ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 86 del d.P.R.
29 settembre  1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle
imposte  sul  reddito), promosso con ordinanza del 27 agosto 2005 dal
Giudice  di  pace  di  Menfi,  nel  giudizio  civile  vertente tra la
societa'  cooperativa  Autotrasporti  Adranone  a  r.  l. e la s.p.a.
Montepaschi  SE.RI.T., iscritta al n. 560 del registro ordinanze 2005
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri,
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 22 marzo 2006 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio civile, promosso nei
confronti  della  s.  p.  a. Montepaschi SE.RI.T., concessionaria del
servizio  di  riscossione  dei  tributi,  dalla  societa' cooperativa
Autotrasporti  Adranone  a  r.  l.,  per  il  risarcimento  dei danni
derivanti  dal  fermo  di  due autoveicoli di sua proprieta' disposto
dalla  convenuta,  il  Giudice  di  pace  di Menfi, con ordinanza del
27 agosto  2005,  ha  sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 24
della  Costituzione  -  questioni  di  legittimita'  dell'art. 86 del
d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla riscossione
delle  imposte  sul  reddito), quale modificato dall'art. 1, comma 1,
lettera q),   del   decreto   legislativo   27 aprile   2001,  n. 193
(Disposizioni   integrative  e  correttive  dei  decreti  legislativi
26 febbraio  1999,  n. 46,  e  13 aprile  1999, n. 112, in materia di
riordino della disciplina relativa alla riscossione), «nella parte in
cui  non  prevede  l'Autorita'  Giurisdizionale  dinanzi  alla  quale
sarebbe esperibile un eventuale giudizio di opposizione e nella parte
in cui non e' previsto un termine, fissato a pena di decadenza, entro
il  quale  il  concessionario deve intraprendere le azioni esecutive,
decorso il quale il fermo perde efficacia»;
        che   il   giudice   a  quo  premette:  a)  che  la  societa'
concessionaria,  a  seguito del mancato pagamento delle somme portate
da quattro cartelle esattoriali, notificate alla societa' attrice per
l'omesso   versamento  di  tributi  e  contributi  previdenziali,  ha
disposto  il  fermo  dei  predetti autoveicoli ai sensi del censurato
art. 86  del d.P.R. n. 602 del 1973 e del regolamento adottato con il
decreto  ministeriale  7 settembre  1998, n. 503 (Regolamento recante
norme  in  materia  di  fermo  amministrativo  di veicoli a motore ed
autoscafi,  ai  sensi  dell'art. 91-bis del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 602,   introdotto   con   l'art. 5,   comma 4,  del  decreto-legge
31 dicembre  1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 febbraio  1997,  n. 30); b) che, in assenza di atti di esecuzione,
l'attrice  ha  successivamente  pagato parte di dette somme, restando
debitrice  di  quelle  relative  all'omesso versamento dei contributi
previdenziali;  c) che la stessa attrice ha chiesto la condanna della
concessionaria    al   risarcimento   dei   danni   subiti   per   la
indisponibilita'  degli  autoveicoli  assoggettati  a  fermo,  previo
accertamento della illegittimita' di tale misura, perche' disposta in
mancanza  del  regolamento di attuazione di cui al comma 4 del citato
art. 86  del  d.P.R.  n. 602  del  1973,  in  materia  di recupero di
contributi   previdenziali,   estranea   all'ambito  di  applicazione
dell'istituto,  senza  previa  intimazione  al  debitore di pagare le
somme  iscritte  a  ruolo  entro  il  termine  di  venti giorni ed in
violazione  dell'art. 50  dello stesso d.P.R. n. 602 del 1973; d) che
la  convenuta  ha  pregiudizialmente  eccepito sia l'improponibilita'
della  domanda  per  la  formazione  di  un  giudicato sul difetto di
giurisdizione  del  giudice  ordinario  e,  comunque,  per difetto di
giurisdizione  del  giudice  adito,  sia l'incompetenza per valore di
quest'ultimo; e) che, nel merito, la stessa convenuta ha concluso per
la reiezione della domanda;
        che   il  rimettente,  respinte  tali  eccezioni  e  ritenuto
applicabile  il  fermo  anche alla riscossione coattiva delle entrate
degli  enti  previdenziali,  ha affermato che, in assenza di un nuovo
regolamento   di   attuazione   successivo   alla  riforma  apportata
all'istituto  dal  menzionato  decreto  legislativo  n. 193 del 2001,
«continua  ad  avere  validita» il citato decreto ministeriale n. 503
del 1998;
        che,  quanto alla rilevanza, lo stesso rimettente afferma che
le  sollevate  questioni  incidono  sulla  definizione  del  giudizio
principale,  «(salvo  la prova del danno)», in quanto «l'applicazione
dell'art. 86  nella  versione  vigente,  e del D.M. 503/1998 dovrebbe
condurre  [...]  ad  affermare  la legittimita' del disposto fermo e,
conseguentemente, a respingere la domanda di risarcimento danni»;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
ritiene  che  il  censurato art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella
parte in cui omette di indicare l'organo giurisdizionale competente a
conoscere  le  controversie sul fermo, lederebbe il diritto di difesa
del  cittadino  sancito  dall'evocato art. 24 Cost., «con particolare
riguardo  all'aspetto  teso  a  garantire  [...] l'effettivita' della
tutela giurisdizionale»;
        che   inoltre,   per   lo  stesso  giudice  a  quo,  l'omessa
previsione,  in  tale  articolo, di un termine di efficacia del fermo
violerebbe  gli  artt. 3  e 24 Cost., in quanto: a) assoggetterebbe a
tempo   indefinito   il   cittadino   alla   azione   esecutiva   del
concessionario,   compromettendo   la   «certezza  del  diritto»;  b)
determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di trattamento tra i
debitori  assoggettati  alla  esecuzione  forzata  ordinaria e quelli
soggetti  - come nella specie - ad esecuzione esattoriale, in quanto,
ancorche'  il  fermo  produca  «gli  stessi  effetti  sostanziali del
pignoramento»,  i  termini  perentori stabiliti dagli artt. 481 e 497
del  codice  di  procedura  civile per la cessazione di efficacia del
precetto e del pignoramento sono previsti solo per il procedimento di
esecuzione  forzata  ordinaria  e  non anche per quello di esecuzione
esattoriale; c) non sarebbe coerente, sul piano logico e sistematico,
con    le    attivita'   dell'amministrazione   finanziaria   e   del
concessionario  anteriori all'emanazione del fermo, che sono, invece,
scandite da termini precisi;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  l'inammissibilita'  o  per  la  manifesta
infondatezza  delle  questioni  sollevate,  perche'  le  controversie
relative   all'applicazione  del  fermo  di  beni  mobili  registrati
sarebbero devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
    Considerato   che   il  Giudice  di  pace  di  Menfi  dubita,  in
riferimento  agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimita'
dell'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla
riscossione  delle imposte sul reddito), come modificato dall'art. 1,
comma 1,  lettera q),  del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193
(Disposizioni   integrative  e  correttive  dei  decreti  legislativi
26 febbraio  1999,  n. 46,  e  13 aprile  1999, n. 112, in materia di
riordino della disciplina relativa alla riscossione), sia nella parte
in cui non indica l'autorita' giurisdizionale dinanzi alla quale puo'
promuoversi  il  giudizio  di  opposizione  al  fermo  di beni mobili
registrati,  sia  nella  parte in cui non prevede, per tale fermo, un
termine   di   efficacia   entro  il  quale  il  concessionario  deve
intraprendere  l'azione  esecutiva  a pena di decadenza dal diritto a
procedere ad esecuzione forzata;
        che le questioni sono sollevate in un giudizio civile, in cui
la  proprietaria  di  alcuni  autoveicoli  chiede  la  condanna della
societa'  concessionaria  del  servizio di riscossione dei tributi al
risarcimento  dei  danni  conseguenti  al fermo di detti autoveicoli,
previo  accertamento  dell'illegittimita'  del  fermo stesso disposto
dalla concessionaria;
        che,  con  la  prima  questione,  il  giudice a quo deduce la
violazione   dell'art. 24   Cost.,   perche'   l'omessa   indicazione
dell'«autorita' giurisdizionale dinanzi alla quale sarebbe esperibile
un eventuale giudizio di opposizione alla misura del fermo» lederebbe
il  diritto  di  difesa, «con particolare riguardo all'aspetto teso a
garantire   al   privato   cittadino   l'effettivita'   della  tutela
giurisdizionale»;
        che,  con  la  seconda  questione,  il  rimettente  deduce la
violazione  degli  artt. 3 e 24 Cost., perche' l'omessa previsione di
un  termine  di  efficacia  del  fermo:  a)  assoggetterebbe  a tempo
indefinito  il  cittadino  alla  azione esecutiva del concessionario,
compromettendo  la  «certezza  del  diritto»;  b)  determinerebbe una
ingiustificata  disparita' di trattamento tra i debitori assoggettati
alla  esecuzione  forzata  ordinaria  e  quelli soggetti - come nella
specie  -  ad  esecuzione  esattoriale, in quanto, ancorche' il fermo
produca  «gli stessi effetti sostanziali del pignoramento», i termini
perentori  stabiliti  dagli  artt. 481  e 497 del codice di procedura
civile per la cessazione di efficacia del precetto e del pignoramento
sono   previsti  solo  per  il  procedimento  di  esecuzione  forzata
ordinaria  e  non  anche per quello di esecuzione esattoriale; c) non
sarebbe  coerente,  sul  piano logico e sistematico, con le attivita'
dell'amministrazione   finanziaria  e  del  concessionario  anteriori
all'emanazione  del  fermo,  che  sono,  invece,  scandite da termini
precisi;
        che  il  rimettente  osserva che «l'applicazione dell'art. 86
nella versione vigente e del D.M. 503/1998 dovrebbe condurre [...] ad
affermare  la  legittimita' del disposto fermo e, conseguentemente, a
respingere  la domanda di risarcimento danni» e, pertanto, ritiene le
sollevate  questioni  rilevanti  per  la  definizione  del  giudizio,
«(salvo la prova del danno)»;
        che  le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili,  per
diversi e concorrenti motivi;
        che,  in  primo  luogo,  esse sono prive di motivazione sulla
rilevanza,  perche'  il  giudice  rimettente ha omesso di indicare le
ragioni  per  le  quali la dichiarazione di incostituzionalita' della
norma  censurata e la conseguente illegittimita' del fermo dovrebbero
comportare,  da parte dello stesso giudice, l'automatica affermazione
della  responsabilita'  della  concessionaria;  e cio' senza che esso
abbia    proceduto   al   previo   accertamento   della   sussistenza
dell'elemento soggettivo dell'illecito aquiliano;
        che  tale  accertamento  e',  invece,  richiesto  dal diritto
vivente  in  tema di responsabilita' extracontrattuale della pubblica
amministrazione,  secondo  cui  l'imputazione di tale responsabilita'
non  consegue  al mero dato obiettivo dell'illegittimita' dell'azione
amministrativa,  ma  richiede anche l'accertamento in concreto «della
colpa  [...] della P.A. intesa come apparato» (sentenza delle sezioni
unite  della  Corte  di  cassazione  n. 500  del 1999; v. inoltre, ex
plurimis,  le  successive sentenze della stessa Corte, numeri 20358 e
13164 del 2005);
        che,  in  ogni  caso,  la  richiamata espressione parentetica
«salvo   la  prova  del  danno»  non  consente,  a  causa  della  sua
genericita'  ed  equivocita',  di  stabilire  con  certezza  se  tale
accertamento sia stato effettuato;
        che,    pertanto,    le    indicate    lacune   motivazionali
dell'ordinanza di rimessione impediscono il controllo di questa Corte
circa l'applicabilita', nel giudizio a quo, della norma denunciata;
        che,  inoltre, la questione concernente l'omessa indicazione,
nella  norma  censurata,  del  giudice competente sull'opposizione al
fermo,  sollevata in riferimento all'art. 24 Cost., e' manifestamente
inammissibile  perche'  priva  di  motivazione  sulla  non  manifesta
infondatezza;
        che,  infatti,  il giudice a quo non chiarisce le ragioni per
cui  l'obbligo  per  il legislatore di indicare il giudice competente
sull'impugnazione  del fermo sarebbe riconducibile all'art. 24 Cost.,
ne'  precisa  quali  siano le difficolta' che tale omessa indicazione
frapporrebbe all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale;
        che  la  questione  concernente  l'omessa  previsione  di  un
termine di efficacia del fermo, sollevata in riferimento agli artt. 3
e  24  Cost., e' altresi' manifestamente inammissibile, perche', come
risulta   dall'ordinanza   di   rimessione,  l'attrice  nel  giudizio
principale  non  ha addotto, tra i motivi di illegittimita' del fermo
produttivi  di  danno,  quello  dell'indefinito  protrarsi  del fermo
stesso  causato  dalla  mancanza  di  un termine di efficacia; con la
conseguenza    che   l'invocata   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale  della  norma  oggetto  di  censura non avrebbe alcuna
incidenza   nel   giudizio   a  quo,  essendo  essa  pronunciata  con
riferimento  ad  una circostanza - appunto, la mancanza di un termine
di  efficacia  del  fermo - estranea al thema decidendum del giudizio
stesso.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.