LA CORTE D'ASSISE D'APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale a
carico  di  D.G.,  nata  a  Torino  il  23  marzo 1970, elettivamente
domiciliata  in  Asti  presso  lo studio dell'avv. Mirate del foro di
Asti,  da  cui  e'  inoltre  difesa,  imputata  del reato di cui agli
artt. 575,  577)  n. 1  c.p, perche', colpendolo ripetutamente con un
colpo   contundente   al  capo  o  comunque  sottoponendolo  ad  atto
traumatico multiplo dal quale conseguiva frattura dell'osso parietale
e  delle  ossa nasali, cagionava volontariamente la morte del proprio
figlio  S.  A.  nato  il 16 ottobre 1996; in Valfenera, il 21 gennaio
1998.
    Vista  la  richiesta  scritta presentata dal procuratore generale
presso questa Corte d'appello affinche' sia disposta nei confronti di
D.  G.  la  provvisoria  applicazione della misura di sicurezza della
liberta' vigilata secondo le modalita' statuite in sentenza;
    Vista  la  sentenza  alla  quale  fa  riferimento  il procuratore
generale  nella  richiesta  ora  menzionata,  emessa da questa stessa
Corte in data 27 maggio 2004;
    Rilevato che, con la decisione sopra richiamata, in riforma della
sentenza pronunciata il 9 gennaio 2004 dal g.u.p. presso il Tribunale
di Asti questa Corte assolveva D. G. dal reato ascrittole perche' non
imputabile  per  vizio  totale  di  mente e, visti gli artt. 222, 228
c.p.,  applicava  all'imputata  la misura di sicurezza della liberta'
vigilata  per la durata minima di un anno, con le prescrizioni idonee
ad  evitare la commissione di nuovi reati che saranno determinate dal
competente magistrato di sorveglianza;
    Rilevato  che della sentenza non e' ancora divenuta irrevocabile,
non essendo decorso per intero il termine per proporre impugnazione;
    Udita la relazione del presidente relatore; osserva quanto segue.
    1.  -  Occorre  premettere che, con la sentenza emessa in data 27
maggio  2004,  questa  Corte  ha  assolto D. G. dal reato di omicidio
ascrittole  nel  capo di imputazione perche' non imputabile per vizio
totale  di  mente e, visti gli artt. 222, 228 c.p., ha applicato alla
predetta  imputata la misura di sicurezza della liberta' vigilata per
la durata minima di un anno, con le prescrizioni idonee ad evitare la
commissione  di  nuovi  reati  che saranno determinate dal competente
magistrato di sorveglianza.
    Occorre pure premettere che il procuratore generale, avendo preso
atto  della  sentenza  pronunciata,  ha  formulato  richiesta scritta
affinche'  fosse  disposta nei confronti dell'imputata la provvisoria
applicazione  della  misura  di  sicurezza  della  liberta'  vigilata
secondo le modalita' statuite in sentenza.
    Giova,   inoltre,  osservare  che  la  richiesta  presentata  dal
procuratore   generale   appare   fondata   sopra   taluni   passaggi
argomentativi  che si leggono nella motivazione della sentenza emessa
da questa Corte d'assise d'appello.
    Infatti  in essa, tra l'altro, si afferma che persiste tuttora la
pericolosita' sociale della persona condannata, sia pure in una forma
che  al  momento  e'  alquanto  attenuata,  ma  soltanto  perche'  la
prevenuta   e'   stata   fino   ad  ora  sottoposta  ad  una  terapia
farmacologica  che  e'  stata costantemente aggiornata secondo le sue
necessita',  mentre, qualora la somministrazione della terapia finora
prestata  fosse  invece  sospesa,  la  pericolosita',  fino  a questo
momento  rimasta  in  stato  di  latenza,  potrebbe  riassumere delle
dimensioni allarmanti.
    La  valutazione  che  predica  la persistenza della pericolosita'
sociale  e  l'adeguatezza  della  misura  di sicurezza della liberta'
vigilata  e', dunque, subordinata all'ipotesi che l'imputata prosegua
la  terapia,  che  potrebbe essere somministrata anche al di fuori di
una  struttura  sanitaria come la casa di cura nella quale l'imputata
era ristretta agli arresti domiciliari all'atto della pronuncia della
sentenza,  a  condizione  che  costei  sia  seguita con assiduita' da
personale  specializzato e che la terapia stessa sia modulata secondo
le   necessita'   della   paziente.   Solo  a  queste  condizioni  la
pericolosita' sociale potrebbe infatti essere contenuta.
    Dalla  constatazione  di  cui  si  e'  dato conto trae origine la
decisione  assunta  dalla  Corte  di  disporre  nei  confronti  della
prevenuta  la  misura  di  sicurezza  della  liberta' vigilata per la
durata  minima  di  un  anno,  corredata dalle prescrizioni idonee ad
evitare  la  commissione  di  nuovi reati che saranno determinate dal
competente   magistrato  di  sorveglianza,  essendo  ovvio  che  tali
prescrizioni  dovranno  stabilire  le  modalita'  con  cui  si potra'
controllare  che  costei  prosegua  la  terapia  finora  praticata ed
eventualmente  la modifichi in relazione all'evoluzione del suo stato
clinico.
    Pertanto  non  si puo' non concordare con il procuratore generale
quando  rileva  che  e'  pienamente giustificato attribuire rilevanza
all'esigenza attuale che l'imputata sia sottoposta senza ritardo alla
misura di sicurezza della liberta' vigilata.
    Si  tratta,  infatti, della misura di sicurezza che il giudice ha
reputato  fosse, tra quelle previste dalla legge, la piu' appropriata
ad   assicurare   adeguate  cure  alla  prevenuta  che  ha  giudicato
totalmente  inferma di mente ed a fare contemporaneamente fronte alla
perdurante sua pericolosita' sociale. E' quindi, certamente vero che,
se   e'  corretta  la  valutazione  sintetizzata  nelle  osservazioni
precedenti,  appare urgente ordinare l'applicazione provvisoria della
misura  di  sicurezza della liberta' vigilata in modo da ovviare alla
presente  carenza  di  cautele  e  di  controlli  nei confronti della
condizione  di  pericolosita'  sociale  dell'imputata.  Non  si puo',
invero, tralasciare di rilevare che la misura cautelare degli arresti
domiciliari  presso  una  casa di cura in precedenza applicata, - che
assicurava   che   non   fossero   trascurate  le  indicate  esigenze
terapeutiche  nello  stesso  tempo  in cui si prestava a contenere la
pericolosita'  sociale  dell'imputata, e' stata dichiarata inefficace
con  la menzionata sentenza 27 maggio 2004 e che la persona giudicata
pericolosa  socialmente,  dalla  data  della  sentenza,  non  e' piu'
sottoposta  ad  alcun  controllo  e  non e', ovviamente, obbligata ad
assumere terapia alcuna.
    2.  -  E'  appena  il  caso di ricordare che l'applicazione della
misura  di  sicurezza  della  liberta'  vigilata,  disposta da questo
giudice di merito con la sentenza piu' volte citata, e' fondata sopra
la possibilita' che e' stata dischiusa dalla sentenza n. 253/2003 del
2-18 luglio 2003 della Corte costituzionale.
    Questa  ha,  infatti,  dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 222  c.p., nella parte in cui precludeva al giudice, che in
concreto  ravvisasse  l'inidoneita'  della  misura  del  ricovero  in
ospedale  psichiatrico giudiziario a rispondere alle esigenze di cura
e di tutela della persona, da un lato, di controllo e di contenimento
della  sua pericolosita' sociale dall'altro, di adottare un'altra tra
le  misure previste dalla legge: e in specie la misura della liberta'
vigilata,  accompagnata,  ai sensi dell'art. 228, secondo comma c.p.,
da  prescrizioni  idonee,  nella  specie,  ad evitare le occasioni di
nuovi reati.
    In particolare, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
della  norma  dell'art. 222  c.p.  e'  stata motivata con riferimento
all'eccessiva  rigidita'  del  vincolo  che  imponeva  al  giudice di
disporre  comunque  la  misura  detentiva  del  ricovero  in ospedale
psichiatrico  giudiziario anche quando una misura meno drastica, e in
particolare  una  misura  piu'  elastica  e  meno  segregante come la
liberta'  vigilata, accompagnata da prescrizioni imposte dal giudice,
di contenuto non tipizzato, appariva capace in concreto di soddisfare
le  esigenze  di  cura  e  di  tutela  della persona interessata e di
controllo della sua pericolosita' sociale.
    La  Corte  costituzionale  ha  preso  in considerazione, a questo
fine,  un primo profilo di contrasto con l'art. 3 della Costituzione,
laddove  era  stata denunciata la disparita' di trattamento in cui si
veniva  a  trovare  il maggiorenne affetto da vizio totale di mente e
giudicato  socialmente  pericoloso, al quale era imposta la misura di
sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, rispetto
al  minore  non imputabile ed al seminfermo pericoloso socialmente, a
cui  possono  invece  essere  applicate  la  misura  del riformatorio
giudiziario  e  della  liberta'  vigilata  o  della casa di cura e di
custodia.  Ha inoltre evidenziato un secondo profilo di contrasto con
l'art. 32  della  Costituzione,  in  quanto  la  scelta  del ricovero
segregante  in  ospedale  psichiatrico giudiziario e' stata giudicata
potenzialmente  lesiva  del diritto alla salute della persona inferma
di mente che abbia commesso un delitto che comporti una pena edittale
superiore  nel  massimo  a due anni: vale a dire lesiva di un diritto
tutelato dalla richiamata disposizione della Carta costituzionale.
    Con  la  menzionata  pronuncia  ha  rilevato che un'unica scelta,
qual'era   quella   dell'ospedale  psichiatrico  giudiziario  secondo
l'originaria  previsione dell'art. 222 c.p, puo' rivelarsi lesiva, in
concreto,  del necessario equilibrio fra le diverse esigenze che deve
invece  necessariamente  caratterizzare questo tipo di fattispecie, e
persino tale da pregiudicare la salute dell'infermo: cio' che non era
in  nessun  caso ritenuto ammissibile. Cura e controllo dell'infermo,
secondo  l'insegnamento  della Corte, devono invece essere realizzate
attraverso  un  bilanciamento  di  diverse  esigenze  costituzionali,
mentre  si deve ritenere incostituzionale lo stesso automatismo della
regola legale che imponeva al giudice, in caso di proscioglimento per
infermita'   mentale   per  delitto  comportante  una  pena  edittale
superiore   nel   massimo   a  due  anni,  di  ordinare  il  ricovero
dell'imputato   pericoloso   socialmente   in  ospedale  psichiatrico
giudiziario  per un periodo minimo di due anni, ovvero per un periodo
piu'  lungo  in  relazione alla diversa pena edittale prevista, senza
consentirgli  di disporre, in alternativa, misure diverse, pur quando
in   concreto   la   prima   misura   non   appariva   adeguata  alle
caratteristiche  del  soggetto,  alle sue esigenze terapeutiche ed al
livello della sua pericolosita' sociale.
    Questo  giudice  ha,  pertanto,  disposto  la misura di sicurezza
della  liberta'  vigilata,  individuandola  appunto,  tra  le  misure
previste  dalla  legge,  come quella piu' idonea, avuto riguardo alla
particolarita'   del  caso  concreto,  ad  assicurare  adeguate  cure
all'imputata  inferma  di mente ed a fronteggiarne contemporaneamente
la pericolosita' sociale. E cio' perche' ha ritenuto, sulla falsariga
del  richiamato  insegnamento  della  Corte  costituzionale,  che una
misura  di  sicurezza non detentiva quale quella prescelta fosse piu'
di   ogni  altra  adatta  a  garantire  l'equilibrio  delle  esigenze
ravvisabili  nel  caso di specie ed a tutelare il diritto alla salute
della  persona  prosciolta per totale infermita' di mente, sempre che
la  misura  adottata  fosse stata integrata da prescrizioni intese ad
evitare  la  commissione  di  nuovi  reati,  demandate  al competente
magistrato di sorveglianza.
    3.  -  E'  necessario  a  questo  punto  valutare  se puo' essere
applicata  provvisoriamente  la  misura  di  sicurezza della liberta'
vigilata   nei   confronti   dell'imputata,   come  ha  richiesto  il
procuratore generale.
    Infatti  questo  giudice  ha compiuto un accertamento positivo in
ordine  alla  perdurante  pericolosita'  sociale della persona che ha
prosciolto  per vizio totale di mente ed ha reputato che la misura di
sicurezza  della  liberta'  vigilata  fosse  la misura piu' capace di
salvaguardare,  nello  stesso  tempo,  le  esigenze  terapeutiche del
soggetto   affetto   dall'infermita'   di  mente  e  di  tutelare  la
collettivita'  nei confronti della persistente pericolosita' sociale.
Sussistono  quindi  indubbiamente  i  due  presupposti da cui dipende
l'applicazione   provvisoria   della  misura  di  sicurezza  a  norma
dell'art. 206 c.p.
    All'applicazione   provvisoria   della   liberta'  vigilata  osta
tuttavia   la   considerazione  che  l'art. 206  citato  prevede  nei
confronti dell'infermo di mente, cosi' come nei confronti del minore,
dell'ubriaco  abituale,  della  persona  dedita  all'uso  di sostanze
stupefacenti  o  in  stato  di  cronica intossicazione da alcool o da
sostanze stupefacenti, soltanto il ricovero in riformatorio oppure in
ospedale  psichiatrico  giudiziario o in casa di cura e di custodia e
non anche la misura di sicurezza della liberta' vigilata.
    Non  sarebbe  fondato  ribattere  che,  in quanto la misura della
liberta'  vigilata  costituisce  un  minus,  sotto  il  profilo della
restrizione  apportata  alla liberta' personale, rispetto al ricovero
in  ospedale  psichiatrico giudiziario, si deve riconoscere il potere
di  applicare  provvisoriamente  la misura della liberta' vigilata al
giudice  che  ravvisa i presupposti per l'applicazione provvisoria di
una  misura  di  sicurezza,  perche'  la liberta' vigilata e' l'unica
misura  ritenuta  idonea ad assicurare, nel caso concreto, la cura ed
il  controllo  dell'imputato  infermo  di  mente. L'osservazione urta
insuperabilmente contro l'obiezione che la disposizione dell'art. 25,
terzo  comma  della  Costituzione, stabilisce che nessuno puo' essere
sottoposto  a  misure  di  sicurezza  se  non nei casi previsti dalla
legge.  Dunque,  poiche'  l'art. 206  c.p. non prevede l'applicazione
provvisoria  della  misura  della  liberta'  vigilata,  essa non deve
intendersi  consentita  alla  stregua dell'attuale formulazione della
norma.
    Cio'  non  esclude  che  la  mancata previsione dell'applicazione
provvisoria  della  liberta'  vigilata  appaia  evidentemente  legata
all'automatismo  della regola legale che imponeva al giudice, in caso
di  proscioglimento  per infermita' di mente, di ordinare il ricovero
dell'imputato  in  ospedale  psichiatrico  giudiziario.  E', infatti,
evidente  che,  fino a quando l'art. 222 c.p. prevedeva che, nel caso
di  proscioglimento per infermita' psichica ovvero per intossicazione
cronica da alcool o da sostanze stupefacenti ovvero per sordomutismo,
fosse   sempre   ordinato   il  ricovero  dell'imputato  in  ospedale
psichiatrico  giudiziario,  per  logica  consequenzialita' l'art. 206
c.p.,   dedicato   all'applicazione   provvisoria   delle  misure  di
sicurezza,  non  poteva prevedere nel confronti dell'infermo di mente
l'applicazione provvisoria di nessun'altra possibile misura se non di
quella  dell'ospedale psichiatrico giudiziario o della casa di cura e
di  custodia,  riservando  il  ricovero  in riformatorio al minore di
eta'.  Non  poteva  prendere,  pertanto,  in  considerazione le altre
misure elencate dalla legge.
    Scaturisce  inevitabilmente  dalla  sopravvenuta dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 222  c.p.  stabilita  dalla
sentenza  n. 253/2003 della Corte costituzionale - nella parte in cui
in  cui  questa  disposizione non consente al giudice di adottare, in
luogo  del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa
misura  di  sicurezza tra quelle previste dalla legge, - che la norma
dell'art. 206  c.p.,  laddove  dispone che l'applicazione provvisoria
della  misura  di  sicurezza  nei  confronti dell'infermo di mente e'
obbligatoriamente  limitata  al  ricovero  in  ospedale  psichiatrico
giudiziario  o  in  casa  di  cura di custodia, appare a sua volta di
assai dubbia legittimita' costituzionale.
    La   limitazione  posta  dall'art. 206  c.p.,  infatti,  pone  in
evidenza  gli  stessi  profili di contrasto con le disposizioni degli
artt. 3  e  32 della Costituzione che sono gia' stati ravvisati dalla
Corte  costituzionale  in  sede  di dichiarazione dell'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 222  stesso  codice, nella parte in cui non
prevedeva  altra  misura  di sicurezza tranne il ricovero in ospedale
psichiatrico   giudiziario   nei   confronti  dell'infermo  di  mente
prosciolto per vizio totale di mente.
    E'  invero innegabile che la formulazione della norma indicata, -
in  forza  della  quale  l'applicazione  provvisoria  della misura di
sicurezza,  nei  casi  di  cui  si  discute, deve intendersi limitata
obbligatoriamente,  per  quanto  concerne  il  maggiorenne infermo di
mente  pericoloso  socialmente,  al ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario, - concreta un primo profilo di disparita' di trattamento
dell'infermo   di   mente   rispetto   al  minore  di  eta',  poiche'
quest'ultimo soggetto puo' ingiustificatamente fruire della misura di
sicurezza  del  ricovero  in  riformatorio  giudiziario oltre che del
ricovero  in  ospedale  psichiatrico giudiziario. Essa integra quindi
una  violazione  del  principio  stabilito  dall'art. 3  della  Carta
costituzionale.
    E',  inoltre,  indubitabile  che  la  norma  dell'art. 206 citato
concreta anche un contrasto con l'art. 32 della Costituzione.
    In verita' la disposizione in esame impone al giudice, - in tutti
i   casi   in   cui  appare  certa  l'attuale  pericolosita'  sociale
dell'imputato infermo di mente e si ritiene urgente l'adozione di una
misura  di  sicurezza  idonea  a  soddisfare le esigenze di cura e di
tutela   del   soggetto  insieme  con  il  controllo  della  rilevata
pericolosita', - di applicare provvisoriamente la misura di sicurezza
del  ricovero  in  ospedale  psichiatrico giudiziario, benche' questa
possa  essere  giudicata  meno  idonea  della misura di sicurezza non
detentiva  della liberta' vigilata a garantire che l'infermo di mente
sia  curato,  cosi'  vincolandolo ad una scelta potenzialmente lesiva
del diritto alla salute tutelato dall'art. 32 della Costituzione.
    Il   contrasto  segnalato  appare,  per  di  piu',  ulteriormente
censurabile  in  quanto  si presta a realizzare senza ragione, con il
trascorrere  del  tempo,  una  dannosa discontinuita' terapeutica nei
confronti  del  medesimo  soggetto.  Infatti  vincola  il  giudice ad
applicare  provvisoriamente,  nei  casi  di  urgenza,  la  misura del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario anche quando questa sia
ritenuta  meno  idonea  a tutelare la salute dell'infermo di mente, e
consente solo in un secondo tempo, cioe' solo dopo che la sentenza di
proscioglimento  sia  divenuta  irrevocabile, che la misura applicata
venga  sostituita  con  quella, in ipotesi ritenuta piu' appropriata,
della   liberta'   vigilata,  come  e'  consentito  in  seguito  alla
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 222 c.p.
sancita  dalla  sentenza  n. 253/2003.  Attua  cosi  dei  trattamenti
terapeutici tra loro disomogenei, percio' potenzialmente dannosi alla
salute dell'imputato.
    4.  -  Devono  essere,  pertanto,  ritenute,  sulla  scorta delle
ragioni sin qui esposte, la rilevanza e la non manifesta infondatezza
della  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 206 c.p.,
per  contrasto di tale norma con gli artt. 3, primo comma e 32, primo
comma  della  Costituzione,  per la parte per cui non prevede che nei
confronti  dell'imputato  maggiorenne  infermo  di mente possa essere
applicata   provvisoriamente   un'altra   misura   di   sicurezza,  e
segnatamente la misura di sicurezza della liberta' vigilata, in luogo
della  misura  del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in
casa di cura e di custodia.
    Consegue  a  questa osservazione che la questione di legittimita'
della  norma  dell'art. 206 c.p. sia rilevata di ufficio, non potendo
il  giudizio  in  ordine all'applicazione provvisoria della misura di
sicurezza  essere  definito  indipendentemente dalla sua risoluzione.
Essa   deve,  dunque,  essere  sottoposta  al  giudizio  della  Corte
costituzionale ed il processo deve quindi essere sospeso.