ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
30 gennaio    2003   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dall'onorevole  Alessio  Butti  nei  confronti  di  Roberto
Zaccaria e Vittorio Emiliani, promosso dal Tribunale di Roma, sezione
dei  giudici  per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare,
con  ricorso  depositato  il 19 aprile 2003 ed iscritto al n. 242 del
registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 giugno 2004 il giudice
relatore Francesco Amirante;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  10 aprile  2003,  il giudice
dell'udienza  preliminare del Tribunale di Roma ha promosso conflitto
di  attribuzione  tra  poteri dello Stato, nei confronti della Camera
dei  deputati, in relazione alla delibera adottata il 30 gennaio 2003
con  la  quale  -  in  conformita'  alla proposta della Giunta per le
autorizzazioni  a  procedere  - e' stato dichiarato che i fatti per i
quali  il  deputato Alessio Butti e' sottoposto a procedimento penale
per  il  delitto  di  diffamazione a mezzo stampa riguardano opinioni
espresse   da   quest'ultimo   nell'esercizio   delle   sue  funzioni
parlamentari  e  sono,  quindi,  insindacabili ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che  il  procedimento  penale  ha  preso avvio da una querela
sporta  nei confronti del suddetto deputato, in data 23 gennaio 2002,
da  Roberto  Zaccaria  e Vittorio Emiliani, all'epoca rispettivamente
presidente  e  componente  del consiglio di amministrazione della RAI
radiotelevisione  italiana  S.p.a.,  in  conseguenza  delle  seguenti
dichiarazioni  del  deputato Butti, riportate dalle agenzie di stampa
ANSA  ed AGI il precedente 30 ottobre 2001: «Si dovra' verificare per
quale  motivo  Zaccaria,  Emiliani  e compagni volevano concludere un
accordo  penalizzante  per  gli  interessi  della RAI. Ma soprattutto
perche',  all'indomani  della  presa d'atto negativa del Governo, gli
stessi  personaggi  si  stracciano le vesti per la mancata vendita di
Raiway:  non  vorremmo  che con la vignetta di sabato sul Foglio (gli
americani  che  riconsegnano le antenne si chiedono se devono rendere
anche  le mazzette) Vincino abbia, involontariamente e con il sorriso
sulle  labbra, rappresentato la verita' o qualcosa che si avvicina ad
essa»;
        che,   instaurato   il   procedimento   per   il  delitto  di
diffamazione  aggravata,  la  Camera  dei  deputati,  con la delibera
oggetto  del  conflitto,  ha  stabilito  che  le  dichiarazioni sopra
riportate  dovevano  ritenersi  rientranti  nella  prerogativa di cui
all'art. 68,   primo   comma,   Cost.,  e  cio'  perche'  nei  giorni
immediatamente  successivi  al rilascio delle medesime (sedute del 6,
14  e  21 novembre  2001)  si  era  svolto  in  seno alla Commissione
parlamentare  di  vigilanza  sul servizio pubblico radiotelevisivo un
dibattito  proprio  sul  «caso Raiway»; la stessa questione, inoltre,
era  stata  oggetto di interrogazione da parte del deputato Rositani,
appartenente al gruppo di AN come il deputato Butti;
        che   il  G.u.p.  del  Tribunale  di  Roma  osserva  come  la
giurisprudenza di questa Corte sia ormai costante nel ritenere che la
prerogativa in questione non possa coprire tutte le opinioni comunque
espresse  dal  parlamentare  nello  svolgimento  della  sua attivita'
politica,  bensi'  vada  ristretta  a quelle che sono legate da nesso
funzionale  con  l'attivita'  di  componente  di una delle Camere del
Parlamento  (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 10, n. 11,
n. 56,  n. 58 e n. 321 del 2000, nonche' la sentenza n. 79 del 2002),
senza  che  si  possa attribuire alcun rilievo agli atti parlamentari
svolti  in  un  momento  successivo ai fatti oggetto dell'imputazione
penale (sentenza n. 298 del 1998 di questa Corte);
        che    nel   caso   specifico,   invece,   le   dichiarazioni
dell'onorevole  Butti,  benche'  inserite  nel  contesto di un vivace
dibattito  politico,  sono  state rese ad un'agenzia giornalistica, e
quindi fuori dall'esercizio delle funzioni parlamentari tipiche;
        che,  infatti,  il  dibattito  avvenuto  nella Commissione di
vigilanza  e'  successivo  a  tali  dichiarazioni, ne' risulta che il
deputato  Butti  abbia assunto iniziative parlamentari sull'argomento
prima del rilascio delle medesime;
        che,  pertanto,  il G.u.p. del Tribunale di Roma conclude nel
senso  che  la  delibera di insindacabilita' opposta dalla Camera dei
deputati  si  deve  ritenere lesiva delle attribuzioni costituzionali
dell'autorita' giudiziaria e chiede pertanto alla Corte di dichiarare
che  non  spetta  alla  Camera adottare una simile deliberazione, con
conseguente annullamento della stessa.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a deliberare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando,
senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistano  i  requisiti
soggettivo  ed  oggettivo  di un conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato, impregiudicata rimanendo ogni definitiva decisione anche
in ordine all'ammissibilita';
        che,  quanto  al  requisito soggettivo, il Tribunale di Roma,
sezione  dei  giudici  per  le  indagini  preliminari  e dell'udienza
preliminare,   e'  legittimato  a  sollevare  il  conflitto,  essendo
competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento
del  quale  e'  investito,  la volonta' del potere cui appartiene, in
considerazione  della  posizione  di indipendenza, costituzionalmente
garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
        che  analogamente  la  Camera dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il   ricorrente  denuncia  la  menomazione  della  propria  sfera  di
attribuzione,  garantita  da  norme  costituzionali,  in  conseguenza
dell'adozione,   da   parte   della   Camera  dei  deputati,  di  una
deliberazione  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che
le  opinioni  espresse  da un proprio membro rientrano nell'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  in tal modo godendo della garanzia di
insindacabilita'   stabilita   dall'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.