IL TRIBUNALE

    Nella  pubblica  udienza  del  12  gennaio 2006 ha pronunciato la
seguente ordinanza nel procedimento n. 1351/04 r.g. Trib. e n. 169/03
r.g.n.r. nei confronti di: Focacci Alessandro imp. in ordine al reato
di  cui  all'art. 609-bis,  609-ter n.1 e 5 c.p. (521, 542 n. 1 c.p.)
commesso in Carasco fino al novembre 1995.
    Si  premette  che  l'imputato  e' stato rinviato a giudizio per i
reati  di  cui  sopra e che il dibattimento e' stato aperto in data 7
aprile  2005,  senza  che  sia  stata  ancora  pronunciata  sentenza.
Inoltre, allo stato, non sussistono ne' i presupposti per pronunciare
sentenza   di  proscioglimento  nel  merito  ne'  per  dichiarare  la
prescrizione del reato come richiesto dal pubblico ministero.
    All'udienza  odierna  il p.m., chiedendo pronunciarsi sentenza ex
art. 129   c.p.p.,   ha   sollevato  eccezione  di  costituzionalita'
dell'art. 10  comma 3 legge 5 dicembre 2005 n. 251 nella parte in cui
non  consente  pronunciarsi tale decisione; la difesa si e' associata
all'istanza.
    In  accoglimento  dell'istanza,  nei termini di seguito indicati,
ritiene   il   Collegio  che  debba  essere  sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 10 comma 3 legge 5 dicembre
2005  n. 251,  nella parte in cui esclude che i piu' favorevoli nuovi
termini  di  prescrizione si applichino ai processi pendenti in primo
grado,  che sulla base della citata legge erano gia' prescritti prima
dell'apertura  del  dibattimento,  per contrasto con gli articoli 3 e
117 della Costituzione.
    La  questione  appare rilevante ai fini del decidere in quanto al
Focacci,  stante  il  tempus commissi delicti (novembre 1995), devono
applicarsi  le  pene  di  cui  all'abrogato art. 521 c.p. e quindi il
periodo  richiesto per la prescrizione sulla base dell'art. 157 c.p.,
cosi'  come  modificato  dalla  legge 251/2005, sarebbe di anni sei e
mesi  otto.  In  conseguenza  di cio' il reato, se si applicassero le
norme piu' favorevoli, si sarebbe prescritto nel giugno 2002 e quindi
non  solo  prima dell'apertura del dibattimento, ma addirittura prima
dell'inizio  delle indagini preliminari, posto che l'iscrizione della
notizia di reato e' avvenuta nel corso del 2003.
    In  relazione  alla  non  manifesta  infondatezza, si ritiene che
sussistano  i  presupposti  per sollevare l'eccezione di legittimita'
sia  sotto  il profilo della violazione dell'art. 3 Cost. sia, in via
alternativa, per la violazione dell'art. 117 Cost.
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte di cassazione, le norme
concernenti  la  prescrizione  hanno  carattere sostanziale; pertanto
tali  norme,  in  quanto stabiliscono che il comportamento oggetto di
giudizio ha perso rilevanza penale per effetto della decorrenza di un
tempo idoneo a far maturare la rinuncia dello Stato all'esercizio del
potere punitivo, sotto il profilo del sindacato di costituzionalita',
sono   sostanzialmente   equiparabili   alle   leggi   abrogatici   o
modificatrici  in  senso  piu'  favorevole  al  reo  di  preesistenti
incriminazioni.
    Al  riguardo  (salvo  quanto  si  dira' in relazione all'art. 117
della Costituzione), pur non essendo costituzionalizzato il principio
della  retroattivita'  della  norma  penale  piu'  favorevole, ove il
legislatore  mantenga  per  il passato l'applicazione della normativa
previgente   meno   favorevole,  incontra  comunque  i  limiti  posti
dall'art. 3  Cost.;  del  resto, la Corte costituzionale ha affermato
che  le  deroghe  alla  retroattivita'  della  norma  di  favore sono
legittime  ove  ricorra  una sufficiente ragione giustificativa (cfr.
sentenza Corte cost. n. 330/1995).
    Pertanto,  quando  il  legislatore  decide  di  operare  una tale
deroga,  la  normativa relativa puo' essere sottoposta a sindacato di
costituzionalita',   ma  solo  ove  venga  violato  il  principio  di
uguaglianza.
    Venendo  al  caso di specie, non e' normalmente congruo applicare
la  legge penale in modo piu' severo a qualcuno per il solo fatto che
la  sua  condotta e' stata commessa in un periodo in cui la normativa
non   gli   consentiva   di   usufruire  di  piu'  brevi  termini  di
prescrizione.
    Esistono,  pero',  situazioni  concrete  in  cui la deroga appare
giustificata. La citata sentenza n. 330/1995 ha, ad esempio, ritenuto
rilevante l'esigenza di salvaguardare i rapporti gia' esauriti cui e'
finalizzata l'intangibilita' del giudicato.
    Pertanto,  stante la materia oggetto dell'intervento legislativo,
nessun  problema  di  costituzionalita'  sotto  il profilo che si sta
trattando  sarebbe  configurabile  se  la  norma  transitoria  avesse
escluso  del  tutto  l'applicabilita'  della  normativa  di favore al
passato.   Infatti,   e'   ragionevole   che  i  tempi  e  la  durata
dell'attivita'  giudiziaria  nel procedimento penale vengano scanditi
con  riferimento  ai  termini  prescrizionali  stabiliti  dalla legge
vigente  durante  le  varie  fasi  del processo e che una intervenuta
abbreviazione dei termini non sanzioni con l'estinzione del reato una
inattivita'  che non era stata considerata rilevante al momento dello
svolgimento del processo.
    Nel   presente  caso,  pero',  l'irrazionalita'  del  trattamento
differenziato  non  si  prospetta  tra chi ha commesso il fatto reato
dopo  l'entrata  in  vigore della legge 251/2005 e chi lo ha commesso
prima, ma tra coloro che, avendo commesso il fatto prima dell'entrata
in  vigore  della legge vengono ad usufruire o a non usufruire di una
sentenza   di   proscioglimento   per   prescrizione  in  conseguenza
dell'avvenuta apertura del dibattimento di primo grado.
    Ad avviso di questo Collegio, ben poteva il legislatore estendere
i benefici anche solo ad alcuni dei fatti pregressi, a condizione che
il  criterio  prescelto si riferisse ad una situazione processuale in
grado  di  discriminare  ragionevolmente  le  situazioni  (come,  per
esempio,  sarebbe  avvenuto con il richiamo alla sentenza di condanna
di  primo  o secondo grado). Dovevano essere, percio', soddisfatte le
esigenze di rispettare le modalita' di svolgimento del processo sulla
base  dei tempi prescritti dalla normativa vigente e/o in alternativa
di  valorizzare  la significativita' di determinazioni dell'autorita'
giudiziaria,  costituenti  univoca  espressione  dell'interesse dello
Stato a punire comportamenti risalenti nel tempo.
    Invece, la dichiarazione di apertura del dibattimento e', ai fini
in  questione,  una mera formalita', che non implica alcuna attivita'
di acquisizione probatoria o di altro genere in grado di provocare in
una  maggiore  durata  del  processo  e  non  ha  significativita' in
relazione all'affermazione di responsabilita': cio' trova espressione
normativa   nel  fatto  che  tale  incombente  non  costituisce  atto
interruttivo della prescrizione.
    Nel  caso  di  specie, poi, addirittura il termine prescrizionale
piu'   favorevole   non   e'   maturato  a  causa  della  durata  del
dibattimento,  per cui neppure puo' sostenersi che vi sono ragioni di
conservazione    e    valorizzazione   degli   atti   di   istruzione
dibattimentale.
    Si  noti, infine, che, secondo la norma transitoria in questione,
e'  possibile  il proscioglimento per prescrizione anche di coloro in
relazione  ai quali siano stati compiuti atti istruttori del giudice,
come  l'incidente probatorio, ed assunti provvedimenti come il rinvio
a  giudizio quando il reato doveva ancora prescriversi sia secondo la
previgente  normativa, sia secondo quella successiva piu' favorevole.
Per contro, considerando il momento dell'iscrizione della notizia del
reato,  se fosse stata in vigore la legge 251/2005, l'intero processo
a  carico  del  Focacci  (e  quindi  sia  le  indagini  del p.m., sia
l'udienza preliminare) non si sarebbe svolto.
    Si  ritiene,  pertanto,  che  la  costituzionalita' dell'art. 10,
comma  3,  legge  5  dicembre  n. 251  debba essere valutata sotto il
profilo  della  irragionevolezza del trattamento piu' sfavorevole, ed
in  quanto  tale  lesivo  del principio di eguaglianza, che l'odierno
imputato  viene  a  subire  rispetto  a coloro che usufruiranno della
prescrizione  per  il  solo  fatto che non era ancora stato aperto il
dibattimento.
    In  via  alternativa,  si  rileva che la Corte di giustizia delle
Comunita'  europee  con  sentenza  3  maggio 2005 ha osservato che il
principio  dell'applicazione  della  pena  piu'  mite  fa parte delle
tradizioni   costituzionali  comuni  agli  Stati  membri  dell'Unione
europea  e deve essere considerato come parte integrante dei principi
generali  dell'ordinamento  comunitario che il giudice nazionale deve
osservare  quando  applica  il diritto nazionale adottato per attuare
l'ordinamento comunitario.
    Al  riguardo, il valore del diritto comunitario nei confronti del
legislatore  nazionale concerne anche le statuizioni risultanti dalle
sentenze interpretative della Corte di giustizia.
    Alla  luce di quanto sopra, la normativa di cui all'art. 10 legge
251/2005   parrebbe   porsi   in   contrasto   con  l'art. 117  della
Costituzione cosi' come modificato dall'art. 3 legge cost. 18 ottobre
2001  n. 3,  nella  parte  in  cui  la  potesta' legislativa e' stata
esercitata  in  violazione  dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario,  negando  l'applicazione  retroattiva  alla legge penale
piu'  mite,  derivante  dall'applicazione dei piu' favorevoli termini
prescrizionali.