coniugi siano solidalmente responsabili per
le somme iscritte a ruolo a carico del solo marito;
        che  il  rimettente,  sebbene riconosca in linea di principio
che  la  ratio  della  detta  disposizione stia nel consentire ai due
coniugi   una   unica   liquidazione   di  imposta,  con  conseguente
semplificazione  degli  adempimenti tributari, ritiene che, pur nella
interpretazione  datane  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza
n. 184   del   1989,   la   disciplina   in   questione   non  tuteli
sufficientemente il diritto di difesa, cosi' violando l'art. 24 della
Costituzione;
        che  il giudice a quo argomenta tale contrasto in quanto, pur
potendo  la  moglie  contestare in giudizio, anche oltre gli ordinari
termini,  la  pretesa  tributaria concernente atti o fatti imputabili
esclusivamente  al  marito,  costei,  per  difendersi,  e'  tenuta  a
ricostruire dati contabili e documenti fiscalmente rilevanti ai quali
potrebbe  non  avere  accesso,  non  essendo nella sua disponibilita'
materiale e giuridica;
        che  l'irragionevolezza  della  norma  emergerebbe  in  tutta
evidenza allorche' l'accertamento intervenga dopo la separazione o il
divorzio  dei  coniugi,  poiche',  per un verso, l'ordinamento prende
atto  del  fatto  che  non  si  e'  piu'  in  presenza  di un vincolo
familiare,  ma,  per altro verso, obbliga la moglie separata, o la ex
moglie,  ad  instaurare  un  giudizio,  per  opporsi  ad  una pretesa
tributaria  derivante da fatti a lei non imputabili, pur non avendo a
disposizione gli strumenti per conoscere i fatti di causa;
        che  il rimettente censura l'art. 17 anche nella parte in cui
prevede  la  responsabilita'  solidale  fra i coniugi, ritenendolo in
contrasto con gli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione;
        che, ad avviso della Commissione tributaria, che pur richiama
i  precedenti  provvedimenti  con  i  quali la Corte ha dichiarato la
manifesta infondatezza di analoghe questioni, la norma, dotata di una
sua  ratio  in  costanza di matrimonio, in difetto di tale condizione
sarebbe   illegittima,   poiche'   impone  alla  moglie,  separata  o
divorziata,  di  rispondere,  a  distanza di anni, delle obbligazioni
tributarie  del  marito,  aggravandone  in  maniera  ingiustificata e
discriminatoria la posizione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione;
        che  l'Avvocatura ricorda come la Corte abbia gia' scrutinato
la  norma  impugnata  anche riguardo alla sua applicazione in caso di
sopravvenuta  separazione  dei  coniugi,  con  provvedimenti  che, in
assenza    di    argomentazioni   nuove,   sciolgono   i   dubbi   di
costituzionalita' sollevati, dovendo, infatti, ribadirsi:
        che  la  dichiarazione  congiunta dei redditi e' una facolta'
per   i  contribuenti,  cui  conseguono  oneri  e  vantaggi  per  chi
l'eserciti;
        che   la  posizione  della  moglie,  coobbligata  in  solido,
sarebbe,  comunque,  garantita dal poter contestare anche nel merito,
di fronte agli organi della giurisdizione tributaria, la obbligazione
del  coniuge  entro i termini decorrenti dalla notifica dell'atto con
il  quale  ella  venga  per la prima volta a conoscenza della pretesa
tributaria nei suoi confronti;
        che  tale  tutela non risulterebbe vanificata dalla eventuale
separazione  fra coniugi o dallo scioglimento del matrimonio, potendo
ella  acquisire,  richiedendoli  all'amministrazione finanziaria, gli
atti   a  lei  non  notificati  e  presentare,  in  caso  di  tardiva
acquisizione,  motivi aggiunti di impugnazione ai sensi dell'art. 24,
comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992;
        che,  infine,  il  principio  di  capacita'  contributiva non
escluderebbe   ipotesi   di   solidarieta'   tributaria,  purche'  il
coobbligato  non  sia  estraneo alla posizione giuridica del debitore
principale.
    Considerato  che  la Commissione tributaria provinciale di Torino
dubita,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24 e 53 Costituzione, della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 17,  terzo,  quarto  e quinto
comma,   della  legge  13 aprile  1977,  n. 114  (Modificazioni  alla
disciplina  dell'imposta  sul  reddito  delle persone fisiche), nella
parte   in   cui  tale  disposizione  prevede,  nell'ipotesi  -  gia'
disciplinata  dal primo comma della medesima norma - di dichiarazione
congiunta dei redditi, che, anche in caso di sopravvenuta separazione
fra  coniugi  o  di  cessazione  del  vincolo  coniugale, l'avviso di
accertamento  in  rettifica  e  la  relativa  cartella  di  pagamento
dell'imposta    sul    reddito   delle   persone   fisiche,   sebbene
legittimamente  notificati  al  solo marito, siano efficaci anche nei
confronti  della  moglie,  e  che,  anche in siffatta ipotesi, vi sia
solidarieta'   fra   coniugi   nell'obbligazione  tributaria  per  il
pagamento  di  imposte,  soprattasse,  pene  pecuniarie  ed interessi
iscritti a ruolo a nome del marito;
        che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sollevato dal giudice
rimettente concerne evidentemente l'ipotesi in cui la responsabilita'
solidale   del   codichiarante   non   derivi   immediatamente  dalla
dichiarazione  dei  redditi sottoscritta da entrambi i coniugi, ma da
un  successivo  accertamento  in rettifica concernente redditi propri
dell'altro codichiarante;
        che   il   rimettente,   nel   dubitare   della  legittimita'
costituzionale  della  norma,  non  ha,  tuttavia,  esaminato,  avuto
riguardo alla elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in materia,
la  possibilita'  di  fornire  una interpretazione della norma stessa
diversa da quella sulla cui base la questione e' prospettata;
        che  pertanto la questione - in quanto carente di motivazione
in  punto  di  non  manifesta  infondatezza  - deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.