IL TRIBUNALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale.
    Premesso  che  in  data  5 marzo  2004 alle ore 3,30 Dona Masy e'
stata  tratta  in  arresto  per  il reato p. e p. dall'art. 14, comma
5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998  perche'  senza  giustificato  motivo  si
tratteneva  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione dell'ordine
impartita  dalla Questura di Venezia in data 5 novembre 2003 ai sensi
del comma 5-bis del citato articolo;
        che   in  data  odierna,  6 marzo  2004,  ore  10,  e'  stata
presentata   davanti   a  questo  giudice  per  la  convalida  ed  il
contestuale   giudizio   direttissimo  a  norma  dell'art. 14,  comma
5-quinquies, d.lgs. n. 268/1998;
        che  successivamente  all'interrogatorio  dell'arrestata,  il
p.m.   ha   chiesto   la   convalida   dell'arresto   senza  chiedere
l'applicazione di alcuna misura cautelare; osserva quanto segue.
    1.  -  L'art. 14,  comma  5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 e succ.
mod.,  nel  prevedere  un  generale obbligo di arresto ad opera della
p.g.  per  il  reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, legge cit., si
pone  in violazione dell'art. 13, comma terzo della Cost.. L'articolo
in  questione,  dopo  aver  stabilito  che  la  liberta' personale e'
inviolabile  ed  aver  specificato  che  eventuali  restrizioni della
liberta'  in  questione  possono  essere  disposte  solo  in  base  a
previsione  di  legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
prevede  al  comma  terzo  una  deroga  in  forza della quale in casi
eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente dalla
legge  e'  possibile  l'adozione di provvedimenti provvisori da parte
dell'autorita' di pubblica sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la  legge stabilisce la pena
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e  nel massimo a venti (art. 380, comma 1 c.p.p.) e nei casi di
flagranza  di  altri reati specificamente indicati (art. 380, comma 2
c.p.p.),  individuati  dal  legislatore  in  base  alla  legge delega
16 febbraio  1987,  n. 81,  che  prevedeva  di  contemplare l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotate  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.  E' dunque evidente che in tali casi ricorrano i presupposti
della necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di  cui all'art. 14, comma 5-ter non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.
    Il  reato  in  esame  non  e'  quindi  tale da destare un elevato
allarme  sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo l'adozione
immediata di un provvedimento limitativo della liberta' personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla p.g. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali privative in tutto od in parte della liberta'.
    L'art. 121  disp.  att.  c.p.p., stabilisce infatti che quando il
p.m.  ritiene  di  non  dover  chiedere  al giudice l'applicazione di
misura  cautelare  coercitiva  deve  disporre l'immediata liberazione
dell'arrestato o del fermato. E' evidente che tale norma deve trovare
applicazione  anche nell'ipotesi in cui il reato non consenta nemmeno
in astratto di poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2.  -  Peraltro,  non si vede sotto quale altro profilo l'arresto
possa   assolvere   una   utile   funzione,  posto  che  il  giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerato, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi al
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998, norma in esame, sia costituzionalmente illegittima nella
parte  in  cui prevede l'arresto, obbligatorio anche sotto il profilo
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost..
    3. - La Corte costituzionale deve pertanto essere investita della
questione  di  legittimita'  dell'art. 14,  comma  5-quinquies, legge
cit., per violazione degli artt. 3 e 13, comma terzo Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.