IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa iscritta al
n. 852  del  R.G.A.C.  2003 avente ad oggetto: appello verso sentenza
n. 362  del  19-24  febbraio  2003  del  giudice  di  pace  di  Torre
Annunziata,  e  vertente  tra  R.A.S.  Riunione Adriatica di Sicurta'
S.p.a.,  in  persona  del  legale  rappresentante p.t., elettivamente
domiciliato  in  Napoli  alla  via  S. Tommaso d'Aquino n. 15, presso
l'avv.  Mario  Tuccillo  dal  quale  e'  difeso in forza di procura a
margine  dell'atto  di  appello, unitamente all'avv. Michele Roma, in
forza  di  procura  generale  alle  liti  conferita con atto a rogito
notaio  Monica  Grammatica  di  Milano  del  5 marzo 2003, rep. 1806,
appellante,  e  Grassano  Alfonso, elettivamente domiciliato in Torre
Annunziata  al  corso Vittorio Emanuele n. 241, presso l'avv. Antonio
Aprea,  dal  quale  e'  difeso  in  forza  di procura a margine della
comparsa di costituzione, appellato.

                           P r e m e s s a

    Con  atto di citazione ritualmente notificato in data 23 dicembre
2002  Grassano  Alfonso  conveniva in giudizio, davanti al giudice di
pace  di  Torre  Annunziata,  la  RAS  Riunione Adriatica di Sicurta'
S.p.a., per sentirla condannare alla restituzione della somma di Euro
85,53  pari  a  20% del premio da lui pagato per la polizza di R.C.A.
relative  all'autovettura  di propria proprieta' dal 5 luglio 1999 al
5 luglio  2000;  a  sostegno  della domanda esponeva che l'aumento di
premio    corrisposto    era    da   considerare   illegittimo;   che
l'illegittimita'  dell'aumento  era  conseguenza  di  un  accordo  di
cartello  tra  le  compagnie  di  assicurazione  volto ad attuare una
pratica  restrittiva della concorrenza, come accertato dall'Autorita'
Garante  della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento n. 8546
del 28 luglio 2000, confermato dal Tribunale amministrativo regionale
Lazio  con  sentenza  6139  del  2001,  confermata  a  sua  volta dal
Consiglio  di  Stato  con  sentenza 2199 del 26 febbraio 2002; che in
forza  del predetto cartello la compagnia assicuratrice aveva abusato
della   posizione   di   contraente   forte   imponendo   un  aumento
ingiustificato  del  premio,  quanticabile  nel  20%  del  premio;  e
pertanto  domandava  ai sensi dell'art. 2033 c.c. la restituzione del
maggior  importo  corrisposto, il tutto nei limiti del valore di Euro
1032,91.
    Radicatasi  la  lite,  si  costituiva  la  societa' convenuta che
contestava  la  domanda,  ed  eccepiva l'incompetenza per materia del
giudice  di  pace in favore della Corte d'appello; l'incompetenza per
territorio; e nel merito l'infondatezza della domanda.
    Il  giudice  di  pace,  a seguito di istruttoria documentale, con
sentenza n. 362 del 19-24 febbraio 2003 accoglieva la domanda attorea
e condannava la convenuta al pagamento delle spese di lite.
    Contro  tale sentenza interponeva appello la RAS s.p.a., con atto
di citazione notificato in data 28 marzo 2003 per i seguenti motivi:
        incompetenza  funzionale  del  giudice  di  pace,  devolvendo
l'art. 33 della legge n. 287 del 1990 la competenza a conoscere delle
azioni  di  nullita'  e  di  risarcimento  del  danno  in relazione a
condotte rilevanti per medesima legge alla Corte di appello, nel caso
di specie di Milano o di Napoli;
        incompetenza  territoriale  del  giudice  di  pace  di  Torre
Annunziata in favore di quello di Milano;
        infondatezza nel merito;
    Costituitosi   l'appellato,   che   eccepiva   l'inammissibilita'
dell'appello  in forza dell'art. 1-bis del d.l. n. 18 dell'8 febbraio
2003  conv.  con modifiche dalla legge n. 63 del 2003, trattandosi di
controversia decisa secondo equita' e contestava i motivi di appello,
era acquisito il fascicolo del giudizio di primo grado e la causa era
assegnata   in   decisione   all'udienza  del  10 dicembre  2003  con
concessione  dei termini di giorni sessanta e successivi venti per lo
scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

                            O s s e r v a

    Parte  appellante  ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1-bis   del   d.l  n. 18  dell'8 febbraio  2003  conv.  con
modifiche   dalla   legge  63  del  7  aprile  2003  con  riferimento
all'art. 24   Cost.;   tale   questione   appare  ammissibile  e  non
manifestamente infondata, nei termini che seguono.
    1.  -  Si  deve  osservare  preliminarmente che l'art. 1 del d.l.
n. 18 dell'8 febbraio 2003 ha modificato l'art. 113 c.p.c. stabilendo
che il giudice di pace decida secondo diritto le cause che pur avendo
valore  inferiore  a  millecento  euro  siano  derivanti  da rapporti
giuridici  relativi  a contratti conclusi secondo le modalita' di cui
all'art. 1342 c.c. Il decreto-legge nella sua formulazione originaria
non contiene alcuna disciplina transitoria.
    Il  d.l.  n. 18/2003  e' stato convertito con legge 7 aprile 2003
n. 63,  con  l'introduzione dell'art. 1-bis che ha stabilito altresi'
che  la  regola  predetta  si  applichi  ai  giudizi  instaurati  con
citazione a partire dal 10 febbraio 2003.
    In  forza  del  disposto  dell'art. 339  terzo  comma c.p.c. sono
inappellabili le sentenze emesse dal giudice di pace secondo equita';
sono   quindi  pienamente  appellabili  le  sentenze  emesse  secondo
diritto.
    I decreti-legge sono immediatamente vigenti ai sensi dell'art. 77
Cost. dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
    Costituisce  orientamento  consolidato  della  giurisprudenza  di
legittimita', tale da costituire diritto vivente, che le disposizioni
processuali  si  applichino anche ai processi in corso, in assenza di
una  specifica  disciplina transitoria (cfr. Cass. civ., Sez. III, 12
maggio 2000, n. 6099; Cass. civ., Sez. lav., 1° aprile 1996, n. 2973;
Cass. civ., Sez. un., 15 maggio 1992, n. 5792).
    Le  disposizioni  in  esame, regolando la materia del criterio di
giudizio  da  seguire da parte del giudice nonche' il connesso regime
di  appellabilita'  della sentenza, costituiscono senza dubbio alcuno
disposizioni   di   carattere  processuale  (in  quanto  incidono  su
specifiche facolta' processuali quali quelle della regola di giudizio
e del regime delle impugnazioni della sentenza) e non sostanziale.
    2. - Tutto cio' premesso si deve rilevare quanto segue.
    Il  presente  giudizio  risulta  introdotto con atto di citazione
notificato in data 23 dicembre 2003.
    Esso  ha  ad  oggetto azione di restituzione di somme corrisposte
nell'ambito   di   rapporto   contrattuale   di  assicurazione  sulla
responsabilita'  civile  automobilistica;  pacifico  ed  incontestato
(oltre  che  documentato  in  atti)  e' quindi che tale contratto sia
stato  stipulato  per  moduli  e  formulari e rientri nella tipologia
dell'art. 1342 c.c.
    La   controversia   rientra   pertanto   nella   previsione   del
decreto-legge.
    La decisione risulta assunta in data 19-24 febbraio 2004.
    La   sentenza  di  primo  grado  risulta  notificata  dall'attore
all'odierna  appellante  in  data  27 febbraio  2003, con conseguente
applicazione del termine breve per impugnare, ex art. 326 c.p.c.
    L'appello  risulta  proposto con atto notificato in data 28 marzo
2003.
    3.  - Pertanto in forza dei principi dell'immediata vigenza delle
disposizioni  emesse con decreto-legge e dell'applicabilita' anche ai
processi  in  corso  delle sopravvenute disposizioni aventi carattere
processuale,  la  controversia,  stante la sua natura, in primo grado
doveva  essere  decisa secondo diritto (come in effetti risulta anche
essere avvenuto in base alla lettura della sentenza medesima).
    Anche alla data di proposizione dell'appello risultava vigente il
d.l.  n. 18/2003  che,  nulla  disponendo  in  merito alla disciplina
transitoria,  doveva  ritenersi  immediatamente  applicabile,  con la
conseguenza  che,  dovendo  essere la lite decisa secondo diritto, la
relativa sentenza doveva considerarsi appellabile.
    Pendente   la  causa  in  appello  e'  intervenuta  la  legge  di
conversione che ha disposto l'applicabilita' delle nuove disposizioni
solo  per  i  giudizi  introdotti  a  partire  dal  10 febbraio 2003,
escludendo  quindi tutti quelli introdotti in precedenza, tra i quali
il   presente   giudizio,   anche   se  decisi  nella  vigenza  delle
disposizioni del decreto-legge.
    In  forza  dell'art. 1-bis  della  legge di conversione n. 63 del
2003 la parte appellata ha eccepito l'inammissibilita' dell'appello.
    4.   -   L'appellante   ha  dedotto  l'incostituzionalita'  della
normativa in questione, con riferimento all'art. 24 Cost.
    La  questione  appare  rilevante,  nei  termini  di cui sopra, in
quanto ha ad oggetto la norma (il predetto art. 1-bis) sulla quale si
fonda l'eccezione d'inammissibilita' del presente appello.
    La  questione  appare  inoltre  non  manifestamente  infondata in
quanto  la  sopravvenuta  inammissibilita'  dell'appello, conseguente
all'applicazione  del  predetto  art. 1-bis  della  legge n. 63/2003,
appare  lesiva  del  diritto  di  difesa  dell'appellante,  garantito
dall'art. 24 della Costituzione, in quanto lo stesso, alla luce delle
premesse  in  diritto sopra svolte, alla data di scadenza del termine
breve  per  impugnare  (essendogli  stata  la sentenza notificata) ha
proposto  gravame  nell'unica  forma  consentita  dalle  disposizioni
allora  vigenti  (e  cioe'  mediante atto di appello); mentre solo in
sede  di  legge  di  conversione,  successiva all'instaurazione della
presente  fase  di giudizio, il legislatore ha precisato che le nuove
disposizioni  non  si  applicassero  a  giudizi  introdotti prima del
10 febbraio 2003.
    In  forza  di  tale  disposizione l'odierno appellante si vede di
fatto  privato  del  mezzo  di  impugnazione  esperito  nonche' della
facolta'  di proporre ricorso per cassazione, anche in considerazione
del    consolidato   orientamento   giurisprudenziale   che   ritiene
inapplicabile  l'istituto della rimessione in termini ex art. 184-bis
c.p.c.  alla  proposizione  delle impugnazioni (cfr. Cass., 25 maggio
1998  n. 5197),  stante  la  natura  decadenziale  del termine di cui
all'art. 326   c.p.c.   (cfr.  Cass.,  21 marzo  1994  n. 2650),  con
conseguente  immediato  passaggio in cosa giudicata della sentenza di
primo grado.
    Pertanto  appare  corretto sottoporre al vaglio del giudice delle
leggi  la  disposizione di cui all'art. 1-bis del d.l. n. 18 del 2003
come  modificato dalla legge n. 63 del 7 aprile 2003, laddove prevede
che  le  disposizioni  di  cui  al  d.l.  n. 18 dell'8 febbraio 2003,
convertito  con  la  medesima  legge  citata,  si  applichino solo ai
giudizi  introdotti  con atto di citazione notificato dal 10 febbraio
2003  e  non a tutti i giudizi comunque pendenti alla data di entrata
in  vigore  del  decreto medesimo; ed in subordine laddove non faccia
salvi  gli  effetti  delle decisioni e delle impugnazioni proposte ai
sensi della normativa contenuta nel predetto decreto-legge.