IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  su richiesta di convalida di
arresto.
    Letti  gli  atti  del  procedimento penale indicato in epigrafe a
carico  di:  Manasievski Zoran, nato a Mak Kamenica (Macedonia) il 27
giugno 1982, domiciliato in Strevi, via Alessandria n. 112; Ristovski
Dejan,  nato  a  Sasa  (Macedonia)  il  6 giugno 1979, domiciliato in
Strevi,   via   Alessandria  n. 112;  Velkovski  Males  nato  a  Sasa
(Macedonia)  il  1° marzo 1979, domicilato in Strevi, via Alessandria
n. 112;  per  il  reato  di  cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.
n. 286/1998.
    Preso   atto   delle  richieste  del  pubblico  ministero  e  del
difensore;
    Ritenuto  che,  come  puo'  desumersi  dall'esame  del verbale di
arresto  e  degli  altri atti della polizia giudiziaria che l'arresto
dei  prevenuti  e' avvenuto nelle condizioni di legge nella flagranza
del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998;
    Considerato  che  sono  stati  osservati i termini previsti dagli
artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p.;
        che  per  il  reato  di  cui  sopra l'arresto in flagranza e'
obbligatorio   ai   sensi  dell'art.  14,  comma  5-quinques,  d.lgs.
n. 286/1998;
    Tanto  premesso,  si  osserva  come  si  siano nel caso di specie
verificati   i   presupposti  richiesti  dalla  legge  per  procedere
all'arresto in flagranza obbligatorio; risulta dal verbale di arresto
e  dagli  altri  atti di p.g. che militari del nucleo operativo della
Compagnia  dei  Carabinieri di Acqui Terme in data 6. marzo 2004 alle
ore  14,15 procedevano al controllo di un'autovettura Volkswagen Golf
tg.  AH601WZ, di proprieta' del Manasievski Zoran e da lui condotta ,
presso  il  distributore  di carburante AGIP sito nella via Nizza del
Comune  di Acqui Terme. A bordo dell'automobile si trovavano oltre al
Manasievski  i  prevenuti  Ristovski  Dejan  e Velkovski Males; da un
controllo  sulla  banca dati delle forze di polizia risultava che nei
confronti di tutti i prevenuti erano stati emanati in data 21 ottobre
2003  dal  Prefetto  di Alessandria provvedimenti di espulsione a cui
erano susseguiti provvedienti del Questore di Alessandria ex art. 14,
comma  5-bis,  d.lgs. n. 286/1998, emessi sempre il 21 ottobre 2003 e
in  pari  data  notificati,  con  i  quali  si  intimava ai prevenuti
medesimi  di  lasciare  il territorio dello Stato entro cinque giorni
dalla  relativa  notifica.  Essendo  stati  i  prevenuti  trovati sul
territorio  dello  Stato  dopo che il termine in oggetto era decorso,
gli  operanti  procedevano all'arresto obbligatorio ex art. 14, comma
5-quinques d.lgs. n. 286/1998, in quanto si riteneva la flagranza del
reato di cui all'art. 14, comma 5-ter.
    Considerato  altresi'  che  l'identita'  dei  prevenuti  e' stata
accertata  per  quanto  riguarda  il Ristovski e il Velkovski tramite
passaporto e per il Manasievski in base alle generalita' dallo stesso
indicate  e  tramite  confronto  con  il  cartellino  fotosegnaletico
redatto in data 21 ottobre 2003;
        che  eventuali  considerazioni relative alla legittimita' dei
provvedimenti  amministrativi  non  possono  essere svolte dalla p.g.
nella fase dell'arresto obbligatorio;
        che  in  particolare  l'impossibilita'  della  traduzione  in
macedone   o   altra   lingua   conosciuta   dagli   arrestati,   che
effettivamente  non  appaiono  in  grado  di  comprendere chiaramente
l'italiano, e' appunto requisito di legittimita' dei provvedimenti in
oggetto che deve essere valutato nel giudizio di merito;
        che  la  p.g.  ha  operato  l'arresto  in  base a ragionevole
valutazione  sull'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge per
l'arresto, anche perche' non sono emersi ictu oculi elementi relativi
alla   sussistenza   di   un   giustificato  motivo  per  la  mancata
ottemperanza  all'ordine  del  questore,  per  cui  l'arresto potesse
essere non consentito ai sensi dell'art. 385 c.p.p.;
        l'arresto  appare  quindi  di per se stesso, come anticipato,
legittimo e quindi da convalidare secondo la vigente normativa.
    Non   risultano  peraltro  pronunce  della  Corte  costituzionale
sull'incostituzionalita'   della   fattispecie   sostanziale  di  cui
all'art.  14,  comma  5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998,  cui  accennava la
difesa,  ma  soltanto la citata sent. n. 5/2004 della Corte che si e'
pronunciata  sulla  costituzionalita'  della fattispecie in relazione
all'uso dell'espressione giustificato motivo.
    Si   ritiene   invece   di  sollevare  di  ufficio  eccezione  di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies nella
parte  in cui provvede per il reato di specie l'arresto obbligatorio,
in quanto contrastante con gli artt. 13, 3 e 97 della Costituzione.
    Deve   essere,   innanzi   tutto,  ritenuta  la  rilevanza  della
questione,  proprio  perche' sono stati integrati tutti i presupposti
richiesti  dalla  legge  da  un  punto  di  vista sia sostanziale che
processuale  per  la  convalida  dell'arresto, ponendosi la eventuale
illegittimita'  costituzionale  dell'art.  14, comma 5-quinquies come
unico possibile ostacolo alla convalida; il giudizio di convalida non
puo' dunque essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione di legittimita' sollevata.
    Si  ritiene altresi' la non manifesta infondatezza dell'eccezione
di  illegittimita'  costituzionale de qua rispetto agli artt. 3 e 13,
97 della Carta costituzionale.
    Deve  premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di
coazione  della  liberta'  personale,  di  un  bene  quindi  tutelato
dall'art. 13  Cost.  che  ne  prevede  la  comprimibiita' soltanto in
presenza  di atti motivati dell'a.g., con l'adozione di provvedimenti
provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali di necessita'
ed  urgenza,  con  necessita'  di  convalida  da parte dell'autorita'
giudiziaria entro 48 ore dalla comunicazione, che deve avvenire a sua
volta  da  parte  dell'autorita'  di  pubblica sicurezza entro 48 ore
dall'adozione  del  provvedimento,  e' disciplinato dagli artt. 380 e
381,  c.p.p.;  le  ipotesi previste da tali norme devono considerarsi
tassative e non suscettibili di estensione analogica.
    Va   altresi'   rilevato   che   la  misura  dell'arresto  appare
strettamente  correlata, per l'insieme sistematico della normativa di
riferimento,  all'applicazione  di misure coercitive, e prova di tale
assunto  si rinviene nell'art. 391, comma 5 c.p.p., che prevede quale
sviluppo    funzionale    della   misura   dell'arresto   l'eventuale
applicazione  di  misure  coercitive;  la norma, nella parte seconda,
ribadisce  ancor di piu' la correlazione fra la misura dell'arresto e
quelle  coercitive  prevedendo  che,  allorquando l'arresto sia stato
eseguito  per  uno dei delitti previsti dall'art. 381, comma 2 c.p.p.
ovvero  per  uno  dei  delitti  per i quali e' consentito fuori dalla
flagranza,  l'applicazione  della misura coercitiva e' disposta anche
al  di  fuori  dei  limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1,
lett.  c)  e  280  c.p.p.  Ancora  ne  costituisce  evidente conferma
l'art. 121,  comma  1  disp.  att. c.p.p., che prevede l'emissione da
parte del p.m. di un decreto di liberazione immediata dell'arrestato,
quando  non  ritenga  di  dover  richiedere  l'applicazione di misure
coercitive. Tale complesso normativo, coerente con se stesso e con le
disposizioni   costituzionali,   viene   invece   contraddetto  dalle
previsioni  dell'art.  14,  comma  5-quinquies, che ha introdotto nel
sistema  una  forma  di  arresto  che  concreta una restrizione della
liberta'  fine  a  se  stessa, e quindi irragionevole, con violazione
anche dell'art. 3 Costituzione, dato che il reato per cui si procede,
sia  per  le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto da sei
mesi  ad  un anno) sia per tipologia (trattandoi di contravvenzione e
non  di  delitto),  non rientra nelle ipotesi di applicabilita' delle
misure  coercitive.  Vero  e' che, in virtu' dell'art. 121 disp. att.
c.p.p., puo' essere disposta la liberazione immediata dell'arrestato,
ma  cio'  comporta  il ricorso al giudice per le indagini preliminari
per  la convalida dell'arresto, oltre che al giudice del dibattimento
per   la   celebrazione   del   giudizio   per   direttissima,   rito
obbligatoriamente  adottabile  per  il giudizio sempre per l'art. 15,
comma  5-quinquies;  il  tutto  si  traduce in un impiego di mezzi ed
energie   che  appare  non  sorretto  da  una  finalita'  processuale
apprezzabile  e  comunque  e'  sempre  possibile il sacrificio seppur
limitato  nel  tempo  della  liberta'  personale  rappresentato da un
arresto.
    Del  resto  la  norma  in  oggetto  sembra conferire alla polizia
giudiziaria   un   potere  autonomo  di  coercizione  della  liberta'
personale, superiore a quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria,
che   non   potrebbe   appunto  applicare  misure  cautelari  per  la
fattispecie  di  cui  all'art.  14,  comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998,
laddove dal sistema, a partire dallo stesso art. 13 Cost., emerge che
l'operato  della  polizia giudiziaria puo' considerarsi solo una mera
anticipazione  dell'attivita' dell'autorita' giudiziaria, chiamata in
tempi  molto brevi a effettuare le proprie valutazioni in merito alla
legittimita'  del  suddetto operato. Si richiamano a proposito, oltre
all'art. 13   Cost.,   le  normeprocessuali  ordinarie  di  cui  agli
artt. 386,  389,  121  disp.  att.  c.p.p.  L'art. 386  c.p.p. impone
infatti  al  comma 1 che la polizia giudiziaria dia immediata notizia
al  pubblico  ministero  dell'arresto, al comma 3 che l'arrestato sia
posto a disposizione del pubblico ministero al piu' presto e comunque
non  oltre  24  ore  dall'arresto, a pena di inefficacia dell'arresto
medesimo  (art.  386 c.p.p. ultimo comma); il pubblico ministero puo'
inoltre sindacare da subito l'operato della polizia giudiziaria sotto
il  profilo  della  legittimita'  disponendo  l'immediata liberazione
della  persona  che  sia  stata  arrestata  fuori dei casi consentiti
(art. 389   c.p.p.)  e  sotto  il  profilo  dell'insussistenza  delle
esigenze    cautelari    puo'    disporre   l'immediata   liberazione
dell'arrestato  (art. 121  disp.  att.  c.p.p.). Ne emerge appunto un
sistema   di   norme  che  tende  a  riservare  alla  sola  autorita'
giudiziaria  in  via  ordinaria  il  potere  di  limitare la liberta'
personale,  eccettuati  i  provvedimenti  provvisori adottabili dalla
polizia  giudiziaria  in casi eccezionali di necessita' e di urgenza,
mentre  nell'ipotesi  dell'arresto  obbligatorio  di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies  la  sola  polizia  giudiziaria puo' limitare tale
liberta'  anche se sempre con un provvedimento provvisorio, senza che
l'autorita'   giudiziaria   possa   fare   altro  che  intervenire  a
convalidare  l'operato  della  polizia  giudiziaria, con limiti molto
ristretti data l'obbligatorieta' dell'arresto.
      E'  da  sottolineare  poi  che l'arresto non appare ragionevole
neppure  in  funzione  dell'immediata  espulsione dello straniero; la
mancata  sottoposizione  alla custodia cautelare in carcere comporta,
ai  sensi  dell'art.  13,  comma 3, d.lgs. n. 286/1998, che, salvo il
ricorrere    delle   inderogabili   esigenze   processuali   previste
tipicamente   dalla   norma,  venga  rilasciato  da  parte  dell'a.g.
procedente  il  nullaosta  al  provvedimento  di espulsione, e quindi
viene  comunque  attivata  l'esecuzione  dell'espulsione ad opera del
questore.  Infatti  l'art.  14,  comma  5-ter,  prevede  che si abbia
accompagnamento  alla frontiera a mezzo della forza pubblica nel caso
che  sia  integrato il reato previsto dalla stessa norma, e l'art 14,
comma  5-quinquies  stabilisce invece che per assicurare l'esecuzione
dell'espulsione  il questore possa disporre i provvedimenti di cui al
comma  1  dello stesso articolo e quindi la collocazione in un centro
di  permanenza  temporanea  e  assistenza.  Il  legislatore ha quindi
affidato    ad    istituti    diversi   dall'arresto   l'effettivita'
dell'espulsione  dello  straniero,  dovendosi  quindi, come premesso,
ravvisare  l'inutilita'  dell'arresto obbligatorio anche sotto questo
profilo.
    La  norma  oggetto  della  questione  sollevata  dalla difesa non
sembra  quindi  sottrarsi, neppure sotto questo aspetto, a profili di
irragionevolezza  nonche'  di  non  conformita'  al principio di buon
andamento  della  pubblica amministrazione dettati dagli artt. 3 e 97
della Carta costituzionale.
    L'incidente  di  costituzionalita'  deve  quindi essere sollevato
gia'  in questa fase con la sospensione del giudizio di convalida. Ne
consegue  che  non  puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui
celebrazione  presuppone  l'avvenuta  convalida  dell'arresto, che in
questo  caso manca in forza della sospensione. Ulteriore conseguenza,
ad  avviso  di  questo giudice, e' la restituzione degli atti al p.m.
affinche'  proceda con rito ordinario, non potendosi sospendere anche
il giudizio direttissimo, non ancora instaurato.