ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 126-bis,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), aggiunto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo
15 gennaio  2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative  e correttive del
nuovo  codice  della  strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della
legge  22 marzo  2001,  n. 85),  nel testo risultante all'esito della
modifica    apportata    dall'art. 7,    comma 3,   lettera b),   del
decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), come convertito, con modificazioni, nella legge
1° agosto 2003, n. 214, promossi con ordinanze del 7 gennaio 2005 dal
Giudice  di  pace  di  Lauria,  nel  procedimento civile vertente tra
Chiarelli  Giacomo  e  il Comune di Trecchina, e del 10 novembre 2004
dal  Giudice  di  pace di Terni, nel procedimento civile vertente tra
Monetini  Marco e il Comune di Acquasparta, iscritte ai nn. 290 e 295
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 30 novembre 2005 il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace di Lauria, con ordinanza del
7 gennaio  2005  (r.o.  n. 290  del  2005), ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale - per contrasto con gli artt. 3, 24 e 25
della   Costituzione   -   dell'art. 126-bis,  comma 2,  del  decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
introdotto  dall'art. 7,  comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio
2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative e correttive del nuovo codice
della  strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo
2001, n. 85), nel testo risultante all'esito della modifica apportata
dall'art. 7,  comma 3,  lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151   (Modifiche   ed   integrazioni   al  codice  della  strada),
convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;
        che  il  rimettente  -  sul  presupposto  di  dover giudicare
dell'opposizione  proposta  dal  proprietario  di un autoveicolo, per
l'annullamento  del  verbale  di contestazione di infrazione stradale
commessa  da  conducente «rimasto sconosciuto» - ha ritenuto di dover
sollevare  questione  di  legittimita'  della  norma teste' indicata,
«nella  parte in cui non prevede che il proprietario del veicolo vada
esente dalla decurtazione dei punti della patente qualora dimostri di
non  essere  l'autore dell'infrazione», per violazione degli artt. 3,
24 e 25 della Costituzione;
        che in relazione al primo di tali parametri, il giudice a quo
pone  in  luce  la palese irragionevolezza del differente trattamento
previsto  per  il «proprietario che puo' provare di non aver commesso
l'infrazione  e  sia in grado di indicarne l'autore», giacche' questi
«va  esente  dalla  decurtazione  dei  punti  dalla  patente»,  ed il
proprietario  che,  «pur  riuscendo  a  dimostrare la sua estraneita'
all'infrazione,  non  sia in grado di identificarne l'autore», atteso
che  in questa seconda ipotesi egli, invece, «deve subire la suddetta
sanzione»;
        che  ulteriori  profili di irragionevolezza vengono ravvisati
tanto  nella  disparita'  di trattamento tra il proprietario titolare
della  patente  di  guida  e  quello  che  ne  sia  invece sprovvisto
(operando la sanzione de qua esclusivamente nei confronti del primo),
quanto  nel  fatto  che,  se  a  norma dell'art. 196 del codice della
strada   il   proprietario   del   veicolo   puo'   «liberarsi  della
responsabilita»  in relazione alla sanzione pecuniaria, «quando provi
che  la circolazione del mezzo e' avvenuta contro la sua volonta», il
medesimo,  anche  ricorrendo  tale  ipotesi, «paradossalmente sarebbe
costretto a subire la decurtazione punti dalla patente»;
        che  -  quanto  all'ipotizzata  violazione dell'art. 24 della
Costituzione  -  il  rimettente  deduce che con la norma impugnata si
«istituisce  una  sorte  di  "delazione  amministrativa"», per giunta
ponendo  a carico del proprietario un «comportamento inesigibile» (o,
meglio, non interamente esigibile), giacche' «non si puo' pretendere»
che  egli  «fornisca  i dati della patente del presunto trasgressore,
ove questi si opponga»;
        che,  conclusivamente,  il predetto Giudice di pace di Lauria
sottolinea  come la misura in questione sia «parificabile in sostanza
ad  una  sanzione accessoria», di natura personale, cio' che dovrebbe
comportare   «la   sua   inapplicabilita'   a  soggetto  diverso  dal
trasgressore»;
        che  anche  il  Giudice  di  pace di Terni, con ordinanza del
10 novembre  2004  (r.o.  n. 295 del 2005), ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  -  per  contrasto  con gli artt. 3 e 27
della Costituzione - del medesimo art. 126-bis (erroneamente indicato
come art. 126) del codice della strada;
        che   tale  rimettente  deduce,  preliminarmente,  di  essere
chiamato   a   giudicare   della   legittimita'   di  un  verbale  di
contestazione   di  infrazione  stradale  emesso  nei  confronti  del
proprietario  di  un autoveicolo, a carico del quale «veniva irrogata
la  sanzione  accessoria  della  decurtazione  di  dieci  punti dalla
patente  di  guida»,  giacche' il medesimo «non era stato in grado di
comunicare i dati personali e della patente del conducente al momento
dell'infrazione,  in quanto la stessa autovettura viene utilizzata da
tutti i familiari e dai dipendenti dell'azienda di famiglia»;
        che   secondo  il  Giudice  di  pace  di  Terni  «il  sistema
sanzionatorio  su indicato viola il principio di eguaglianza, potendo
applicarsi  soltanto ai proprietari di auto muniti di patente», e non
anche  a  «coloro  che ne sono sprovvisti», dando luogo cosi' ad «una
disparita' di trattamento fondata su di un elemento del tutto casuale
e contingente»;
        che la norma impugnata, inoltre, contrasterebbe con l'art. 27
della Costituzione, e segnatamente con il suo primo comma, atteso che
«il   principio   della   personalita'   della  pena,  affermato  con
riferimento  ai  reati  e' estensibile alle violazioni amministrative
che  prevedano sanzioni afflittive nei confronti della persona», tale
appunto  essendo la natura della misura costituita dalla decurtazione
del punteggio dalla patente di guida;
        che  l'applicazione  di  tale  misura  ad un soggetto diverso
dall'autore dell'infrazione stradale, infine, «urta contro i principi
dello stesso sistema sanzionatorio del codice della strada», il quale
-  in  «piena  coerenza con i principi costituzionali» - «prevede una
solidarieta'  passiva  del  conducente e del proprietario solo per le
sanzioni   pecuniarie,  mentre  sancisce  l'intrasmissibilita'  delle
sanzioni  non  pecuniarie  a  soggetti  diversi da chi ha commesso la
violazione e la loro estinzione alla morte del contravventore».
    Considerato  che  il  Giudice  di pace di Lauria ed il Giudice di
pace  di  Terni  hanno  sollevato  -  in  riferimento, il primo, agli
artt. 3,  24 e 25, il secondo, agli artt. 3 e 27 della Costituzione -
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  introdotto  dall'art. 7,  comma 1,  del decreto legislativo
15 gennaio  2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative  e correttive del
nuovo  codice  della  strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della
legge  22 marzo  2001,  n. 85),  nel testo risultante all'esito della
modifica    apportata    dall'art. 7,    comma 3,   lettera b),   del
decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice  della  strada),  convertito,  con  modificazioni, nella legge
1° agosto 2003, n. 214;
        che,  difatti,  anche  l'iniziativa del secondo dei giudici a
quibus  si  indirizza avverso la disposizione cosi' come individuata,
giacche' - per un verso - il riferimento all'art. 126 (e non 126-bis)
del  codice  della  strada  deve  ritenersi  frutto di un mero lapsus
calami,  cosi'  come, del pari, indubbia e' la volonta' anche di tale
rimettente  di  investire  con  la propria iniziativa la disposizione
ricavabile dal (solo) comma 2 dell'art. 126-bis;
        che tuttavia questa Corte, chiamata medio tempore a giudicare
di  tale disposizione, ha concluso nel senso della sua illegittimita'
costituzionale,  affermando  in particolare che essa «da' vita ad una
sanzione  assolutamente sui generis, giacche' la stessa - pur essendo
di  natura  personale  -  non  appare  riconducibile  ad  un contegno
direttamente  posto  dal proprietario del veicolo e consistente nella
trasgressione  di  una  specifica  norma  relativa  alla circolazione
stradale» (sentenza n. 27 del 2005);
        che  questa  Corte  ha,  quindi,  gia'  riconosciuto  che «la
peculiare   natura  della  sanzione  prevista  dall'art. 126-bis»  (e
segnatamente  la  sua incidenza sulla «legittimazione soggettiva alla
conduzione  di  ogni  veicolo») «fa emergere l'irragionevolezza della
scelta  legislativa  di porre la stessa a carico del proprietario del
veicolo  che  non sia anche il responsabile dell'infrazione stradale»
(cosi' nuovamente la citata sentenza n. 27 del 2005);
        che    la   sopravvenuta   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale  del  predetto art. 126-bis, comma 2, del codice della
strada  impone,  pertanto,  la restituzione degli atti a ciascuno dei
Giudici di pace rimettenti.