LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: Angelino Di Bella, in proprio e quale azionista e presidente e legale rappresentante della Sanremo S.p.A. di Assicurazione e Riassicurazione, elettivamente domiciliato in Roma, via Antonio Gramsci 14, presso l'avv. Giampiero Dinacci, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti, ricorrente; contro Sanremo Asscurazioni e Riassicupazioni S.p.A. in l.c.a., in persona del Commissario liquidatore, elettivamente domiciliato in Roma, via Monte Parioli 12, presso l'avv. Gregorio Iannotta, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti, controricorrente; avverso le sentenze della Corte d'appello di Roma del 18 dicembre 1996-27 gennaio 1997 e del 16 marzo-10 maggio 1999. Vista l'istanza di ricusazione depositata da Angiolino Di Bella il 14 maggio 2004; Udito l'avv. G. Iannotta per la resistente; Udito il p.m., in persona del sostituto Procuratore generale dott. Vincenzo Gambardella, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo; Premesso che: 1. - L'appello proposto da Angiolino Di Bella, nella duplice veste di amministratore e socio della Sanremo Assicurazioni S.p.A., avverso la dichiarazione di insolvenza emessa, nel corso della l.c.a. della societa', dal Tribunale di Roma, veniva respinto dalla Corte d'appello di Roma con le sentenze 18 dicembre 1996-27 gennaio 1997 e 16 marzo-10 maggio 1999, che il Di Bella impugnava dinanzi a questa Corte di cassazione per ottenerne l'annullamento; l'udienza di discussione della causa veniva inizialmente fissata al 28 marzo 2001. 2. - In data 27 marzo 2001 - e quindi il giorno precedente l'udienza - Angelino di Bella presentava istanza di ricusazione del presidente del collegio. cons. Alfredo Rocchi. Il rinvio dell'udienza, disposto dal presidente per consentire la discussione e decisione della causa dinanzi a collegio diversamente composto, dava luogo ad una istanza del difensore del Di Bella, volta a sostenere la sospensione -, in forza della proposta ricusazione del processo, a chiedere l'esame della istanza di ricusazione da parte di altra sezione, ad eccepire l'incostituzionalita' - eccezione, peraltro, gia' proposta dalla Corte d'appello di Roma e di Perugia dell' art. 53 c.p.c., nella parte in cui e' prevista, per la decisione della istanza di ricusazione, la competenza dello stesso collegio di cui fa parte il giudice ricusato. Nuovamente fissata l'udienza di discussione al 9 maggio 2001, con ulteriore istanza, datata 5 maggio 2001 e rivolta al primo presidente della Cassazione, Angelino Di Bella, sostenendo la illegittimita' di tale nuova udienza - in quanto il processo doveva intendersi sospeso in forza della precedente ricusazione - ricusava i consiglieri Cappuccio (relatore) e Plenteda, in quanto facenti parte del precedente collegio e, poiche' gli stessi potevano aver influenzato il nuovo collegio, ricusava l'intero collegio (consiglieri Reale, Cappuccio, Plenteda, W. Celentano, Fioretti) nonche' tutti i giudici della prima sezione civile. L'istanza veniva dichiarata irricevibile - considerato che non e' demandato al primo presidente provvedere sulla ricusazione - ma analoga istanza veniva presentata alla cancelleria della prima sezione civile, ed il ricordato collegio, chiamato a giudicare la causa all'udienza del 9 maggio 2001; ritenendo il processo automaticamente sospeso ai sensi dell'art. 52 c.p.c. e non potendo comunque decidere su nessuna delle ricusazioni, perche' ricusato in quattro dei propri cinque membri, rimetteva gli atti al presidente della sezione. Le istanze di ricusazione venivano discusse all'udienza del 7 febbraio 2002 (da un collegio composto dai consiglieri De Musis, Losavio, Fioretti, Ceccherini, Macioce) e, con ordinanza depositata il 12 ottobre 2002, dichiarate inammissibili. Con istanza depositata il 3 febbraio 2003 Angelino Di Bella, nell'assunto che l'ordinanza 7 febbraio 2002 fosse nulla, perche' alla decisione aveva partecipato il consigliere Francesco Maria Fioretti, ricusato quale componente del collegio chiamato a giudicare all'udienza del 9 maggio 2001, e che, conseguentemente, non era stata ancora assunta una valida decisione sulla ricusazione dei consiglieri Cappuccio, W. Celentano, Plenteda e Fioretti; che dovevano, inoltre, essere ricusati i consiglieri Rosario De Musis, Giovanni Losavio, Aldo Ceccherini e Luigi Macioce, perche' componenti il collegio che, il 7 febbraio 2002, aveva deciso sulle precedenti ricusazioni, ricusava tutti i predetti. All'udienza del 6 febbraio 2003 (consiglieri Losavio, Cappuccio, Plenteda, W. Celentano, Macioce) preso atto dell'effetto sospensivo della proposta istanza di ricusazione, il collegio rinviava la causa a nuovo ruolo. Con ordinanza 15 aprile-15 luglio 2003 il collegio (consiglieri Saggio, Panebianco, Adamo, Piccininni, Giuliani) investito della nuova istanza di ricusazione, la rigettava. La discussione della causa veniva nuovamente fissata per l'udienza del 19 maggio 2004, ed il collegio (consiglieri De Musis, Cappuccio, Luccioli, Plenteda, Adamo) veniva, con istanza depositata in cancelleria il 14 maggio 2004, ricusato nei componenti De Musis, Cappuccio, W. Celentano e Plenteda per la ragione che il collegio e' formato da «consiglieri vittime del pregiudizio che vede tuttora la Sanremo insolvente nonostante l'ultimo bilancio di esercizio»; l'istante si domandava, inoltre «com'e' possibile che alcuni consiglieri della suprema Corte possano aver anticipatamente ed acriticamente accettato l'opinione espressa dalla Corte d'appello (e in cio' risiede il pre-giudizio) ritenendo insolvente la Sanremo nonostante la macroscopica evidenza degli accertamenti dei periti d'ufficio», in tal modo esponendo una nuova e diversa, rispetto alle precedenti, ragione di ricusazione. 3. - Osservava, in dibattimento, il difensore della procedura di l.c.a., che in tal modo il ricorrente e' in grado di bloccare all'infinito il processo ricusando ogni collegio, dal momento che la disciplina vigente non pone alcun limite alla reiterazione delle ricusazioni. Tanto premesso, si osserva: 4. - Il diritto di ricusare il giudice che, trovandosi in qualcuna delle situazioni di astensione obbligatoria previste dalla legge (S.U. 12345/01), non provveda ad astenersi, non sembra che possa - contrariamente a quanto sostiene la parte resistente - soffrire limitazioni quantitative, se non pregiudicando gravemente il diritto della parte al giusto processo, che l'incidente ricusatorio, nelle intenzioni del legislatore, e' destinato a tutelare. 5. - Sembra, invece, suscitare dubbi di costituzionalita' l'automatica sospensione del processo che la presentazione dell'istanza di ricusazione comporta. Il collegio non ignora le decisioni delle s.u. (3947 e 3948/1989) e delle sezioni semplici (Cass. 4804/1993; 2825/1995; 5307/1998) che hanno escluso l'effetto sospensivo automatico della presentazione della ricusazione, consentendone una previa delibazione di ammissibilita' da parte dello stesso giudice ricusato, ne' ignora che, anche recentemente, le s.u. 5729/2002 hanno condiviso lo «insegnamento giurisprudenziale che riconosce allo stesso giudice innanzi al quale l'istanza di ricusazione viene proposta il potere di sindacarne l'ammissibilita', quindi, di procedere oltre nel giudizio, senza sospenderlo, in caso di ritenuta manifesta inammissibilita», ma ritiene che la previsione dell'art. 52.3 c.p.c., che «la ricusazione sospende il processo» non possa essere intesa se non come assoluto automatismo, senza possibilita' alcuna di delibazione, anche in presenza di manifesti vizi di rito o di merito (ed in tal senso, infatti, la norma e' stata intesa - Cass. 1113/1984; Consta 2766/2000 - ed applicata dai vari collegi coinvolti nei vari incidenti di ricusazione intervenuti nel presente processo): il giudizio di inammissibilita' o di infondatezza e' infatti dall'art. 54 c.p.c. riservato espressamente al giudice della ricusazione. D'altronde l' interpretazione ora ripudiata, se puo' trovare una possibile giustificazione nel giudizio di merito in base al rilievo che in questo, convertendosi i vizi di costituzione del giudice in motivi di impugnazione, e' ancora consentito il controllo della ricorrenza della causa di ricusazione, non e' invece praticabile dal giudice di legittimita', le cui pronunce non sono suscettibili di impugnazione se non per errore di fatto revocatorio. Inoltre la necessita', affermata dalla Corte costituzionale (sentenze 78/2002 e 80/2003), che del collegio che decide la ricusazione non faccia parte il giudice ricusato (e, ove la ricusazione sia plurima, i giudici ricusati) impedendo che l'incidente possa essere definito nell'immediato rende inevitabile, sul piano fattuale, la sospensione del processo. 6. - Dall'automatismo della sospensione discende pero', secondo questo collegio, una evidente violazione del principio del giudice naturale - perche' lo strumento della ricusazione, poiche' le persone dei giudici di ogni ufficio sono di numero finito, ha l'effetto di «pilotare» la causa secondo gradimento -; del principio del giusto processo - perche' i «tempi» della decisione divengono incontrollabili -; del principio del contraddittorio - perche' viene attribuito ad una parte il potere di sospendere il corso del processo reiteratamente ed ad libitum; del principio di parita' ed uguaglianza delle parti - perche' la sospensione interviene ipso iure, senza che quindi la controparte possa in alcun modo rappresentare e far valutare le proprie, eventualmente difformi, esigenze. La ripartizione delle materie tra le sezioni civili della Cassazione, pur non prevista - a differenza che per le sezioni penali - dall'ordinamento giudiziario, e' pero' da sempre applicata, all'espresso fine di garantire la piu' piena e trasparente attuazione del principio dell'indipendenza ed imparzialita' del giudice, e quindi in consonanza con gli artt. 101 e 107 della Costituzione: principio indissolubilmente collegato al principio del giudice naturale che, attraverso l'abuso della ricusazione che l'attuale ordinamento consente, viene quindi ad essere violato. In attuazione dell'art. 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo, lo Stato italiano e' tenuto ad assicurare un equo processo entro un termine ragionevole e gli artt. 3 della l.s. 117/1988 e 2 della l.s. 89/2001, nonche' il novellato art. 111 della Costituzione, sono, nelle intenzioni, volti a garantire tale ragionevole durata che, dalla possibilita' di reiterate istanze di ricusazione, viene invece ad essere completamente travolta. Inoltre, nella peculiarita' del potere unilaterale di disposizione del processo che spetta al ricusante - tanto piu' evidente se confrontato sia con la diversa disciplina che, per tutte le altre cause di sospensione, e' dettata dagli artt. 295 ss. c.p.c., sia con le cautele previste per l'automatismo dei fatti naturali interruttivi - sembra ravvisabile anche una violazione del principio di ragionevolezza. Proprio perche' non presentano alcuna disposizione corrispondente all'art. 53.3 c.p.c. gli artt. 47, 48, 49 e 50 del r.d. 642/1907 consentono, al giudice amministrativo, una previa delibazione di ammissibilita' dell'istanza di ricusazione (Consta, sez. IV, 6511/2002; 2766/2000). E, se si aderisce all'indirizzo che, nell'incidente di ricusazione, ravvisa un procedimento sostanzialmente amministrativo (Cass. 1113/1984; 155/2000, 8729/2000) anche rispetto al disposto dell'art. 53.3 r.d 37/1934 si evidenzia una disparita' di disciplina che non sembra trovare logica giustificazione. 7. - La fattispecie - nella quale e' evidente che le ripetute istanze di ricusazione sono, in quanto non esprimono una «ragionevole» causa di ricusazione, manifestamente dilatorie - rivela che appare contrastante con i principi piu' volte sopra menzionati la mancata previsione che lo stesso giudice ricusato possa dichiarare inammissibile - senza pertanto sospendere il processo e rinviare al giudice della ricusazione - la istanza di ricusazione che, per qualsivoglia motivo, di rito o di merito, appaia «immediatamente» e «manifestamente» tale. 8. - Non ritiene il collegio che l'automatismo della sospensione possa essere considerato causa idonea ad impedire la proposizione incidentale della q.l.c. degli artt. 52, 53 54 c.p.c. in relazione agli artt. 3, 24, 25, 111 della Costituzione: proprio tale automatismo e' in contestazione e quindi, prima di riconoscerlo ed applicarlo, occorre investire della questione la Corte costituzionale, sospendendo a tal fine ed in attesa dell'esito della q.l.c. sollevata, ogni pronuncia, sia pure dichiarativa, della sospensione prevista dall'art. 52.3 c.p.c.